1. Giustizia e processo – Giurisdizione del TAR – Provvedimenti relativi ad un  bacino lacustre  – Sussiste


2. Giustizia e processo – Giurisdizione –  Provvedimenti relativi ad un bacino lacustre  – Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche  – Solo per  diritti esclusivi di pesca di cui al R.D. n. 1604/1931
 
3. Commercio, industria e turismo – Art. 23 R.D. n. 1604/1931 – Diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo – Provvedimento positivo di riconoscimento – Necessità 
 

1.  Rientra nella giurisdizione del TAR la controversia avente ad oggetto provvedimenti relativi ad un bacino lacustre  (da ricondurre al demanio marittimo ai sensi dell’articolo 28, comma primo, lett. c), del Codice della Navigazione), cui non si applica il regime delle acque pubbliche.
 
2.  Ai sensi dell’articolo 143 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, per i provvedimenti che riguardano un bacino lacustre, il Tribunale superiore delle acque pubbliche è competente solo in relazione alle questioni direttamente attinenti ai diritti esclusivi di pesca, di cui al R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604 (nella specie, viceversa,  è in gioco anzitutto la legittimità  della concessione per l’occupazione di parte dello specchio acqueo del lago di Varano).


3. Ai sensi dell’art. 23 R.D. n. 1604 del 1931, ai fini del riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo è necessaria l’adozione, da parte della competente autorità  amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento di riconoscimento di siffatti diritti se e perchè “derivanti da antico titolo” ovvero da “lunghissimo possesso” (in questi termini, Cass., SSUU, 4 dicembre 2009 n. 25493).
 
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Vedi Cons. di Stato, sez. VI, sentenza 29 aprile 2013, n.2339 – 2013 ; ordinanza 6 giugno 2012 n.  2200 – 2012 ric. n. 3512 – 2012
 
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N. 00444/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01344/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1344 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Società  Agricola Solemar di Giancarlo Strizzi & C., rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Mescia e Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso l’avv. Vincenzo Resta in Bari, via Piccinni n. 210; 

contro
la Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Loenilde Francesconi, con domicilio eletto in Bari, lungomare Nazario Sauro, 31-33;
il Comune di Ischitella, rappresentato e difeso dall’avv. Girolamo Arciuolo, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Caterino, in Bari, via Giuseppe Petroni n. 168; 

nei confronti di
Società  Cooperativa Marica a r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Gaetano Prencipe, con domicilio eletto presso l’avv. Nino Matassa in Bari, via Andrea da Bari, 35;
Azienda Agricola Ballarini Benito; 

per l’annullamento
– della licenza n. 399 del 12 luglio 2005, rilasciata dal Settore Demanio Marittimo della Regione Puglia, con la quale è stata concessa alla “Ballerini Benito” l’autorizzazione ad occupare uno specchio acqueo di mq 450.000, del Lago di Varano, in agro del Comune di Ischitella;
– della concessione n. 11 del 14 febbraio 2007, rilasciata dal Settore Demanio e Patrimonio della Regione Puglia, con la quale è stato autorizzato il sub-ingresso della Cooperativa Marica a.r.l. nella licenza n. 399 del 2005;
e con motivi aggiunti:
della concessione demaniale marittima n. 3 del 5 febbraio 2010, rilasciata dal Comune di Ischitella, con la quale è stato concesso alla Cooperativa Marica a r.l., di “rinnovare limitatamente alle competenze demaniali, il permesso di occupare uno specchio acqueo della superficie complessiva di mq 450.000, situata nel Lago di Varano”.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, del Comune di Ischitella e della Cooperativa Marica a r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Giuseppe Mescia; Leonilde Francesconi; Girolamo Arciuolo; Gaetano Prencipe;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Al fine di sviluppare la propria attività  di pesca e di acquacoltura, in forza del contratto stipulato in data I ottobre 2008, la Società  Agricola Solemar di Giancarlo Strizzi & C. acquisiva il diritto temporaneo di sfruttamento di tutte le risorse ittiche sulla porzione del Lago di Varano di spettanza della signora Maria Gabriella Sanzone (erede di diritti esclusivi di pesca su una zona del lago rientrante nel territorio di Ischiatella, pari ad ha 1.983).
