1. Giustizia e processo – Parere Soprintendenza – Impugnazione Comune – Art. 146, D.Lgs,. n. 42/2004 – Legittimazione – Sussiste 


2. Tutela beni culturali e paesaggistici – Edilizia e urbanistica – Autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire – Rapporto di presupposizione necessitato e strumentale


3. Tutela beni culturalie paesaggistici – Potere della Soprintendenza di annullare autorizzazione paesaggistica emessa dal Comune – Inesistenza normativa – Anticipazione in sede procedimentale apporto Soprintendenza 


4. Tutela beni culturali e paesaggistici – Sussistenza del vincolo paesaggistico – Preclusione attività  edilizia – Insussistenza – Onere a carico dell’interessato di sottoposizione del progetto a esame Soprintendenza


5. Tutela beni culturali e paesaggistici – Soprintendenza e Comune – Sfere di competenza distinte e autonome – Inammissibilità  impugnazione Comune su valutazioni a carattere ambientale espresse da Soprintendenza

1. In virtù dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, l’ente comunale è legittimato a impugnare il parere reso dalla Soprintendenza.


2. Posto che nel disegno legislativo (D.Lgs. n. 42/2004) e secondo quanto elaborato dalla successiva giurisprudenza, la Soprintendenza e il Comune possiedono sfere di competenza del tutto distinte e autonome, ne discende che il rapporto tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire si sostanzia in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e urbanistiche: vale a dire che questi due apprezzamenti si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, l’uno in termini di compatibilità  paesaggistica dell’intervento edilizio proposto e, l’altro, in termini di sua conformità  urbanistico-edilizia.


3. Il D.Lgs. n. 42/2004, ridisegnando il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ha eliminato il potere della Soprintendenza di annullare l’autorizzazione paesaggistica già  emessa dal Comune e ha previsto l’intervento della medesima Soprintendenza in sede endoprocedimentale, con facoltà  di formulare un parere che risulta espressione di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti: si anticipa, quindi, già  in sede procedimentale, l’apporto partecipativo dell’Autorità  statale. 


4. Il vincolo paesaggistico non implica di per sè preclusione di qualsiasi attività  edilizia, ma determina soltanto per l’interessato l’onere di sottoporre il progetto all’esame della Soprintendenza per la necessaria autorizzazione  e di sottostare alle prescrizioni e limitazioni che questa ritenga di dover imporre, per esigenze paesaggistiche, in aggiunta a quelle disposte dal Comune nel rispetto delle previsioni del piano regolatore generale. L’esercizio della potestà  autorizzatoria, infatti, non incontra limite assoluto nelle prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio, posta comunque la necessità  di congrua e ampia motivazione allorchè le esigenze ambientali e paesaggistiche impongano di discostarsi dalle previsioni urbanistiche.


5. La Soprintendenza è depositaria della valutazione in ordine all’impatto ambientale, dovendo, invece, il Comune esprimersi sugli aspetti edilizi e urbanistici, con la conseguenza che nessun interesse può vantare quest’ultimo ente all’impugnazione sotto tale profilo del parere: il parere reso dalla Soprintendenza è vincolante in ordine alla tutela del paesaggio anche per l’ente comunale.
 
* * *
Vedi ric. Cons. di Stato, sez. VI, ric. n. 1534 – 2012; sentenza 3 agosto 2015, n. 3801 – 2015
 
 * * *  

 
N. 01810/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02078/2010 REG.RIC.
N. 00097/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2078 del 2010, proposto da: 
Annalisa Nanna, rappresentata e difesa dagli avv. Massimo F. Ingravalle e Rocco Nanna, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo F. Ingravalle in Bari, piazza Garibaldi 63; 

contro
Comune di Molfetta in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Tangari, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, via Piccinni 150; 


sul ricorso numero di registro generale 97 del 2011, proposto da: 
Comune di Molfetta, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Tangari, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, via Piccinni, 150; 

contro
Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia – Province Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97; Ministero per i Beni e le attività  culturali; 

nei confronti di
Annalisa Nanna, rappresentata e difesa dagli avv. Massimo F. Ingravalle e Rocco Nanna, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo F. Ingravalle in Bari, piazza Garibaldi 63; 

