Elezioni  – Regione Puglia – Attribuzione dei seggi – Principio di eguaglianza di voto – Parità  di genere – Contenuto e limiti

L’eguaglianza di voto va garantita nel momento in cui il voto stesso viene espresso, non implicando ciò l’ulteriore fatto che essa debba estendersi al risultato del voto, ossia al peso concreto che assume sulla base del sistema elettorale utilizzato. In tema di elezione dei consigli regionali, gli articoli 117, co.7 e 122, co.1 della Costituzione contengono infatti esclusivamente norme di principio per incentivare la parità  di genere e non impongono una quota minima in seno ai consigli regionali in favore del genere femminile. I vincoli operano pertanto nella fase anteriore alla competizione e non si traducono in meccanismi preordinati a determinarne il risultato. In linea con tale sistema, la legge ordinaria (l.n.165/2012) ha (solo) inteso incentivare le Regioni ad un’azione promozionale per la parità  di accesso alle consultazioni. Sicchè, ponendosi nella medesima linea, la normativa regionale pugliese, in particolare, stabilisce (art.6 l.r.7/2015) che “nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. In ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60%”. Tale disposizione incide perciò sulla fase preliminare dell’offerta politica, impedendo discriminazioni per così dire preventive in danno del genere femminile, non sulla previsione di una quota minima di consiglieri eletti appartenenti al genere femminile.

                                                                            *
Cons. St., Sez. V, ric. n. 9255 – 2015; sentenza 11 luglio 2016, n. 3060 – 2016

N. 01355/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01003/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1003 del 2015, proposto da: 
dott.ssa Anna Maurodinoia detta “Anita”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Vittorio Nardelli e Giovanni Lucio Smaldone, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Vittorio Nardelli in Bari, alla via Melo n. 166; 

contro
Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Sabina Ornella Di Lecce e Ada Matteo, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Bari, al lungomare Nazario Sauro, nn. 31-33; 

nei confronti di
Michele Mazzarano, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Di Cagno, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Arcivescovo Vaccaro n. 45; Fabiano Amati, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Rutigliano, Maria Paolillo e Fabiano Amati, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Bari, alla via A. Gimma n. 147; Ruggiero Mennea, rappresentato e difeso dagli avv.ti Nino Sebastiano Matassa e Luigi Rotunno, con domicilio eletto presso l’avv. Nino Matassa in Bari, alla via Andrea da Bari, n. 35; Renato Perrini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ignazio Lagrotta, Enrico Pellegrini e Alberto Maria Durante, con domicilio eletto presso l’avv. Ignazio Lagrotta in Bari, alla via Prospero Petroni, n. 15; 

e con l’intervento di
ad opponendum:
Nicola Marmo, rappresentato e difeso dall’avv. Tommaso Di Gioia, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Argiro n. 135; 

per l’annullamento
– dell’atto di proclamazione degli eletti di cui al verbale datato 2 luglio 2015 redatto dall’Ufficio Centrale Regionale, in persona del Presidente, con cui sono stati proclamati gli eletti alla carica di Consigliere Regionale della Puglia, nella parte in cui sono stati attribuiti soltanto tre seggi alla lista del PD nella circoscrizione di Bari;
– della deliberazione del Consiglio Regionale della Puglia del 22 luglio 2015 con cui la Regione ha convalidato l’elezione dei Consiglieri Regionali eletti a seguito delle consultazioni elettorali svoltesi in data 31/5/15, nella parte in cui non è stato attribuito il quarto seggio alla lista del PD nella circoscrizione di Bari;
