Gli adeguamenti della pianificazione urbanistica generale al PPTR

Gli adeguamenti della pianificazione urbanistica generale al PPTR

IL COORDINAMENTO DELLA PIANIFICAZIONE PAESAGGISITICA CON GLI ALTRI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE, CON PARTICOLARE RIGUARDO AGLI STRUMENTI URBANISTICI GENERALI (conformarsi o adeguarsi).

di Giuseppe Macchione
Avvocato amministrativista del foro di Bari

PREMESSA

L’approvazione del Piano paesaggistico pugliese determina, a mente della disciplina del Codice, una serie di conseguenze (effetti), per così dire, non più eludibili.
Questa ineludibilità , oltre a radicarsi sulla preminenza costituzionale (art.9) degli interessi e dei valori che il Piano riconosce ed esprime, è garantita dalla leale cooperazione cui sono tenute tutte le amministrazione pubbliche in qualsiasi modo chiamate a intervenire sul territorio per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio (art. 133 del Codice).
Per un verso, al fine di assicurare la conservazione, il recupero e la valorizzazione degli aspetti e dei caratteri del paesaggio, il Ministero e le regioni cooperano per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti l’attività  di pianificazione territoriale (nonchè la gestione dei conseguenti interventi); per altro verso, tutti gli altri enti territoriali conformano la loro attività  di pianificazione a questi indirizzi e ai criteri, e nell’immediato adeguano gli strumenti vigenti.
Come ribadito dall’art.145 [1] del Codice – con particolare riferimento alla esigenza di coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione – gli enti territoriali (comuni, città  metropolitane, province ed enti gestori delle aree naturali protette) “conformano” o “adeguano” i rispettivi strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi, e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione.
Si è parlato al riguardo di una sorta di scala gerarchica nella pianificazione multilivello, nell’ambito della quale il Piano paesaggistico di nuova generazione riveste la posizione apicale. [2]
Il che, in definitiva, corrisponde al principio, autorevolmente espresso, in base al quale nei rapporti tra piano paesaggistico e gli altri piani territoriali, il principio di prevalenza dell’istanza paesaggistica si converte in un vero e proprio «principio della gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali» (Corte Cost., 19 maggio 2008, n. 180).
La legge regionale pugliese 7 ottobre 2009 n.20, nel dettare la disciplina per la pianificazione paesaggistica, ha previsto che gli enti territoriali (sono menzionati soltanto i comuni e le province) “adeguano” i propri piani urbanistici e territoriali alle previsioni del PPTR in un arco temporale dimezzato rispetto a quanto previsto dal Codice, vale a dire “entro un anno dalla sua entrata in vigore” (comma 9, art. 2).
Il PPTR, a sua volta, nella definitiva stesura approvata dalla Giunta Regionale con deliberazione 16 febbraio 2015 n.176, pubblicata sul BURP n° 40 del 23 marzo 2015,  esige (art.97 nta) che i comuni e le province (ancora una volta non è menzionata la città  metropolitana, mentre all’adeguamento degli enti gestori delle aree naturale protette è dedicata apposita disciplina contenuta nell’art.98 nta) “adeguano” i propri piani urbanistici generali e territoriali alle previsioni del PPTR, entro un anno dalla data della sua entrata in vigore.
Appare pertanto opportuno – entrando in medias res – cercare di individuare sin da ora alcuni ambiti tematici che saranno indagati nella seconda parte del presente lavoro:

  • – i contenuti e le modalità  della dianzi riferita attività  di “adeguamento”
  • – i principali effetti derivanti dall’espletamento della medesima attività  di “adeguamento
  • – le conseguenze della mancata attività  di adeguamento entro il termine sancito nel PPTR (o nel Codice).

L’ATTIVITà€ DI “CONFORMAZIONE” DEI PIANI URBANISTICI GENERALI PUGLIESI AL PPTR (ART.100 NTA).

