1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Contraddittorio – Notifica ad uno dei controinteressati – Integrazione del contraddittorio


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Legittimazione passiva ASL – Piano di rientro sanitario regionale  – Provvedimenti ASL – Sussiste

3. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio –  Provvedimento impugnato – Piano di rientro sanitario regionale  – Mancata impugnazione Accordo Conferenza Stato – Regioni – Inammissibilità  del ricorso – Non sussiste

4. Sanità   e farmacie – Piano di rientro ospedaliero – Soppressione punti nascita – Flusso informativo statistico delle prestazioni sanitarie erogate – Motivazione – Non è prevista

5. Sanità  e farmacie – Piano di rientro ospedaliero – Riorganizzazione delle prestazioni sanitarie – Riparto di competenze Regione – ASL 

6. Sanità  e farmacie – Piano di rientro sanitario – Soppressione punto nascita – Mancata convocazione enti locali interessati – Violazione garanzie partecipative – Natura vincolata del provvedimento – Non sussiste

7. Sanità   e farmacie – Piano di rientro sanitario – Soppressione punti nascita – Discrezionalità  – Sindacabilità  – Limiti

1. Deve ritenersi pacificamente ammissibile, per quanto previsto dall’art. 41 c.p.a., il ricorso  notificato ad almeno uno dei controinteressati, potendo il giudice ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri. 


2. In un giudizio promosso per l’impugnazione del piano di rientro sanitario regionale vi è legittimazione passiva della ASL qualora l’impugnazione si estenda anche a provvedimenti da essa provenienti (nella specie i Comuni ricorrenti avevano gravato il flusso di informazioni dei ricoveri giornalieri per l’unità  di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Manduria comunicato dalla ASL alla Regione e posto a fondamento della razionalizzazione disposta con il regolamento regionale impugnato). 

3. Deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità  del ricorso dedotta in ordine alla mancata impugnazione dell’accordo conferenza Stato – Regioni dove sono state definite le linee guida per l’attuazione del piano di rientro sanitario, atteso che la lesività  dei provvedimenti si apprezza soltanto quando la Regione pone in essere i provvedimenti necessari a livello locale per rispettare gli impegni assunti con l’accordo in questione. 

4. In assenza di una specifica disciplina dettata  in materia dalla Regione Puglia, alla ASL non è consentito allegare sia pure periodicamente alla trasmissione delle informative relative al flusso statistico delle prestazioni sanitarie, motivazioni o relazioni di commento sulle cause che  hanno determinato gli esiti annuali di tali prestazioni, non assumendo detta specificazione alcun rilievo al fine delle determinazioni organizzative che la Regione Puglia deliberi di assumere a seguito della conoscenza dei suddetti dati richiesti. 

5. Le scelte di attuazione dell’accordo conferenza Stato – Regioni di razionalizzazione dell’organizzazione sanitaria sono di competenza della Regione e non della ASL, anche ai sensi dell’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 nè può essere messo in dubbio che la riorganizzazione dei punti nascita rientri nel novero delle scelte che prevalgono su uno strumento di pianificazione a carattere locale come il piano di azione locale.

6. Attesa la natura vincolata della decisione regionale di disattivare i punti nascita con parti annui inferiori a 500 unità , la mancata partecipazione al procedimento da parte dei Comuni interessati non inficia la legittimità  della deliberazione di Giunta regionale, ai sensi dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241: il limite minimo dei 500 parti annuo, infatti, costituisce prerequisito dimensionale in carenza del quale le linee di indirizzo definite nell’accordo conferenza Stato – Regioni non ammettono deroghe. 

7. Le scelte organizzative della rete sanitaria regionale effettuate dalla Giunta regionale hanno natura tecnico discrezionale, determinata dalla verifica del prerequisito in capo ai punti nascita del rperequisito minimo dei 500 parti annui, estendendosi, pertanto all’applicazione dei parametri che possono consentire delle deroghe entro ristretti limiti sindacabili dal giudice soltanto per macroscopica irragionevolezza e illogicità : il giudice amministrativo, infatti, non può sovrapporre alla valutazione tecnico – discrezionale operata dalla pubblica amministrazione, la propria, poichè in tal modo sostituirebbe un giudizio opinabile (nella specie quello della Regione Puglia) con uno altrettanto opinabile, assumendo un potere che la legge riserva all’amministrazione procedente. 

N. 00290/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01388/2012 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1388 del 2012, proposto da: 
Comune di Maruggio, Comune di Avetrana, Comune di Sava, Comune di Torricella, Comune di Lizzano, Comune di Fragagnano, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Mario Nazario Nardella, con domicilio eletto presso Franco A. Del Vecchio in Bari, Via Abate Gimma, n.180; 

contro
Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Adriana Shiroka, con domicilio eletto presso l’ Avvocatura della Regione Puglia – N. Sauro, n. 33; Azienda Sanitaria Locale Taranto, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Sebastio, con domicilio eletto presso Francesca Sogari in Bari, Via Dante Alighieri, n. 3; Comune di Manduria, Comune di Grottaglie in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore; 

