1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Demolizione – Legge “ponte” – Epoca di realizzazione dell’immobile – Onere della prova
 
2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Immobile risalente nel tempo – Permesso di costruire – Demolizione – Attività  istruttoria dell’Amministrazione
 
 
3. Procedimento amministrativo – Comunicazione di avvio del procedimento – Ingiunzione di demolizione – Apporto partecipativo del privato – Necessario

1. Il proprietario di un immobile assoggettato a ingiunzione di demolizione deve provare che la realizzazione dell’immobile risale ad epoca anteriore alla legge n. 761 del 1967 (la cosiddetta legge “ponte” che ha esteso l’obbligo della preventiva licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano).
Tale obbligo, tuttavia, subisce un temperamento qualora il proprietario porti a sostegno della propria tesi circa la realizzazione dell’immobile (prima del 1967) elementi credibili ed il Comune, su cui incombe l’onere di provare adeguatamente la propria pretesa demolitoria, fornisca elementi incerti in ordine alla data di realizzazione del manufatto

2. Il Comune che adotta l’ingiunzione di demolizione relativamente ad un immobile la cui realizzazione è risalente nel tempo deve compiere un’accurata istruttoria al fine di verificare la tipologia e la datazione dei materiali costruttivi in essere

 
3. Sebbene in tema di impugnazione dell’ingiunzione di demolizione non sia obbligatoria la previa comunicazione dell’avvio del procedimento, l’apporto partecipativo del privato è necessario nei casi in cui potrebbe consentire al Comune di condurre un’istruttoria più accurata rispetto a quella effettivamente posta in essere.
 

Pubblicato il 23/01/2017
N. 00031/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01664/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1664 del 2015, proposto da: 
Maria Giovanna Ferrara, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Follieri C.F. FLLNRC48H10E716U, Ilde Follieri C.F. FLLLDI77C42E372L, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore n. 14; 

contro
Comune di San Giovanni Rotondo, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Marchesani C.F. MRCGNN63P28H926K, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, piazza Massari n. 6; 

