Giurisdizione – Mancato svincolo indennità  esproprio – Giurisdizione del G.O. – In presenza di violazione del giudicato – Giurisdizione del G.A.  
 

La controversia relativa allo svincolo soltanto parziale dell’indennità  di espropriazione è  devoluta alla cognizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 327/2001, salva l’ipotesi in cui tale svincolo parziale sia qualificabile come violazione dell’obbligo del Comune di conformarsi al giudicato amministrativo, in tal caso sussistendo  la giurisdizione del G.A..

Pubblicato il 17/05/2017
N. 00495/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00953/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 953 del 2010, proposto da: 
Matilde Tomba eGiulio (deceduto) Tomba, rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Muscatello, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, Strada Torre Tresca n.2/A;

contro
Comune di Torremaggiore, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Follieri, Fernando Valente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabrizio Lofoco, in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14; 

nei confronti di
Gianfranco Di Noia, non costituito in giudizio; 

per l’annullamento
della determinazione dirigenziale n. 204 del 31.3.2010 avente ad oggetto “svincolo somme depositate presso la Cassa DD.PP. per il pagamento dell’indennità  dideposito in favore degli eredi sig.ra Ariano Velia”;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Torremaggiore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2017 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori avv. Francesco Muscatello e avv. Ilde Follieri, su delega dell’avv. Enrico Follieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- La ricorrente Matilde Tomba,costituitasi in proprio e poi quale erede universale di Giulio Tomba, già  costituito in giudizio e deceduto medio tempore, agisce per la declaratoria di nullità  per violazione o elusione del giudicato della determinazione dirigenziale con la quale il Comune di Torremaggiore ha disposto lo svincolosolo di una parte dell’indennità  dovuta per l’acquisizione al suo patrimonio dei suoli di proprietà  di essa ricorrente e del suo dante causa.
Deduce che la determinazione del Comune sarebbe in contrasto con tre giudicati resi inter partes-rispettivamente-dalla Corte d’Appello di Bari che, accertata la legittimazione attiva della proprietaria originaria – dante causa della ricorrente e di Giulio Tomba -dei suoli acquisiti dal Comune, ha liquidato in suo favore la relativa indennità ; e dal TAR Bari che, con sentenza n. 1258/2007, ha ordinato al Comune di dare seguito al giudicato civile e, con sentenza n. 1235/2008, ha demandato ad un Commissario ad acta di depositare l’indennità  presso la Cassa depositi e prestiti. 
Deduce in subordinel’illegittimità  del provvedimento per violazione del principio di buon andamento ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Resiste il Comune di Torremaggiore che, preliminarmente,eccepisce il difetto di giurisdizione, facendo rilevare che è in contestazione il diritto all’indennità  il quale presuppone l’accertamento, secondo le regole del diritto comune, del titolo di proprietà  in capo al soggetto espropriato.
Più precisamente oppone che il provvedimento gravato, avendo rilevato sui beni oggetto della procedura espropriativa, ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 327/2001, l’esistenza di diritti di proprietà  in capo a soggetti diversi dalla ricorrente e dai suoi danti causa, avrebbe dovuto essere gravato dinanzi al giudice ordinario.
Sotto altro profilo il Comune eccepisce l’inammissibilità  del ricorso per difetto d’interesse poichè, seppure fosse accolto, i ricorrenti non otterrebbero alcun vantaggio in quanto privi di un titolo di legittimazione sostanziale, ovvero la titolarità  di quella parte del compendio per i quali è stata negata loro l’indennità  espropriato.
All’udienza del 24 gennaio 2017, sulle conclusioni delle parti, la causa è passata in decisione.
2.- Sulla giurisdizione.
La domanda verte sulla nullità  del provvedimento impugnato per contrarietà  al giudicato reso inter partes dalla Corte d’Appello di Bari e da questo Tribunale.
