Risarcimento del danno – Danno precontrattuale – Fattispecie 

Dev’essere condannato al pagamento del danno precontrattuale il Comune che, dopo aver rilevato, a seguito dell’aggiudicazione della gara per la realizzazione  dei un’opera pubblica, che il progetto dallo stesso ente predisposto dovesse essere variato su indicazione della Soprintendenza competente e dopo aver atteso due anni per il completamento dell’iter di approvazione del nuovo progetto in assenza di interlocuzioni con l’impresa, abbia in seguito imposto a quest’ultima, violando i principii di correttezza e   buona fede,  di dare la disponibilità  all’accettazione della variazione progettuale entro 15 giorni  in periodo estivo, pena la revoca dell’aggiudicazione.

Pubblicato il 13/07/2017
N. 00785/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01350/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1350 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Archeo & Restauri S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giampiero Manzo, con domicilio eletto presso Giovanni Testa, in Bari, via Rodolfo Redi, 3; 

contro
Comune di Giovinazzo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Mariano Fiore e Domenico Claudio Pannoli, con domicilio eletto presso Domenico Claudio Pannoli, in Bari, via Nicolai, 177; 
Centrale Unica di Committenza – Comuni di Bitonto, Corato, Giovinazzo, Ruvo di Puglia, Molfetta, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio; 

nei confronti di
Ditta Cataldi Pasquale, non costituito in giudizio; 

per l’annullamento
previa adozione di misure cautelari,
della nota prot. 0019872 del 14.9.2015, successivamente ricevuta, con la quale il Comune di Giovinazzo ha implicitamente dichiarato la Archeo & Restauri S.r.l. decaduta dall’appalto, già  aggiudicato, di sola esecuzione dei “Lavori di messa in sicurezza della passeggiata sul lungomare storico”;
della nota del 13.7.2015 prot. 0015453 con la quale il Comune di Giovinazzo assegnava alla Archeo & Restauri S.r.l. il termine di quindici giorni per accettare la variante ai lavori in pendenza della stipula del contratto;
di ogni altro provvedimento connesso, propedeutico o consequenziale;
nonchè
sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 26.1.2017
per l’annullamento
previa adozione di misure cautelari,
della determinazione iscritta al n. 1849 del Registro Generale delle Determinazioni ed al Numero Settoriale 23 del 14.12.2016, pubblicata il 15.12.2016 della Centrale di Committenza tra i Comuni di Bitonto – Giovinazzo – Ruvo di Puglia – Molfetta – Ufficio Comune, di approvazione del nuovo bando di gara dei lavori “Lungomare Storico via Marina – Lavori di manutenzione straordinaria”;
della determinazione iscritta al n. 1965 del Registro Generale delle Determinazioni ed al Numero Settoriale 30 del 27.12.2016, pubblicata il giorno 28.12.2016 della Centrale di Committenza tra i Comuni di Bitonto – Giovinazzo – Ruvo di Puglia – Molfetta – Ufficio Comune, di revoca della Determinazione nr. 1849 del 14.12.2016 e di ritiro del relativo bando, con contestuale approvazione del secondo nuovo bando di gara del lavori ” Lungomare Storico via Marina – Lavori di manutenzione straordinaria”;
della nota prot. 25686 del 13.12.2016, depositata il 14.12.2016, del Comune di Giovinazzo;
della Relazione prot. 25663/16 a firma del Dirigente del Settore Gestione Territorio, depositata il 14.12.2016;
di tutti gli atti connessi e consequenziali, ivi compresa la nota a firma dell’avv. Fiore del 3.1.2017 di rigetto della richiesta della Archeo & Restauri S.r.l. di revoca in autotutela dei provvedimenti impugnati;
e per la condanna
della Amministrazione intimata al risarcimento del danno in forma specifica, ovvero, in mancanza, per equivalente.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Giovinazzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2017 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 14.10.2015 e depositato in Segreteria il 29.10.2015, la società  Archeo & Restauri S.r.l. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
La controversia in esame scaturiva da una lunga ed articolata vicenda amministrativa relativa al progetto di messa in sicurezza della passeggiata del lungomare storico del Comune di Giovinazzo (BA).