Diversa, invece, è l’attività  di “conformazione” dei piani urbanistici generali pugliesi – siano essi PRG o PUG – adeguati al PUTT/P, sì come disciplinata dall’art.100 nta del PPTR.
In particolare, essa riguarda soltanto i Comuni per i quali alla data di approvazione del PPTR si sia concluso favorevolmente il procedimento di adeguamento dello strumento urbanistico generale rispetto al PUTT/P, siano essi PRG formati e variati ai sensi della LR n.56/80, ovvero PUG formati, adottati o approvati ai sensi della LR 20/’01.
Si tratta, come ben noto, di un’attività  di adeguamento al precedente Piano urbanistico territoriale tematico del paesaggio (approvato con delibera della Giunta Regionale n° 1748 del 15 dicembre 2000, in adempimento di quanto disposto dalla legge n. 431 del 8 agosto 1985 e dalla legge regionale n.56 del 31 maggio 1980), che si sarebbe dovuta concludere entro due anni dalla data di entrata in vigore del Piano (art. 5.06 nta).
In realtà , la maggior parte dei comuni pugliesi non ha punto completato quest’attività  di adeguamento, sicchè, a seguito dell’approvazione del PPTR soltanto i comuni per così dire più virtuosi possono, in tesi, a mente dell’art.100 delle nta del PPTR, confidare di poter accertare e dichiarare la “conformità ” al PPTR con apposita deliberazione del Consiglio Comunale, da trasmettere entro 120 giorni dalla approvazione del PPTR (entro il 21 luglio) alla Regione e al Ministero.
Poichè deve essere consentito ai Comuni di verificare gli strati conoscitivi e informativi del PPTR, è ragionevole ritenere che il termine di 120 giorni decorra dalla data di pubblicazione sul BURP del PPTR, avvenuta, come detto, il 23 marzo 2015.
Tale termine di trasmissione della deliberazione comunale che dichiara la “conformità ” decorre invece dalla data della approvazione dell’adeguamento dello strumento urbanistico generale al PUTT/P da parte della Giunta Regionale (anche ove la data della deliberazione preceda quella della approvazione del PPTR) per i procedimenti di adeguamento al PUTT/P di strumenti urbanistici (varianti di PRG/PUG) adottati dopo la data del 11 gennaio 2010 – data di approvazione della delibera di Giunta Regionale n.1/2010 di approvazione della “proposta” di PPTR – e che si siano perfezionati prima della approvazione del PPTR (diversamente, la previsione eccezionale non avrebbe alcun senso, decorrendo il termine di 120 giorni, in linea generale, dalla approvazione del PPTR).
Si tratta dunque di una valutazione di conformità , rimessa in prima battuta all’ente locale, per lo meno a seguito della ricognizione in ordine al puntuale recepimento nello strumento urbanistico generale adeguato al PUTT/P anche degli strati informativi del PPTR relativi al territorio interessato, che si considera definitivamente accertata ove nei successivi 120 giorni (dal recepimento della delibera comunale trasmessa alla Regione e al Ministero) non intervenga un provvedimento motivato di diniego da parte della Regione e del Ministero. Nell’eventuale provvedimento di diniego, ovviamente, devono essere riportate le puntuali motivazioni per le quali il Piano non si possa ritenere conforme al PPTR e, auspicabilmente, devono essere individuate in modo specifico le variazioni da apportare per renderlo conforme, questa volta nell’ambito del “diverso” procedimento previsto dall’art.97 nta per l’ “adeguamento”, che dall’esito negativo del primo procedimento di conformità  prenderà  necessariamente le mosse.
Specularmente, la mancata trasmissione della dichiarazione di conformità  nei termini previsti fa presumere la (consapevolezza del Comune in ordine alla) non conformità  del piano urbanistico generale al PPTR, con il conseguente obbligo – anche in questo caso – per il Comune di attivare le procedure di “adeguamento” ai sensi dell’art.97 nta (4 comma, art.100).
Un effetto, dunque, quello della “conformità “, per così dire automatico che si fonda sul silenzio degli enti sovraordinati (rectius, sulla loro mancata valutazione in ordine ad eventuali motivi di difformità ), da salutare in linea di principio con assoluto favore. Sia perchè volto a realizzare un’effettiva semplificazione in una materia, quella del “paesaggio”, non sempre fertile per l’attecchimento di simili meccanismi; che per la portata chiarificatrice, su piano ermeneutico, in ordine ai contenuti sostanziali dell’attività  di conformazione in esame.
Dalla previsione di una possibile “conformità  autodichiarata” di alcuni piani urbanistici generali, verificata da Regione e Ministero con il meccanismo del silenzio assenso, è infatti possibile ricavare, a nostro avviso, proprio il contenuto minimale richiesto a tali piani per poterli definire “conformi” al PPTR.
E invero, il richiamo espresso nell’art.100 nta alla casistica di cui all’art. 106 nta (disposizioni transitorie) – varianti di adeguamento al PUTT/P e PUG adottati dopo la data del 11 gennaio 2010 – nonchè la disciplina transitoria indicata dallo stesso art. 106 nta suggeriscono la seguente riflessione.
L’art.106, comma 3°, nta del PPTR prevede che “Nelle more della valutazione di conformità  degli strumenti urbanistici generali comunali al PPTR di cui all’art.100, ovvero dell’adeguamento ai sensi dell’art.97 delle presenti norme, sono fatti salvi, in quanto verificati rispetto agli strati conoscitivi contenuti nella “proposta di PPTR”, di cui alla DGR n.1 dell’11/10/2010:

  •  le varianti di adeguamento degli strumenti urbanistici generali approvate ex art.5.06 del PUTT/P dopo l’11 gennaio 2010
  •  i PUG che hanno ottenuto il parere di compatibilità  ex art.11 della LR 20/2001 dopo la data dell’11 gennaio 2010
  •  i primi adempimenti che hanno ottenuto l’attestazione di coerenza ex art. 5.05 del PUTT/P dopo la data dell’11 gennaio 2010″.

