1. Risarcimento del danno – Danno da ritardo  – Art. 2-bis, co.1, L.n. 241/1990 – Condizioni 


2. Risarcimento del danno – Danno da ritardo  – Requisiti – Esistenza del danno – Nesso di causalità  con  il ritardo 


3. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Prova – Principio acquisitivo  – Inapplicabilità  – Ragioni 

1. Ai sensi dell’art. 2-bis co.1, della L.n. 241/1990, le pubbliche Amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento ove, a monte, sia stata riconosciuta la spettanza del bene della vita.  


2. Il risarcimento del danno da ritardo presuppone che si sia verificato concretamente  un danno e che questo sia stato causato in modo diretto dal ritardo con il quale la p.A. ha rilasciato il provvedimento favorevole spettante in favore del privato.


3. La responsabilità  della p.A. per i danni causati per l’illegittimo o mancato esercizio  dell’attività  amministrativa, richiede che sia fornita in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno –  almeno attraverso l’allegazione di circostanze di fatto precise che ne dimostrino l’esistenza e dei criteri per quantificarlo –  non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo che attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non già  all’allegazione dei fatti.

N. 00383/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01652/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1652 del 2010, proposto da: 
Giusi D’Altorio, quale titolare della ditta individuale Benessere e Bellezza di D’Altorio Giusi, rappresentata e difesa dall’avv. Attilio Dibari, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Ranieri in Bari, viale Papa Giovanni XXIII 2/A;

contro
Invitalia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Pierluigi Rossi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, via D. Nicolai 21; 
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo 97; 