In proposito è stato condivisibilmente affermato che “Ai sensi dell’art. 133 comma 1 n. 5), c.p.a. sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in cui si faccia questione della nullità  del provvedimento amministrativo adottato in violazione od elusione del giudicato; con tale norma il legislatore ha voluto attribuire esclusivamente al giudice amministrativo il compito di accertare se la regola contenuta nel suo precedente giudicato sia stata violata o elusa dall’Amministrazione, a prescindere dalla natura della pretesa azionata dal ricorrente e dalla sua eventuale astratta riconducibilità  nell’ambito di diverse giurisdizioni” (Consiglio di Stato sez. IV 06 dicembre 2013 n. 5814).
Sebbene la questione inerente allo svincolo dell’indennità  di espropriazione sia devoluta alla cognizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 327/2001, in questa sede deve preliminarmente stabilirsi se, come sostenuto dalla ricorrente, il provvedimento che ha negato lo svincolo totale dell’indennità  di esproprio liquidata in favore della dante causa della ricorrente, contravvenga ai vincoli imposti al Comune dal giudicato.
Ciò non implica una deroga alla giurisdizione sulle controversie inerenti all’attribuzione delle somme dovute a titolo di indennità  di espropriazione agli aventi diritto ai sensi degli articoli 28 e 29 del d.P.R. n. 327/2001, che resta comunque attratta alla cognizione del giudice ordinario, nei limiti di quanto non sia stato conformato dalle predette sentenze definitive.
L’eccezione di difetto di giurisdizione pertanto deve essere respinta.
Inoltre la domanda di accertamento della nullità  proposta in via autonoma è ammissibile proprio per i giudicati di accertamento, come quello di cui si discute, mentre è da ritenersi attratta al rito dell’ottemperanza se volta ad ottenere la corretta prestazione conseguente al giudicato.
E’ stato in proposito ritenuto che “Innanzi al giudice amministrativo è possibile proporre l’azione di nullità  in relazione, tra l’altro, agli atti che costituiscono elusione o violazione del giudicato, come già  disposto dall’art. 21 septies comma 2, l. n. 241 del 1990 e ora dall’art. 114 comma 4, lett. b), c.p.a., il quale prevede che il giudice dell’ottemperanza possa dichiarare nulli gli atti emessi in elusione o violazione del giudicato. A nulla rileva la questione di mera forma che il ricorso non sia stato proposto nelle forme dell’ottemperanza, atteso che la procedura ordinaria fornisce rispetto a quella camerale maggiori garanzie in ordine alla pienezza e all’effettività  del contraddittorio” (T.A.R. Torino sez. II 8 maggio 2012 n. 510; C.d.S. 21.12.2013 n. 6191; T.A.R. Napoli, sez. VIII, 24 novembre 2016, n. 5466).
Nel caso in decisione è l’accertamento dichiarativo della Corte d’Appello sulla consistenza del compendio espropriato in capo alla dante causa dei ricorrente che si assume violato, avendo per il resto il Comune ottemperato all’ordine, suscettibile di esecuzione in sede di ottemperanza, di depositare le somme a titolo di indennità  di espropriazione.
Dunque nel merito occorre stabilire se la sentenza della Corte d’Appello di Bari abbia posto dei limiti conformativi al potere del Comune di disporre lo svincolo delle somme dovute a titolo di indennità  di espropriazione in favore degli aventi diritto.
Tale potere è riconducibile al già  citato art. 28 del d.P.R. n. 327/2001 che dispone:
L’autorità  espropriante autorizza il pagamento della somma depositata al proprietario od agli aventi diritto, qualora sia divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell’indennità  di espropriazione, ovvero non sia stata tempestivamente notificata l’opposizione al pagamento o sia stato concluso tra tutte le parti interessate l’accordo per la distribuzione dell’indennità . 