per l’annullamento
dell’ordinanza del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di San Giovanni Rotondo del 23.10.2015, n.122, con la quale è stato ingiunto alla ricorrente, ai sensi dell’art. 31 del DPR 380/01, di demolire le opere abusivamente eseguite sul fondo ubicato in Via Valle Oscura, in agro di San Giovanni Rotondo, ovvero di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell’atto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giovanni Rotondo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2017 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1 – Con ricorso notificato il 17/12/15 e depositato il 23/12/15, Ferrara Maria Giovanna ha impugnato l’ordinanza a firma del dirigente del Settore Urbanistica del Comune di S. Giovanni Rotondo con cui è stata ingiunta la demolizione dell’opera abusiva realizzata in agro comunale al fg. n. 40 part. 3633, consistente in un rudere costituito da blocchi di tufo poggiati sul terreno, privo di fondazioni e di malta tra i vari strati, del tutto sfornito di copertura. 
1.1 – La ricorrente deduce con tre distinti motivi:
– violazione dell’art. 31 d.P.R. n. 380/01 – eccesso di potere per difetto di istruttoria: il rudere risale ad epoca antecedente al 1967, come risulta dall’atto pubblico di acquisito (del 2/10/1955) della nuda proprietà  di un terreno in catasto al fg. 36 part. 18 (incontestatamente coincidente con l’area su cui si trova attualmente il manufatto) da parte dell’odierna ricorrente, in cui viene dichiarata l’esistenza di una costruzione in tufo, senza copertura e non ultimata. La circostanza che il rudere non sia visibile nelle aerofoto di Google Earth del 2013 è da ascrivere alla presenza della fitta vegetazione che lo ricopre. 
– violazione dell’art. 7 l. 241/90, per aver il Comune omesso la comunicazione di avvio del procedimento, impedendo alla ricorrente di provare (anche a mezzo della perizia tecnica versata in atti) la corrispondenza tra il rudere acquistato nel 1955 e quello oggetto di ingiunzione; 
– violazione degli artt. 31 d.P.R. n. 380/01 e 3 l. 241/90 in relazione alla previsione dell’acquisizione nella misura massima consentita dell’area di sedime per il caso di inottemperanza.
2 – Il Comune di S. Giovani Rotondo ha resistito al ricorso insistendo per il suo rigetto.
3 – La domanda cautelare è stata accolta con ordinanza n. 44/2016 recante invito alle parti a dedurre in merito all’epoca di costruzione del manufatto, anche con riguardo alla tecnica costruttiva utilizzata.
3.1 – In ossequio a tale richiesta, la ricorrente ha prodotto documentazione fotografica al fine di dimostrare la presenza tra i tufi di un legante argilloso di epoca risalente (equivalente all’attuale malta cementizia), nonchè l’impossibilità  di individuare il rudere anche in foto scattate ad altezza uomo, a causa della folta vegetazione, producendo all’uopo fotografie scattate dalla stessa posizione da cui risultano scattate quelle del Comune nel 2011, nelle quali – infatti – non è visibile il rudere. 
3.2 – Il Comune, invece, facendo proprie le conclusioni della relazione a firma del geometra Ercolini (tecnico di parte) evidenzia che:
– il rudere “non ha le caratteristiche tipologiche e costruttive tipiche dei vecchi fabbricati rurali ed in particolare non ha caratteristiche tali da poter far ipotizzare un suo utilizzo come abitazione”;
– la presenza del fabbricato non è rilevabile dalle visure e dai fogli di mappa storici, nè dalle immagini di Google Maps del novembre 2011.
4 – Alla pubblica udienza del 18/1/17 la causa è stata trattenuta in decisione.
5 – Il ricorso è meritevole di accoglimento.
5.1 – Dirimente ai fini della decisione è stabilire l’epoca di realizzazione del manufatto.
Sul punto, si rammenta la consolidata giurisprudenza che pone in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta con riferimento a epoca anteriore alla c. d. legge “ponte” n. 761 del 1967, con la quale l’obbligo di previa licenza edilizia venne esteso alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, sent. 18/2/16 n. 882, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, sent. 28/1/15 n. 149, T.A.R. Umbria, 1.76.2013, n. 346; T.A.R. Campania, Napoli, III, 8.3.2013, n. 1374; T.A.R. Molise, 7.2.2013, n. 85; T.A.R. Campania, Napoli, II, 7.5.2012, n. 2083).
“Ma questa stessa, prevalente opinione giurisprudenziale ammette tuttavia un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui, il privato da un lato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima del 1967 elementi non implausibili (la dichiarazione sostitutiva di edificazione ante 1.9.1967) e, dall’altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, o con variazioni essenziali sulla base del combinato disposto di cui agli articoli 32 e 10 del d.P.R. n. 327 del 2001 [ ¦ omissis ¦]; fermo rimanendo che incombe sull’autorità  che adotta l’ingiunzione di demolizione l’onere di comprovare in maniera adeguata la propria pretesa demolitoria (soprattutto se, come si ritiene che sia avvenuto nel caso di specie, sia trascorso moltissimo tempo dalla edificazione asseritamente abusiva ¦” (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 18/7/16 n. 3177).
Tanto premesso in diritto, osserva il Collegio che a fronte della dichiarazione risultante dall’atto pubblico di cui innanzi (che costituisce quanto meno un principio di prova dell’esistenza – fin dal 1955 – di un manufatto con caratteristiche equiparabili a quelle proprie della “costruzione” attualmente esistente), sarebbe stato onere del Comune compiere un’accurata istruttoria al fine di verificare la tipologia e la datazione dei materiali costruttivi in essere, essendo evidente che le sole fotografie (aeree, ma non solo) non consentono di documentare in modo certo l’esistenza del manufatto: va, infatti, rimarcato che trattasi di un “opus” costituito da tufi sovrapposti di non rilevante altezza che risultano completamente coperti da vegetazione anche di alto fusto.
Non appaiono, inoltre, conferenti – ai fini della questione della datazione – le deduzioni comunali circa i possibili utilizzi passati del rudere, in considerazione del suo posizionamento su terreno scosceso.
Quanto poi alla paventata diversa ubicazione (pur nell’ambito della particella considerata) del manufatto esistente nel 1955, si osserva che detta deduzione comunale: 
– è evidentemente tardiva, nella misura in cui non emerge in alcun modo dall’impianto motivazionale dell’atto;
– è frutto di una mera asserzione del perito di parte incaricato dal Comune resistente di descrivere lo stato dei luoghi e le caratteristiche del manufatto, priva di qualsiasi verificabile supporto logico. 
Nè va tralasciato di considerare che neppure su espressa sollecitazione del Collegio il Comune (nonostante il nuovo accesso sui luoghi di causa) ha ritenuto di compiere accertamenti e, quindi, di dedurre compiutamente in merito alla datazione dei materiali utilizzati. 
5.2 – In questo contesto acquista rilievo in via anche autonoma la violazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, nel senso che se è vero che, almeno di regola, in tema di impugnazione di ingiunzione di demolizione non è obbligatoria la previa comunicazione dell’avvio del procedimento (v. ex multis, Cons. Stato, VI, n. 13 del 2015), nel caso di specie l’apporto partecipativo che con l’omessa comunicazione di avvio è stato pretermesso avrebbe consentito al Comune di condurre un’istruttoria più accurata.
6 – Per le suesposte ragioni, assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto e, per l’effetto, annullata l’ordinanza di demolizione impugnata.
7 – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il Comune resistente alla refusione delle spese di lite in favore della ricorrente che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge e C.U.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Viviana Lenzi Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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