per l’annullamento
– Deliberazione della Giunta Regionale n. 1110 del 5 giugno 2012 della Regione Puglia – Codice CIFRA: AOS/DEL/2012/00050- Oggetto: “Piano di Rientro e di riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale 2010-2012 – Modifica ed integrazione al Regolamento Regionale 16 dicembre 2010, n. 18 e s.m.i. di riordino della rete ospedaliera della Regione Puglia”;
– nonchè del Regolamento Regionale della Regione Puglia del 7 giugno 2012, n. 11, avente oggetto: “Piano di Rientro e di riqualificazione del sistema sanitario regionale 2010-2012 – Modifica ed integrazione al Regolamento Regionale 16 dicembre 2010, n. 18 e s.m.i. di riordino della rete ospedaliera della Regione Puglia”;
– nonchè di tutti gli atti istruttori e valutativi citati nei provvedimenti sopra richiamati ed in particolare, ancorchè non conosciuti dai ricorrenti, posti a base della scelta della Regione Puglia di disattivare il punto nascita di Manduria e, quindi, dell’Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Manduria; e, in particolare anche degli atti, con i quali l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto ha trasmesso alla Regione Puglia i dati con riferimento al numero annuale di parti; con ogni comunicazione relativa al procedimento amministrativo che ha condotto alla disattivazione dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Manduria; anche riferito al periodo di tempo in cui la detta U.O. ha operato, alle condizioni e al numero dei dipendenti e alle attrezzature; nonchè di ogni altro atto, presupposto e/o consequenziale, anche se non conosciuto purchè lesivo.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell’ Azienda Sanitaria Locale Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori avv. Mario N. Nardella, avv. Sabina O. Di Lecce, su delega dell’avv. A. Shiroka e avv. Angelo Sebastio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
I Comuni meglio indicati in epigrafe, in qualità  di enti rappresentativi della comunità  cittadina locale, con il presente ricorso chiedono l’annullamento degli atti attraverso i quali la Regione Puglia ha deciso di disattivare il Punto Nascita dell’Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Manduria, nonchè degli atti con i quali l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto ha trasmesso alla Regione Puglia i dati concernenti il numero annuale di parti con riferimento all’Ospedale di Manduria.
Avverso i prefati atti i ricorrenti deducono l’illegittimità  per violazione e falsa applicazione della Legge Regionale n. 25 del 2006, violazione falsa applicazione della Legge Regionale n. 23 del 2008, violazione e falsa applicazione del Piano Attuativo Locale, violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.P.C.M. 14.2.2001, violazione e falsa applicazione della Legge Regionale n. 7 del 2004, violazione e falsa applicazione del Regolamento regionale 16.12.2010, n. 18, violazione artt. 3 e 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione, violazione e falsa applicazione dell’Accordo della Conferenza Unificata del 16.12.2010, anche in merito alla omessa garanzia dei Livelli di Assistenza, Violazione artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241 del 1990, nonchè per l’aspetto della disparità  di trattamento, oltre che per omessa motivazione, eccesso di potere per carenza di istruttoria o di ponderazione del procedimento, violazione del procedimento, travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, illogicità  e contraddittorietà , incompetenza.
Con atto depositato in data 29.10.2012 si è costituita in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto eccependo preliminarmente l’inammissibilità , l’improcedibilità , nonchè l’infondatezza del ricorso.
Con memoria depositata in data 5.11.2012 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
Con Ordinanza n. 870 del 22.11.2012 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare avanzata dai ricorrenti.
All’udienza pubblica del 17.12.2014 la causa è stata trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. – Preliminarmente, il Collegio deve esaminare l’eccezione di inammissibilità  sollevata dall’Azienda Sanitaria Locale di Taranto per mancata notifica agli altri Comuni facenti parte della provincia, dato che l’eventuale accoglimento del ricorso, a parere dell’Azienda Sanitaria, comporterebbe l’emanazione di un nuovo Piano di Rientro e correlativo Regolamento che pertanto andrebbe ad interessare anche altri Comuni facenti parte della Provincia.
L’eccezione non merita accoglimento.
Il comma dell’art. 41 del Cod.proc.amm. dispone che il ricorso debba essere notificato alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati.
Nel caso concreto, il ricorso è stato notificato ad almeno uno dei controinteressati e quindi lo stesso non risulta essere inammissibile sotto questo profilo, ponendosi, tutt’al più, un problema di integrazione del contradditorio.
2. – Del pari deve essere disattesa l’ulteriore eccezione di carenza di legittimazione passiva dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto atteso che gli atti adottati dalla stessa sarebbero vincolati a monte dal contenuto degli atti regionali che hanno recepito l’accordo Conferenza Stato-Regioni del 16.10.2010 e, in particolare, della L.R. 1110 del 5.6.2012 (rectius D.G.R. n. 1110 del 5.6.2012).
Anche se quanto affermato dall’Azienda Sanitaria è corretto, si evidenzia che tuttavia la stessa è stata individuata tra le Amministrazioni resistenti in quanto i Comuni ricorrenti hanno impugnato espressamente anche gli atti con i quali l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto ha trasmesso alla Regione Puglia i dati con riferimento al numero annuale di parti.
Ne consegue che anche tale eccezione deve essere disattesa.
3. – Successivamente il Collegio deve esaminare l’eccezione di inammissibilità  sollevata dalla Regione Puglia per non avere i ricorrenti impugnato i provvedimenti presupposti al gravato Regolamento Regionale n. 11 del 2012, nonchè alla deliberazione di Giunta Regionale n. 1110 del 2012, i quali, secondo la difesa regionale, già  recavano non solo la programmazione regionale a cui sono riconducibili le scelte degli assetti organizzativi, ma altresì i cogenti criteri di disattivazione dei punti nascita che registrano meno di 500 parti l’anno.
Più nello specifico, i Comuni ricorrenti non avrebbero impugnato l’Accordo Conferenza Stato – Regioni e Province Autonome Rep. Atti n. 137/CU del 16.12.2010 (allegato alla memoria di costituzione della Regione Puglia), concernente le “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità , della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali del percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”, nonchè la deliberazione di Giunta Regionale n. 131 del 2011 (allegata alla memoria di costituzione della Regione Puglia) che ha recepito tale accordo.
Questo Collegio ritiene che l’eccezione non meriti accoglimento in quanto l’accordo di che trattasi, poi recepito con Deliberazione regionale, ha sì efficacia vincolante nei confronti della Regione Puglia (la quale, come si vedrà  meglio in seguito, con la sottoscrizione dello stesso, si è vincolata a porre in essere le dieci linee di azione dettagliatamente indicate nell’allegato tecnico che costituisce parte integrante dell’accordo medesimo), ma non ha ancora efficacia direttamente lesiva nei confronti dei Comuni ricorrenti, fino a che la Regione Puglia non ponga in essere gli atti necessari per rispettare gli impegni assunti con l’accordo medesimo.