In tale situazione, la detta Società  ha impugnato in via straordinaria, con ricorso notificato il 20 maggio 2009, la licenza n. 399 del 12 luglio 2005, rilasciata dal Settore Demanio Marittimo della Regione Puglia, con la quale era stata concessa alla “Ballerini Benito” l’autorizzazione ad occupare uno specchio acqueo di mq 450.000, e la concessione n. 11 del 14 febbraio 2007, rilasciata dal Settore Demanio e Patrimonio della Regione Puglia, con la quale era stato autorizzato il sub-ingresso della Cooperativa Marica a r.l. nella licenza n. 399 del 2005.
A seguito dell’opposizione di quest’ultima, il ricorso è stato trasposto in sede giurisdizionale.
Si sono costituiti la Regione Puglia, il Comune di Ischitella e la Società  Cooperativa Marica a r.l., chiedendo che il gravame sia dichiarato inammissibile ovvero infondato.
Con motivi aggiunti depositati il 12 luglio 2010, è stato poi chiesto l’annullamento della concessione demaniale marittima n. 3 del 5 febbraio 2010, rilasciata dal Comune di Ischitella, con la quale è stato concesso alla Cooperativa Marica a r.l., di “rinnovare limitatamente alle competenze demaniali, il permesso di occupare uno specchio acqueo della superficie complessiva di mq 450.000 situata nel Lago di Varano”.
La richiesta cautela è stata respinta con ordinanza 21 luglio 2010 n. 587, “Considerato che non appare incontrovertibile la sovrapposizione della concessione demaniale marittima rilasciata alla cooperativa Marica a r.l. rispetto alla superficie del lago interessata dal diritto esclusivo di pesca di cui gode la ricorrente”.
Sulle conclusioni delle parti, la causa è stata riservata per la decisione all’udienza del 6 dicembre 2011.
Occorre preliminarmente chiarire che la giurisdizione sulla controversia spetta a questo Tribunale: infatti, al lago (da ricondurre al demanio marittimo ai sensi dell’articolo 28, comma primo, lett. c), del codice della navigazione, rientrando nella categoria de «le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente con il mare») non si applica il regime delle acque pubbliche (come risulta dalla cancellazione dal relativo elenco, con D.P.R. 11 agosto 1965 n. 3881, menzionato nelle premesse della concessione n. 399 del 12 luglio 2005). Ai sensi dell’articolo 143 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, perciò, per i provvedimenti che riguardano il lago, non è competente il Tribunale superiore delle acque pubbliche, se non in relazione alle questioni direttamente attinenti ai diritti esclusivi di pesca, di cui al R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604 (Cassazione, Sez. I, 20 marzo 1998 n. 2930).
Devono essere esaminate innanzitutto le sollevate eccezioni d’inammissibilità  del gravame.
Sia la Regione sia la controinteressata reputano il ricorso tardivo, in quanto la dante causa della ricorrente avrebbe dovuto conoscere gli atti impugnati.
Di tale tardività  però non viene data una prova certa (e neppure indizi univoci), visto che le concessioni non sono mai state notificate alla signora Maria Gabriella Sanzone, nè sono state pubblicate.
Sul punto non rileva la circostanza che il parere favorevole di compatibilità  ambientale del progetto di allevamento di vongole della cooperativa Marica, emesso dal Dirigente regionale del Settore Ecologia il 17 dicembre 2004, sia stato pubblicato, per estratto, sul Bollettino ufficiale della Regione 9 febbraio 2005 n. 23, considerato che gli atti della procedura di V.I.A. sono sì collegati e presupposti alla concessione, ma naturalmente non s’identificano con essa e principalmente non producono in sè effetti lesivi nei confronti della situazione giuridica dell’istante.
Le parti si riferiscono poi alle diffide in data 20 gennaio 2009 e 2 marzo 2009 della Solemar (a cui peraltro la Regione non ha fatto seguire la comunicazione della concessione rilasciata), ma le stesse, che accennano sicuramente ad atti pregiudizievoli rispetto ai vantati diritti esclusivi di pesca, per la genericità  dei riferimenti ivi contenuti, non possono costituire dimostrazione della precedente conoscenza delle concessioni rilasciate prima alla “Ballerini Benito” e poi alla Cooperativa Marica.