per l’annullamento
quanto al ricorso n. 2078 del 2010:
dell’ordinanza prot. n.55857 del 4.10.2010, notificata il giorno successivo, con cui il Dirigente del Settore Territorio del Comune di Molfetta ha disposto la demolizione di opere edili su immobile di proprietà  della ricorrente alla via Arco Chiesa Vecchia n.19;
nonchè di ogni altro atto, presupposto, connesso e/o conseguenziale ancorchè non conosciuto, comprese, ove occorra:
la nota prot. n.51684 del 16.9.2010, a firma del Dirigente “Settore Territorio” del Comune di Molfetta;
la nota prot. n.52586 del 21.9.2010, a firma del Dirigente “Settore Territorio” del Comune di Molfetta, entrambe recanti comunicazioni di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e segg. l. n.241/1990;
quanto al ricorso n. 97 del 2011:
delle note prot. nn. 10665 dell’11.11.2010, 11464 e 11413 del 29.11.2010 della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia, con cui è stato rilasciato in via postuma parere favorevole in relazione agli interventi di ristrutturazione dell’immobile di proprietà  della signora Annalisa Nanna, nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Molfetta e della Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia, Province Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia e di Annalisa Nanna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2011 la dott. Francesca Petrucciani e uditi gli avv.ti Massimo F. Ingravalle e Rocco Nanna, per Annalisa Nanna, e l’avv. Carlo Tangari per il Comune di Molfetta, nessuno comparso per la Soprintendenza resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso in epigrafe Annalisa Nanna ha impugnato il provvedimento con il quale il Dirigente del Settore Territorio del Comune di Molfetta le ha ordinato la demolizione delle opere edili eseguite sull’immobile di sua proprietà  sito in Molfetta, via Arco Chiesa Vecchia n.19.
La ricorrente ha esposto di aver ottenuto in data 12.6.2008 permesso di costruire per la realizzazione di lavori di ristrutturazione, consolidamento e restauro dell’immobile, lavori in ordine ai quali era stato ottenuto anche, in data 29.5.2008, il parere favorevole della Soprintendenza.
Successivamente la ricorrente aveva presentato due denunce di inizio attività  in variante, il 24.7.2009 e il 3.3.2010, aventi ad oggetto la diversa distribuzione interna, la scala di collegamento dei tre livelli e la sagoma del torrino, che sarebbe restata praticamente immutata, denunce sulle quali, dopo la richiesta da parte del Comune con nota del 23.3.2010 delle tavole comparative tra progetto assentito e variante, era maturato il silenzio-assenso.
Con ordinanza dell’1 giugno 2008 il Comune aveva tuttavia disposto la sospensione dei lavori relativi al torrino scala e alla demolizione della parete muraria affacciantesi su banchina Seminario in quanto, a causa dell’intervenuto sequestro penale, non era possibile comprendere se il precedente parere copriva o meno anche tali interventi; quindi l’8 giugno era stata contestata con altra ordinanza la realizzazione di una ringhiera in ferro non autorizzata, il difetto di autorizzazione della Soprintendenza con riferimento al torrino scala e l’asportazione della parete muraria, ordinando anche in tal caso la sospensione dei lavori, poi estesa con nota del 10.6.2010 a tutti i lavori in corso.
Tali provvedimenti venivano impugnati innanzi al TAR, che con ordinanza cautelare sospendeva l’efficacia dei due provvedimenti limitatamente alla ricomprensione in essi di tutte le opere, anche quelle non abusive, respingendo invece l’istanza della ricorrente con riferimento al torrino scala e alla demolizione della parete muraria, sprovvisti di parere della Soprintendenza.
Con ordinanza del 22.7.2010 il Comune aveva poi ordinato la demolizione del torrino e della ringhiera in ferro sul lastrico solare perchè realizzate senza titolo autorizzativo; la ricorrente aveva di contro presentato alla Soprintendenza il progetto di variante con successiva integrazione e, a seguito del recepimento delle prescrizioni formulate dal Soprintendente, aveva ottenuto il relativo parere favorevole.
Con successiva ordinanza del 5.10.2010, però, il Comune aveva contestato altre difformità , consistenti nella maggiore altezza del vano all’ultimo piano di circa cm. 64, per l’intera copertura, e nella trasformazione di parte del terrazzo condominiale mediante opere di sopraelevazione, opere delle quali veniva ordinata la demolizione con il provvedimento impugnato in questa sede.