L’autorizzazione è disposta su istanza delle parti interessate, su proposta del responsabile del procedimento successiva alla audizione delle parti, da cui risulti anche la mancata notifica di opposizioni di terzi. (
Unitamente all’istanza, vanno depositati: 
a) un certificato dei registri immobiliari, da cui risulta che non vi sono trascrizioni o iscrizioni di diritti o di azioni di terzi;
b) un attestato del promotore dell’espropriazione, da cui risulti che non gli sono state notificate opposizioni di terzi.
La ratio della disposizione mira a prevenire il rischio che l’Amministrazione debba pagare al titolare dei beni un’indennità  già  versata a chi solo in apparenza sembrava tale, con conseguente difficoltà  di recupero dell’indebito, non potendosi escludere che i beni espropriati siano stati alienati, nel periodo intercorrente fra l’avvio del procedimento,da comunicarsi ex art. 16 d.P.R. n. 327/2001 a coloro che ne risultano intestatari catastali,e il decreto di esproprio (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 5727, T.A.R. Cagliari, sez. I, 22 marzo 2012, n. 303).
Tanto perchè l’acquisto del bene ablato avviene a titolo originario ed il diritto del proprietario si trasferisce sull’indennità .
Del tutto ragionevolmente pertanto il legislatore ha stabilito che l’accertamento del titolo di appartenenza dei beni espropriati avvenga al momento del pagamento dell’indennità , da ripartirsi proporzionalmente sulla quota di proprietà .
Nel caso in decisionerileva il fatto che la Corte d’Appello di Bari nel giudizio di liquidazione dell’indennità  di esproprio ha respinto l’eccezione sollevata dal Comune di Torremaggiore di difetto di legittimazione attiva delle attrici ed in particolare di Ariano Velia, dante causa della ricorrente e di Giulio Tomba, avendone riconosciuto la veste originaria di proprietaria di parte dei terreni oggetto del giudizio, che la stessa sentenza ha individuato, facendo proprie le risultanze della CTU, in quelli indicati nei decreti di esproprio n. 41, 44, 46, 47 e 54 di superficie complessiva di 10.601 mq.
La sentenza, che sul punto precisa: tale conteggio non è stato in alcun modo censurato dalle parti e si deve ritenere definitivo, non è stata impugnata.
Ne consegue che essa in parte qua, pur non avendo analiticamente accertato la titolarità  dei suoli espropriati, ha un indubbio effetto conformativo sulla successiva attività  del Comune di svincolo dell’indennità , avendo accertato la consistenza dell’oggetto dell’esproprio.
Il Comune avrebbe dovuto quindi procedere all’accertamento, sulla base di quanto risultante dai registri immobiliari, della titolarità  di ciascuno dei suoli afferenti al compendio espropriato nei confronti di Ariano Velia.
Invece ha ridotto l’indennità  pretesa dai ricorrenti, dopo aver parimenti ridotto la consistenza dell’asse espropriato, nell’ estensione complessiva pari a 10.601 mqrisultante dai decreti di esproprio, sul presupposto che Ariano Velia (dante causa dei ricorrenti) non disponeva di un patrimonio di tale entità ; ciò deducendo, non dai titoli di proprietà  dei suoli espropriati, ma attraverso un metodo differenziale che peraltro ha condotto a risultati errati.
Ha infattidesuntola consistenza originaria del patrimonio immobiliare di Ariano Velia dalla nota di trascrizione della vendita del 19.1.1950 che riporta l’acquisto di terreni per complessivi 18.219 mq.
Ne ha quindi sottratto i 654 mq che Ariano Velia aveva cedutoalla Cooperativa “Giovane Casa”(rogito del 10.2.1983), i 7.834 mq ceduti al Comune di Torremaggiore (rogito del 24.3.1998) e i 2.007 mq espropriati dall’Acquedotto Pugliese.
Ha infine concluso che alla Signora Ariano vengono attribuiti mq 3.877 in più rispetto alla superfici di cui poteva disporre in modo legittimo.