Anche l’eccezione d’inammissibilità  fondata sul presupposto che la Solemar starebbe agendo in sostituzione dell’effettiva titolare dei diritti sul lago per rivendicare l’esclusività  del proprio diritto dev’essere respinta. In realtà , la Società  domanda, a salvaguardia della propria posizione di riservatario di parte delle risorse ittiche del lago, per l’annullamento di un provvedimento concessivo, rispetto al quale la questione della titolarità  dei diritti esclusivi di pesca dev’essere affrontata solo incidentalmente e non è oggetto diretto di accertamento.
Privo di pregio è anche il rilievo relativo ai motivi aggiunti, che fa leva sulla diversità  degli atti impugnati. In verità , la giurisprudenza ha da tempo chiarito che “il presupposto necessario e il limite di operatività  della innovazione normativa sono rappresentati dall’accertata sussistenza di un rapporto di connessione tra i diversi provvedimenti”, specificando: “il concetto di connessione debba essere riferito, in concreto, alla attitudine dei diversi provvedimenti ad incidere su una medesima situazione di fatto. In tal senso si pone la decisione della VI Sezione n. 3333/2006, secondo la quale “i motivi aggiunti sono ammissibili non se connessi agli atti precedentemente impugnati, ma se riguardanti atti connessi all’oggetto del giudizio già  istaurato”” (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 marzo 2007 n. 1307). In concreto, quindi, si deve constatare che, rinviando la concessione demaniale marittima n. 3, rilasciata dal Comune di Ischitella il 5 febbraio 2010, il provvedimento 14 febbraio 2007 n. 11 e la licenza n. 399 del 12 luglio 2005 l’uno all’altro, in un rapporto di presupposizione senza soluzione di continuità , accomunati dalla medesima valenza lesiva nei confronti della società , in tale situazione si giustifica l’utilizzo dello strumento dei motivi aggiunti.
La circostanza testè richiamata dell’oggettivo legame tra i provvedimenti gravati (per il quale la concessione n. 3 del 5 febbraio 2010 rappresenta espressamente il rinnovo di quella del 12 luglio 2005 e che in quest’ultima è subentrata alla “Ballerini Benito” la cooperativa Marica con l’atto 14 febbraio 2007 n. 11) dissolve poi ogni dubbio sulla persistenza dell’interesse alla decisione del ricorso originario, sollevato in ragione della durata della prima concessione.
Rileva poi la Regione che la ricorrente non avrebbe provato l’effettiva coincidenza (almeno parziale) dell’area di sua competenza con quella concessa alla “Ballerini Benito” e alla Cooperativa Marica.
L’argomento non è condivisibile.
La Solemar ha fornito, attraverso gli atti ufficialmente facenti parte del suo titolo, ancorchè risalenti nel tempo (principalmente attraverso l’ordinanza dell’Intendente di Capitanata e Regio Commissario Ripartitore, Biase Zurlo, del 27 maggio 1811 e la relazione peritale dell’ingegnere demaniale 9 maggio 1912, allegata al verbale del Ministro Gennaro Negri del 9 giugno 1917), precise indicazioni su tale interferenza, integrando poi tali dati con pertinenti chiarimenti contenuti nella perizia tecnica dell’ingegner Matteo D’Apolito, prodotta dall’istante in data 2 aprile 2011.
A fronte di tali deduzioni, la Regione non è stata in grado di produrre una precisa delimitazione delle zone lacuali tale da smentire l’assunto attoreo.
In particolare, la cartografia allegata alla richiesta di concessione della “Ballerini Benito”, cui la Regione fa riferimento, non presenta alcuna sovrapposizione della superficie richiesta sulle aree rispettivamente riservate al Comune di Ischitella e alla famiglia Sanzone.
Di conseguenza, l’affermazione della riconducibilità  integrale dello specchio acqueo concesso alla “Ballerini Benito” nell’ambito dell’uso civico, rimane del tutto generica e indimostrata: invero l’Amministrazione nè ha storicamente ricostruito i confini attraverso i parametri topografici (punti cospicui e allineamenti) presenti nei verbali di divisione del 1811 e nel progetto di divisione, risalente al 1912, del perito demaniale, Nicola Ardente, nè avendo attualizzato tale operazione, tenendo conto delle modificazioni della costa e dei relativi riempimenti (come invece effettuato nella perizia di parte depositata il 2 aprile 2011).