e per la correzione- del risultato delle elezioni regionali suindicate, rideterminando l’assegnazione dei seggi del Consiglio Regionale della Puglia a seguito della consultazione elettorale occorsa in data 31/5/15 mediante attribuzione di nr.4 seggi alla lista nr.14 denominata ‘Partito Democratico’ nella circoscrizione di Bari e, quindi, proclamando eletta al Consiglio Regionale della Puglia l’odierna ricorrente collocata al quarto posto della graduatoria circoscrizionale di lista, con ogni conseguente provvedimento; nonchè -in via gradata- per l’annullamento integrale delle elezioni regionali celebrate in data 31/05/2015 e dei relativi risultati previa, ove ritenuto, rimessione degli atti dinanzi alla Corte Costituzionale per la conseguente declaratoria di illegittimità  costituzionale della legge elettorale della Regione Puglia;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o connesso ancorchè non conosciuto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, di Michele Mazzarano, di Fabiano Amati, di Ruggiero Mennea e di Renato Perrini;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2015 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Giovanni Vittorio Nardelli, per la ricorrente, avv. Sabina Ornella Di Lecce e avv. Sergio De Giorgi, quest’ultimo su delega dell’avv. Ada Matteo, per la Regione, avv.ti Ignazio Lagrotta e Alberto Maria Durante, per Perrini, avv.ti Nino Matassa e Luigi Rotunno, per Mennea, avv. Giovanni Di Cagno, per Mazzarano, avv. Federico Rutigliano e Fabiano Amati, per Amati e avv. Tommaso Di Gioia per Marmo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Il 31 maggio si svolgevano le votazioni regionali per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio. La dott.ssa Maurodinoia, odierna ricorrente, vi prendeva parte quale candidato alla carica di consigliere nella circoscrizione di Bari, nella lista n. 14 avente il contrassegno “Partito democratico”; alla circoscrizione interessata venivano assegnati soltanto tre seggi sicchè la suddetta, collocatasi quarta, risultava prima dei non eletti.
Con il gravame in epigrafe ne ha, pertanto, impugnato gli esiti chiedendone la correzione, contestando primariamente le modalità  con cui i n. 7 seggi assegnati al partito di appartenenza, quale premio di maggioranza, sono stati ripartiti tra le circoscrizioni territoriali.
In via subordinata, chiede l’annullamento delle elezioni sul presupposto che siano state celebrate sulla scorta di un testo della l.r. n. 7/2015, promulgato e pubblicato, in parte qua difforme dal testo discusso ed approvato dall’assemblea regionale. In via ulteriormente subordinata, chiede l’annullamento delle operazioni elettorali stesse per illegittimità  derivata dall’illegittimità  costituzionale della l.r. n. 2/2005, come modificata nel 2015, sotto tre distinti profili.
Si sono costituiti in giudizio l’Amministrazione regionale, i controinteressati sigg.ri Perrini, Mennea, Mazzarano e Amati articolando le proprie eccezioni. Infine, ha spiegato intervento ad opponendum il sig. Marmo.
All’udienza del 15 ottobre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
3.- Il gravame ruota intorno a due motivi, uno principale ed uno subordinato; supportati, in via ulteriormente graduata, da tre eccezioni di incostituzionalità  della l.r. n. 2/2005.
3.1.- Il primo motivo è incentrato sulla violazione dell’art. 10 della l.r. n. 2/2005, come di recente modificato dalla l.r. n.7/2015, nella parte in cui recepisce e modifica l’art. 15, comma 6, n. 5, lett. a) e b) della l. n. 108/68; la ricorrente ne suggerisce un’interpretazione di segno diverso rispetto a quella accolta dall’ufficio elettorale e dalla Regione resistente.
In particolare, la controversia verte sulle modalità  di ripartizione tra le circoscrizioni territoriali dei 7 seggi attribuiti al partito democratico, nelle cui liste la dott.ssa Maurodinoia era candidata, quale premio di maggioranza.
Più precisamente, secondo la tesi ricorrente, erroneamente sarebbe stata utilizzata in sede di assegnazione di tale premio la stessa graduatoria decrescente dei “voti residuati” compilata nella precedente fase per l’attribuzione dei seggi in sede di collegio unico regionale (cfr. stesso art. 15, comma 5); si sarebbe dovuta compilare una nuova graduatoria basata sui voti residuati dopo l’assegnazione dei complessivi 23 seggi su base proporzionale.
Da tale erronea applicazione del criterio di ripartizione sarebbe derivata l’attribuzione al PD di soli tre seggi nella circoscrizione di Bari (quarta nella graduatoria del C.U.R.) in luogo dei quattro spettanti sulla scorta di una corretta interpretazione della norma in esame.