Par di capire, dunque, che le fattispecie dianzi elencate (dalla lettera a alla lettera c) abbiano in comune il dato di essere tutti piani (o varianti occasionate dall’adeguamento paesaggistico) che sono stati formati – e dunque successivamente verificati e approvati – recependo (per lo meno nella parte strutturale) gli strati conoscitivi della “proposta” di PPTR approvata dalla Giunta Regionale con delibera n.1 dell’11 gennaio 2010.
In definitiva, nelle more che si perfezionino i procedimenti di conformità  (art.100 nta) o di adeguamento (art.97 nta) Regione e Ministero, nell’esercizio del potere di co-pianificazione (la modifica al testo delle nta risale alla delibera di Giunta Regionale 2022 del 29 ottobre 2014), hanno convenuto che per i Comuni più virtuosi la disciplina in vigore in materia di paesaggio possa essere quella contenuta negli strumenti urbanistici generali (a – b- c) elencati nell’art.106, comma 3°, nta del PPTR.
Questa opzione del pianificatore (regionale e ministeriale) non può che essere esaminata alla stregua delle previsioni del Codice, sì da ricavarne una interpretazione anche costituzionalmente orientata, considerata la preminenza dei valori in giuoco.
Ed allora, deve osservarsi che il Codice (art.143, co. 9), dopo aver indicato i limiti del potere di salvaguardia correlato alla “adozione” del Piano, sancisce che “a far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici”; e ancor prima (art.145, co.3) statuisce che “le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte dei piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città  metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici¦”.
Orbene, la “transitorietà ” che caratterizza la disciplina di cui all’art.106 nta non può aver superato e/o modificato la cogenza e soprattutto la “prevalenza” che il Codice assegna al Piano paesaggistico approvato, quasi ipotizzando un meccanismo di sostituzione automatica tra le previsioni del Piano e quelle degli strumenti urbanistici generali dalle prime difformi.
Se ne può a giusta ragione inferire, pertanto, che almeno per i piani urbanistici di cui all’art.106, co.3 nta, vale a dire per i casi dei comuni pugliesi più virtuosi nell’adeguamento dello strumento urbanistico generale alla disciplina paesaggistica previgente e (allora) in fieri, il PPTR abbia già  compiuto una sorta di valutazione implicita di “conformità “, reputando sufficiente la circostanza che detti strumenti urbanistici fossero stati formati con il supporto degli strati conoscitivi della “proposta” del PPTR disponibili da gennaio del 2010.
Questa, d’altro canto, sembra essere la posizione condivisa (per lo meno) dalla Regione, che con la circolare approvata dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 1810 del 1 ottobre 2013 – recante le “Linee interpretative per la prima applicazione del nuovo Piano paesaggistico Territoriale della Puglia adottato il 2 agosto 2013” – ha chiarito (Punto 6) che per i PUG e per gli adeguamenti al PUTT/P dei piani vigenti ancora in itinere “Le procedure di adeguamento in corso vanno concluse, avendo cura di considerare, come per altro già  in corso dal gennaio 2010, gli strati conoscitivi del PPTR. I comuni con piano adeguato al PUTT possono infatti entro 120 giorni dalla approvazione del PPTR accertare e dichiarare la conformità  al PPTR ai sensi dell’art.100 delle nta del PPTR. E’ evidente l’opportunità , per agevolare l’accertamento di conformità  al PPTR, di considerare le tutele del PPTR per quanto attiene sia ai perimetri di beni e ulteriori contesti paesaggistici sia per quanto attiene a indirizzi, direttive prescrizioni già  nella fase di adeguamento al PUTT/P”.
Certo, sarà  indispensabile che il Comune che si trovi in una delle tre fattispecie di cui all’art. 106, co.3°, prima di dichiarare la “conformità ” ai sensi dell’art.100 nta, verifichi accuratamente la possibile evoluzione e/o modifica degli strati conoscitivi del PPTR intervenuta nell’arco temporale tra il gennaio 2010 e la approvazione del PPTR (accoglimento di osservazioni incluso); così come è opportuno che l’ente territoriale si doti di idonea perimetrazione e rappresentazione ad una scala idonea alla identificazione delle aree escluse dalla tutela ope legis di cui all’art.142 del Codice (commi 2° e 3° dell’art.142 del Codice), atteso che il medesimo Codice assegna al Piano paesaggistico, quale contenuto “necessario”, soltanto la ricognizione delle aree di cui al comma 1° dell’art.142.
Non è chiaro, tuttavia, attesa la assenza nella norma (art.100 nta) di qualsivoglia riferimento alla disciplina procedimentale specifica richiesta, come si debba procedere ove si rendesse necessaria una “modifica” in “aggiornamento” del piano ai fini di conseguire la “conformità ” al PPTR.
Da un lato, non sembra infatti plausibile ipotizzare che vi siano casi in cui si possa ritenere già  perfezionata la “conformità ” al PPTR “approvato” solo ed esclusivamente attraverso il recepimento nei piani urbanistici degli strati informativi di cui alla “proposta” di PPTR risalente al 2010, esigendosi, necessariamente, per lo meno la verifica e il conseguente aggiornamento delle modifiche intervenute nel PPTR tra la data di adozione della “proposta” del 2010 e la definitiva approvazione del Piano paesaggistico.
Per converso, dovendosi dare alla norma (art.100 nta) un senso compiuto e ragionevole, è del pari da escludersi che essa – essendo ben nota alla Regione (e dunque al Ministero) la situazione della attività  pianificatoria dei Comuni della Puglia – sia stata approvata senza che vi fosse una pur residuale possibilità  che per alcune fattispecie essa potesse trovare concreta applicazione.
E’ questo forse un tema sul quale – come per altri temi cruciali – sarebbe stata utile da parte della Regione la diffusione di una circolare esplicativa di cui, purtroppo, la contingenza politica elettorale ha reso difficile la adozione.
Non sembra invece che l’attività  di conformità  al PPTR debba considerarsi estesa anche alle previsioni della c.d. parte strategica del PPTR; che, se così fosse, davvero nessun piano urbanistico generale, tra quelli indicati dall’art.106, 3° comma, potrebbe ragionevolmente reputarsi “conforme” al nuovo Piano paesaggistico; ove si consideri, per di più, che allo stato difetta il necessario adeguamento del DRAG allo stesso PPTR, adempimento al quale la Regione dovrà  provveder entro un anno ai sensi dell’art. 99 nta.
Ultima, ma non meno importante considerazione sulla portata giuridica della attività  di conformazione al PPTR disciplinata dall’art. 100 nta, è la seguente: le norme tecniche non chiariscono con la dovuta sufficienza quale sia l’effetto giuridico propriamente detto che consegue all’accertamento della perfezionata “conformità ” del piano urbanistico al PPTR.
Fermo che nelle more della valutazione di conformità  di cui all’art.100 “sono fatti salvi” gli strumenti urbanistici elencati nelle lettera a-b-c- dell’art.106 (i piani e le varianti di adeguamento al PUTT/P i cui strati conoscitivi sono stati verificati e giudicati coerenti rispetto a quelli contenuti nella Proposta di PPTR di cui alla delibera G.R. n.1 del 11 ottobre 2010), vale a dire gli strumenti urbanistici generali oggetto della valutazione di conformità , le norme assegnano soltanto all’espletato “adeguamento” effetti significativi (che nello specifico vedremo oltre), quali, per esemplificare, la dichiarazione ministeriale di non vincolatività  del parere della Soprintendenza nell’ambito del procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica (comma 5°, art. 146 del Codice – comma 8°, art.97 nta) ovvero la possibilità  (espressamente prevista soltanto in sede di “adeguamento” dall’ art. 97 nta) che vengano individuate aree gravemente degradate o compromesse nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero e alla riqualificazione non richieda il rilascio della autorizzazione paesaggistica (art. 93, co. 1 nta); e così via.
Analoghe previsioni non si rintracciano dunque con espresso riferimento alla conseguita positiva valutazione di “conformità ” del piano urbanistico al PPTR, sicchè non appare ultroneo interrogarsi sulla effettiva portata dell’art.100 nta, verosimilmente comprensibile soltanto all’esito delle sue prime applicazioni.
Interrogativo che, ci sia concesso, si profila ancor più pregnante, ove si pensi che la “valutazione di conformità ” disciplinata dall’art.100 nta viene considerata, nell’ambito dell’Accordo sottoscritto con il Ministero il 16 gennaio 2015 (cfr. deliberazione della Giunta Regionale di approvazione del PPTR), una delle attività  “presupposto” per la revisione e l’aggiornamento dello stesso PPTR (art.3, co. 2° dell’Accordo), da espletarsi secondo le procedure indicate dall’art.104 nta.