A sostegno dell’impugnazione sono state articolate le seguenti censure:
1. violazione ed erronea applicazione degli artt. 27, 31 d.p.r. 380/2001, 21 quater L. 241/90 e 97 Cost., eccesso di potere per ingiustizia manifesta, carenza istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento, in quanto la maggiore altezza del solaio di calpestio del piano mansarda rispetto al permesso del 2008 era dovuta all’errata misurazione, già  evidenziata nella D.I.A. del 24.7.2009 e del 3.3.2010, dalla quale risultava un altezza di m. 8,05, conforme allo stato attuale, di rustico, di m. 8,01; lo stesso è a dirsi per la quota del solaio condominiale, riportato con valore non del tutto corretto a m. 8,35 nel primo permesso di costruire, mentre dopo la rimozione dei controsoffitti e delle contropareti dei vani sottostanti si era rilevato un valore della quota di intradosso, riportato nella D.I.A. del 24.7.2009, variabile tra m. 8,09 e 8,30, al quale andavano aggiunti i completamenti per circa 20 cm, per complessivi m. 8,46 circa;
2. violazione dell’art. 33 commi 3 e 4 del d.p.r. 380/2001, eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria ed ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 97 Cost., avendo le opere ottenuto in data 29.11.2010 il parere favorevole dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
Si è costituito il Comune di Molfetta chiedendo il rigetto del ricorso.
Con altro ricorso lo stesso Comune ha invece impugnato le note con cui la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia ha rilasciato in via postuma parere favorevole in relazione agli interventi di ristrutturazione dell’immobile di proprietà  di Annalisa Nanna.
Il Comune ha esposto di aver rilasciato in data 12.6.2008 alla Nanna permesso di costruire per la realizzazione di lavori di ristrutturazione, consolidamento e restauro dell’immobile, in ordine ai quali era stato ottenuto anche, in data 29.5.2008, il parere favorevole della Soprintendenza.
Successivamente la Nanna aveva presentato due denunce di inizio attività  in variante, il 24.7.2009 e il 3.3.2010, aventi ad oggetto la diversa distribuzione interna, la scala di collegamento dei tre livelli e la sagoma del torrino, che sarebbe restata praticamente immutata, denunce sulle quali invece la Soprintendenza non si era pronunciata, mentre la ricorrente aveva dato comunque inizio ai lavori.
Con due ordinanze dell’1 e dell’8 giugno 2010 il Comune aveva quindi disposto la sospensione dei lavori, posti in essere in esecuzione di d.i.a. non ancora efficace e, con ordinanza del 22.7.2010, aveva ordinato la demolizione del torrino e della ringhiera in ferro sul lastrico solare perchè realizzate senza titolo autorizzativo; dopo aver effettuato un sopralluogo, inoltre, il Comune aveva contestato, con l’ordinanza del 5.10.2010, altre difformità , consistenti nella maggiore altezza del vano all’ultimo piano di circa cm. 64, per l’intera copertura, e nella trasformazione di parte del terrazzo condominiale mediante opere di sopraelevazione, opere delle quali veniva ordinata la demolizione.
L’istante aveva quindi richiesto alla Soprintendenza l’emissione del parere di competenza e, dopo l’apposizione di alcune prescrizioni, recepite dall’interessata, era stato ottenuto il parere favorevole alla realizzazione delle opere.
A sostegno del ricorso il Comune ha denunciato:
1. violazione degli artt. 142 e 167 d.lgs. 42/2004, violazione dell’art. 33, commi 3 e 4, d.p.r. 380/2001, violazione dei principi di buon andamento e ragionevolezza dell’azione amministrativa, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea presupposizione e contraddittorietà , in quanto il parere della Soprintendenza avrebbe dovuto essere acquisito preventivamente rispetto all’esecuzione delle opere mentre era stato rilasciato quando le stesse erano state già  ultimate, non ricorrendo nemmeno le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex art. 167 d.lgs. 42/2004, trattandosi di opere di ristrutturazione e non di manutenzione, con materiali diversi da quelli autorizzati dalla Soprintendenza e con aumento di superficie e di volume rispetto a quanto assentito;