In particolare, a mezzo del ricorso in epigrafe la ricorrente esponeva che, a seguito di procedura negoziata per l’affidamento dei lavori di cui trattasi, il Comune di Giovinazzo disponeva, con Determinazione Dirigenziale n. 193 del 25.10.2013 (RG n. 782 del 27.11.2013), l’aggiudicazione definitiva in suo favore dell’appalto per la realizzazione dei relativi lavori.
Ciononostante, il procedimento di cantierizzazione e la stipula del relativo contratto subivano una serie di rallentamenti, conseguenti, soprattutto, ad aspetti tecnici legati all’impatto paesaggistico dell’intervento.
In particolare, accadeva che a seguito di un esposto da parte dell’Associazione Pro Loco di Giovinazzo, in cui si constatava la mancata applicazione della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico della zona interessata dai lavori e, conseguentemente, l’irrealizzabilità  dell’opera, il Comune, e per esso il dirigente pro tempore del Settore Gestione del Territorio, disponeva la sospensione del procedimento di cantierizzazione e, con successiva determinazione dirigenziale a contrarre, avviava un’ulteriore procedura ristretta per l’esecuzione dei saggi archeologici sulla predetta area oggetto di manutenzione straordinaria.
La procedura si concludeva con l’affidamento dell’esecuzione dei rilievi archeologici alla stessa Archeo & Restauri S.r.l.
Occorre precisare che l’esposto della locale Pro Loco veniva acquisito non solo dall’Amministrazione locale, ma anche dal Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali e del Turismo – Soprintendenza dei Beni Archeologici di Taranto, il quale, destinatario, assieme all’Ente civico, delle risultanze delle operazioni di scavo sul lungomare, con nota prot. n. 14375 del 20.11.2014, comunicava il diniego al prosieguo dei lavori così come originariamente progettati ed approvati, evidenziando una quota di scavo erronea e richiedendo alla Soprintendenza Beni Archeologici e Paesaggistici di Bari di valutare un eventuale progetto in variante.
Per sopperire alle carenze progettuali emerse, l’Amministrazione Comunale trasmetteva alla Soprintendenza di Bari un nuovo elaborato progettuale, che veniva da quest’ultima approvato ed autorizzato, con nota prot. n. 2917 del 27.2.2015, previa presentazione di un nuovo computo metrico estimativo dei lavori, che veniva poi successivamente realizzato.
In data 9.4.2015, la Soprintendenza Archeologica di Taranto prendeva atto della variazione progettuale individuata e ne rappresentava l’idoneità  alla tutela delle strutture archeologiche esistenti e rinvenute.
Sicchè, acquisite ulteriori utili valutazioni sull’area interessata dai lavori, il Comune trasmetteva in data 13.7.2015 all’impresa aggiudicataria lo schema di contratto predisposto, chiedendole contestualmente se fosse disponibile “ad eseguire i lavori appaltati e non ancora contrattualizzati, agli stessi patti prezzi e condizioni, alla data dell’appalto, seppur con le variazioni espresse, senza eccezione alcuna, in ordine alla mancata contrattualizzazione e al tempo trascorso” sino ad allora, con l’ulteriore precisazione che, ove non si fosse ricevuto riscontro entro quindici giorni dalla ricezione della missiva in parola, la Ditta sarebbe stata considerata rinunciataria.
In tesi di parte ricorrente, la fitta corrispondenza tra il Comune e la Soprintendenza di Taranto, nonchè tutte le successive vicende che avevano di fatto dilazionato nel tempo la stipula del contratto, si perfezionavano senza che fosse stato comunicato alcunchè all’impresa, la quale veniva a conoscenza di tutto quanto sopra solo con la citata nota del Comune del 13.7.2015, prot. n. 0015453.