L’attribuzione del quarto seggio alla circoscrizione in questione avrebbe fatto scattare la ricorrente alla carica di consigliere regionale.
Orbene, per un migliore inquadramento della questione interpretativa prospettata, si rende opportuna una preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
3.1.1- Le elezioni regionali sono disciplinate dalla l.r. n. 2/2005, come modificata dalla l.r. n. 7/2015. L’impostazione recepita è sostanzialmente quella della legge elettorale statale n. 108 del 17.2.1968 con correzione in senso maggioritario, preordinata a garantire la governabilità  dell’Ente.
L’art. 1 della legge n. 108/68, nel testo modificato in sede regionale, così descrive le caratteristiche del sistema: “L’assegnazione dei seggi alle liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale, mediante riparto nelle singole circoscrizioni e recupero dei voti residui nel collegio unico regionale, integrato da clausole di sbarramento e premio di maggioranza “.
Tali affermazioni di principio vengono, poi, esplicitate nella disciplina di dettaglio di cui all’art. 15 della stessa legge, sempre nel testo modificato dall’art. 10 della l.r. n. 2/2005.
Più precisamente, tale norma delinea un procedimento trifasico, caratterizzato da una sequenza di operazioni, ciascuna delle quali risulta -logicamente e funzionalmente- strettamente consequenziale all’altra :
a) operazioni preordinate alla proclamazione del Presidente;
b) operazioni preordinate all’assegnazione dei primi 23 seggi con sistema proporzionale; dapprima su base circoscrizionale e, successivamente, nel collegio unico regionale;
c) operazioni preordinate all’attribuzione degli ulteriori 27 seggi con previsione di meccanismo premiante per il gruppo o coalizione di gruppi che hanno espresso il Presidente.
La fase b) risulta -a sua volta- distinta in due momenti:
1) assegnazione dei seggi in sede circoscrizionale sulla base di quozienti interi;
2) assegnazione dei seggi residui, non attribuiti secondo il meccanismo del quoziente intero, in sede di collegio unico regionale, sulla base dei “resti”.
Tra le fasi a) e b) si inserisce un’operazione preliminare all’assegnazione di tutti i seggi (in sede circoscrizionale, in sede di collegio unico e in sede di attribuzione del premio di maggioranza), che vede l’applicazione di quelle che il richiamato art. 1 definisce “clausole di sbarramento”. Vengono infatti definitivamente esclusi dalla ripartizione dei seggi sia i singoli gruppi non collegati ad altri sia le coalizioni di gruppi che hanno ottenuto nell’intera regione meno dell’8% dei voti validi conseguiti nella Regione stessa (cfr. art. 15, comma 4, nn. 10 e 11); nonchè i gruppi che, anche se uniti in coalizione ad altri, non hanno individualmente superato la soglia del 4% dei voti validi conseguiti nella regione (cfr. stesso comma n. 12).
In particolare, per quel che qui rileva, in sede di attribuzione dei seggi su base circoscrizionale si calcola il “quoziente elettorale circoscrizionale” che, come si dirà  meglio nel prosieguo, non esaurisce la sua funzione in questa prima fase.
Tale quoziente viene calcolato dividendo il totale delle cifre elettorali di tutte le liste ammesse al riparto per il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione più uno, trascurando l’eventuale parte frazionaria.
3.1.2.- Definito il quadro generale di riferimento, occorre concentrare l’attenzione sul meccanismo di assegnazione dei 27 seggi nell’ultima fase, quella in cui si procede all’attribuzione del premio di maggioranza, specificamente in contestazione nella fattispecie.
Si è detto che la ripartizione dei primi 23 seggi avviene in sede proporzionale su base circoscrizionale, tenuto conto del quoziente elettorale circoscrizionale.
Ad ogni lista vengono assegnati tanti seggi quante volte il quoziente elettorale risulti contenuto nella sua cifra elettorale; e se questa prima operazione non consente l’assegnazione di tutti i 23 seggi, i seggi rimasti e i voti residuati vengono fatti confluire nel collegio unico regionale e assegnati sulla base del “quoziente elettorale regionale”; quest’ultimo ottenuto dividendo la somma dei voti residuati di tutti i gruppi di liste per il numero dei seggi ancora da attribuire.