2. violazione degli artt. 142 e 167 d.lgs. 142/2004, violazione dell’art. 33, commi 3 e 4 d.p.r. 380/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea presupposizione e contraddittorietà , in quanto l’innalzamento della quota dell’edificio determinava un nocumento al pregio architettonico del Duomo adiacente, incidendo sulla visuale dello stesso, di tal che il parere della Soprintendenza anche sotto il profilo sostanziale era viziato da carenza di istruttoria;
3. violazione degli artt. 142 e 167 d.lgs. 142/2004, incompetenza, violazione dei principi di buon andamento e ragionevolezza dell’azione amministrativa, eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea presupposizione, in quanto i pareri dell’11.11.2010 e del 29.11.2010 non erano stati rilasciati dal Soprintendente ma da un altro soggetto.
Si è costituita Annalisa Nanna chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 6.10.2011, disposta la riunione dei due giudizi, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
àˆ logicamente preliminare l’esame del ricorso proposto dal Comune di Molfetta avverso il parere rilasciato in favore della Nanna dalla Soprintendenza.
Va previamente esaminata, al riguardo, l’eccezione di inammissibilità  per carenza di legittimazione attiva e di interesse da parte del Comune all’impugnazione del parere, proposta dalla controinteressata Nanna Annalisa.
Tale eccezione deve essere disattesa quanto alla carenza di legittimazione, mentre va accolta in ordine al difetto di interesse a ricorrere.
Il Comune di Molfetta, infatti, risulta legittimato ad impugnare il parere della Soprintendenza sulla base della espressa disposizione dell’art. 146 d.lgs. 42/2004 che riconosce tale facoltà  a soggetti pubblici e privati.
Non è, invece, ravvisabile un interesse concreto ed attuale del Comune all’annullamento del provvedimento della Soprintendenza.
In merito va evidenziato che nel disegno legislativo e secondo quanto elaborato dalla successiva giurisprudenza i due enti possiedono sfere di competenza del tutto distinte ed autonome: a norma dell’art. 146, d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42 l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire, che si sostanzia in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e urbanistiche, vale a dire che questi due apprezzamenti si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, l’uno, in termini di compatibilità  paesaggistica dell’intervento edilizio proposto e, l’altro, in termini di sua conformità  urbanistico-edilizia (Consiglio Stato, sez. IV, 27/11/2010, n. 8260); la tutela del paesaggio, avente valore costituzionale e funzione di preminente interesse pubblico, non è riducibile a quella dell’urbanistica, la quale risponde ad esigenze diverse e che, in ogni caso, non inquadra in una visione globale il territorio sotto il profilo paesaggistico-ambientale, rispetto al quale l’edificabilità  dei suoli va comunque coordinata (Consiglio Stato, VI, 21 giugno 2006, n. 1903).
Il rapporto tra i due provvedimenti si sostanzia quindi in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e urbanistiche (Consiglio Stato, VI, 3 dicembre 2009, n. 7570; Corte Cost., 23 luglio 1997, n. 262): vale a dire che questi due apprezzamenti si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, l’uno, in termini di compatibilità  paesaggistica dell’intervento edilizio proposto e, l’altro, in termini di sua conformità  urbanistico-edilizia.
Va poi evidenziato, che, come più volte affermato dalla recente giurisprudenza in materia, il d.lgs. n. 42 del 2004, ridisegnando il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ha eliminato il potere della Soprintendenza di annullare l’autorizzazione paesaggistica già  emessa dal Comune e ha previsto l’intervento della medesima Soprintendenza in sede endoprocedimentale, con facoltà  di formulare un parere che risulta espressione di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti: si anticipa quindi – già  in sede procedimentale – l’apporto partecipativo dell’autorità  statale (Consiglio di Stato, sez. VI – 25/2/2008 n. 653); il vincolo paesaggistico non implica di per sè preclusione di qualsiasi attività  edilizia ma determina soltanto per l’interessato l’onere di sottoporre il progetto all’esame della Soprintendenza per la necessaria autorizzazione e di sottostare alle prescrizioni e limitazioni che questa ritenga di dover imporre, per esigenze paesaggistiche, in aggiunta a quelle disposte dal comune nel rispetto delle previsioni del piano regolatore generale.