Ed invero, la controversia di cui è causa traeva origine proprio da siffatta comunicazione, che la ditta Archeo & Restauri S.r.l. riceveva in pieno periodo estivo, con accettazione, tramite posta certificata, in data 14.7.2015, e tramite raccomandata con avviso di ricevimento, in data 24.7.2015.
All’avvenuta ricezione seguiva, in data 10.8.2015, un’email di risposta della ditta aggiudicataria ove la stessa domandava la convocazione di una conferenza di servizi al fine di ottenere delucidazioni in merito alle variazioni tecniche ed economiche apportate al progetto originario appaltato.
Senonchè, considerato che il termine di scadenza per comunicare la propria disponibilità  era fissato entro quindici giorni e, quindi, entro il giorno 8 agosto 2015, il Comune di Giovinazzo dichiarava la ricorrente rinunciataria, dapprima, con nota prot. n. 0019259 del 7.9.2015 e, poi, in riscontro ad una missiva di diffida ad adempiere inviata dalla ditta decaduta, con nota prot. n. 0019872 del 14.9.2015.
A nulla servivano le plurime successive richieste trasmesse dall’impresa al Comune al fine di ottenere l’annullamento di quest’ultima.
Avverso gli esiti provvedimentali del 13.7.2015 e del 14.9.2015 insorgeva la ricorrente, onde conseguirne l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, sulla scorta della seguente censura: “violazione di legge art. 2 comma 1 d.lgs. 163/2006 – Violazione obbligo buona fede, trasparenza e correttezza – Violazione di legge art. 11 comma 9 d.lgs. n. 163/2006 e s.m.i. – Eccesso di potere sotto il profilo dell’errata valutazione dei presupposti di fatto – Travisamento – Ingiustizia grave e manifesta” lamentando, in particolare, l’illegittimità  del comportamento dell’Amministrazione Comunale nella misura in cui aveva largamente ritardato l’adozione degli atti necessari alla stipula del contratto ed, dopo aver fatto decorrere due anni dall’aggiudicazione, assegnava un termine breve e perentorio per l’accettazione del progetto variato, senza possibilità  alcuna di sollevare eccezioni.
Con memoria di costituzione pervenuta in Segreteria in data 16.11.2015 si costituiva in giudizio il Comune di Giovinazzo, eccependo l’inammissibilità  del ricorso per omessa notifica all’impresa seconda classificata e, perciò, asseritamente controinteressata, ossia la ditta Cataldi Tommaso, e la sua irricevibilità  per tardività , nonchè l’infondatezza.
In data 20.11.2015 la ricorrente notificava il ricorso introduttivo anche alla ditta Cataldi Tommaso, che non si costituiva.
Con ordinanza n. 13/2016, il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe accoglieva l’istanza cautelare, tenendo conto, in particolare, che “la stretta scadenza imposta dal Comune di Giovinazzo – peraltro con effetto di perentoria decadenza – non appare coerente con il rispetto dei principi di correttezza e buona fede nella gestione del contatto amministrativo intercorso con la Società  Archeo & Restauri S.r.l. in conseguenza dell’aggiudicazione avvenuta con D.D. n. 782 del 27.11.2013”, e per l’effetto ordinava il riesame dell’attività  disposta con nota del 13.7.2015 prot. n. 0015453 e successiva nota prot. n. 0019872 del 14.9.2015, da effettuarsi nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della stessa.
Con ordinanza n. 2111/2016, il Consiglio di Stato, Sezione V, respingeva l’appello cautelare proposto dal Comune di Giovinazzo avverso la sopra citata ordinanza.
Rilevato, poi, che non constava agli atti alcun esito circa il riesame dell’attività  disposta con l’ordinanza che accoglieva l’istanza cautelare nè alcun oggettivo impedimento alla sua realizzazione, con ordinanza n. 1116/2016, il Tribunale in epigrafe onerava il Comune resistente di relazionare sull’attività  di riesame disposta o, in mancanza, di effettuare il prescritto riesame entro ulteriori sessanta giorni dalla comunicazione della stessa.
