Processo amministrativo – Legittimazione e interesse – Università  degli Studi – Procedimento disciplinare – Collegio di disciplina – Rapporto interorganico – Conseguenze

E’ inammissibile,  per difetto di legittimazione, il ricorso proposto dall’Università  degli Studi di impugnazione della sanzione inflitta ad un ricercatore universitario dal Collegio di disciplina istituito dal Consiglio universitario nazionale – ai sensi dell’art. 3 l. 18/2006 poi abrogata dalla l. 30 dicembre 2010, n. 240 –  e di accertamento del proprio diritto ad infliggere una sanzione disciplinare ritenuta più adeguata di quella comminata dal Collegio di disciplina, sussistendo, tra le parti in causa un rapporto di natura interoganica che non trova spazio nella tutela giurisdizionale amministrativa riservata, viceversa, esclusivamente a rapporti di natura intesoggettiva.

N. 01165/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01415/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1415 del 2009, proposto da: 
Universita’ Degli Studi Di Bari, rappresentato e difeso dagli avv. Cecilia Antuofermo, Gaetano Prudente, con domicilio eletto presso Cecilia Antuofermo in Bari, c/o P.zzo Ateneo p.zza Umberto I, 1; 

contro
Consiglio Universitario Nazionale, Collegio Di Disciplina Per I Docenti E Ricercatori Universitari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

nei confronti di
Francesco Inchingolo, rappresentato e difeso dagli avv. Michelangelo Pinto, Ciro Testini, con domicilio eletto presso Michelangelo Pinto in Bari, via Nicolai N.29; 