A questo punto, dunque, debbono essere esaminate le censure formulate dall’interessata. La questione da affrontare in definitiva si risolve nella dimostrazione della persistenza dei diritti esclusivi di pesca, ereditati dalla signora Sanzone, diritti di cui quindi, secondo la tesi della società , la Regione e il Comune di Ischitella avrebbero dovuto tenere in conto nell’emanazione dell’atto concessivo, perlomeno per una più attenta definizione dello specchio acqueo affidato alla “Ballerini Benito” e alla Cooperativa Marica.
Al proposito può finora escludersi che i titolari siano decaduti dal loro diritto per non uso durante cinque anni consecutivi, o per cattivo uso o per abituale negligenza ed inosservanza delle disposizioni attinenti alla pesca, ex articolo 24 del R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604, perchè la decadenza doveva essere espressamente pronunciata con decreto ministeriale.
Le Amministrazioni resistenti e la controinteressata invero insistono soprattutto sull’argomento che i diritti esclusivi di pesca vantati dalla Solemar siano estinti, a norma dell’articolo 23 del citato R.D., in quanto il riconoscimento ministeriale, di cui al terzo e quarto comma, non è mai intervenuto.
Per comodità  espositiva, conviene riportare il testo dell’articolo 23:
“Sono estinti i diritti esclusivi di pesca nelle acque del demanio pubblico marittimo e lagunare e nel mare territoriale, compresi quelli per l’impianto di tonnare e mugginare, che risalgano a data anteriore all’entrata in vigore della legge 4 marzo 1877, n. 3706, e che non siano stati effettivamente esercitati nel trentennio anteriore alla data del 24 marzo 1921.
Sono pure estinti i diritti medesimi, qualora il loro possesso non sia stato già  riconosciuto a mente degli artt. 3 e 99 del regolamento 13 novembre 1882, n. 1090, e dei regi decreti 15 maggio 1884, n. 2503 , e 23 gennaio 1910, n. 75, o quando, entro il 31 dicembre 1921, gli aventi diritto non abbiano presentato domanda di riconoscimento, corredata con i documenti prescritti dall’art. 4 del sopracitato decreto 15 maggio 1884, n. 2503.
Entro il 30 giugno 1932, la direzione generale della marina mercantile procederà  alla revisione dei decreti, coi quali già  venne riconosciuto il possesso di diritti esclusivi di pesca. A tale effetto gli interessati debbono esibire i documenti giustificativi a suo tempo prodotti entro il termine di due mesi da che ne abbiano avuta richiesta. Trascorso inutilmente tale termine, la revisione ha parimenti luogo, sulla base dei documenti che avranno potuto comunque essere raccolti dall’amministrazione.
Il riconoscimento sarà , sentito il consiglio di Stato, revocato o confermato con decreto del Ministro per le comunicazioni, che, nel caso di conferma, dovrà  determinare l’oggetto specifico di ogni diritto ed il suo modo di esercizio, in conformità  ai titoli di acquisto ed al possesso goduto nel trentennio anteriore all’entrata in vigore della legge 24 marzo 1921, n. 312.
Contro la pronuncia di revoca è soltanto ammesso reclamo in sede contenziosa avanti al tribunale superiore delle acque istituito col regio decreto 9 ottobre 1919, n. 2161, e secondo le norme stabilite anche col regio decreto 27 novembre 1919, n. 2235.
Le disposizioni circa i diritti esclusivi di pesca nel demanio pubblico marittimo e lagunare e nel mare territoriale, non si applicano ai diritti patrimoniali di pesca attualmente posseduti dallo Stato”.
Il terzo comma è stato in seguito abrogato dalla legge 16 marzo 1933, n. 260, la quale ha così disposto:
“Articolo unico. Con effetto dal 30 giugno 1932, è data facoltà  ai Ministeri dell’agricoltura e delle foreste e delle comunicazioni a procedere alla revisione dei decreti di riconoscimento di diritti esclusivi di pesca, restando abrogate le disposizioni degli artt. 23, terzo comma e 26, terzo comma, del testo unico delle leggi sulla pesca, in quanto tale facoltà  era limitata ad un termine”.
Il rilievo delle parti resistenti dev’essere vagliato, tenendo presente quanto emerge in fatto dalla documentazione processuale.