Solo una volta esaurita questa fase eventuale, si passa a quella successiva dell’attribuzione dei 27 seggi con correttivo maggioritario (cfr. art. 15 in esame, comma 6).
In proposito, va evidenziato un passaggio preliminare che la norma in esame colloca all’interno della disciplina per l’attribuzione dei seggi residui in sede proporzionale (in ambito C.U.R.) ma che appare illuminante per definire i criteri che regolano la fase successiva. Così recita il punto 2 della lettera a) del 5° comma dell’art. 15: “la determinazione della somma dei voti residuati deve essere fatta anche nel caso che tutti i seggi assegnati alla circoscrizione vengano attribuiti”; ciò che equivale a dire che la somma dei voti residuati non è funzionale in via esclusiva all’assegnazione dei seggi residui in sede di C.U.R.. La graduatoria decrescente che ne risulterà  verrà  infatti utilizzata sia per ripartire i seggi assegnati a ciascun gruppo nelle singole circoscrizioni tra le rispettive liste (cfr. comma 5, lett. e); sia per ripartire -appunto- il premio di maggioranza ai sensi dell’immediatamente successivo comma 6, n. 5, lett. a).
Tale ultima disposizione, con formulazione perfettamente sovrapponibile a quella della menzionata lett. e) del comma 5, stabilisce che “la graduatoria decrescente dei voti residuati espressi in percentuale del relativo quoziente elettorale circoscrizionale di cui al quinto comma lett. a), numero 1)¦” debba essere utilizzata per ripartire tra le circoscrizioni “i seggi attribuiti alle liste del gruppo non collegato ad altri”, a partire dalla circoscrizione alla quale non è stato ancora attribuito il seggio; vale a dire dalla circoscrizione che non si è vista attribuire alcun seggio, evidentemente nella fase precedente.
Il dato testuale appare, dunque, sufficientemente chiaro: la graduatoria di cui si tratta è unica, viene redatta una sola volta e utilizzata a scopi diversi. La formulazione delle due successive norme -si ribadisce- è sovrapponibile (lett.e) comma 5 e lett. a), n. 5, comma 6).
A supporto di tale conclusione soccorre, tuttavia, anche un argomento sistematico. Nello stesso comma 5, punto d), il legislatore regionale, nel riferirsi ai voti inutilizzati dopo le varie operazioni previste per l’assegnazione dei seggi in sede di C.U.R., non fa riferimento alla dizione -impiegata prima e dopo- di “voti residuati” (così al punto a), allo stesso punto d) in apertura, al successivo punto e) del comma 5 nonchè al punto 5a) del comma 6 che qui rileva); più semplicemente parla di “resti”.
Se nel dettare la disposizione di cui al comma 6, numero 5, lett. a), il legislatore avesse inteso riferirsi ai voti rimasti dopo il completamento della fase proporzionale, in sede circoscrizionale e di collegio unico regionale secondo l’impostazione propugnata da parte ricorrente, avrebbe plausibilmente evocato una graduatoria decrescente di “resti” e non già  di “voti residuali”.
Tali “voti residuali”, nella logica della norma che disciplina le operazioni ponendole in stretta successione tra loro, quali passaggi progressivi di uno stesso procedimento, vengono calcolati una sola volta nella fase iniziale e poi organizzati in graduatoria decrescente da utilizzarsi a più riprese.
Del resto di una “nuova graduatoria” non c’è traccia nel testo della norma esaminata.
Le censure contenute nel primo motivo di gravame non possono, pertanto, trovare accoglimento.
3.2.- Veniamo dunque all’esame del motivo subordinato (il secondo), con il quale si censura la presunta non coincidenza del testo della l.r. n. 2/2005, promulgato e pubblicato e quello approvato in assemblea. La difformità  riguarderebbe un comma 8 bis che avrebbe dovuto integrare il testo dell’art. 15 della legge n. 108/68, a seguito dell’approvazione di un emendamento, ma che non risulta inserito.