Solo con l’adozione del Regolamento Regionale 7.6.2012, n. 11 “Piano di rientro e di riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale 2010-2012 – Modifica ed Integrazione al Regolamento Regionale 16 dicembre 2010, n. 18 e s.m.i. di riordino della rete ospedaliera della Regione Puglia” e, in particolare, con l’art. 1 di tale Regolamento (che ha aggiunto il comma 1 bis al comma 1 dell’art. 4 del Regolamento Regionale n. 18 del 2010) si è definitivamente consolidato l’interesse a ricorrere dei Comuni de quibus in quanto lo stesso ha inciso direttamente la posizione giuridica vantata dalle comunità  locali.
Infatti, nel suddetto comma 1 bis, è prevista come azione da intraprendere entro il 31.12.2012 la rimodulazione dei punti nascita sulla base delle indicazioni del suddetto accordo del 16.10.2010, con riferimento al numero annuale di parti, stabilendo la disattivazione di 10 Unità  Operative di Ostetricia e Ginecologia, tra le quali compare anche quella di Manduria, e facendo eccezione solo per il punto nascita di Scorrano.
4. – E’ possibile ora passare ad analizzare il merito del ricorso.
4.1. – In via logica, va data priorità  all’esame del motivo di ricorso 1.5. con il quale i ricorrenti contestano il flusso informativo trasmesso dall’ASL di Taranto che ha contribuito, a parere degli stessi, a determinare le scelte della Regione Puglia in merito alla soppressione del punto nascita dell’Ospedale di Manduria.
Ciò in quanto, se i dati trasmessi dall’Azienda Sanitaria di Taranto non fossero corretti, inevitabilmente ciò inficerebbe di illegittimità  gli atti regionali impugnati per erroneo presupposto di fatto.
I ricorrenti osservano che, in base all’accordo Stato-Regioni più volte citato, la Giunta Regionale ha elaborato le proprie scelte sul flusso informativo statistico delle prestazioni sanitarie erogate dalla rete ospedaliera esistente, la cui ricognizione sarebbe stata quindi la sola a determinare le decisioni relative a quali punti nascita sopprimere.
Ebbene, secondo i ricorrenti, l’ASL di Taranto avrebbe trasmesso alla Regione Puglia in maniera erronea ed immotivata l’esito del flusso informativo dei dati, riferito al numero annuale di parti senza motivare ed informare la Regione Puglia e la terza Commissione Consiliare della Sanità  sulle ragioni che hanno portato a quel risultato, nè dar conto delle modalità  che ha seguito, nè ha fatto conoscere gli strumenti di valutazione della qualità  e quantità  dei servizi erogati.
Più nello specifico, secondo i Comuni ricorrenti, il dato statistico numerico-quantitativo del flusso informatico che ne è derivato per l’Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia di Manduria non è un dato corretto in quanto non considera che:
– la suddetta Unità  è stata lasciata in grave carenza di organico e “completamente dimenticata” (il Primario dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia di Manduria più altri due medici avrebbero lasciato l’Unità  Operativa, lasciando scoperto il reparto da due anni) a differenza dell’altra U.O. di Ostetricia e di Ginecologia dell’Ospedale di Grottaglie;
– l’intero reparto è stato completamente chiuso, sia come ambulatorio che come sala operatoria, dal mese di ottobre a tutto il mese di dicembre 2011;
– l’ U.O. svolge da anni la propria prestazione in completa e piena emergenza, in ragione della cantierizzazione del reparto per i lavori di ristrutturazione e ammodernamento strutturale in condizioni, quindi, di estrema precarietà , di disagio e di difficoltà .
In sintesi, secondo i ricorrenti, l’ASL di Taranto non sarebbe esente da responsabilità  “nell’aver determinato quella situazione negativa senza far nulla per rimediare a quella consapevole conoscenza di “non adeguatezza” e/o di “grave carenza” di organico e di mezzi dell’Unità  Operativa di Manduria che, poi, ha portato al dato statistico finale del numero annuale di parti.
L’Azienda Sanitaria di Taranto, sul punto, evidenzia che nella trasmissione dei dati concernenti i punti nascita alla Regione Puglia, la stessa si sarebbe attenuta a quanto previsto nel “Regolamento recante norme concernenti l’aggiornamento della disciplina del flusso informativo sui dimessi degli istituti di ricovero pubblici e privati” e che i flussi informativi di che trattasi – dopo che la Regione Puglia si è dotata di un “Sistema informativo Sanitario Regionale D2.3 – Analisi Processi dell’Area Gestione Ricoveri” – sono trasmessi in conformità  alla normativa in vigore (Decreto del Ministero della Sanità  del 27.10.2000, n. 380) in modalità  telematica in via costante e unidirezionale verso la Regione.
L’Azienda Sanitaria Locale di Taranto sottolinea che la normativa di riferimento non consente alle aziende locali di allegare e/o accompagnare sia pure periodicamente la trasmissione delle informative relative ai flussi con forme di commento o relazioni illustrative.
Sul punto, il Collegio si limita ad osservare che, di fatto, i ricorrenti non contestano la veridicità  del dato oggettivo statistico trasmesso dall’ASL di Taranto (unica contestazione che potrebbe avere qualche rilievo nel presente giudizio), ma lamentano che:
– l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto non abbia informato la Regione Puglia sulle ragioni che hanno portato l’Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia di Manduria a trovarsi nelle condizioni descritte dai ricorrenti;
– quel dato (che quindi si presuppone corretto) sarebbe stato causato anche dalla condotta dell’A.S.L. di Taranto che, pur conoscendo la situazione di estrema precarietà , di disagio e di difficoltà  in cui si trovava l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia di Manduria, non è intervenuta, ma anzi avrebbe chiuso l’intero reparto per un periodo di tre mesi (da ottobre a dicembre 2011).
In merito, preliminarmente, si evidenzia che l’articolo 1 di tale regolamento prevede che la scheda di dimissione ospedaliera (le cui informazioni debbono essere trasmesse alle autorità  competenti) sia composta da una sezione che contiene le informazioni anagrafiche del paziente e da un’altra sezione che contiene le informazioni sul ricovero.
Il secondo comma del suddetto articolo 1 prevede che le regioni e province autonome possano prevedere ulteriori informazioni da rilevare attraverso la scheda di trasmissione ospedaliera.
L’Azienda Sanitaria Locale di Taranto nella memoria depositata in data 5.11.2012 evidenzia che tali previsioni non sono mai state adottate dalla Regione Puglia.
L’art.2, comma 2 del Regolamento citato dispone altresì che “la compilazione della scheda di dimissione ospedaliera e la codifica delle informazioni in essa contenuta sono effettuate nel rigoroso rispetto delle istruzioni riportate nel disciplinare tecnico allegato, costituente parte integrante del presente decreto”.
Ed infine l’articolo 3 del suddetto Regolamento dispone che “Gli istituti di ricovero pubblici e privati inviano con periodicità  almeno trimestrale alla regione o alla provincia autonoma di competenza¦le informazioni contenute nelle schede di dimissione relative ai dimessi, ivi compresi i neonati sani¦”.
