Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – SCIA – Silenzio accoglimento –  Art. 19, co. 3 e 4, L.n. 241/1990 – Conseguenze

Trascorsi 60 giorni della segnalazione certificata di inizio  dell’attività  edilizia (SCIA), com’è previsto all’art. 19, commi 3 e 4, della L.n. 241/1990 e s.m.i., nel silenzio del Comune,  si verifica la formazione  del titolo edilizio, in ossequio al principio di certezza delle situazioni giuridiche  (salvo l’esercizio dell’autotutela della p.A. nei confronti del titolo già  formato, e salvi i casi, impeditivi della formazione del titolo, in cui l’interessato abbia reso una dichiarazione mendace o in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale). In tali condizioni, è illegittima sotto duplice profilo l’interdizione alla prosecuzione dei lavori ove sia stata riscontrata una differenza tra l’attività  in corso e quella indicata nella SCIA  (nella specie, secondo il Comune, non si sarebbe trattato  di attività  di affittacamere, come dichiarato dal privato, bensì di attività  alberghiera), circostanza che doveva essere rilevata nei termini di legge; inoltre, l’assenza dell’agibilità  della struttura avrebbe giustificato il divieto di prosecuzione dei lavori, in quanto pericolosi per la sicurezza pubblica,  soltanto se, in applicazione dell’art. 19, co.4, della stessa legge, vi fosse stato il previo accertamento dell’impossibilità  di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività  dei privati alla normativa vigente (nella specie insussistente, donde l’accoglimento del ricorso da parte del TAR). 

Pubblicato il 04/05/2018
N. 00658/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00736/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 736 del 2015, proposto da: 
Albergouno S.r.l., Z&D Immobiliare S.r.l., M.G.F. S.r.l., ciascuna in persona del legale rappresentante p.t., e Maria Rosaria Zolli, rappresentate e difese dagli avvocati Enrico Follieri, Ilde Follieri e Francesco Follieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabrizio Lofoco, in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14; 

contro
Comune di Lucera, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ignazio Lagrotta, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Prospero Petroni, n. 15; 

per l’annullamento
– della determina del 3 giugno 2015, prot. n. 0024922, del Dirigente del Servizio di Polizia amministrativa del Comune di Lucera che ha disposto l’immediata interruzione dell’attività  ricettiva di affittacamere esercitata dalla società  Albergouno S.r.l.;
– del provvedimento del 26 maggio 2015, prot. n. 0023587, del Dirigente del V Settore del Comune di Lucera; nonchè, per quanto possa occorrere, 
per l’annullamento o la dichiarazione di nullità 
– delle note con le quali il Dirigente dell’Ufficio di Polizia amministrativa del Comune di Lucera sospendeva sine diei termini per la verifica dei requisiti per la S.C.I.A. e cioè: 
– nota dell’8 maggio 2014, prot. n. 0020677; 
– nota del 27 maggio 2014, prot. n. 0024877;
– nota del 13 agosto 2014, prot. n. 0036959; 
– nota del 18 novembre 2014, prot. n. 0049987; 
– nota del 13 marzo 2015, prot. n. 0011536; 
– nota del 20 aprile 2015, prot. n. 0016669;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lucera;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 aprile 2018 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori avv. Ilde Follieri, per la ricorrente e avv. Ignazio Lagrotta, per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La ricorrente, con SCIA del 15 aprile 2014 presentata al Comune di Lucera, ha comunicato l’avvio dell’attività  di affittacamere, denominata “Country house”, in una delle due porzioni di un’unità  immobiliare ubicata nella zona rurale del territorio comunale, concessale in locazione dalla M.G.F. S.r.l.
L’altra porzione dell’edificio è condotta in locazione dalla S.r.l. Relais Incontrada per l’esercizio di analoga attività  di affittacamere, parimenti comunicata al Comune di Lucera con SCIA del 15 aprile 2014. 