Con nota prot. n. 25663 del 13.12.2016, depositata in Segreteria il giorno prima dell’udienza del 15.12.2016, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio dava corso al riesame delle attività  provvedimentali gravate e, preso atto della volontà  dell’Amministrazione Comunale di non proseguire nell’originario progetto, sia per le sue perduranti carenze, ancorchè validate e certificate dalle Soprintendenze competenti per territorio, sia per la ridotta capienza finanziaria, con nota prot. n. 2044 del 6.2.2017, comunicava l’avvio della procedura per la revoca delle note rispettivamente del 13.7.2015, prot. 0015453, e del 7.9.2015, prot. 19259, oltre all’avvio della procedura per la revoca della determinazione di aggiudicazione definitiva n. 193 del 25.10.2013 ed in conseguenza di tutti gli atti ad essa connessi.
Seguivano le rispettive determinazioni di revoca.
Medio tempore, stante la perdurante necessità  di provvedere ad eseguire degli interventi di messa in sicurezza e riqualificazione del lungomare di Giovinazzo, la Centrale di Committenza costituita tra i Comuni di Bitonto, Corato, Giovinazzo, Ruvo di Puglia e Molfetta, con determinazione n. 1849 RG del 14.12.2016 indiceva una nuova procedura di gara, che veniva, poi, autonomamente revocata, con determinazione n. 1965 RG del 27.12.2016, a causa di un errore nella indicazione delle categorie di attestazione SOA richieste per la partecipazione.
Con distinti pre-avvisi di ricorso la ricorrente diffidava il Comune di Giovinazzo a ritirare in autotutela i citati provvedimenti, senza ricevere alcun esito.
Sicchè, avverso tali determinazioni, la Archeo & Restauri S.r.l. proponeva gravame con motivi aggiunti al R.G. 1350/2015, depositandolo in Segreteria in data 26.1.2017.
Sinteticamente, con il primo motivo aggiunto si censurava “l’illegittimità  derivata” dei provvedimenti impugnati in quanto diretta conseguenza dei provvedimenti gravati con il ricorso principale; mentre con il secondo motivo aggiunto si contestava la sussistenza di un interesse pubblico alla ripetizione della gara da parte del Comune intimato.
L’interessata formulava, altresì, domanda risarcitoria.
Con memoria del 3.2.2017, l’Amministrazione replicava alle doglianze avanzate con il ricorso per motivi aggiunti, instando per la sua reiezione in quanto inammissibile ed infondato.
All’udienza pubblica del 24.5.2017 la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Espressi i fatti di causa nel loro progressivo ed articolato divenire, il Collegio ritiene che, in relazione alla domanda di annullamento, sia il ricorso introduttivo sia quello per motivi aggiunti debbano essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, stante l’intervenuta rimozione in autotutela da parte dell’Amministrazione resistente degli atti gravati.
Al riguardo, si ritiene doveroso precisare che, diversamente da quanto affermato in atti dalla ricorrente, con la impugnata determina n. 1965/2016 la Centrale di Committenza si limitava a ritirare la determina n. 1849/2016 di indizione della nuova lex specialis di gara, senza contestualmente approvare un ulteriore bando.
Relativamente alla domanda risarcitoria, invece, il Collegio ritiene opportuno effettuare una sintetica illustrazione del quadro giuridico e fattuale su cu si innesta la presente controversia.
Deve subito osservarsi come il contegno istituzionale complessivamente tenuto dal Comune di Giovinazzo nella vicenda in esame non appare essere stato ispirato ai criteri di correttezza e buona fede che sarebbe stato lecito attendersi nel quadro dell’attività  preliminare alla stipula di un contratto di appalto di lavori.
Emerge, infatti, da detto contegno la sussistenza di un danno di tipo precontrattuale in tal modo inferto, sul quale occorre brevemente soffermarsi in via generale al fine di renderne più chiari i contorni.