L’ADEGUAMENTO DEI piani urbanistici generali e territoriali alle previsioni del PPTR entro un anno dalla data della sua entrata in vigore (ART.97 NTA PPTR – art.145, co.4 del Codice).

Tutti gli enti pubblici territoriali (a mente del Codice, art. 145, co.4 i comuni, le città  metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette), che non versano nella più favorevole condizione indicata nell’art.100 nta, sono tenuti, ai sensi dell’art.2, co. 9, della legge regionale pugliese 7 ottobre 2009 n.20 – e degli artt.97 e 106 co.5 nta – ad adeguare i propri piani urbanistici generali e territoriali alle previsioni del PPTR entro un anno dalla sua entrata in vigore.

Le modalità  e i contenuti (anche “negoziali”) della attività  di “adeguamento”.
Quanto al procedimento, l’art.97 nta – dopo aver posto la esigenza di coordinamento attraverso la raccomandazione agli enti locali di utilizzare i medesimi standard informatici in uso per i PUG di cui alla delibera G.R. 13 luglio 2009 n. 1178 – esige che esso abbia avvio con l’adozione (verosimilmente da parte dell’organo competente alla adozione del Piano) di una “proposta di adeguamento” del Piano al PPTR da trasmettere tempestivamente alla Regione, al Ministero e a tutti gli enti territoriali -e non- interessati, con la finalità  di “condividere” e “approfondire” alla scala locale le conoscenze, gli obiettivi e le disposizioni normative del PPTR ed acquisirne i rispettivi pareri.
Il richiamo esclusivo nell’art.97 nta ai primi sei commi dell’art.11 della legge regionale 27 luglio 2001 n. 20, implica che il procedimento di adeguamento al PPTR, finalizzato al rilascio del parere di compatibilità  paesaggistica di cui all’art.96, 1° c., lett.a) nta, sia solo ed esclusivamente quello previsto per la formazione del PUG, sicchè appare opportuno ricordare innanzi tutto che la medesima legge assicura (art.2) il rispetto dei principi di: a) sussidiarietà , mediante la concertazione tra i diversi soggetti coinvolti, in modo da attuare il metodo della copianificazione; b) efficienza e celerità  dell’azione amministrativa attraverso la semplificazione dei procedimenti; c) trasparenza delle scelte, con la più ampia partecipazione; d) perequazione.
Il principio di sussidiarietà  (declinato nel metodo della co-pianificazione), per altro, insieme a quello della partecipazione, è uno dei principi generali ai quali tutta l’attività  di “produzione sociale del paesaggio” disciplinata dal PPTR deve conformarsi (artt. 9-10 nta).
Soprattutto il richiamo al principio di sussidiarietà  tra gli enti, nella dimensione consolidatasi a seguito della modifica del Titolo V della Carta Costituzionale, [3] impone – pur nella consapevolezza della primazia del bene “paesaggio” – di garantire agli enti locali una effettiva compartecipazione alle non facili scelte che, alla scala locale, devono contemperare gli interessi correlati ad un effettivo e praticabile sviluppo locale auto-sostenibile con quelli della tutela e della valorizzazione tout court del paesaggio, nelle accezioni e dimensioni declinate dal PPTR.
Ferme alcune tutele invalicabili che riguardano, per così dire, i beni paesaggistici statali, è plausibile che le scelte operate dal PPTR alla scala regionale possano – se non debbano – essere verificate alla scala locale quanto alla loro attendibilità  e, ove possibile, riallineate quanto alla loro coerenza e compatibilità  con le reali esigenze avvertite ed espresse dai territori locali.
Questi, intesi come intreccio di risorse materiali e immateriali, a cui non è estranea la sfera sociale e culturale nonchè le capacità  dei soggetti di attivarsi e auto organizzarsi, sono dichiaratamente collocati dalla Regione al centro delle politiche di sviluppo (cfr. delibera di approvazione PPTR); se dunque al PPTR deve riconoscersi, quale Piano gerarchicamente sovraordinato, la funzione direttrice di orientare lo sviluppo dei territori locali “elevando la consapevolezza dei grandi valori dei paesaggi di Puglia quale indispensabile condizione per la loro tutela e valorizzazione e quale presupposto per uno sviluppo del territorio regionale profondamente diverso dai processi di crescita del dopo guerra, segnati dalla industrializzazione per poli e dalla urbanizzazione anomica”, è altrettanto vero che ai territori locali non può non essere riservata una reale autonomia di scelta, politica e amministrativa, per lo meno quanto al grado di “auto-sostenibilità ” dello sviluppo dei territori medesimi ai quali, come ciascun vede, non può essere negata una qualche prospettiva di continuità  pur nel cambiamento.