L’esercizio della potestà  autorizzatoria, infatti, non trova un limite invalicabile nelle previsioni urbanistiche, posto che in tale maniera essa verrebbe ad essere finalizzata alla sola verifica dell’adozione in sede progettuale delle opportune accortezze e cautele, mentre nessun limite prestabilito può frapporsi all’esercizio della potestà  in questione, che non sia correlato al rispetto dei principi di ragionevolezza, logicità  e proporzionalità , che devono comunque governare ed indirizzare l’operato dell’amministrazione pubblica; inoltre, il fatto che siano stati rispettati standard, volumi, prescrizioni, tipologie edilizie e quant’altro non è elemento che può implicare, di per sè, l’illegittimità  del diniego di autorizzazione, giacchè, come detto, la potestà  autorizzatoria non incontra limite assoluto nelle prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio, posta comunque la necessità  di congrua ed ampia motivazione allorchè le esigenze ambientali e paesaggistiche impongano di discostarsi dalle previsioni urbanistiche (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 26 novembre 2009, n. 1315).
Tanto premesso, nel caso di specie il Comune, seppure legittimato ad impugnare il parere sulla base della espressa disposizione dell’art. 146 d.lgs. 42/2004 che riconosce tale facoltà  a soggetti pubblici e privati, non risulta portatore di interesse concreto ed attuale all’impugnazione, non avendo dedotto alcun profilo di lesione degli interessi pubblici comunali da parte dell’impugnato parere favorevole. Il Comune ha infatti contestato, in primo luogo, la tardività  del parere e la sua non rilasciabilità  in sanatoria, in secondo luogo il difetto di istruttoria in quanto le opere lederebbero la visuale del Duomo e, infine, l’incompetenza del Soprintendente; orbene, con riguardo al primo motivo non è dedotta alcuna lesione all’interesse dell’ente pubblico comunale per effetto dell’eventuale violazione procedimentale; con riferimento al secondo, per quanto sopra esposto, va ribadito che della valutazione in ordine all’impatto ambientale è depositaria la Soprintendenza, dovendo il Comune esprimersi sugli aspetti edilizi e urbanistici, con la conseguenza che nessun interesse può vantare quest’ultimo ente all’impugnazione sotto tale profilo del parere; infine, anche l’incompetenza viene dedotta sotto il profilo esclusivamente formale.
Per completezza deve anche rilevarsi, con riferimento alla tardività  del rilascio del parere favorevole in relazione alle opere ormai eseguite, che, come rilevato dalla resistente Annalisa Nanna, lo stesso Comune di Molfetta in data 14.6.2007 ha inviato alla stessa una nota comunicando che “a seguito nota della Soprintendenza i progetti approvati da questo Comune e soggetti ad autorizzazione della stessa Soprintendenza, devono essere inviati dallo stesso Comune all’organo competente, previo timbro di visto di copia conforma in quanto già  approvato”.
Correttamente quindi l’istante, in ottemperanza a quanto disposto dal Comune, non ha provveduto ad inviare il progetto alla Soprintendenza, dovendo tale adempimento essere eseguito dal Comune stesso; mentre quest’ultimo, contrariamente a quanto disposto, non ha poi tempestivamente provveduto alla trasmissione del progetto all’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
La tardività  del parere non può quindi essere imputata nè all’istante Annalisa Nanna, per quanto sopra esposto, nè alla Soprintendenza, alla quale il progetto non è stato inviato; la Soprintendenza si è infatti espressa allorquando le è pervenuta l’istanza depositata direttamente da Annalisa Nanna, dopo l’inizio del precedente giudizio inerente la prima ordinanza di sospensione dei lavori.
Nè rileva, in questa sede, che l’istante non potesse dar inizio ai lavori senza il parere della Soprintendenza, non essendo tale vicenda in alcun modo attinente alla legittimità  o meno del provvedimento soprintendentizio impugnato dal Comune.
Va quindi esaminato il ricorso proposto da Annalisa Nanna nei confronti del Comune di Molfetta per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione.
In particolare il Comune ha contestato alla Nanna l’aumento di volume essendo stata riscontrata una maggiore quota dei solai rispetto a quella riportata nel permesso di costruire.