In punto di fatto occorre riepilogare gli atti e provvedimenti del Comune di Lucera che hanno preceduto l’adozione del provvedimento impugnato con il quale il Comune ha intimato l’interruzione dell’attività  ricettiva:
– con provvedimento in data 8 maggio 2014 veniva disposta la sospensione dell’attività  oggetto di SCIA in conseguenza della sospensione dell’attestazione di agibilità  dell’immobile ad essa allegata;
– con nota del 27 maggio 2014, accertata la validità  dell’attestazione di agibilità , il Comune dava atto che il termine previsto dall’art. 19 della legge n. 241/1990 per la verifica del possesso dei requisiti dichiarati con la SCIA, aveva iniziato a decorrere dal 21 maggio 2014;
– il 13 agosto 2014 venivano sospesi nuovamente i termini per la verifica della SCIA in attesa del già  richiesto parere dell’Ufficio urbanistica del Comune;
– il 18 novembre 2014 il Comune sospendeva ancora il termine di verifica della SCIA in attesa della conclusione del procedimento di accertamento di conformità  ex art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 dell’edificio sede dell’attività  oggetto di SCIA, procedimento avviato su istanza della proprietaria M.G.F. S.r.l;
– il 13 marzo 2015, accolta con prescrizioni l’istanza di sanatoria ex art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, il Comune chiedeva ulteriori chiarimenti all’Ufficio urbanistica e sospendeva di nuovo il termine di conclusione del procedimento di verifica della SCIA;
– il 26 maggio 2015 il dirigente dell’Ufficio urbanistica del Comune sospendeva l’efficacia del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del citato d.P.R., avendo constatata l’inottemperanza alle relative prescrizioni e precisava altresì che doveva intendersi venuta meno l’agibilità  dell’immobile;
– il 3 giugno 2015 veniva adottato l’impugnato provvedimento d’interruzione dell’attività  ricettiva per due ordini di ragioni:
a) l’edificio risultava essere privo dell’abitabilità  a seguito della sospensione del titolo in sanatoria ex art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e non poteva pertanto essere utilizzato per l’esercizio di alcuna attività  e specificamente delle attività  ricettive;
b) le due porzioni dell’unità  immobiliare condotte in locazione dalla ricorrente e dalla S.r.l. Relais Incontrada risultavano fisicamente indistinte e pertanto l’attività  ricettiva doveva intendersi unica e riconducibile per consistenza – dieci stanze con servizi – alla diversa ipotesi di attività  alberghiera, mentre la legge regionale n. 11/1999 consente l’esercizio dell’attività  di affittacamere in unità  immobiliari con al massimo 6 stanze e servizi.
Il provvedimento inibitorio è gravato con sei motivi di ricorso di seguito riepilogati.
1) Violazione dell’art. 2, comma 4, della legge n. 241 del 7 agosto 1990, carenza di potere e violazione dei principi in materia di sospensione. Il Comune avrebbe potuto sospendere il procedimento di verifica del possesso dei requisiti per l’esercizio con SCIA dell’attività  di affittacamere per una sola volta e per non più di trenta giorni; invece ha disposto plurime sospensioni intervenute quando il termine perentorio di 60 giorni, previsto dall’art. 19 comma 3 della legge n. 241/1990 per la conclusione del procedimento, era ornai scaduto.
2) Violazione dell’art. 19, commi 3 e 4, della legge n. 241 del 7 agosto 1990. Non ricorrerebbero le ipotesi eccezionali – false o mendaci dichiarazioni nella SCIA o pericolo di danno al patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale – che, decorso il termine di 60 giorni per la verifica del possesso dei requisiti per l’esercizio dell’attività  oggetto di SCIA, consentono di inibire l’attività  economica, nè il Comune avrebbe dato atto, come prescritto dal comma 4 del citato art. 19, che l’unico modo per evitare il pericolo di danno ad interessi prevalenti sia l’interdizione dell’attività  a causa dell’impossibilità  di conformarla al regime vigente.