Si pensi, per esemplificare, alle scelte già  operate – anche con il concorso della stessa Regione – nei PUG di recente approvazione o in corso di approvazione, quanto alla dimensione degli insediamenti, delle volumetrie e degli standards ai primi correlati, e così via. Non è plausibile immaginare che la sede dell’adeguamento al PPTR possa portare ad un azzeramento di tutto ciò che, almeno apparentemente, sembrerebbe confliggere con la strategia “politica” riversata dalla Regione nel Piano paesaggistico. In assenza di un precetto normativo di rango legislativo sul consumo del suolo, ad esempio, si dubita che la valutazione di coerenza con il progetto strategico Patto Città  Campagna possa dare luogo, nell’ambito del procedimento di adeguamento di cui all’art.97 nta, ad una intransigente richiesta di eliminare dalla pianificazione generale sottoposta all’adeguamento tutta la volumetria allogata nelle cinture di espansione periurbana; certamente, la fase dell’adeguamento – soprattutto se la Regione si doterà , ad esempio nel DRAG “adeguato”, di una apposita “griglia di criteri” atti a orientare la successiva valutazione – potrà  essere la sede opportuna per un ripensamento in termini di contenimento di consumo del suolo delle scelte operate; ma sarà  compito soprattutto degli enti locali, persino nella forma di aggregazione auspicata dall’ultimo comma dell’art.97 nta e dall’art.101 nta, far convergere nella “proposta di adeguamento” istanze ben argomentate e soprattutto proposte costruite sul presupposto di una accurata e attendibile istruttoria tecnica, sociale ed economica tale da riuscire a “negoziare” con gli altri enti attori della co-pianificazione soluzioni che tengano conto delle reali esigenze degli interessi alla scala locale.
Lo stesso dicasi per i Territori costieri, dove un adeguato e attendibile approfondimento alla scala locale potrebbe condurre ad una proposta di riperimetrazione della fascia dei 300 metri – allo stato rappresentata in linea “astratta” e scevra dalla reale conformazione del territorio ai sensi dell’art. 142, co.1, del Codice – nella prospettiva di consentire un uso sì consapevole di quei territori costieri ma non meno alieno da quelle che sono le attuali e concrete esigenze di sviluppo dei territori medesimi. Si pensi anche qui, per esemplificare, in una Regione che conta circa 800 km di costa, alla realizzazione di villaggi turistici ecocompatibili anche, ove possibile, entro la fascia dei 300 metri, nella rinnovata prospettiva virtuosa che un più attuale modello di partenariato pubblico privato possa garantire adeguate risorse finanziarie per realizzare una corretta quanto necessaria riqualificazione dei paesaggi costieri (difficilmente attuabile con il solo concorso delle risorse pubbliche). [4]
E’ in questa prospettiva, dunque, che tanto più la “proposta di adeguamento” – prendendo le mosse da una ricognizione seria, puntuale e attendibile delle caratteristiche del territorio che garantisca una effettiva conoscenza del paesaggio regionale alla scala locale – sarà  in grado di rappresentare modalità  di uso consapevole del territorio e un grado di “auto-sostenibilità ”  locale coerente e compatibile con i valori, obiettivi e tutele declinati dal PPTR, tanto maggiore sarà  la possibilità  di avanzare proposte di rettifica e/o integrazione degli elaborati del PPTR con riferimento ad una diversa e più adeguata disciplina di uso alla scala locale (art.97, co. 5) anche relativa – come specificato all’art.3 dell’Accordo tra Regione e Ministero del 16 gennaio 2015 – alla specifica disciplina di cui agli Elaborati denominati 6.4 – Schede di identificazione e definizione delle specifiche disciplina d’uso degli immobili e aree di notevole interesse pubblico ai sensi degli art. 136 e 157 del Codice.
Come già  detto per l’attività  di valutazione della “conformità ” ai sensi dell’art. 100 nta, anche l’attività  di “adeguamento” disciplinata dall’art.97 nta viene considerata, nell’ambito dell’Accordo sottoscritto con il Ministero il 16 gennaio 2015 (cfr. deliberazione della Giunta Regionale di approvazione del PPTR), una delle attività  “presupposto” per la revisione e l’aggiornamento dello stesso PPTR (art.3, co. 2° dell’Accordo).
La verifica in condivisione del grado di accuratezza e di qualità  della “proposta di adeguamento” avverrà  infatti in seno alla conferenza di servizi di co-pianificazione da convocarsi a cura dell’Ente locale entro 90 giorni dalla avvenuta trasmissione della stessa proposta alla Regione, al Ministero e a tutti gli enti pubblici interessati; ove l’ente locale non provvedesse alla convocazione è previsto il potere sostitutivo della Regione.
I lavori della conferenza devono concludersi entro 90 giorni (termine qualificato perentorio dall’art.97, co. 6 nta) dalla data della prima seduta.
L’esito potrà  essere positivo (verbale favorevole della Conferenza di servizi) ed allora la Regione rilascerà  il parere di compatibilità  paesaggistica sul Piano che, a mente dell’art.96 nta, verificherà  la coerenza e la compatibilità  dello strumento urbanistico con:

  •  il quadro degli obiettivi generali e specifici, di cui al Titolo IV;
  •  la normativa di uso e gli obiettivi di qualità  di cui alla sezione C1 della scheda d’ambito di riferimento;
  •  gli indirizzi, le direttive, le prescrizioni, le misure di salvaguardia e utilizzazione e le linee guida di cui all’art.6;
  •  i progetti territoriali per il paesaggio regionale di cui al Titolo IV.

Una volta acquisito il parere di compatibilità  paesaggistica, il Sindaco (o il Presidente della Provincia) entro i successivi 30 giorni proporrà  al Consiglio l’approvazione in conformità  seguendo le procedure previste dalla specifica normativa di settore.
Entro il termine di 60 giorni dalla approvazione, su richiesta della Regione, il Ministero – verificata la correttezza della procedura di adeguamento – rilascerà  il parere previsto dall’art.146, co.5, del Codice ai fini della non vincolatività  del parere obbligatorio del Soprintendente nel procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica.
Qualora l’esito fosse negativo, invece, le diverse posizioni espresse nella Conferenza di servizi, con particolare riguardo a quelle dissenzienti, verranno evidenziate nel verbale conclusivo. A questo punto il procedimento dovrà  intendersi interrotto sino alla presentazione di una nuova “proposta di adeguamento” che dovrà  tenere conto di quanto già  emerso in precedenza.
Ciò posto, l’esclusivo riferimento nell’art.97 nta alla disciplina di formazione dei PUG, pone però il seguente interrogativo: come possa essere praticabile nei tempi richiesti la descritta attività  di adeguamento allorchè la stessa Regione, a mente dell’art. 99 nta, è tenuta, a sua volta, nello stesso termine di un anno dalla entrata in vigore del PPTR, a provvedere al coordinamento ed alla verifica di coerenza del vigenti atti di programmazione e di pianificazione regionale – tra cui il DRAG (Documento Regionale di Assetto Generale) – con le previsioni del PPTR?
E’ plausibile ipotizzare che l’attività  di adeguamento dei piani urbanistici generali al PPTR, da espletarsi apparentemente nell’ambito della formazione del PUG, possa avvenire tempestivamente prima ancora che il DRAG [5] sia reso, per così dire, coerente con lo stesso PPTR?
Sono anche questi interrogativi ai quali appare difficile offrire una risposta e che, pertanto, potrebbero essere oggetto di approfondimento e chiarimento nell’ambito di una circolare interpretativa di cui si avverte pertanto la necessità  e l’urgenza.
I principali effetti derivanti dall’espletamento tempestivo – o dal mancato espletamento – della attività  di “adeguamento degli strumenti urbanistici generali al PPTR.
Come accennato innanzi, oltre al risultato di pervenire all’eventuale aggiornamento e/o revisione del PPTR ai sensi dell’art.104 nta, ovvero alla determinazione di più puntuali delimitazioni dei beni paesaggistici o degli ulteriori contesti regionali anche associata alla individuazione di una disciplina d’uso adeguata alla scala locale di maggior dettaglio rispetto a quella attuale del PPTR (art.97, co.5° nta – art.3 Accordo tra Regione e Ministero 16 gennaio 2015), dalla positiva conclusione dell’attività  di adeguamento – in uno all’esito positivo del monitoraggio ai sensi dell’art. 143 co. 6° del Codice – possono discendere significativi effetti e conseguenze.
In primo luogo, a mente del comma 8, art.97 nt., entro il termine di 60 gg. dalla approvazione del PUG adeguato al PPTR il Ministero, su richiesta della Regione, verificato a sua volta positivamente l’adeguamento, rilascia il parere previsto dall’art. 145, co 3° del Codice ai fini della non vincolatività  del parere obbligatorio del Soprintendente nel procedimento di autorizzazione paesaggistica (art. 146 del Codice – art. 90 nta).
In secondo luogo, a mente dell’art.93, co. 1° nta, la Regione, di intesa con il Ministero, può individuare aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero e alla riqualificazione non richieda il rilascio della autorizzazione paesaggistica.
In terzo luogo, sempre a mente dell’art.93, co. 2° nta, la Regione e il Ministero, avvalendosi del contributo conoscitivo degli Enti locali possono individuare le aree di cui all’art.142 del Codice – non interessate da particolari procedimenti o provvedimenti di vincolo –  dove la realizzazione degli interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità  degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale (adeguato al primo).
Le conseguenze della mancata attività  di adeguamento entro il termine sancito nel PPTR sono invece indicate dall’art 106 nta co. 7°, alla stregua del quale si applicano le disposizioni di cui al Titolo VI nta.
Invero, la previsione deve essere chiarita nel senso che:
(i) nelle more dell’adeguamento dei piani urbanistici generali diversi da quelli di cui alle lettere a-b-c- dell’art.106 nta ma comunque per lo meno dotati dei primi adempimenti con la perimetrazione dei “territori costruiti”, fatta salva l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ove presenti beni paesaggistici di cui agli articoli 134 e 157 del Codice, nei medesimi “territori costruiti” di cui all’art.1.03 co.5 e 6 delle nta del PUTT/P trovano applicazione esclusivamente gli Obiettivi di qualità  paesaggistica e territoriale del relativo Ambito paesaggistico interessato, nonchè le linee guida indicate dall’art.79, co.1.3.
(ii) ove lo strumento urbanistico generale non si adegui entro un anno dalla entrata in vigore del PPTR – la disposizione vale anche per i piani di cui alle lettere a-b-c- dell’art.106 nta – si applicano comunque le disposizioni di cui al Titolo VI nta.