àˆ evidente che i diritti esclusivi di pesca vantati dalla ricorrente non possono essersi estinti a norma del primo comma dell’articolo 23, poichè viene attestato il loro esercizio nel trentennio anteriore alla data del 24 marzo 1921, testimoniato proprio dal contenzioso e dalle vicende di cui si occupano le sentenze della Corte d’appello di Roma, Sez. Usi civici, 23 giugno 25 luglio 1941 e della Corte di cassazione, Sez. II, 19 maggio 1947 n. 766.
àˆ però altrettanto palese che non risulta alcun riconoscimento del possesso della porzione del lago, ai sensi degli articoli 3 e 99 del regolamento 13 novembre 1882, n. 1090, e dei regi decreti 15 maggio 1884, n. 2503 , e 23 gennaio 1910, n. 75, nè viene documentalmente dimostrata la presentazione, entro il 31 dicembre 1921, di una domanda di riconoscimento, corredata con gli atti prescritti dall’art. 4 del sopracitato decreto 15 maggio 1884, n. 2503, nè infine viene menzionato alcun provvedimento, anche successivo, comunque utile agli stessi fini. Anzi, nella sentenza della Corte d’appello di Roma, Sez. Usi civici, 23 giugno-25 luglio 1941 (pagg. 24-25), si afferma che i tentativi di ottenere un riconoscimento amministrativo non hanno avuto positivo esito per i rifiuti opposti dal Ministero dei LL.PP. (D.M. 10 dicembre 1920) e dal Prefetto di Foggia, che respinse nel 1922 l’istanza “in base alla legge sulla pesca”, dopo i quali non risulta emanato alcun atto.
Di conseguenza, tenendo conto che la ratio della legislazione del 1931 era quella di provvedere ad una revisione generale di tutti i decreti, anteriori o posteriori al 31 dicembre 1921, allo scopo di verificare che sussistevano le condizioni per il loro riconoscimento e di eliminare quelli non corrispondenti alle condizioni di legge (Cassazione, Sez. un., 28 aprile 1993 n. 4994), si deve ritenere non provata in questa sede la persistenza di diritti ex feudali di pesca in capo ai Sanzone e quindi non illegittima l’azione amministrativa, che, nell’ambito di una concessione di beni, non ne ha tenuto conto.
Di fronte alle chiare disposizioni normative, che non ammettono equipollenti all’accertamento costitutivo in via amministrativa, non rilevano le sentenze (della Corte d’appello di Roma, Sezione usi civici, 25 luglio 1941 e della Corte di cassazione 19 maggio 1947 n. 766) sulle quali si fonda la pretesa della società . Le stesse si limitano a dirimere delle controversie tra i Sanzone, i Comuni rivieraschi e i pescatori locali, attraverso la definizione delle rispettive posizioni, come determinatesi a seguito delle leggi eversive (ovvero dei provvedimenti legislativi, emessi tra il 1806 e il 1808, con i quali Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, abolì la feudalità  nel Regno di Napoli), senza occuparsi, in astratto, degli ulteriori sviluppi post-unitari della disciplina in tema di pesca. Nello specifico nessun’attenzione è rivolta dalle pronunce al modificato regime dei diritti esclusivi e, in concreto, alla sorte di quelli vantati dai privati sul lago di Varano.
La raggiunta conclusione vale peraltro a smentire gli argomenti della ricorrente, tesi a sostenere una violazione del giudicato (formatosi appunto sulle invocate sentenze civili).
Altrettanto inadeguati si rivelano gli atti amministrativi prodotti (nota del Ministero della Marina mercantile 20 settembre 1961 n. 2275Gab; nota della Capitaneria di porto di Manfredonia 17 luglio 1961, prot. 5P/13271; nota della Regione Puglia – Commissariato per la liquidazione degli usi civici 31 luglio 1986 n. 421) che danno per scontato il titolo, anche perchè sono in realtà  prevalentemente investiti di una diversa questione, ovvero quella degli usi civici gravanti sul lago; la certificazione del podestà  di Ischitella del 27 novembre 1927 risale al periodo precedente al 1931 e non può fornire alcun dato attendibile, così come, infine, le sentenze della Commissione feudale del I maggio 1810 e 13 giugno 1810, perchè riferentisi a regole ordinamentali superate dalla legislazione italiana.