La normativa citata, effettivamente, impone la trasmissione solo ed esclusivamente delle informazioni contenute nelle schede di dimissioni e null’altro, dato che da quanto asserito dall’Azienda Sanitaria Locale di Taranto (e non contestato dai ricorrenti) risulta che la Regione Puglia non abbia imposto l’integrazione di tali informazioni.
In ogni caso, si osserva che se anche l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto avesse informato la Regione Puglia della situazione in cui versava l’ Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia di Manduria, ciò non avrebbe potuto incidere, per le ragioni che saranno meglio illustrate in seguito, sulla scelta della Regione di disattivare la suddetta Unità .
Le ragioni che hanno determinato la situazione in cui versa oggi l’ Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia di Manduria non rilevano in questa sede in quanto non sono oggetto della presente controversia che, invece, si incentra, sulla legittimità  o meno della scelta dalla Regione Puglia di sopprimere il punto nascita dell’Ospedale di Manduria.
Tale scelta, si evidenzia sin d’ora, si fonda sul dato del numero di parti annui avvenuti nella data Unità  Operativa, criterio che, oltre essere previsto nell’accordo Stato – Regioni del 16.12.2010, risulta essere conforme a concordi e consolidate indicazioni scientifiche in materia e, in particolare, anche dell’OMS (che a tale riguardo stabilisce il più rigido rapporto di 650 parti/anno).
Quello che rileva, quindi, nel presente giudizio, è l’effettiva situazione in cui versa la suddetta Unità  Operativa e, in particolare, la veridicità  del dato numerico-statistico dei parti annui in sè.
Non rilevano, invece, si ribadisce, le cause che hanno portato l’Unità  Operativa a trovarsi nella situazione descritta dai Comuni ricorrenti.
Semmai, la situazione in cui versa l’Unità  Operativa, descritta dagli stessi ricorrenti, giustifica a maggior ragione la volontà  della Regione Puglia di sopprimere il relativo punto nascita.
Quelle condizioni, infatti, comprovano che l’U.O. de qua non è idonea a garantire la sicurezza delle partorienti e dei nascituri.
A ciò aggiungasi che, sulla base dei dati forniti dall’Azienda Sanitaria di Taranto, pare potersi affermare, come peraltro già  affermato da questo Tribunale in sede cautelare con l’Ordinanza n. 870 del 22.11.2012, che anche negli anni precedenti al 2011 (anno in cui l’Unità  Operativa de qua sarebbe stata interessata da interventi di ristrutturazione e ammodernamento strutturale e sarebbe stata chiusa per tre mesi) il numero di parti/anno era ben al di sotto della media richiesta dai dati scientifici delle agenzie specializzate e dai precedenti atti di programmazione, pari a 500.
Tale doglianza deve pertanto essere disattesa.
4.2. – Sempre in via logica, va data priorità  all’esame del motivo di incompetenza della Giunta regionale.
Si sostiene (nel III motivo del ricorso) che gli atti impugnati sarebbero viziati per incompetenza in quanto la Giunta Regionale ed il Presidente della Regione Puglia avrebbero adottato degli specifici atti gestionali consistenti nella disattivazione dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia del Presidio Ospedaliero di Manduria all’interno del distretto Orientale sanitario che competerebbero alla azienda Sanitaria Locale e, per essa, al Direttore Generale.
I ricorrenti affermano che è la stessa introduzione al Piano Attuativo Locale a prevedere che il PAL sia lo strumento “mediante il quale la Direzione Generale della Azienda Sanitaria, previo parere obbligatorio della Conferenza dei Sindaci di ASL, definisce la allocazione dei servizi nel territorio di competenza¦al fine di dare concreta attuazione agli indirizzi di programmazione generale contenuti nel Piano Regionale della Salute approvato con L.R. n. 23 del 2008” e che è proprio il PAL a ribadire che “la allocazione specifica dei posti letto è lasciata dal Piano regionale della Salute alla competenza della ASL, mediante lo strumento del Piano Attuativo Locale”.
Secondo i ricorrenti, la deliberazione di Giunta impugnata sarebbe manifestamente illegittima ed illogica perchè travalicherebbe il compito assegnatole dal Legislatore di riqualificare e razionalizzare il Sistema della rete ospedaliera, in ragione degli obiettivi di programma fissati in materia di riqualificazione del territorio e sulla base dei principi espressi e delle indicazioni e dei parametri adottati.
La Giunta Regionale, a parere dei ricorrenti, sarebbe così intervenuta con una decisione politica invece che di programmazione su decisioni e scelte che si ritiene siano di stretto profilo gestionale e di ordine tecnico e, quindi, spettanti di per sè alle Aziende Sanitarie Locali.
Il Direttore Sanitario e il Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Locale sarebbero stati così esautorati dal loro ruolo e dai loro compiti.
Pìù nello specifico, secondo i ricorrenti, la Giunta Regionale avrebbe dovuto limitarsi a prevedere la disattivazione per il comprensorio Orientale Jonico di un punto nascita, ma non avrebbe dovuto indicare anche il punto nascita da sopprimere, dato che l’Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Manduria fa parte di unico Presidio ospedaliero che comprende due stabilimenti ospedalieri (Grottaglie e Manduria).
Questo Collegio, contrariamente a quanto sostenuto dai Comuni ricorrenti, ritiene che la deliberazione impugnata rientri a pieno titolo nella competenza della Giunta Regionale.
La deliberazione de qua si limita a dare attuazione al contenuto dell’ Accordo Stato – Regioni n. 137/CU del 16.12.2010 concernente le Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità , della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo che prevede la soppressione dei punti nascita con un numero di parti/anno inferiore a 500.
La Giunta regionale, recependo il contenuto del citato accordo e tramite esso le citate Linee di indirizzo, specificando i già  previsti principi ed i criteri di organizzazione e funzionamento delle Aziende Sanitarie della Regione in tema di punti nascita e, con il Regolamento, prevedendo la rimodulazione dei punti nascita sulla base del suddetto accordo e, pertanto, la disattivazione di 10 Unità  Operative di Ostetricia e Ginecologia – senza disporre essa stessa direttamente la disattivazione (come precisato nel comma 1 bis del Regolamento, trattasi infatti di azioni da intraprendere entro il 31.12.2012) – ha effettivamente esercitato i propri poteri di pianificazione, programmazione e di indirizzo tecnico amministrativo e di coordinamento delle attività  delle Aziende Sanitarie, conformemente a quanto stabilito dall’art. 2, comma 2 e dall’art. 3, co. 1 bis, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502.
L’art. 2, comma 2 sopra richiamato recita “Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività  destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità  sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività  di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità  sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità  delle prestazioni sanitarie”.
La doglianza va perciò disattesa.
L’art. 3, comma 1 bis invece recita “In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità  sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità  giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri previsti da disposizioni regionali”.