La ricorrente ha dedotto la violazione ed erronea applicazione degli artt. 27, 31 d.p.r. 380/2001, 21 quater L. 241/90 e 97 Cost., e l’eccesso di potere per ingiustizia manifesta, carenza istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento, in quanto la maggiore altezza del solaio di calpestio del piano mansarda rispetto al permesso del 2008 sarebbe stata dovuta all’errata misurazione, già  evidenziata nella D.I.A. del 24.7.2009 e del 3.3.2010, dalla quale risultava un altezza di m. 8,05, conforme allo stato attuale, di rustico, di m. 8,01; lo stesso è a dirsi per la quota del solaio condominiale, riportato con valore non del tutto corretto a m. 8,35 nel primo permesso di costruire, mentre dopo la rimozione dei controsoffitti e delle contropareti dei vani sottostanti si era rilevato un valore della quota di intradosso, riportato nella D.I.A. del 24.7.2009, variabile tra m. 8,09 e 8,30, al quale andavano aggiunti i completamenti per circa 20 cm, per complessivi m. 8,46 circa.
Con il secondo motivo è stata poi lamentata la violazione dell’art. 33 commi 3 e 4 del d.p.r. 380/2001, eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria ed ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 97 Cost., avendo le opere ottenuto in data 29.11.2010 il parere favorevole dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
Le doglianze sono fondate.
In merito deve infatti evidenziarsi che già  dalla consulenza tecnica d’ufficio avente ad oggetto lo stesso edificio e depositata nel 2007 nel giudizio civile pendente presso il Tribunale di Trani (doc. 30 fascicolo Nanna) risulta che i solai erano posti ad una quota di circa 4.00 m – 4.30 m, con oscillazione dovuta alla pendenza degli stessi; tale elemento, pienamente utilizzabile nel presente giudizio trattandosi di documento non di parte ma di documentazione probatoria acquisita in contraddittorio tra le parti dal consulente d’ufficio, già  attesta con riferimento all’epoca precedente ai lavori posti in essere da Annalisa Nanna una quota del solaio variabile con oscillazione di 30 cm.
Inoltre la relazione tecnica che la Nanna ha fatto redigere e prodotto anche alla Soprintendenza precisa che, mentre effettivamente nel permesso di costruire del 2008 è stata riportata una quota del tavolato di calpestio di m. 7.89, già  dalla d.i.a. del 24.7.2009, redatta dopo i rilievi eseguiti quando è stato possibile accedere in sicurezza al vano pericolante, emerge per sommatoria tra i valori dei piani riportati e lo spessore delle tavole del solaio una quota variabile tra m. 7.96 e m. 8.07, con la conseguenza che la quota attuale di m. 8.00 non comporta alcun aumento volumetrico rispetto allo stato antecedente; lo stesso è a dirsi con riferimento al solaio del terrazzo condominiale.
Inoltre, anche con riferimento al secondo motivo, va osservato che la Soprintendenza ha espresso il proprio parere favorevole dopo aver verificato l’esecuzione da parte della ricorrente delle prescrizioni atte ad evitare qualsiasi pregiudizio alla visuale del Duomo, di tal che, trattandosi di parere vincolante in ordine alla tutela del paesaggio anche per l’ente comunale, deve escludersi ogni incidenza delle opere eseguite sul pregio architettonico e la visuale del bene protetto, incidenza la cui ponderazione è comunque riservata, come già  affermato, all’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
Il ricorso va quindi accolto, con annullamento degli atti impugnati.
Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente Annalisa Nanna e il Comune di Molfetta, mentre vanno compensate data la natura delle parti e della controversia nei rapporti tra Comune e Soprintendenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, respinge il ricorso proposto dal Comune di Molfetta, sub RG 97/2011;
accoglie il ricorso proposto da Nanna Annalisa, sub RG 2078/2010, e per l’effetto annulla gli atti impugnati;
condanna il Comune di Molfetta alla rifusione in favore della ricorrente Nanna Annalisa delle spese di lite, che si liquidano in euro 2.500 oltre accessori di legge;
compensa le spese tra il Comune di Molfetta e la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per la Puglia, Province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario
Francesca Petrucciani, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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