L’interpretazione delle circostanze che formano l’antecedente della vicenda amministrativa risulta quindi conforme alle indicazioni della Corte costituzionale (n. 157/1973), la quale ha osservato che “Lo Stato moderno, nell’istituire un regime di concessioni amministrative temporanee, ha tuttavia ritenuto di riconoscere i preesistenti diritti esclusivi di pesca, legittimamente acquistati secondo il diritto anteriore, sotto determinate condizioni, tanto nelle acque del demanio marittimo e lagunare e nel mare territoriale, quanto nei laghi, fiumi, torrenti, canali, e in genere in ogni acqua pertinente al demanio idrico interno”. In particolare ha sottolineato al proposito:
“Questo riconoscimento, implicito nella normativa dell’art. 16 della legge 4 marzo 1877, n. 3706, è stato oggetto di precisa disciplina nella successiva legislazione dello Stato unitario: con r.d. 15 maggio 1884, n. 2503, fu regolata la procedura di riconoscimento, determinando i limiti tra la competenza amministrativa e la giudiziaria; con la legge sulla pesca del 24 marzo 1921, n. 312, largamente recepita nel t.u. approvato con r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, fu fatto obbligo di chiedere il riconoscimento entro brevi termini, sotto comminatoria di estinzione di questi diritti. In ordine alle acque interne, l’art. 26 del vigente t.u. conferma l’estinzione di tutti i diritti esclusivi di pesca risalenti a data anteriore all’entrata in vigore della legge del 1877, che non siano stati effettivamente esercitati nel trentennio anteriore al 24 marzo 1921, nonchè dei diritti il cui possesso non sia stato riconosciuto a mente del r.d. 15 maggio 1884, n. 2503, o per i quali gli aventi diritto non abbiano presentato documentata domanda di riconoscimento entro il 31 dicembre 1921; e prevede altresì la revisione dei decreti di riconoscimento, conferendo facoltà  al Ministro per l’agricoltura di provvedere con decreto, sentito il Consiglio di Stato, alla revoca e declaratoria di estinzione, ovvero alla conferma, determinando l’oggetto specifico di ogni diritto e il suo modo di esercizio, in conformità  ai titoli di acquisto ed al possesso goduto nel trentennio anteriore all’entrata in vigore della legge 24 marzo 1921, n. 312”.
In tale solco si muove la Corte di cassazione, la quale, anche di recente, ha ribadito, nell’approfondire il significato della normativa in materia, in una fattispecie per molti versi analoga, che “deve confermarsi la necessità  (desumibile in nucenella decisione di queste sezioni unite del 1985, richiamata all’inizio, laddove si è sottolineata l’esigenza, per la sussistenza degli stessi, del “previo riconoscimento a norma di legge da parte dell’autorità  amministrativa”), per il “riconoscimento” dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo in base al R.D. n. 1604 del 1931, art. 23 dell’adozione, da parte della competente autorità  amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento di riconoscimento di siffatti diritti se e perchè “derivanti da antico titolo” ovvero (quale fattispecie aderente al caso in esame) da “lunghissimo possesso”” (Sez. un., 4 dicembre 2009 n. 25493).
Smentito il presupposto sul quale si fondano le doglianze del ricorso, l’azione demolitoria dev’essere respinta.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti, laddove essi denunciano le illegittimità  che, in via derivata, inficerebbero la concessione del Comune di Ischitella, devono essere anch’essi di conseguenza rigettati.
Per quanto riguarda i vizi autonomi del provvedimento n. 3/2010 denunciati, occorre ricordare che tutta la vicenda era stata posta dalla Solemar all’attenzione dell’Amministrazione municipale con nota 30 marzo 2009, corredata dei documenti (prodotti anche in questa sede) che avrebbero dovuto dimostrare i diritti esclusivi di pesca.
àˆ chiaro quindi che il Comune di Ischitella era a conoscenza della questione, anche senza aver comunicato l’avvio del procedimento per il rilascio della concessione in favore della Cooperativa Marica. La circostanza che poi, in sede di decisione, non abbia considerato l’interesse della ricorrente non può condurre all’annullamento dell’atto, atteso che, in definitiva, la società  non ha dimostrato il proprio titolo (il quale, quindi, a giusta ragione non è stato soppesato nel procedimento).
Il ricorso e i motivi aggiunti dunque debbono essere respinti.
La complessità  delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge insieme con i motivi aggiunti depositati il 12 luglio 2010.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Savio Picone, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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