A confutare tale ricostruzione dei fatti non sono sufficienti le argomentazioni dei ricorrenti circa la necessità  che la Giunta Regionale si limitasse a prevedere la disattivazione per il comprensorio Orientale Jonico di un punto nascita, senza indicare anche il punto nascita da sopprimere, dato che l’Unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Manduria farebbe parte di unico Presidio ospedaliero che comprende due stabilimenti ospedalieri (Grottaglie e Manduria).
Infatti, ciascuna delle due strutture (Grottaglie e Manduria) ha un distinto “punto nascita” – definito secondo la normativa vigente come “l’insieme di sala travaglio, sala parto, sala operatoria per i TC e isola neonatale” (T.A.R. Piemonte, Torino, 18 gennaio 2014, n. 113; Consiglio di Stato, sez. III, 27.8.2014, n. 4392) – ed una propria equipe.
Da qui la necessità  di prendere in separata considerazione il numero delle nascite avvenute nelle due diverse strutture ospedaliere.
4.3. – Con il primo motivo di ricorso i Comuni de quibus deducono l’illegittimità  degli atti impugnati perchè adottati in violazione del Piano Attuativo Locale a cui la Legge Regionale n. 25 del 2006 attribuirebbe il compito di effettuare le scelte relative alla allocazione dei servizi nel territorio di competenza, nonchè le relative modalità  di integrazione organizzativa e funzionale, al fine di dare concreta attuazione agli indirizzi di programmazione generale contenuti nel Piano Regionale della Salute.
Con riferimento al Presidio Ospedaliero di Manduria, il Piano Attuativo Locale avrebbe previsto il mantenimento per l’Unità  di Ostetricia e Ginecologia di 20 posti letto e di 10+8 posti letto per Pediatria e Nido.
Mentre il Regolamento regionale del 16.12.2010, n. 18 si sarebbe limitato a ridurli di poco, passando da 18 a 16 posti letto per l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia e da 13 a 8 posti letto per Pediatria e Nido.
In merito si osserva che la Legge Regionale 19.9.2008, n. 23 “Piano regionale di salute 2008 – 2010” prevede che la programmazione sanitaria e sociosanitaria della Regione Puglia si esplichi nel documento di indirizzo del piano regionale di salute.
Precisa poi che “Il piano regionale di salute, con riferimento ai livelli essenziali di assistenza (LEA), individua gli obiettivi di salute, le strategie con relative azioni prioritarie di intervento da raggiungere nel triennio di riferimento, garantendo la centralità  del cittadino quale protagonista e fruitore dei percorsi assistenziali e la completa integrazione tra le diverse forme di assistenza sanitaria e tra l’assistenza sanitaria e l’assistenza sociale”.
Per quanto riguarda il Piano Attuativo Locale, la Legge Regionale lo definisce quale “strumento di pianificazione strategica dell’azienda” che “ha lo stesso periodo di vigenza del piano regionale di salute”.
Più nello specifico è previsto che “Il direttore generale della ASL, avvalendosi del collegio di direzione, propone alla Giunta regionale, sulla base degli obiettivi e degli indirizzi del piano regionale di salute, il piano attuativo locale (PAL)”.
Si deve pertanto ritenere che il PAL debba necessariamente raccordarsi con la programmazione sanitaria regionale che, a sua volta, deve raccordarsi con quella statale.
La Regione Puglia, a pagina undici della memoria di costituzione, afferma che è il “Piano di rientro e di riqualificazione del Sistema sanitario regionale 2010-2012” (allegato all’accordo sottoscritto il 29 novembre 2010 tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Giunta regionale, approvato con la Legge Regionale n. 2 del 9.2.2011) a prevedere tra le iniziative finalizzate alla riduzione della spesa sanitaria, il riordino della rete ospedaliera e che i provvedimenti impugnati costituiscono meri atti applicativi di tale normativa e, più nello specifico, dell’accordo n. 137 del 2010.
Ciò premesso, l’esistenza dell’ accordo n. 137 del 2010 (non oggetto di impugnazione) con il quale la Regione Puglia si è assunta l’impegno “a sviluppare un Programma nazionale, articolato in 10 linee di azione, per la promozione ed il miglioramento della qualità , della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”, fa si che quanto in esso previsto superi e prevalga su quanto contemplato in uno strumento di pianificazione locale.
In proposito è opportuno evidenziare che nell’Accordo Rep. Atti n. 137/cu del 16.12.2010 si fa espresso riferimento al Patto per la Salute 2010-2012, siglato il 3.12.2009 con una Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – Rep. atti n. 243/CSR del 3 dicembre 2009, evidenziando che quest’ultimo prevede, tra l’altro, la riorganizzazione delle reti regionali di assistenza ospedaliera.
Più nello specifico, l’Accordo, adottato ai sensi dell’articolo 9 del D.Lgs., 28.8.1977, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità  montane, concerne le “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità , della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali del percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”.
Al punto 1) di tale Accordo, tra le “Misure di politica sanitaria e di accreditamento” è prevista la “razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l’abbinamento per pari complessità  di attività  delle U.U.O.O. ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i precedenti tre livelli assistenziali”.
Nell’Allegato 1 a del prefato accordo rubricato “Riorganizzazione dei punti nascita”, tra l’altro, si legge come “sia necessario prevedere ed attuare la più volte auspicata riorganizzazione della rete assistenziale del percorso nascita ed in particolare della rete dei punti nascita” ed inoltre che “A tal fine¦si raccomanda di adottare stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando il numero di almeno 1000 nascite/anno quale parametro standard a cui tendere, nel triennio, per il mantenimento/attivazione dei punti nascita. La possibilità  di punti nascita con numerosità  inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, potrà  essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità  dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà  di attivazione dello STAM”.
Nell’Allegato 1 b del prefato accordo vengono fissati gli Standard per la riorganizzazione delle U.O. di Ostetricia e delle Unità  operative di pediatria/neonatologia e terapia intensiva neonatale (TIN) e, per le U.O. Ostetricia di I Livello, come standard operativo è fissato, tra l’altro, un numero di parti/anno pari a 500 – 1000; lo stesso dicasi per le U.O. pediatriche/neonatologiche di I Livello.
Con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 131 del 31.1.2011 (anche’essa non impugnata) la Regione Puglia ha recepito il suddetto accordo e ha costituito il Comitato per il Percorso Nascita (CPNR), il quale ha fissato i criteri che hanno determinato la selezione dei punti nascita di ciascun ospedale presente sul territorio.
In sintesi, le disposizioni sopra citate, essendo oggetto di un accordo Stato – Regioni che, tra l’altro, si inserisce nell’ambito di una più ampia riorganizzazione delle reti regionali di assistenza ospedaliera (prevista dal Patto per la Salute 2010-2012) – obiettivo contenuto altresì nel “Piano di rientro e di riqualificazione del Sistema sanitario regionale 2010-2012” – non possono che prevalere su uno strumento di pianificazione a carattere locale.
Il primo motivo di ricorso pertanto risulta essere infondato e va respinto.