Considerazioni conclusive (COMUNQUE provvisorie).

La qualificazione del Piano paesaggistico in termini di atto avente portata generale – e non settoriale – (CIVITARESE MATTEUCCI S., La pianificazione paesaggistica: il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione, in www.aedon.mulino.it, n. 3/2005), impone di riconsiderare in termini innovativi il rapporto, da sempre di difficile coabitazione, della disciplina paesaggistica con l’urbanistica.
E’ infatti acclarato come, nella impostazione del Codice (art.145, co. 3°), tutta l’attività  di programmazione e di pianificazione debba essere conformata ed adeguata alle previsioni del Piano paesistico in una logica di chiara prevalenza del secondo sulle prime.
In particolare, le previsioni contenute nel Piano paesistico sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici (una sorta di opportuna salvaguardia, in attesa che gli strumenti urbanistici generali vengano “adeguati” al Piano paesistico).
Si è giunti così ad affermare che il coordinamento tra piani del paesaggio e piani del territorio diviene in senso ancor più pregnante un coordinamento tra interessi, che prescinde dagli strumenti e diviene parte di un continuum paesaggio-governo del territorio che informa e coinvolge l’intera disciplina urbanistica.
D’altro canto, l’art. 135 del Codice prevede, alla lettera d) del comma 4, che “Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità  con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO”.
Così come, tra i contenuti “necessari” del Piano, l’art. 143 del Codice elenca alla lettera h) la “individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate”.
Ciò incontestato, e riconosciuta al Piano non soltanto la funzione (più tradizionale) di tutela e di conservazione, ma soprattutto quella dinamica di proporre progetti e attività  negoziate volte al recupero e alla valorizzazione dei beni e contesti paesaggistici compromessi o trascurati, occorre anche approfondire il rapporto esistente tra il Piano paesaggistico di nuova generazione e le attività  dei pianificatori alla scala locale.
E’ più che plausibile, infatti, che l’attività  istruttoria espletata alla scala regionale – sia pur con un apparato tecnico informatico molto efficace e moderno – possa non aver colto appieno le peculiarità  dei valori che i singoli territori locali esprimono, per altro in una dinamica temporale in continua e spesso repentina evoluzione (si pensi, per esemplificare, ai dati del settore turistico nella nostra Regione, all’attualità  verosimilmente diversi da quelli rilevati nel PPTR, la cui istruttoria rimonta agli anni 2007/2010).
L’art. 5 della Convenzione definisce ˜il paesaggio’ come “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità  del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità “; sicchè non è revocabile in dubbio che, dopo la fase c.d. “ascendente” di raccolta e traduzione dei valori espressi dalle comunità  locali nel corso del procedimento di VAS propedeutico alla formazione del Piano, delle Conferenze d’area, delle osservazioni, ecc., occorre ora verificare, nel corso delle attività  di adeguamento dei piani locali al PPTR (fase c.d. “discendente”), che tale traduzione sia correttamente avvenuta.
E’ in questa prospettiva che il PPTR, nella attuale configurazione conseguente alla sua recente approvazione, possa anche considerarsi “provvisorio” nelle more che gli enti territoriali perfezionino l’adeguamento dei rispettivi strumenti urbanistici e settoriali, proponendo delle soluzioni anche diverse – se non più coerenti con le effettive esigenze dei territori – rispetto a quelle attualmente disponibili.
Per questa ragione occorre ulteriormente indagare e approfondire quali siano i reali e concreti limiti di questa possibile trasformazione/evoluzione del PPTR, su istanza, questa volta, delle comunità  locali e di tutti gli attori coinvolti nella complessa vicenda della “produzione sociale del paesaggio”.
Non v’è dubbio che l’attività  di co-pianificazione con il Ministero dei beni e delle attività  culturali e del turismo, organo dello Stato tradizionalmente non incline a penetrare le dinamiche stricto sensu “urbanistiche” se non in chiave, per così dire, “difensiva”, induca a ritenere non agevole il raggiungimento di un effettivo contemperamento tra gli interessi declinati nel PPTR e quelli riconducibili alla attività  di pianificazione degli enti locali.
E pur tuttavia, confidando anche nelle più recenti politiche espresse da quel Dicastero, in una rinnovata apertura verso gli attori privati nell’ottica di una leale e proficua collaborazione di partenariato pubblico/privato (principio di sussidiarietà  orizzontale), [6] si ritiene che una qualche mediazione, tra l’intransigenza di alcuni e la tendenza a operare al di fuori delle norme di altri (non a caso si è parlato nella Relazione generale al PPTR di perseguire “..uno sviluppo del territorio regionale profondamente diverso dai processi di crescita del dopo guerra, segnati dalla industrializzazione per poli e dalla urbanizzazione anomica”), possa trovare una adeguata forma di realizzazione.

