1. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione d’urgenza – Nullità  – Realizzazione dell’opera pubblica – Trasformazione irreversibile del suolo – Mancata formale acquisizione della p.A. – Conseguenze


2. Espropriazione per pubblica utilità  – Occupazione d’urgenza – Nullità  – Realizzazione dell’opera pubblica – Trasformazione irreversibile del suolo -Domanda di restituzione e/o di risarcimento del danno


3. Espropriazione per pubblica utilità  – Giustizia e processo – Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico – Ordine del giudice – Presupposti

 
1. Sebbene l’area oggetto di un’occupazione d’urgenza dichiarata nulla dal giudice amministrativo sia stata oggetto di un’irreversibile trasformazione del suolo a causa dell’avvenuta realizzazione dell’opera pubblica, in assenza di un atto formale di acquisizione del fondo da parte dell’amministrazione, la titolarità  della proprietà  del bene rimane del privato.
 
2. La domanda di risarcimento del danno sebbene avanzata dal proprietario alternativamente a quella di restituzione del bene, va tuttavia  interpretata come disponibilità  di questi alla cessione del bene stesso, disponibilità  che incontra la volontà  dell’amministrazione  – manifestata per facta concludentia con la conclusione della procedura espropriativa e soprattutto con la realizzazione dell’opera pubblica –  all’acquisizione del bene.


3. L’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblica utilità  prevista dall’art. 42 bis del d.P.R. 327/2001 può essere ordinata dal giudice amministrativo nell’esercizio del potere – conferitogli dall’art. 34 comma 1 lett c) del c.p.a. – di condannare all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio. (Nel caso di specie la situazione giuridica soggettiva è la titolarità  della proprietà  del suolo sul quale sorge l’opera pubblica realizzata, diritto che verrebbe ristorato equamente dalla corresponsione al proprietario dell’indennizzo quantificato secondo i parametri previsti dallo stesso articolo 42 bis, laddove, tra l’altro,  vi è certo contemperamento della tutela della situazione giuridica dedotta in giudizio con l’interesse pubblico ad evitare la restituzione del bene, attesa l’avvenuta realizzazione dell’opera).
 

N. 01575/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01497/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1497 del 2010, proposto da: 
Giulia e Francesco Contursi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Salvatore Basso e Annalisa Agostinacchio, con domicilio eletto presso il loro studio in Bari, al corso Mazzini n.134/B; 

contro
Comune di Cassano delle Murge; 