4.4. – Con il secondo motivo di ricorso i Comuni ricorrenti deducono l’illegittimità  degli atti impugnati per violazione del principio di sussidiarietà  e di partecipazione in quanto la deliberazione n. 1110 del 5.6.2012 sarebbe stata assunta senza la garanzia di quelle forme di partecipazione e trasparenza che lo Statuto della Regione Puglia chiede di promuovere e garantire con ogni forma in sede istituzionale.
Più nello specifico, prima di adottare gli atti impugnati, non sarebbero stati preventivamente sentiti i Comuni interessati e la Conferenza dei Sindaci.
Secondo i Comuni ricorrenti la materia di politica socio sanitaria della Regione Puglia deve uniformarsi al principio cardine della “sussidiarietà  orizzontale e verticale” e quindi deve essere prevista la partecipazione del “sistema delle autonomie locali” che deve concorrere “al perseguimento degli obiettivi di salute”.
Preliminarmente questo Collegio, con specifico riferimento alla decisione di disattivare i punti nascita con un numero di parti/anno inferiore a 500, osserva che, trattandosi di decisione sostanzialmente vincolata, nessuna possibilità  di incidere su di essa era ravvisabile in capo ai Comuni ricorrenti e alla Conferenza dei Sindaci e, pertanto, nessun obbligo di sentire preventivamente quest’ultimi era ravvisabile in capo alla Regione Puglia.
In ogni caso, visto il carattere vincolante per la Regione Puglia dell’Accordo Rep. Atti n. 137/cu del 16.12.2010 – con riferimento alla decisione di disattivare i punti nascita con numero dei parti/anno inferiore a 500 (quale risulta essere agli atti il punto nascita dell’Ospedale di Manduria), in applicazione dell’art. 21 octies, 2 comma, della Legge n. 241 del 1990, questo Collegio non può non riconoscere che l’addotta mancata partecipazione dei Comuni ricorrenti al procedimento decisionale de quo, non potrebbe comunque determinare l’annullamento dei provvedimenti impugnati, in quanto, sotto questo specifico profilo, il contenuto degli stessi non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Anche tale doglianza pertanto deve essere disattesa.
4.5. – Con il terzo motivo di ricorso (1.4.) i ricorrenti sostengono che la disattivazione del Punto Nascita di Manduria e, con esso, dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia violi i livelli essenziali di assistenza in quanto la garanzia di tutela non è reale.
Più nello specifico, secondo i Comuni ricorrenti, un’intera e vasta area, precisamente il territorio orientale della provincia di Taranto, viene lasciata scoperta, manca di interconnessione con il territorio là , dove, sono difficoltose e disagevoli le strutture viarie e quasi assenti i trasporti e, in conseguenza, non vi è adeguatezza dei servizi e appropriatezza della risposta sanitaria perchè diminuirebbero le condizioni di accessibilità  alle strutture sanitarie da parte della popolazione.
Mancherebbe l'”accesso ai servizi”, non vi sarebbero pari opportunità  e sarebbe disatteso il principio di territorialità  in ragione della popolazione residente e, infine, sempre con riguardo ai LEA, non si sarebbe tenuto conto della struttura demografica sociale ed economica del territorio.
Secondo i ricorrenti l’Ospedale di Grottaglie si sovrappone, considerando che l’intervento sanitario dell’emergenza-urgenza deve estrinsecarsi secondo i LEA in area extra urbana in un periodo di tempo non superiore ai venti minuti, ad aree già  servite dal Presidio Ospedaliero Centrale, della Valle d’Itria e del P.O. di F. Fontana e, più nello specifico, dall’Ospedale di Martina Franca, di Taranto e di Francavilla Fontana.
Gli ulteriori elementi di contestazione relativi alla scelta della chiusura del punto nascita dell’Ospedale di Manduria, a parere dei ricorrenti sono:
– la notevole distanza dell’utenza da servire dall’Ospedale di Grottaglie;
– il fatto che si sguarnisce un’intera area con una densità  abitativa di circa 100.000 abitanti residenti (300.000 durante l’estate per i flussi turistici) che convive con una contestuale carenza di infrastrutture e di reti viarie;
– rete viaria disagevole, soprattutto d’estate, per raggiungere l’Ospedale di Grottaglie;
– rischio di possibile perdita di vite umane, anche sulla base del troppo lungo periodo di tempo necessario per raggiungere l’Ospedale di Grottaglie (i ricorrenti evidenziano che il punto estremo della provincia di Taranto (Torre Columena) si trova ad una distanza di oltre 50 km con un tempo di percorrenza che supera i 70 minuti (senza traffico) per raggiungere l’Ospedale di Grottaglie);
– le partorienti e/o il nascituro, nelle ipotesi di criticità , sono dirottati in altri Presidi Ospedalieri in quanto l’Ospedale di Grottaglie non può intervenire;
– il bacino di Grottaglie può facilmente raggiungere in pochi minuti, grazie ad una rete viaria di alta velocità , l’Ospedale Nord, l’ospedale di Taranto e quello di Francavilla Fontana;
– Grottaglie è da poco che fa parte del Presidio Orientale perchè era ricompreso nel Presidio Centrale dell’ASL di Taranto; tutt’oggi Grottaglie farebbe parte del Distretto Socio – Sanitario n. 6.
Inoltre, secondo i ricorrenti presso l’ospedale di Grottaglie non sarebbe prevista l’Unità  Operativa di Terapia Intensiva e Rianimazione, al contrario prevista per l’Ospedale di Manduria, determinando la concreta possibilità  di eseguire parti non in sicurezza.
4.6. – Questo Collegio ritiene di dover esaminare tale motivo di ricorso congiuntamente al:
– II motivo di ricorso con il quale i ricorrenti sostengono che la Regione Puglia non avrebbe minimamente spiegato le motivazioni poste a base della scelta di disattivare immediatamente il reparto di U.O. di Ostetricia e Ginecologia del Presidio Ospedaliero di Manduria e senza che negli atti impugnati si potesse intravedere una qualche forma di istruttoria tale da giustificare la scelta de qua;
– il motivo di ricorso 1.6. con il quale i ricorrenti contestano il periodo temporale preso a campione in quanto lo stesso sarebbe falsato e non rappresenterebbe il reale fabbisogno di giornate di ricovero di cui ha bisogno il territorio.
Più nello specifico i ricorrenti, dopo aver precisato che cosa si intende per fabbisogno sanitario di un territorio (dato dalle “giornate di ricovero” di cui ha bisogno il territorio, dato dalla risultante del numero complessivo di tutte le “giornate di ricovero” della popolazione residente dei comuni di quel territorio), eccepiscono che era questo – e non il dato numerico dei parti – il dato che la Regione Puglia avrebbe dovuto prendere in considerazione nell’assumere le sue decisioni sui punti nascita da sopprimere.
– il motivo di ricorso 1.6.1. con il quale i ricorrenti eccepiscono che la deliberazione impugnata avrebbe erroneamente considerato, ai fini della scelta della soppressione dei punti nascita, il puro e semplice dato statistico temporale del numero dei parti, mettendo su uno stesso piano di confronto punti nascita di Ospedali che avevano posizioni oggettivamente e completamente diverse (Manduria era cantierizzato, è stato completamente chiuso per tre mesi del 2011 e parte del 2012 e per due anni ha operato in grave carenza di organico, mentre Grottaglie ha operato a pieno organico senza interruzioni), con evidente disparità  di trattamento.