3) Violazione dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 7 agosto 1990 – difetto di proporzionalità . Seppure si ritenesse che il Comune abbia esercitato il potere inibitorio nei termini stabiliti dall’art. 19 della legge n. 241/1990, sarebbe comunque venuto meno al principio di gradualità  delle misure di controllo della SCIA potendo interdire l’attività  economica solo dopo aver escluso la possibilità  di regolarizzarla con prescrizioni conformative.
4) Eccesso di potere per evidente travisamento dei fatti e degli atti – violazione ed erronea applicazione dell’art. 46 della legge regionale Puglia n. 11 del 29 settembre 1999 – eccesso di potere per sviamento. Il Comune muove dal presupposto – ritenuto errato – che nell’edificio sia esercitata un’unica attività  ricettiva di tipo alberghiero perchè il numero delle camere (dieci) supera il limite massimo (sei) consentito dall’art 49 della legge regionale n. 11/1999 perchè l’attività  sia ricondotta alla tipologia di affittacamere; al contrario la struttura, pur essendo unica, risulterebbe divisa in due porzioni autonome, sia negli impianti che negli accessi, dotate rispettivamente di 4 e 6 stanze e servizi, nel rispetto dei limiti dimensionali stabiliti dalla legge perchè possano essere ricondotte entrambe alla tipologia di affittacamere 
5) Eccesso di potere per evidente travisamento degli atti e difetto d’istruttoria – violazione del principio di proporzionalità  – eccesso di potere per sviamento. Contrariamente a quanto esposto nel provvedimento impugnato la struttura non sarebbe sprovvista del certificato di abitabilità , poichè il provvedimento del SUAP del 26 maggio 2015 avrebbe solo sospeso temporaneamente gli effetti della sanatoria ex art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, avendo rilevato l’inottemperanza alle prescrizioni in esso contenute ed esprimendo, altresì, il mero avviso che la difformità  urbanistica ed edilizia impedirebbe la dichiarazione di agibilità  dell’immobile.
6) Eccesso di potere per errore, travisamento dei fatti e difetto d’istruttoria e comunque sopravvenuta irrilevanza per lo spontaneo, ancorchè non dovuto, adeguamento. Tutte le prescrizioni contenute nel provvedimento dell’Ufficio urbanistica di sospensione della sanatoria ex art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e dell’agibilità  dell’edificio, sarebbero state oggetto di puntuale ottemperanza.
Resiste il Comune di Lucera.
All’udienza pubblica del 17 aprile 2018 la causa è stata assunta in decisione.
Il provvedimento gravato deve essere annullato in accoglimento dei primi due emotivi di ricorso.
àˆ necessario preliminarmente riportare i commi 3 e 4 dell’art. 19 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 vigenti al 15 aprile 2014, data di presentazione della SCIA:
L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività  e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività  ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. àˆ fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà  false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonchè di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo (comma 3).
Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3 ovvero di cui al comma 6-bis, all’amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità  di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività  dei privati alla normativa vigente (comma 4).
Il termine entro il quale la pubblica Amministrazione può verificare la regolare formazione del titolo autorizzatorio ha natura perentoria perchè, ricorrendo attività  non soggette a programmazione o contingentamenti autoritativi, il controllo demandato alla p.A. consiste nella mera verifica del possesso dei requisiti prescritti sulla base degli elementi di fatto e delle dichiarazioni ad essa allegate.
L’interdizione dell’attività  è possibile, pertanto, in tempi certi e solo se ricorre un’anomalia della formazione del titolo, in ossequio al principio di certezza delle situazioni giuridiche asseverate nelle forme di legge conformi al modello legale tipico.
Il Collegio ritiene che, in effetti, il termine, entro il quale può condursi la verifica del possesso dei requisiti dichiarati in sede di SCIA, fosse già  spirato quando fu (nuovamente) sospeso il 13 agosto 2014.