per la condanna
previo accertamento e declaratoria del relativo diritto dei ricorrenti, del Comune di Cassano Murge in persona del Sindaco p.t. alla restituzione, anche quale risarcimento del danno ingiusto in forma specifica, dei suoli di proprietà  dei germani Contursi e dei loro danti causa ed oggetto di decreto di occupazione d’urgenza n. 46/1993 per la realizzazione di infrastrutture nella zona PIP, ubicati nell’Agro di Cassano Murge, indicati nel foglio di mappa catastale n. 28, alle particelle 269, 270, 274 a causa 1) della nullità  del decreto di esproprio n. 25 del 02.10.2008 prot. 10806 dichiarata con sentenza definitiva da Codesto On.le Tar Puglia Bari Sezione III^, n. 2176/2008 nonchè 2) dell’annullamento su ricorso dei germani Contursi della dichiarazione di pubblica utilità  di cui alla deliberazione di G.M. 666/1992 giusta decisione del Consiglio di Stato n. 7762/2006, con conseguente condanna del Comune di Cassano Murge altresì al risarcimento dei danni verificatisi nelle more a causa di tale illegittima occupazione maggiorato di interessi e rivalutazione;
e/o in via gradata e ove non sia riconosciuto il diritto alla restituzione,
per il risarcimento dei danni per equivalente commisurato al controvalore dell’immobile derivante dall’illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione del suolo dei ricorrenti, per i motivi sopra evidenziati, ivi compresi i relitti non più utilizzabili, il tutto maggiorato di interessi e rivalutazione;
nonchè comunque ed in ogni caso, per l’accertamento del diritto dei ricorrenti ad ottenere l’indennità  prevista per legge per il periodo di occupazione legittima e per la conseguente condanna al relativo pagamento congiuntamente agli interessi legali nelle more maturati;
con conseguente pronunzia di condanna ex art. 30 d.lgs. 104/2010 nei confronti della intimata amministrazione per tutte le causali sopra indicate;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 maggio 2012 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. S. Basso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso in epigrafe i sigg.ri Contursi, nella qualità  di eredi degli originari proprietari nonchè di cessionari dei crediti della sig.ra Rosa Contursi, hanno adito questo Tribunale per ottenere la restituzione di alcuni suoli oggetto di procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di infrastrutture in zona PIP, in agro di Cassano, riportati in catasto al foglio n.28, part. nn.269, 270 e 274 ovvero il risarcimento dei danni per equivalente; nonchè in ogni caso il risarcimento per illegittima occupazione dei suoli stessi.
Ed invero, sia il decreto di esproprio sia la sottostante dichiarazione di pubblica utilità , sia infine i decreti di occupazione d’urgenza sono stati annullati all’esito di due giudizi, conclusisi -rispettivamente- con sentenza della terza Sezione di questo Tar n.2176/08 (mai impugnata) e con decisione del Consiglio di Stato n.7762 del 21.12.2006, che ne hanno accertato l’illegittimità .
L’Amministrazione comunale non si è costituita nel presente giudizio; sicchè i fatti rappresentati nel ricorso devono darsi per non contestati ai sensi e per gli effetti dell’art.64, comma 2 c.p.a..
All’udienza del 31 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.- La questione ruota intorno all’annosa problematica dei rimedi esperibili avverso la trasformazione sine titulo di un’area di proprietà  privata per la realizzazione di un’opera pubblica e dei termini di reazione concessi al proprietario.
2.1.- Deve in proposito ripercorrersi -a grandi linee- l’evoluzione normativa e giurisprudenziale registratasi nel nostro ordinamento.
L’accessione invertita, istituto di conio giurisprudenziale preordinato al contemperamento dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera di pubblica utilità  con quello dei privati a non vedersi sottrarre la proprietà  senza giusto ristoro e al di fuori delle procedure di legge, era stata la risposta alle espropriazioni sine titulo poste in essere dalle Amministrazioni pubbliche; per cui la trasformazione irreversibile dell’area comportava l’acquisto della relativa proprietà  da parte dell’Amministrazione procedente e, contestualmente, il sorgere in capo al privato illegittimamente espropriato del diritto al risarcimento dei danni per equivalente.
Tralasciando tutte le connesse questioni afferenti la giurisdizione (distinta a seconda della classificazione in concreto dell’occupazione come acquisitiva o usurpativa) e i parametri cui ancorare il valore del bene da risarcire, è qui sufficiente rammentare che l’istituto in parola, ideato e disciplinato dalla giurisprudenza e privo di suggello normativo, è stato definitivamente cancellato dal nostro ordinamento a seguito delle ripetute pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo; questa ne ha invero rilevato l’insanabile contrasto con le garanzie di cui la proprietà  privata è assistita all’interno della Carta europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e, più precisamente, con l’art.1 del Protocollo n.1 (prima tra tutte Sez.II, 30.5.2000, Carbonara e Ventura c/ Italia).