Questo Collegio, preliminarmente, osserva che i provvedimenti impugnati, sotto il profilo della soppressione dei punti nascita con un numero di parti/anno inferiori a 500, sono vincolati dal rispetto del più volte citato accordo Stato-Regioni (in merito a tale criterio organizzativo si veda di recente l’Ordinanza del T.A.R. Umbria, sez. I, 17 dicembre 2014, n. 163 che ha respinto l’istanza cautelare presentata dal Comune di Assisi proprio per la carenza nel Punto Nascita dell’Ospedale di Assisi degli standards minimi (500 nati/anno) previsti dal presupposto accordo Stato – Regioni del 16 dicembre 2010 che, come nel caso in esame, non era stato impugnato).
La Regione Puglia pertanto non poteva applicare un criterio diverso da quello indicato nell’accordo de quo (da ciò consegue l’infondatezza dei motivi di ricorso 1.6. e 1.6.1.).
Più nello specifico, questo Collegio osserva che il limite minimo di 500 parti/anno costituisce prerequisito dimensionale in carenza del quale le ripetute “Linee di indirizzo” non ammettono deroghe, come si è visto riservate appunto a punti nascita “con numerosità  (¦) comunque non al di sotto di 500 parti/anno” (Sul punto, Consiglio di Stato, sez. III, 27.8.2014, n. 4392).
La mancanza di tale prerequisito è perciò la ragione (rectius motivazione) primaria e sufficiente della prevista disattivazione, a prescindere, giova con l’occasione sottolineare, dalle motivazioni economico finanziarie della revisione della rete ospedaliera imposta dal piano regionale di rientro (da ciò consegue l’infondatezza del II motivo – prima parte: difetto di motivazione).
Come ha osservato in merito il Consiglio di Stato “lo stesso prerequisito rappresenta non certo un mero parametro di economicità  dell’azione amministrativa, ma uno standard operativo di sicurezza alla stregua di concordi e consolidate indicazioni scientifiche in materia, in particolare anche dell’OMS (che a tal riguardo stabilisce il più rigido rapporto di 650 parti/anno), secondo cui un parametro numerico inferiore non consente di conseguire il dimensionamento minimo previsto sia dal punto di vista dell’efficienza dell’investimento, sia soprattutto dal punto di vista della salvaguardia della salute delle partorienti e dei nascituri, essendo provato che più alto è il numero dei parti/anno, maggiori sono la manualità  e l’esperienza degli operatori e minore il tasso di complicanze e di mortalità ” (Consiglio di Stato, sez. III, 27.8.2014, n. 4392. Nello stesso senso ancor più di recente T.A.R. Marche, sez. I., 12 dicembre 2014, n. 1024).
Del resto sono gli stessi ricorrenti a riconoscere, a pagina ventinove del ricorso introduttivo, che in base all’accordo Stato-Regioni più volte citato, la Giunta Regionale ha elaborato la proprie scelte sul flusso informativo statistico delle prestazioni sanitarie erogate dalla rete ospedaliera esistente, la cui ricognizione, sarebbe stata, quindi la sola a determinare le decisioni relative a quali punti nascita sopprimere.
La Regione Puglia, quindi, una volta venuta in possesso del dato statistico-numerico trasmesso dalle Aziende Sanitarie competenti, non era più tenuta a svolgere alcuna istruttoria, ma doveva limitarsi a prendere atto dei dati ricevuti e applicare la regola stabilita nell’Accordo Stato-Regioni poi recepito con Deliberazione di Giunta Regionale (atti, peraltro, non oggetto di impugnazione) (da ciò consegue l’infondatezza del II motivo – seconda parte: difetto di istruttoria).
Quanto sopra evidenziato basterebbe a superare tutte le censure sollevate dai Comuni ricorrenti.
Il prioritario obiettivo di assicurare ad ogni coppia mamma-neonato un’assistenza appropriata e sicura (cfr. anche le linee guida dell’OMS che fissano a 650 parti/anno l’attività  minima di un punto-nascita il cui personale possa dirsi dotato della necessaria esperienza) uniforme sul territorio regionale e non solo le finalità  di perseguimento dell’ equilibrio economico-finanziario risulta essere, dunque, alla base dei provvedimenti impugnati che, in considerazione dei concreti dati sul numero dei parti avvenuti nell’ospedale di Manduria (n. 331 parti nell’anno 2009, 320 nell’anno 2010 e 222 nell’anno 2011), non avrebbe potuto mai conservare il relativo punto nascita (ben al di sotto della soglia di sicurezza dei 500 parti/anno).
Tuttavia, qualora anche dovessero ravvisarsi margini di discrezionalità  in capo alla Regione Puglia, gli stessi, in ogni caso, sarebbero sindacabili solo per macroscopico travisamento di fatto o da un’evidente illogicità  per la insussistenza dei fatti assunti ad oggetto della valutazione ovvero per l’illogicità  di quest’ultima e la incongruenza delle relative conclusioni (ex multis Consiglio di Stato, sez. II, 10 ottobre 2011, n. 1032), caratteri che questo Collegio comunque non ritiene sussistere nelle scelte fatte dalla Regione Puglia.
Più nello specifico, quando l’Amministrazione non applica scienze esatte, che conducono ad un risultato certo ed univoco, ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità , per sconfessare quest’ultimo non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità  del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità , l’evidente insostenibilità , con la conseguenza che, ove non emergano travisamenti, pretestuosità  o irrazionalità , ma solo margini di fisiologica opinabilità  e non condivisibilità  della valutazione tecnico-discrezionale operata dalla Pubblica amministrazione, il giudice amministrativo non può sovrapporre alla valutazione opinabile del competente organo della stessa la propria giacchè diversamente egli sostituirebbe un giudizio opinabile (quello della Regione Puglia) con uno altrettanto opinabile (quello espresso dalla difesa dei ricorrenti), assumendo così un potere che la legge riserva all’Amministrazione (sul punto ex multis T.A.R. Lecce, sez. II, 31 luglio 2014, n. 2056; Consiglio di Stato, sez. VI, 20 febbraio 2014, n. 838; : T.A.R. Roma, sez. I, 14 aprile 2014, n. 4031).
Anzi, quanto più ampio è lo spazio di incertezza ed opinabilità  delle soluzioni compatibili con le regole astratte delle scienze applicabili, tanto minore è il sindacato di cui dispone il giudice amministrativo e il suo conseguente potere di annullamento (sul punto T.A.R. Palermo, sez. II, 12 dicembre 2013, n. 2441).
Più nello specifico, per quanto riguarda le difficoltà  nel raggiungimento del punto nascita dell’ospedale di Grottaglie, rappresentate dai ricorrenti e sopra riportate, le stesse di per sè non sarebbero comunque idonee ad escludere la soppressione del punto nascita dell’Ospedale di Manduria; si tratta, infatti, di asserzioni soggettive in contrasto evidentemente con le valutazioni effettuate dalla Regione, connotate, come già  osservato, da ampia discrezionalità  tecnica, perciò insuscettibili di sindacato di legittimità  se non per i noti, macroscopici vizi di irrazionalità , illogicità  e travisamento.
Il diritto fondamentale alla salute, come evidenziato dal Consiglio di Stato, implica “non già  necessariamente la vicinanza del punto nascita, ma un’organizzazione finalizzata all’obiettivo¦di garantire ad ogni gestante ed ad ogni neonato “in qualsiasi centro nascita, ai vari livelli assistenziali, un’assistenza appropriata e sicura” conforme ai livelli essenziali delle prestazioni” (Consiglio di Stato, sez. III, 27.8.2014, n. 4392), assistenza che, anche alla stregua delle indicazioni scientifiche, il punto nascita di Manduria non è in grado di assicurare per la limitatezza del numero annuo dei parti e, conseguentemente, per il maggior rischio di complicanze e mortalità .