[1] Il testo previgente del comma, abrogato e sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. r) del D.Lgs. 63/2008 era il seguente: “Entro il termine stabilito nel piano paesaggistico e comunque non oltre due anni dalla sua approvazione, i comuni, le città  metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica alle previsioni dei piani paesaggistici, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani. I limiti alla proprietà  derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo”.
[2] Afferma P. Urbani, icasticamente, che «nella lotta intestina per la supremazia della titolarità  nella conformazione dei beni sul territorio l’abbia spuntata la normazione sul paesaggio a danno della panurbanistica» Relazione al VII Convegno Nazionale AIDU – “Urbanistica e Paesaggio”, Parma, 18 novembre 2005, in www.Pausania.it.
[3] La riforma del Titolo V della Costituzione ha profondamente innovato l’assetto istituzionale ed i rapporti tra lo Stato e le autonomie locali, dando vita a un sistema nel quale, in base al principio di sussidiarietà , si è scelto di privilegiare le istituzioni più vicine ai cittadini. Il primo elemento di novità  è contenuto nell’art.114 della Cost. ove viene stabilita una equiordinazione tra lo Stato, regioni, città  metropolitane, province e comuni, individuati tutti come elementi costitutivi della Repubblica.
[4] Se il PPTR ha potuto tenere conto della Strategia europea per la Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC) – per altro senza che la Puglia abbia partecipato a nessuno dei programmi di network tra le varie regioni marittime europee – praticando sistematicamente la c.d. “opzione zero”, altrettanto non può dirsi per la più recente Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo stabilita nella Comunicazione della Commissione UE COM(2014) 86 final del 20 febbraio 2014, che pertanto potrebbe dare luogo a una qualche “revisione” nella complessiva strategia assunta nel PPTR per la gestione integrata dei territori costieri (si pensi ad esempio alle “residenze turistiche” collegate alla portualità  turistica).
[5] In base alle disposizioni della legge regionale 20/2001, il DRAG deve definire (art. 4, terzo comma) (i)”il quadro degli ambiti territoriali rilevanti al fine della tutela e conservazione dei valori ambientali e dell’identità  sociale e culturale della regione” (ii)”gli indirizzi, i criteri e gli orientamenti per la formazione, il dimensionamento e il contenuto degli strumenti di pianificazione provinciale e comunale, nonchè i criteri per la formazione e la localizzazione dei Piani Urbanistici Esecutivi (PUE)” (iii) “lo schema dei servizi infrastrutturali di interesse generale”.
[6] Nel nostro ordinamento il principio di sussidiarietà  orizzontale, prima dell’entrata in vigore della l. 3/2001 che ha modificato l’articolo 118 costituzione, era già  espressamente richiamato dall’art. 4, comma 3, l. 59/1997 (prima “legge Bassanini”), secondo il quale il conferimento di funzioni agli enti territoriali deve osservare, tra gli altri, “il principio di sussidiarietà , attribuendo le responsabilità  pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità , alla autorità  territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”. Anche il Testo Unico sugli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 3, quinto comma) con una formulazione analoga ma più snella stabilisce che “i Comuni e le Province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività  che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”. Il principio di sussidiarietà  orizzontale, dopo la riforma del titolo V costituzione, trova un fondamento a livello costituzionale precisamente all’art. 118, comma 4, Costituzione secondo cui “Stato, Regioni, Città  metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività  di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà “. Per una analisi del tema in materia di Paesaggio, si rinvia a D. Donati, Origini, connessioni e interpretazione del principio di sussidiarietà  orizzontale nell’ordinamento italiano, Bologna, 2010.

 

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