per l’annullamento
– della delibera relativa alla trattazione del procedimento disciplinare nei confronti del prof. Inchingolo Francesco, resa dal C.U.N., Collegio di Disciplina, nell’adunanza de 24 Giugno 2009 e comunicata alla ricorrente con nota a mezzo fax del 31/07/2009;
– di ogni altro atto presupposto e/o connesso, anche interno e non conosciuto;
nonchè in ogni caso per il riconoscimento:
del diritto/dovere dell’Università  ad irrogare al prof. Inchingolo una sanzione disciplinare adeguata e proporzionata alla gravità  dei fatti dallo stesso commessi.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consiglio Universitario Nazionale e di Francesco Inchingolo e di Collegio Di Disciplina Per I Docenti E Ricercatori Universitari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2013 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori Cecilia Antuofermo, Valter Campanile e Pasquale Procacci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 31.8.2009 e depositato il 16.9.2009, l’Università  degli studi di Bari ha impugnato la delibera del Collegio di disciplina per i docenti e ricercatori universitari presso il Consiglio universitario nazionale, assunta nell’adunanza del 24 giugno 2009, con la quale, in relazione al procedimento disciplinare attivato dall’Università  nei confronti del ricercatore prof. Inchingolo è stato affermato non si configurano sanzioni disciplinari di competenza del Collegio.
L’Università  chiede altresì il “riconoscimento del diritto/dovere ad irrogare al prof. Inchingolo una sanzione disciplinare adeguata e proporzionata alla gravità  dei fatti dallo stesso commessi.
Premessa una ricostruzione degli antefatti e del procedimento disciplinare, la ricorrente deduce: “Illogicità  e contraddittorietà  della motivazione. Ingiustizia grave e manifesta”, contestando la congruità  della decisione assunta dal Collegio di disciplina.
In data 21.9.2009 si è costituito il controinteressato Inchingolo, il quale, con successiva memoria (depositata il 26.9.2009), ha contestato l’ammissibilità  del gravame sia per difetto di legittimazione attiva sia per difetto d’interesse nonchè la sussistenza dei presupposti per un giudizio di accertamento.
In data 21.10.2009 si è costituita in giudizio – per il CUN – l’Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto e riservando al prosieguo del giudizio ogni ulteriore attività  difensiva.
Alla c.c. del 30.9.2009 è stata respinta (ord. N. 596/09) la richiesta di sospensiva.
A seguito di proposizione dell’appello cautelare da parte della ricorrente, il Cons. St, Sez. VI, (ord. N. 6298 del 18.12.2009) ha confermato il rigetto dell’istanza cautelare.
In vista della pubblica udienza fissata per il 4.7.2013, non hanno presentato memorie nè la ricorrente nè la resistente.
Il 1.6.2013 il controinteressato Inchingolo ha depositato memoria, in cui insiste per la dichiarazione d’inammissibilità  del ricorso, del quale rileva anche l’infondatezza nel merito.
Alla pubblica udienza del 4.7.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il gravame risulta inammissibile.
La ricorrente Università  degli studi ha attivato un procedimento disciplinare nei confronti del proprio dipendente, ricercatore confermato, dr. Inchingolo, ritenendo applicabile una sanzione superiore alla censura.
All’esito del giudizio disciplinare ad essa commesso, la Corte disciplinare istituita presso il CUN ha ritenuto non applicabile alla fattispecie una sanzione superiore alla censura.
Il sistema normativo vigente prevede che, nei confronti dei docenti universitari, le sanzioni disciplinari superiori alla censura siano inflitte su parere di una corte disciplinare costituita nell’ambito del Consiglio universitario nazionale.
In particolare, all’epoca dei fatti vigeva l’art. 3 della L. 16.1.2006 n. 18 (poi abrogato per effetto della sopravvenuta L. 30.12.2010 n. 240, che ha previsto un differente procedimento che qui non rileva), il quale prevedeva, al primo comma, che: ” Il CUN elegge, al suo interno, un collegio di disciplina, di seguito denominato «collegio», con il compito di svolgere i procedimenti disciplinari a carico dei professori e dei ricercatori universitari.”, specificando, nel secondo comma, che “Il procedimento disciplinare si svolge nel rispetto del principio del contraddittorio. Le funzioni di relatore sono assolte dal rettore dell’università  interessata o da un suo delegato. L’azione disciplinare innanzi al collegio spetta al rettore competente, al termine di un’istruttoria locale per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura, tra quelle previste dall’articolo 87 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dalla notizia di tali fatti, senza pregiudizio per il ricorso ad altre sedi di giudizio civile e penale. La sanzione è inflitta dal rettore, su conforme parere del collegio, entro trenta giorni dalla ricezione del parere.” .
E’ dunque il Legislatore che aveva effettuato la scelta di investire del giudizio detta Corte – alla quale compete, secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, un potere valutativo delle rilevanza dei fatti addebitati altamente discrezionale – e da ciò consegue che la concreta determinazione della colpevolezza e della sanzione da irrogarsi sono state sottratte all’Università  che istaura il procedimento e che deve poi in concreto applicare la sanzione.
Il rapporto che intercorreva fra l’Università  e la suddetta Corte disciplinare va perciò qualificato come interorganico e non intersoggettivo, di guisa che l’odierna ricorrente non risulta legittimata ad impugnare la statuizione disciplinare resa dalla Corte sedente presso il CUN.
Va ricordato che, secondo l’insegnamento giurisprudenziale, un contrasto tra organi non può essere oggetto di controversia giurisdizionale, che non è il luogo proprio della risoluzione di tali conflitti , atteso che : “il giudizio amministrativo è volto a risolvere controversie intersoggettive e non conflitti interorganici, che trovano piuttosto composizione in via politico-amministrativa” (cfr., TAR Molise, 28 gennaio 2010, n. 108, e TAR Genova, sez. I, 22 maggio 2009, n. 1161).
In tale contesto va esclusa la sussistenza stessa in capo alla ricorrente Università  degli studi della legittimazione ad impugnare l’atto della Corte disciplinare nonchè, a fortiori, a instaurare un giudizio di accertamento volto ad affermare la sussistenza di un preteso diritto ad infliggere una sanzione disciplinare adeguata.
Le spese del giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente, Estensore
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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