Come è noto, la responsabilità  precontrattuale della Pubblica Amministrazione trova la propria regolamentazione primaria nel Codice Civile, il quale, all’art. 1337, sancisce l’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto.
Gravando il predetto obbligo di comportamento su tutte le parti del contratto, qualora, durante la fase di formazione dello stesso, dovessero essere violati i citati doveri di lealtà  e correttezza, la stessa Amministrazione ben potrebbe rispondere a titolo di responsabilità  precontrattuale nel caso in cui dovesse porre in essere comportamenti lesivi dell’affidamento di controparte.
L’applicabilità  alla Pubblica Amministrazione delle disposizioni civilistiche in materia di buona fede deriva dall’equiparazione dell’Amministrazione ad un contraente privato nella procedura volta alla conclusione di un contratto o di una trattativa, lì dove la buona fede e la correttezza si specificano in una serie di regole di condotta, tra cui l’obbligo di valutare diligentemente le concrete possibilità  di positiva conclusione della trattativa e di informare tempestivamente la controparte dell’eventuale esistenza di cause ostative rispetto a detto esito.
In particolare, come di recente è stato affermato dal Consiglio di Stato, Sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245: “con particolare riferimento alle procedure di evidenza pubblica, la responsabilità  precontrattuale dell’amministrazione è stata indifferentemente configurata dalla giurisprudenza sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità  di atti della sequenza procedimentale, sia nell’assodato presupposto della loro validità  ed efficacia: a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una più ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara; b) per impossibilità  di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento; c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già  all’inizio della procedura; d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi”.
àˆ opportuno precisare, in ultimo, che la responsabilità  contrattuale sussiste anche a prescindere dall’invalidità  provvedimentale, poichè il danno che il privato lamenta non discende dal provvedimento, ma dal comportamento tenuto dall’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 1 febbraio 2013, n. 633).
Occorre a questo punto evidenziare i motivi per i quali, nel caso oggetto del presente giudizio, il Collegio ritiene sussistenti i presupposti della responsabilità  precontrattuale in capo al Comune di Giovinazzo.
In primo luogo, si deve fare riferimento alla sussistenza di una specifica posizione giuridica che qualifica l’odierna appellante in virtù dell’aggiudicazione definitiva determinata in suo favore (sia dei lavori che dei connessi e sopravvenuti saggi archeologici), che era di per sè largamente idonea ad ingenerare nell’impresa una legittima aspettativa nella stipula del contratto e nel conseguimento delle connesse utilità  economiche.
Non appare, invece, rilevante, ai fini dell’apprezzamento complessivo del contegno delle parti, la circostanza che la suddetta società  non avesse lamentato alcunchè in relazione al perdurante trascorrere del tempo per la conclusione del contratto a partire dall’aggiudicazione.
Risulta, infatti, comprensibile il comportamento mantenuto dalla società  Archeo & Restauri, soprattutto in occasione e a seguito della ricezione della nota comunale con cui le si chiedeva di procedere agli adempimenti necessari alla stipula del contratto, essendo ipotizzabile che l’aggiudicataria avesse ritenuto di dover attendere l’espletamento di ulteriori atti propedeutici alla positiva conclusione negoziale, senza potersi prefigurare i mutamenti in corso, che, peraltro, non le venivano neanche comunicati.
In particolare, stanti le valutazioni operate dalle Soprintendenze competenti per territorio, il Comune di Giovinazzo si limitava a dare atto del cambiamento progettuale solo dopo due anni dalla data di adozione della determina dirigenziale di aggiudicazione definitiva, assegnando all’aggiudicataria un termine di appena quindici giorni per accettarlo, senza eccezioni o rilievi di sorta, sia sul merito del progetto che sulle tempistiche.
Termine che può dirsi anch’esso foriero del mancato rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte del Comune nella gestione del contatto amministrativo in esame, in quanto, peraltro, imposto unilateralmente, in pieno periodo estivo e con effetto di perentoria decadenza.