La censura riproduce un motivo già  negativamente scrutinato da questo Collegio in relazione al ricorso n.961 del R.R. 2015, trattato nella stessa udienza. Si rinvia, pertanto, al precedente specifico (sentenza n. 1321/2015) e al relativo iter argomentativo.
L’infondatezza del secondo motivo travolgere, poi, anche la collegata questione di costituzionalità  proposta in via subordinata.
3.3.- Nè superano la soglia della non manifesta infondatezza le ulteriori due questioni di costituzionalità  proposte.
3.3.1.- Le disposizioni costituzionali violate sarebbero in primo luogo gli artt. 1, comma 2, 3 e 48, comma 2 (principio di uguaglianza dei voti e di rappresentatività ), in quanto l’attribuzione dei seggi in assenza di un criterio finale di “riallineamento” avrebbe comportato una macroscopica distorsione.
In proposito valgano due considerazioni.
Innanzitutto, le norme invocate contengono affermazioni di principio sulle quali la giurisprudenza amministrativa e costituzionale hanno già  avuto modo di pronunziarsi. In particolare, è stato di recente ribadito che l’uguaglianza di voto debba essere garantita nel momento in cui il voto stesso viene espresso; non implica che si estenda al risultato del voto, ossia al peso concreto che assume sulla base del sistema elettorale prescelto (cfr. Corte cost., 5.12.2014 n. 275 e C.d.S., Sez. V, 31.5.2011, n. 3253). Il risultato concreto delle consultazioni elettorali dipende, infatti, dal sistema elettorale prescelto dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità .
In secondo luogo, come già  evidenziato, l’eccezione di costituzionalità  in esame tenta di rimettere in discussione la compatibilità  costituzionale di una legge che non preveda un adeguato meccanismo di “riallineamento” su base territoriale; questione sulla quale si è già  espressa la Corte costituzionale in relazione al sistema di elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo dichiarando la questione inammissibile, sul presupposto che la scelta della situazione più idonea sia rimessa al legislatore (cfr. sentenza n. 271 del 22.7.2010)..
3.3.2.- L’incostituzionalità  della l.r. in esame si profilerebbe, inoltre, con riferimento agli artt. 117, comma 7 e 122, comma 1, non essendo stata predisposta alcuna misura diretta ad incentivare l’accesso del genere femminile alle cariche elettive, in palese violazione dell’art. 4, comma 1, lett. c-bis) legge n. 165/04 (di attuazione del richiamato art. 122 cost.), come introdotto dalla legge n. 215/2012; nè per rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena parità  degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e per promuovere la parità  di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
Anche in questo caso, l’eccezione non supera la soglia della non manifesta infondatezza.
Innanzitutto, ancora una volta le richiamate norme costituzionali contengono esclusivamente norme di principio per incentivare la parità  di sesso e non impongono una quota minima in seno al consiglio regionale in favore del sesso femminile. I vincoli operano, cioè, nella fase anteriore alla competizione e non si traducono in meccanismi preordinati a determinarne il risultato.
In questo senso si è espressa la Corte costituzionale (cfr. da ultimo sentenza n. 4/2010) e, più di recente, il Consiglio di Stato (cfr. Sez. V, 4.6.2015, n. 3115).
In secondo luogo, anche la legge nazionale invocata dalla ricorrente (la n. 165/2012) non ha introdotto specifiche misure ma ha inteso incentivare le Regioni ad un’azione promozionale per la parità  di accesso alle consultazioni.
In Puglia la norma esiste. L’art. 6 della l.r. n. 7/2015 stabilisce che “nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. In ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento”.
La disposizione incide sull’offerta politica, impedendo discriminazioni in danno del sesso femminile. Vincoli più stringenti sono ora all’esame del Parlamento (cfr. il recentissimo D.D.L. n. 1556 approvato dal Senato nella seduta dell’8 settembre 2015); ma, allo stato, è ancora in vigore la normativa di principio più risalente.
4.- In conclusione, il gravame va respinto. Considerata, tuttavia, la complessità  delle questioni trattate e l’opinabilità  del dato legislativo, si ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Paola Patatini, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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