Infatti, esauriti gli effetti della sospensione disposta in data 8 maggio 2014, a seguito della temporanea inefficacia dell’abitabilità  dell’edificio, il termine aveva ripreso a decorrere dal 21 maggio 2014 e già  prima che il Comune decidesse di sospenderlo nuovamente il 13 agosto 2014 – non avendo ancora adottato misure inibitorie o conformative dell’attività  intrapresa – erano già  decorsi più di sessanta giorni.
Da allora il Comune avrebbe potuto vietare l’esercizio dell’attività  in particolare in caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà  false o mendaci (art. 19, comma 3) o in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale (art. 19, comma 4), nell’ambito del potere di ritiro in autotutela per la cura di prevalenti interessi pubblici.
Occorre in proposito distinguere le due autonome ragioni poste a fondamento dell’interdizione, l’una perchè l’attività  in corso è diversa da quella oggetto di SCIA, l’altra perchè l’edificio ove è esercitata è privo di valida certificazione di agibilità .
Sotto il primo aspetto deve rilevarsi, innanzitutto, la mancanza di ogni riferimento ad una travisata rappresentazione della realtà  fattuale, o al rischio che l’esercizio dell’attività  possa recare danno a valori sensibili la cui conservazione esige il sacrificio dell’interesse privato.
Inoltre è chiaro che l’Amministrazione municipale ha potuto affermare che l’attività  così come configurata risulta riconducibile unicamente alla fattispecie “Alberghiera” senza la propedeutica, indispensabile Segnalazione di Inizio della specifica attività  “Alberghiera” diversa da quella di Affittacamere” solo dopo aver condotto una verifica sul possesso – poi escluso – dei requisiti richiesti dalla legge per l’esercizio dell’attività  di affittacamere. 
àˆ del tutto evidente allora che il Comune ha condotto l’attività  di verifica dei requisiti prevista dall’art. 19, comma 3, quando ormai era decorso il termine perentorio, versando in una condizione di carenza di potere in concreto, fermo restando che l’esercizio di un’attività  diversa da quella dichiarata con la SCIA, ove dissimuli, come sostenuto dalla difesa del Comune, l’intento di eludere il più rigoroso regime urbanistico ed edilizio previsto ai fini dell’agibilità  per le attività  alberghiere, costituisce materia di accertamento ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 380/2001, così come in sede di controllo delle dichiarazioni allegate alla SCIA non è precluso al Comune di accertarne in ogni tempo la veridicità .
Si pone invece una questione in parte diversa con riferimento al secondo capo della motivazione che, senza distinguere fra l’attività  di affittacamere dichiarata con la SCIA e quella alberghiera, interdice in generale ogni attività  ricettiva a causa del venir meno dell’agibilità  dell’intero edificio.
Il rilievo coinvolge chiaramente la conformità  urbanistica ed edilizia dell’immobile e conseguentemente la salubrità  e sicurezza di strutture edilizie aperte al pubblico, soggetta a certificazione o SCIA (come previsto dall’art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001), e trova la sua disciplina nel comma 4 dell’art. 19 della legge n. 241/1990 che consente di inibire l’attività  per evitare un pericolo di danno ad interessi sensibili anche se il termine previsto dal comma 3 del citato art. 19 sia già  decorso.
Tuttavia, come evidenziato nel secondo motivo di ricorso, il provvedimento interdittivo, sebbene non soggetto, per quanto detto, al termine perentorio previsto dal comma 4 del citato art. 19, manca del previo motivato accertamento dell’impossibilità  di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività  dei privati alla normativa vigente, che il comma 4 dello stesso articolo prescrive quale condizione di legittimità  del provvedimento inibitorio, da considerarsi solo in tal caso inevitabile e tale pertanto da imporsi sull’interesse privato a continuare l’attività .
Il ricorso pertanto, assorbite le altre questioni, deve essere accolto.
Le difficoltà  di qualificazione della fattispecie concreta, rilevate già  in sede procedimentale da entrambe le parti, giustifica la compensazione integrale delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giuseppina Adamo, Presidente
Giacinta Serlenga, Consigliere
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Colagrande Giuseppina Adamo
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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