Le pronunzie della Corte europea hanno destabilizzato il sistema nazionale ormai assestato sull’elaborazione di principi giurisprudenziali quasi unanimemente condivisi e ha condotto alla formulazione dell’art.43 del T.U. esproprio (D.P.R. n.327/2001); ossia alla codificazione della cd. acquisizione sanante.
E’ stato cioè attribuito alla pubblica Amministrazione il potere di “sanare” ex post una procedura ablativa illegittima (ab origine o diventata tale anche a seguito di annullamento giurisdizionale) attraverso l’emissione di un provvedimento autoritativo unilaterale, preceduto dalla valutazione del pubblico interesse all’acquisizione dell’area occupata, a fronte di un ristoro al proprietario commisurato al valore dell’area stessa.
Anche questa norma ha aperto un dibattito in giurisprudenza sulle correlative facoltà  dei proprietari illegittimamente espropriati e sul significato da assegnare all’iniziativa giudiziaria dagli stessi eventualmente proposta per vedersi riconoscere -direttamente- il risarcimento dei danni per equivalente.
L’art.43 è stato però oggetto di una pronunzia di incostituzionalità  per eccesso di delega (giusta sentenza della Corte costituzionale n.293 dell’8 ottobre 2010); sicchè, cancellata l’accessione invertita dalla C.e.d.u. e successivamente l’acquisizione sanante dalla Corte costituzionale, i giudici di merito hanno cercato di trarre dall’ordinamento generale i principi per delineare il regime giuridico delle aree sottoposte dall’Amministrazione a trasformazione sine titulo, nel tentativo di individuare i possibili rimedi.
Da ultimo il Tar Lombardia, Milano, con sentenza n.880/2011, dopo aver lucidamente ricostruito tutte le alternative sul campo (dalla specificazione ex art.940 all’accessione ex art.936 c.c. fino ai rimedi esperibili ex artt.2058 e 2933 c.c.), era pervenuto a configurare una tutela ripristinatoria di natura reale (distinta dalla reintegrazione in forma specifica) che si sarebbe dovuta sommare, senza escluderla, alla tutela risarcitoria ex art.2043 c.c. ricorrendone i presupposti.
Nelle more è tuttavia intervenuto nuovamente il legislatore con D.L. n.98/2011 conv. in legge n.111/2011, che attraverso l’art.42 bis ha reintrodotto l’acquisizione sanante, pur rimodulandone le condizioni.
Si è pertanto tornati allo status quo ante la dichiarazione di incostituzionalità  di cui si è detto; e quindi alcuni precedenti arresti giurisprudenziali, afferenti talune questioni molto dibattute, possono quindi essere in qualche modo recuperati.
Così delineato il quadro generale veniamo ora al caso di specie.
2.2.- Il Collegio ritiene l’azione fondata e, quindi, meritevole di accoglimento.
Va preliminarmente chiarito, sempre sulla scorta del prevalente orientamento giurisprudenziale consolidatosi nella vigenza del più volte richiamato art.43 del T.U. espropri ma che si attaglia alla reintrodotta disciplina dell’acquisizione sanante, che l’opzione per l’azione risarcitoria operata dal privato non assume il significato di abdicazione della proprietà  (essendo necessario -si ribadisce- un esplicito atto di trasferimento) ma piuttosto di dichiarazione di disponibilità  a rinunziarvi attraverso una scelta che esclude la restituito in integrum.
Nel caso di specie l’occupazione è divenuta ab origine abusiva in virtù dell’annullamento della relativa procedura in sede giurisdizionale; nelle more la prevista trasformazione ha però avuto luogo, come accertato dalla consulenza tecnica di ufficio disposta nel gemello giudizio proposto innanzi all’A.G.O., conclusosi con declaratoria di difetto di giurisdizione e riassunto innanzi a questo Tar con il gravame in epigrafe. Attesta il consulente che le strade di progetto sono state ultimate in data 15.3.1999, rinviando all’atto unico di collaudo ivi allegato.
Come anticipato sub 1, l’Amministrazione comunale non contesta la riportata ricostruzione dei fatti. Considerato, tuttavia, che l’accessione invertita con il relativo effetto traslativo della proprietà  è divenuta assolutamente incompatibile con la disciplina normativa introdotta dal d.lgs. n. 327/2001 (allo stato riconducibile al più volte richiamato art.42bis, intitolato “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”), l’unico rimedio riconosciuto dall’ordinamento alla Pubblica Amministrazione per evitare la restituzione dell’area è l’emanazione di un (legittimo) provvedimento di acquisizione c.d. “sanante”. In buona sostanza, la mancanza di un atto formale di acquisizione impedisce all’Amministrazione di diventare proprietaria del bene occupato (cfr. giurisprudenza riferita al vecchio art.43; per tutte C.d.S., Sez.VI, 16 novembre 2007 n. 5830 e T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 27 luglio 2007, n. 5445).
Nel caso di specie l’atto di acquisizione manca, sicchè a tutt’oggi la proprietà  dell’area su cui è stata realizzata l’opera pubblica è in capo ai ricorrenti.
L’opzione per l’azione risarcitoria contenuta nell’atto introduttivo del giudizio è però suscettibile di essere interpretata quale disponibilità  alla cessione della proprietà  stessa a fronte di adeguato ristoro economico; e l’Amministrazione, dal canto suo, ha inequivocabilmente espresso per facta concludentia la volontà  di acquisire la proprietà , in particolare avviando la procedura espropriativa, occupando l’area e soprattutto realizzando l’opera prevista attraverso l’impiego di risorse pubbliche.