per il risarcimento del danno
derivante dal ritardo nell’emissione del provvedimento di ammissione alle agevolazioni costituite da contributo a fondo perduto per complessivi euro 11.299,78, finanziamento a tasso agevolato per euro 11.299,79, emesso da Invitalia in data 4.3.2010 prot. n. 1050059, conosciuto in data 19.3.2010 a seguito di comunicazione del 5.3.2010;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Invitalia S.p.a. e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2013 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori avv. Mariangela Laricchia, su delega dell’avv. Attilio Dibari e avv. Mario Giuseppe Guglielmi, su delega dell’avv. P. Rossi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe Giusi D’Altorio, titolare della ditta Benessere e Bellezza, ha chiesto il risarcimento del danno derivato dal ritardo con il quale Invitalia s.p.a. l’ha ammessa alle agevolazioni costituite da un contributo a fondo perduto per complessivi euro 11.299,78, con finanziamento a tasso agevolato per euro 11.299,79.
La ricorrente ha esposto di avere richiesto, con raccomandata inviata il 14 aprile 2009, l’ammissione alle agevolazioni previste dal D.Lgs. 185/2000, Titolo II, per l’apertura di una ditta individuale da avviare a Barletta, avente ad oggetto il commercio di prodotti cosmetico-naturali mediante affliazione alla società  “Bottega Verde S.r.l.”.
La domanda era stata corredata dalla documentazione relativa ai preventivi per l’acquisto degli arredi e degli impianti necessari; la ricorrente aveva pattuito con i fornitori una dilazione di sette mesi nei pagamenti e sottoscritto con il fornitore degli arredi un contratto di comodato d’uso gratuito con impegno a regolarizzare il pagamento in unica soluzione alla scadenza.
In data 14 ottobre 2009, decorsi sei mesi dall’apertura dell’istruttoria, la Invitalia s.p.a. aveva comunicato alla ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento della domanda; la ricorrente aveva puntualmente riscontrato tale missiva con raccomandata della stessa data, ma Invitalia aveva ribadito le proprie argomentazioni con lettera del 22 ottobre 2009.
La ricorrente aveva quindi sollecitato la definizione del procedimento con telegramma del 4 novembre 2009 e diffida del 20 novembre 2009, segnalando altresì che l’ulteriore ritardo, data la scadenza dei pagamenti dovuti, l’avrebbe costretta a cessare l’attività  o cedere il ramo di azienda a terzi per fare fronte alle spese.
Infatti il 18 dicembre 2009 la ricorrente aveva saldato il dovuto per gli arredi, pari ad euro 15.850,00 oltre i.v.a., gli impianti, pari ad euro 1.300 oltre i.v.a., e il canone di locazione per otto mensilità , per complessivi euro 6.400,00, mentre solo il 19 marzo 2010 era pervenuta la comunicazione di ammissione al finanziamento da parte di Invitalia s.p.a..
L’azienda era stata ceduta al prezzo di euro 14.000.
A sostegno del ricorso sono state dedotte le seguenti censure:
1. violazione dell’art. 5 del D.lgs. 123/98, che poneva il termine di sei mesi per la definizione delle istruttorie dei finanziamenti in questione;
2. violazione dell’art. 2 comma 4 L. 241/90, che prevede la possibilità  di determinare con decreti attuativi il termine massimo, non superiore comunque a 180 giorni, per la conclusione dei procedimenti amministrativi;
3. violazione degli artt. 1 e 1 ter della L. 241/90.
Si sono costituiti Invitalia s.p.a. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
La ricorrente, infatti, invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l’Amministrazione ha adottato un provvedimento a lei favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento.
Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. “bene della vita”, costituito nel caso di specie dalla possibilità  di avviare l’attività  imprenditoriale dell’interessata, ritardo che ha determinato, nell’assunto difensivo, l’impossibilità  di intraprendere l’attività  commerciale.
In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2 bis comma 1 legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge n. 69 del 2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle P.A., stabilendo che le Pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (ex multis Cons. Stato, n. 1271 del 28 febbraio 2011).
La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (C.G.A. 4 novembre 2010 n. 1368).
Non rileva, invece, la questione della risarcibilità  del danno da ritardo in caso di non spettanza del c.d. “bene della vita” e della compatibilità  dei principi affermati dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 7 del 2005 (in Cons. Stato 2005, I, 1451) con il nuovo art. 2 bis legge n. 241 del 1990, avendo la stessa Amministrazione riconosciuto tale spettanza con il (tardivo) rilascio del provvedimento favorevole.
Vanno quindi esaminati gli elementi probatori in ordine all’esistenza del danno e al rapporto di causalità  con il ritardo.
La responsabilità  della P.A. per i danni causati per l’illegittimo esercizio (o, come nel caso di specie, mancato esercizio) dell’attività  amministrativa, richiede infatti che sia fornita in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perchè tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità , è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise, non potendosi in caso contrario dare ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., presupponendo tale norma l’impossibilità  di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito (Cons. Stato, Sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967; Sez. VI, 12 marzo 2004 n. 1261).
La stessa richiamata giurisprudenza ha anche precisato che l’onere probatorio può ritenersi assolto allorchè il ricorrente indichi, a fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri di quantificazione dello stesso, salvo il potere del giudice di vagliarne la condivisibilità  attraverso l’apporto tecnico del consulente o, comunque, quando il ricorrente fornisca un principio di prova della sussistenza e quantificazione del danno.
Nel caso di specie la ricorrente ha allegato la documentazione (docc. 14, 15, 16 e 17 fascicolo di parte ricorrente) attestante le spese sostenute per l’allestimento dei locali, pari a complessivi euro 20.580,00 (euro 19.020 per gli arredi e euro 1.560,00 per l’impianto elettrico), portate da due fatture pagate a fine dicembre 2009, quando era ormai scaduto il termine per l’adozione del provvedimento sull’istanza di finanziamento.
Avendo la ricorrente, nell’impossibilità  di far fronte alle ulteriori spese, ceduto l’azienda, comprensiva di tali dotazioni, al prezzo di euro 14.000, la differenza tra le due somme corrisponde al danno subito per effetto del ritardo nell’adozione del provvedimento favorevole, pari ad euro 6.580,00.
Non possono invece essere ricondotti causalmente al ritardo portato dall’Amministrazione i canoni di locazione del locale dovuti per i mesi da maggio a ottobre 2009, riguardando un periodo con riferimento al quale era ancora in corso il termine per lo svolgimento dell’istruttoria e l’adozione del provvedimento finale (180 giorni dal 14 aprile 2009), con conseguente impossibilità  di ravvisare nella condotta dell’Amministrazione un comportamento antigiuridico come antecedente causale del danno.
Solo i canoni versati per i mesi di novembre e dicembre 2009 possono quindi essere riconosciuti come voce di danno, per complessivi euro 1.600.
Nemmeno può essere ricompreso tra i danni subiti per effetto del ritardo la perdita del contributo a fondo perduto, in conto capitale e in conto gestione, di euro 11.157,29, trattandosi di somma che avrebbe dovuto essere utilizzata per l’avvio dell’azienda, che la ricorrente ha ceduto.
Il danno complessivo ammonta quindi ad euro 8.180.
Su quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno, costituente debito di valore, spettano la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dal dicembre 2009 (epoca della produzione del danno) ad oggi e gli interessi compensativi calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze mensili fino al soddisfo (Cass. civ., Sez. III, n. 5671 del 2010; Cons. Stato, Sez. IV, n. 2983 del 2006).
Va quindi in parte accolto il ricorso con condanna di Invitalia s.p.a., quale erogatrice del contributo, al risarcimento del danno in favore della ricorrente per la complessiva somma di euro 8.180;sulla suddetta somma compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat, trattandosi di debito di valore, con decorrenza dal dicembre 2009, epoca della produzione del danno, fino alla data di deposito della presente sentenza e sull’importo così rivalutato si computeranno gli interessi legali calcolati esclusivamente dalla data di deposito della decisione fino all’effettivo soddisfo.
La parziale soccombenza, con riferimento all’ammontare dei danni richiesti, giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto condanna Invitalia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno in favore della ricorrente, nella misura di euro 8.180,00, oltre rivalutazione monetaria dal dicembre 2009 fino alla data di deposito della presente sentenza e interessi legali sull’importo così rivalutato dalla data di deposito della decisione fino all’effettivo soddisfo ;
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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