Appare, peraltro, dirimente osservare come l’Amministrazione abbia utilizzato l’istituto della variante per sopperire a carenze progettuali determinate, principalmente, non già  da impreviste sopravvenienze, bensì da eventi che costituivano adempimenti propedeutici rientranti nel contenuto della prestazione appaltata quale aspetto della diligenza e della cura preliminare richiesta per l’esecuzione di quell’opera pubblica.
Sicchè le ragioni addotte dal Comune per giustificare l’intervenuta revoca in corso di causa degli atti di gara, ivi compresi quelli gravati, appaiono del tutto insufficienti ad escluderne la responsabilità . Nè tanto meno esse possono considerarsi legittimamente idonee a motivare il lungo periodo di tempo intercorso tra l’aggiudicazione e la richiesta di disponibilità  per la stipula del contratto, ovvero la pretesa avanzata alla ricorrente di dare celere adesione al progetto variato mediante l’imposizione di una stretta scadenza, donde ritenerla poi rinunciataria.
Altresì infondate appaiono quelle motivazioni con cui l’Amministrazione sostiene che il tempo ormai trascorso rendeva l’affidamento più oneroso sotto il profilo della convenienza economica.
Pur volendo ritenere che la revoca trovi giustificazione nella mutata e minore disponibilità  economica, il comportamento del Comune rimarrebbe, infatti, connotato da evidenti profili di scorrettezza.
Tra l’altro, la possibilità  che in una gara ad evidenza pubblica vi siano dei ritardi è, ad avviso di questo Collegio, evenienza non eccezionale, da prevedere e mettere in conto in sede di pianificazione economico finanziaria del relativo intervento.
A ciò si aggiunga l’intempestività  con cui la resistente decideva di agire in autotutela; la revoca veniva, infatti, decisa dopo che erano decorsi ormai più di due anni dall’aggiudicazione e, comunque, dopo che questo Tribunale veniva adito per definire il contenzioso e si pronunciava plurime volte, con il pieno avallo del Giudice di appello.
Poste tali premesse, il Collegio ritiene sussistente, nella vicenda di cui è causa, la piena responsabilità  precontrattuale del Comune di Giovinazzo ed il diritto della società  Archeo & Restauri S.r.l. al risarcimento dei danni.
In ordine alla quantificazione del danno, occorre ricordare quanto acclarato dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 6 del 2005, per la quale lo stesso deve ritenersi limitato all’interesse negativo, comprensivo, però, sia del danno emergente sia del lucro cessante.
Sicchè, il danno risarcibile a titolo di responsabilità  precontrattuale in relazione alla mancata stipula di un contratto d’appalto o in relazione all’invalidità  dello stesso, comprende le spese sostenute dall’impresa per aver partecipato alla gara (danno emergente), ma anche e soprattutto la perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione di altri contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe derivato dalla stipulazione ed esecuzione del contratto non concluso.
In ordine alla richiesta di risarcimento del danno da perdita di chance, appare necessario operare una preliminare ricognizione delle condizioni costitutive del relativo diritto.
La perdita di chance, diversamente dal danno futuro, che riguarda, invece, un pregiudizio non attuale, ma soggetto a ristoro purchè certo e altamente probabile, nonchè ascrivibile ad una causa efficiente già  in atto, costituisce un danno attuale, che non si identifica con la perdita di un risultato utile, ma con quella della possibilità  di conseguirlo, e postula, a tal fine, la sussistenza di una situazione presupposta, concreta ed idonea a consentire la realizzazione del vantaggio sperato, da valutarsi sulla base di un giudizio prognostico e statistico, fondato su elementi di fatto allegati dal danneggiato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 7 febbraio 2002, n. 686).
Al fine di ottenere il risarcimento per perdita di una chance è, quindi, necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base delle circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità  del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita (della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta).
Tutto ciò premesso, nel caso di specie, la domanda risarcitoria deve essere accolta in relazione al danno emergente, quest’ultimo consistente nelle spese sostenute per la partecipazione alla gara, in relazione alle quali si ritiene sussistere un adeguato principio di prova, oltre che una evidente non specifica contestazione.