Per quanto riguarda la contestazione secondo la quale presso l’ospedale di Grottaglie non sarebbe prevista l’Unità  Operativa di Terapia Intensiva e Rianimazione, al contrario prevista per l’Ospedale di Manduria, questo Collegio si limita ad evidenziare che nell’accordo Stato-Regioni, recepito con Deliberazione di Giunta Regionale, è previsto, tra gli Standard Operativi, che debba essere garantita la terapia sub-intensiva alla gravida ed alla puerpera.
Con riferimento alla contestazione secondo la quale “le partorienti e/o il nascituro, nelle ipotesi di criticità , sono dirottati in altri Presidi Ospedalieri in quanto l’Ospedale di Grottaglie non può intervenire”, si precisa inoltre che nel Regolamento impugnato è specificatamente prevista l’attivazione in ciascuno dei punti nascita, laddove non già  previste, di UU.OO neonatologiche/pediatriche (art. 1 bis dell’art. 4 del Regolamento Regionale 16.12.2010, n. 18 – così come modificato dal Regolamento 7.6.2012, n. 11 – lettera b).
Del resto anche nell’Allegato 1 a dell’accordo Stato-Regione è prevista la necessità  che “in connessione con la riorganizzazione dei punti nascita si proceda ad un parallelo ridisegno delle Unità  Operative di assistenza neonatale, corrispondenti per intensità  di livello assistenziale ai punti nascita”.
In generale, infine, sotto il profilo della ragionevolezza complessiva delle scelte regionali, non può che rinviarsi alle memorie della Regione.
Rilevanti sono i passaggi nei quali la Regione Puglia evidenzia:
– di essere giunta alla determinazione di disattivare il punto nascita di Manduria in fedele applicazione dei parametri (numerosità  dei parti; territorialità ; presenza di filiera dell’emergenza; dotazioni strutturali, tecnologiche e organizzative; superamento di localismi e rigide divisioni) fissati dal Comitato per il Percorso Nascita Regionale costituito con la D.G.R. n. 131 del 2011;
– a conferma della inidoneità  del punto nascita dell’Ospedale di Manduria rispetto al numero dei parti, che il numero dei parti nello stesso effettuati nell’anno 2011, stando ai dai forniti dall’Agenzia Regionale Sanitaria (ARES) ammonta a n. 222, coprendo meno del 40% delle necessità  delle partorienti residenti nel Comune, mentre nello stesso periodo di riferimento nell’Ospedale di Grottaglie si sono verificati 747 parti;
– che il tasso di occupazione di posti letto dell’U.O. di ostetricia e ginecologia di Manduria risulterebbe essere pari a 43,8% e che ciò dimostrerebbe lo scarso gradimento che esprime la popolazione residente per le prestazioni sanitarie ivi offerte. Ciò, infatti, significherebbe che, in media, ogni giorno più della metà  dei posti letto del reparto non ospita pazienti;
– che solo il 39% dei ricoveri totali eseguiti sarebbe dedicato alla effettuazione di parti e che, in effetti, il numero di parti per posto letto è all’ultimo posto della Provincia di Taranto, con evidenti ripercussioni in termini anche economici sul Sistema Sanitario regionale.
La Regione Puglia al fine di provare quanto sopra riportato allega alla memoria di costituzione copia dei dati relativi all’attività  2010-2011 dei punti nascita in Puglia, la Mappa analisi dei reparti di ostetricia-ginecologia e copia della scheda indice di occupazione ricoveri ordinari dei reparti di ostetricia per l’anno 2011.
Più nello specifico la Regione Puglia evidenzia che il punto nascita dell’Ospedale di Manduria non sarebbe un riferimento nè per il Comune stesso, nè per i paesi limitrofi, atteso che dei 268 parti nell’anno, solo 105 risultano essere eseguiti nel suddetto punto nascita.
In sintesi, sulla base dei dati suddetti, la Regione Puglia ha ritenuto che l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Manduria fosse scarsamente utilizzato e di scarsa attrattiva sia per le donne residenti in loco, sia per quelle residenti nei paesi limitrofi.
A conferma di quanto affermato dalla Regione Puglia, l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, nella memoria depositata in data 5.11.2012, evidenzia che dal rilevamento del periodo 2009-2010-2011 (allegando relativa documentazione dimostrativa) riferito ai reparti di Ginecologia ed Ostetricia, risulta evidente l’incapacità  dell’ospedale di Manduria di raggiungere la soglia minima di n. 500 parti/anno.
Dalla documentazione allegata dall’Azienda Sanitaria di Taranto, emerge, infatti, che di n. 331 parti nell’anno 2009, 320 nell’anno 2010 e 222 nell’anno 2011 riportati dal reparto di Ginecologia ed Ostetricia dell’Ospedale di Manduria, si sarebbero registrati n. 625, 794 e 747 parti nel corrispondente periodo, nell’omologa struttura dell’ospedale di Grottaglie.
Dalle documentazione allegata emerge altresì che presso l’ospedale di Grottaglie avrebbero partorito pazienti provenienti in numero considerevole, tra l’altro, dai comuni di Fragagnano, Lizzano, Manduria, Maruggio, Sava e Torricella.
Ebbene, come emerge chiaramente da quanto sopra evidenziato, da un lato non si può ritenere che i livelli essenziali di assistenza siano stati lesi dalla scelta effettuata dalla Regione Puglia di sopprimere il punto nascita dell’Ospedale di Manduria in quanto caratterizzato da un numero di parti/anno inferiore a 500, dato che tale scelta non solo è conforme a quanto previsto nelle Linee di indirizzo di cui all’accordo Stato-Regione del 16.12.2010, ma risulta essere conforme altresì a concordi e consolidate indicazioni scientifiche in materia, in particolare anche dell’OMS che considerano il numero di parti/anno non inferiore a 650 uno standard operativo minimo di sicurezza; dall’altro non si può del pari ritenere che tale scelta non sia stata supportata da adeguata istruttoria e motivazione.
Il fatto poi che – in base ai dati forniti dall’Azienda Sanitaria di Taranto – risulti che il numero dei parti presso il punto nascite dell’Ospedale di Grottaglie sia superiore a 500, elimina in radice qualunque possibilità  di ravvisare negli atti impugnati il vizio di disparità  di trattamento con riferimento a quest’ultimo.
Anche tali censure pertanto vanno disattese.
Per quanto riguarda il richiamo all’Ordinanza n. 707 del 14.9.2012 con la quale questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare presentata dal Comune di Casarano in ordine al Regolamento regionale n. 11 del 7.6.2012 nella parte in cui prevede la disattivazione del reparto di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale di Casarano, sotto il profilo della totale assenza di qualsiasi analisi comparativa tra il presidio di Casarano e quello di Scorrano, ci si limita ad evidenziare che tale Ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato con Ordinanza n. 4710 del 30.11.2012, ritenendo che la scelta regionale fosse sufficientemente supportata da valutazioni volte ad una efficiente riorganizzazione dei punti nascita sulla base del contesto geografico di riferimento.
In conclusione il ricorso deve essere respinto perchè infondato.
Tuttavia questo Collegio ritiene di poter compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio, tenuto conto dell’oggettiva peculiarità  della vicenda e della novità  di talune delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Flavia Risso, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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