Il riferimento è chiaramente rivolto all’accertamento della Corte d’appello che ha riconosciuto l’ablazione in capo ad Ariano Velia di terreni per 10.601 mq, come dimostra il fatto che da tale dato ha detratto 3.877 mq, senza peraltro accertare a chi appartenga tale quota irretrattabilmente espropriatacon i predetti decreti, la quale concorre a determinare la consistenza di 10.601 mq.
L’operazione appare chiaramente elusiva del giudicato della Corte d’Appello perchè indirettamente ha prodotto l’effetto (costitutivo) di ridurre il compendio espropriato, così come era stato definito nei decreti di esproprio e definitivamente accertato dalla Corte d’Appello, benchè in capo al Comune, in tale fase del procedimento,residuasse in via esclusiva -per quanto detto- ilpotere di accertare la titolarità  dei beni espropriati ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 327/2001.
La questione non esula dall’interesse azionato dai ricorrenti, come invece eccepito dal Comune, poichè se l’Ente avesse accertato la titolarità  di ciascuno dei singoli cespiti che compongono l’asse espropriato di 10.601 mq, tale essendo l’unico metodo ammesso dalla natura di provvedimento dichiarativo propria del provvedimento di svincolo dell’indennità  in misura proporzionale al (valore del) diritto di proprietà , non solo avrebbe correttamente esercitato, nei limiti non conformati dal giudicato, il potere demandatogli dall’art. 28 del d.P.R. n. 327/2001, ma – in ciò si palesa evidente l’interesse dei ricorrenti al ricorso – sarebbe pervenuto ad un diverso risultato.
Lo dimostra il fatto, rilevabile ai fini del rigetto dell’eccezione, che il provvedimento impugnato muove dall’errato presuppostoche il patrimonio immobiliare di Ariano Velia fosse costituito solo dai suoli identificati con le particelle nn. 94 sub B, 95 sub B, 105 sub A, 152 sub A, 154 sub A, 155 sub A, 156 sub A, 157 sub A, di estensione complessivapari a 18.219 mq, alla stessa pervenute con compravendita del 19.1.1950.
In realtà , proprio gli atti di alienazione dei beni immobili appartenenti ad Ariano Velia, elencati nel provvedimento impugnato, dimostrano,
– che il patrimonio immobiliare ad essa intestato aveva una consistenza ben maggiore di 18.219 mq (particelle nn. 94, 95 94 sub b, 95 sub b, 105 sub a, 152 sub a, 154 sub a, 155 sub a, 156 sub a, 157 sub a) in quanto vi afferivano anche le particelle n. 207 e n. 208;
– che gli espropri del Comune, dell’Acquedotto Pugliese e gli altri atti di disposizione, riportati analiticamente nella parte motiva del provvedimento,hanno attintoda tale patrimonio;
– che della sola particella n. 207 il Comune ha espropriato 2.525 mq con il decreto n. 47 del 5.11.1986;
– che dei complessivi 2007 mq, che secondo il provvedimento sarebbero stati espropriati dall’Acquedotto Pugliese, solo 709 mq risultano effettivamente oggetto di un decreto di esproprio, mentre i restanti 1.298 mq risultano essere stati solo occupati e quindi non sono mai usciti dal patrimonio di Ariano Velia (cfr. pag. 7 della relazione di consulenza tecnica del Comune – all. 2 deposito del 24.6.2010) fino all’esproprio da parte del Comune.
Nei limiti sopra indicati deve pertanto essere dichiarata la nullità  del provvedimento impugnato per elusione del giudicato sotto il profilo dello sviamento del poteredi cui all’art. 28 n. d.P.R. n. 327/2001 (Consiglio di Stato, sez. VI, 8.4.2016, n. 1402).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Torremaggiore al pagamento in favore di Tomba Matilde, nella qualità  spiegata in atti, delle spese di giudizio che liquida in € 1.500,00, oltre accessori di legge.
Contributo unificato rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giacinta Serlenga, Presidente FF
Flavia Risso, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Colagrande Giacinta Serlenga
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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