Tale danno è liquidabile in complessivi € 1.800,00 (euro milleottocento,00), per come indicati in atti, oltre rivalutazione ed interessi dal giorno in cui la singola spesa viva fu sostenuta al saldo.
Una ulteriore somma di € 5.000,00 (euro cinquemila,00), equitativamente determinata, dovrà  essere riconosciuta in favore della società  ricorrente, a titolo di risarcimento del danno per lucro cessante, di per sè scaturente dal rilevante ammontare di tempo in cui specifiche risorse produttive della società  Archeo & Restauri S.r.l. appaiono essere rimaste inutilmente ingaggiate in un contesto procedimentale e provvedimentale segnato da plurime illegittimità , oltre che da comportamenti non ispirati a correttezza e buona fede quali quelli sopra evidenziati.
Su tale somma saranno dovuti rivalutazione monetaria ed interessi dal giorno della pubblicazione della presente sentenza al saldo.
Così delimitato il danno precontrattuale risarcibile, l’odierno Collegio ritiene di dover statuire anche su un’altra componente di danno per cui la ricorrente chiede il risarcimento, senza però offrire alcuna allegazione, ossia la perdita di chance.
Al riguardo, appare opportuno precisare che, secondo l’insegnamento della sezione quarta del Consiglio di Stato (sentenza 7 febbraio 2012, n. 662), l’esame della sussistenza del danno da perdita di chance interviene:
– o attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta attraverso elementi probatori;
– o attraverso una articolazione di argomentazioni logiche, che, sulla base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducono a concludere per la sua sussistenza;
– ovvero ancora attraverso un processo deduttivo secondo il criterio, elaborato dalla Corte di Cassazione, del c.d. “più probabile che non” (Cass. Civ., n. 22022/2010) e cioè “alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali” (Cass., sez. III civ., n. 22837/2010).
Applicando questi criteri al caso di specie, il Collegio, a fronte delle vicende intercorse, ritiene di poter assumere come non comprovata la sussistenza di tale voce di lucro cessante, in quanto non supportata da congrua prova di occasioni alternative di affari non utilmente colte a causa degli impegni assunti con il Comune resistente.
Va, altresì, esclusa la possibilità  di tenere conto, nella valutazione dell’importo dovuto dall’Amministrazione Comunale a titolo di responsabilità  precontrattuale, del c.d. danno curriculare, ossia dell’impossibilità  di far valere da parte dell’impresa, nelle future contrattazioni, la referenza specifica dell’appalto non eseguito, perchè non attiene all’interesse negativo, ma, più propriamente, all’interesse positivo, derivando proprio dalla mancata esecuzione dell’appalto e non dall’inutilità  della trattativa.
Nè, infine, può essere riconosciuto il pur richiesto risarcimento del danno all’immagine, posto che, nel caso di specie, la mancata stipulazione del contratto costituiva conseguenza del sopravvenuto, legittimo esercizio del potere di revoca dell’aggiudicazione da parte dell’Amministrazione.
Da quanto fin qui esposto discende, dunque, la declaratoria di improcedibilità  della domanda di annullamento, di cui al ricorso introduttivo e a quello per motivi aggiunti, per sopravvenuto difetto di interesse e l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno precontrattuale e da perdita di chanceper come sopra quantificati.
Da ultimo, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, dichiara improcedibile la domanda di annullamento per sopravvenuto difetto di interesse.
Dichiara il diritto della società  ricorrente al risarcimento del danno da responsabilità  precontrattuale dell’Amministrazione resistente, liquidandolo in complessivi euro 6.800,00 (euro seimilaottocento,00), oltre rivalutazione ed interessi come indicati in motivazione.
Condanna il Comune di Giovinazzo al pagamento in favore della ditta Archeo & Restauri S.r.l. delle spese e dei compensi di lite, che liquida in complessivi € 4.000,00 (euro quattromila,00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alfredo Giuseppe Allegretta Angelo Scafuri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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