Ciò stante, i margini di discrezionalità  che in astratto connotano la valutazione comparativa degli interessi in conflitto, cui il richiamato art.42 bis condiziona l’acquisizione sanante dell’area, risultano in concreto sensibilmente ridotti (se non totalmente esclusi). Non può invero dubitarsi che nella specie la restituzione del bene ai privati comporterebbe grave nocumento all’interesse pubblico, privando la collettività  degli interventi infrastrutturali ormai completati.
Orbene, se è vero per un verso che l’art.42 bis in esame non riproduce la disposizione precedentemente contenuta nell’art.43 che riconosceva all’Amministrazione la facoltà  di chiedere al giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso, di disporre la condanna al risarcimento del danno con esclusione della restituzione del bene; per altro verso il codice del processo amministrativo, intervenuto medio tempore, ha previsto un generale -atipico- potere di condanna all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio (art.34, comma 1, lett.c)).
Nel caso di specie, in cui la situazione giuridica soggettiva azionata in giudizio coincide con il diritto di proprietà  compromesso dalla condotta illecita della pubblica Amministrazione (che ha già  prodotto -si ribadisce- l’effetto della trasformazione irreversibile), il Collegio ritiene che la tutela più adeguata si sostanzi nell’ordine di acquisizione dell’area ex art.42 bis; con contestuale liquidazione in favore dei proprietari ricorrenti dell’equivalente monetario a titolo di risarcimento secondo le precise disposizioni dell’art.42 bis stesso e in aderenza alla stessa domanda formulata da parte ricorrente.
La soluzione non penalizza i ricorrenti stessi, ristorandoli del danno subito e, nello stesso tempo, salvaguarda l’interesse pubblico alla conservazione dell’opera ormai realizzata.
L’indennizzo dovrà  ristorare i proprietari sia della perdita della proprietà  sia del mancato godimento della stessa a partire dal momento in cui l’occupazione è stata disposta (ossia ab initio), essendo stata l’intera procedura oggetto di annullamento in sede giurisdizionale con effetti retroattivi.
La relativa quantificazione viene rimessa all’accordo tra le parti ai sensi e per gli effetti del quarto comma del citato art.34 c.p.a., alla luce dei criteri di seguito indicati:
a)secondo le espresse previsioni del più volte richiamato art.42 bis, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale collegato alla perdita della proprietà  (il pregiudizio non patrimoniale esula dalla domanda dei ricorrenti), deve essere commisurato al “valore venale” del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità , con applicazione dell’art.37, commi 3,4,5,6 e7, D.P.R. n.327/2001 trattandosi di terreno edificabile secondo la C.T.U esperita nel richiamato giudizio gemello promosso innanzi all’A.G.O., le cui risultanze possono essere acquisite al presente giudizio conservando a tutt’oggi validità  sia sotto il profilo dell’individuazione della superficie oggetto della valutazione stessa sia sotto il profilo della stima effettuata, sebbene vada attualizzata;
b) la somma così quantificata andrà  infatti rivalutata annualmente sino alla data di adozione del provvedimento di acquisizione della proprietà  e maggiorata degli interessi fino al soddisfo;
c) i danni poi per la mancata utilizzazione del bene per il periodo compreso tra l’inizio dell’occupazione e il trasferimento (che dovrà  essere disposto con apposito provvedimento) vanno calcolati forfetariamente nella misura del 5% annuo sul valore venale del bene rivalutato, al netto degli interessi, secondo le previsioni del più volte richiamato art.42 bis; anche tale importo andrà  poi rivalutato annualmente fino alla data del suddetto provvedimento di acquisizione e maggiorato degli interessi fino al soddisfo.
Paventandosi un danno erariale, il Collegio reputa doveroso incaricare la Segreteria di trasmettere il fascicolo di causa, unitamente alla presente pronuncia, alla Procura Regionale della Corte dei Conti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
1) accoglie il ricorso quanto alla domanda risarcitoria e, per l’effetto, condanna il Comune di Cassano Murge all’adozione dell’atto di acquisizione sanante entro e non oltre novanta giorni dalla comunicazione della presente decisione con contestuale quantificazione dell’indennizzo in favore di parte ricorrente nonchè dei danni per mancato godimento del bene illegittimamente occupato nei sensi, modalità  e termini di cui in motivazione;
3) condanna altresì l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 2000,00 (duemila/00);
4) dispone la trasmissione della presente sentenza alla procura regionale della Corte dei conti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/08/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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