1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Atti di gara – Imprenditori non partecipanti – Ricorso –   Legittimazione ed interesse – Fattispecie 


2. Edilizia e urbanistica – Centro raccolta rifiuti – Localizzazione – Destinazione urbanistica dell’area – Zona produttiva – Legittimità 

1. Gli imprenditori, proprietari di suoli dove svolgono l’attività  di impresa, finitimi all’area destinata alla realizzazione di un centro raccolta rifiuti  – sebbene non partecipanti alla procedura di affidamento – hanno piena legittimazione ed interesse ad impugnare gli atti di gara, in quanto titolari di una posizione giuridica differenziata e qualificata rispetto alla collettività  dei cittadini, vista la situazione di stabile collegamento con l’area coinvolta, nonchè dell’interesse a ricorrere derivante dal danno che potenzialmente potrebbero subire a causa della realizzazione dall’opera in questione, poichè trattasi di soggetti tutti titolari di attività  di impresa ricadente nello stesso territorio. 


2. L’Amministrazione che abbia allocato un centro di raccolta rifiuti solidi urbani in zona D non ha operato una ritpizzazione dell’area da zona produttivo a zona ad uso collettivo (F), in deroga alle n.t.a. di P.R.G. vigenti, in quanto l’attività  di trattamento dei rifiuti solidi urbani  – in parte destinata allo smaltimento dei rifiuti, in parte al loro recupero – è da configurarsi come attività  produttiva effettuata da imprese appaltatrici che ne ricavano un profitto. Peraltro la legittimità  della localizzazione in zona D è giustificata anche dall’art. 5 del D.M. 2.4.1968, n. 1444 che prescrive che all’interno delle zone D debbano essere localizzate infrastrutture di pubblico interesse, tra le quali rientrano certamente i cento di raccolta rifiuti.

Pubblicato il 08/06/2017
N. 00594/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01156/2015 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1156 del 2015, proposto da: 
Cobimm S.r.l., Co.Imm S.r.l., Cobar S.p.A., Costruzioni Santoro S.r.l., Altaflex S.r.l., Lorusso Mario, nella qualità  di titolare dell’omonima ditta, Debernardis e Nuzzi S.n.c., Nicoline Salotti S.r.l., Perrucci Francesco, nella qualità  di titolare dell’omonima ditta, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Gabriele Bavaro e Raffaele Petronelli, con domicilio eletto presso Gabriele Bavaro, in Bari, via Marchese di Montrone, 106; 

contro
Comune di Altamura, UNICAM – Unione dei Comuni dell’Alta Murgia, A.R.O. BA/4, Regione Puglia, Comune di Grumo Appula, Comune di Gravina in Puglia, non costituiti in giudizio; 

nei confronti di
I.Co.Be. S.r.l., in proprio e nella qualità  di capogruppo dell’A.T.I. con Daniele Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Pierluigi Balducci e Rosamaria Berloco, con domicilio eletto presso Pierluigi Balducci in Bari, via Melo, 114; 
Daniele Ambiente S.r.l., non costituita in giudizio;

per l’annullamento
– della determinazione dirigenziale n. 135 del 4.5.2015 del Comune di Grumo Appula di aggiudicazione definitiva in favore dell’A.T.I. controinteressata dell’appalto integrato dei “lavori di realizzazione n. 4 centri di raccolta differenziata”, nonchè del relativo o contratto di appalto ove nelle more sia stato stipulato fra la stazione appaltante e la predetta A.T.I. aggiudicatrice;
– di tutte le determinazioni e/o i giudizi tecnici/amministrativi (inclusi tutti i punteggi e/o le valutazioni delle offerte tecniche) assunti dal seggio di gara nel corso delle sedute n. 1 del 10.3.2015, n. 2 del 10.3.2015, n. 3 del 23.3.2015, n. 4 del 30.3.2015, n. 5 del 13.4.2015 e n. 6 del 13.4.2015;
– del bando di gara, del disciplinare e/o del capitolato speciale d’appalto nonchè di ogni provvedimento e/o determinazione di approvazione dei relativi progetti e/o di indizione della relativa procedura di gara, ivi incluse la determinazione UNICAM n. 11 del 14.7.2014 e la determinazione dirigenziale del Comune di Grumo Appula n. 243 del 2.9.2014 di approvazione del bando e del relativo disciplinare;
– di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso o comunque consequenziale, ancorchè non conosciuto dai ricorrenti, in quanto lesivo della loro sfera giuridica.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di I.Co.Be. S.r.l., in proprio e nella qualità  di capogruppo dell’A.T.I. con Daniele Ambiente S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 10.9.2015 e depositato in Segreteria il 22.9.2015, i ricorrenti adivano il Tribunale Amministrativo Regionale, Sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
Con deliberazione della Giunta comunale n. 80 del 5.11.2009, il Comune di Altamura individuava due siti in cui collocare altrettanti centri comunali di raccolta rifiuti (CCR).
Con successiva deliberazione della Giunta n. 58 del 3.4.2015, l’Amministrazione comunale trasferiva “l’allocamento dei centri comunali di raccolta delle aree individuate con delibera di giunta comunale n. 80/2009, su altre aree di proprietà  comunale individuate catastalmente al: – F.M. 154 particelle 466-518; – F.M. 131 particelle 350-365-375-376”.
Con deliberazione della Giunta Comunale n. 7 del 6.7.2015, l’Amministrazione rettificava la precedente deliberazione n. 58 del 3.4.2015, procedendo al trasferimento della localizzazione del centro comunale di raccolta originariamente ubicato ai F.M. 131 p.lle 350-365-375-376, in località  “Grotta Formica”, lasciando invece invariata la localizzazione dell’altro CCR nella zona catastalmente individuata ai fogli di mappa n. 154 p.lle n. 446 e 518.
In tale provvedimento, inoltre, il Comune di Altamura faceva esplicita menzione per la prima volta del fatto che questa seconda isola ecologica ricadesse in località  “Colonna Genta”, area che fino ad allora era stata indicata solo catastalmente, specificando, peraltro – e sempre per la prima volta – la destinazione urbanistica delle particelle catastali interessate.
I ricorrenti, tutti imprenditori proprietari di società  o aziende produttive site nel territorio di Altamura in zona industriale località  “Colonna Genta”, avuta adeguata cognizione della localizzazione dell’isola ecologica in questione e ritenuta la stessa pregiudizievole dei loro interessi, con istanza proposta in data 27.7.2015 invitavano e diffidavano il Comune di Altamura, in persona del Sindaco p.t., a voler “individuare altre zone di proprietà  comunali idonee alla destinazione di CCR, localizzate in aree isolate che non interferiscano con le attività  produttive e/o con i centri urbani”.
Inoltre, con la stessa istanza, i ricorrenti invitavano e diffidavano l’Unione dei Comuni dell’Alta Murgia (UNICAM), soggetto sottoscrittore del disciplinare con la Regione Puglia per la realizzazione di quattro centri comunali di raccolta, fra cui i due sopra menzionati siti nel territorio del Comune di Altamura, a “sospendere qualsiasi attività  prodromica all’aggiudicazione definitiva e alla sottoscrizione del contratto d’appalto per la realizzazione dei CCR”.
A tale istanza seguiva l’inerzia dell’Amministrazione resistente.
Avverso le deliberazioni summenzionate, i ricorrenti proponevano dinanzi a questo Tribunale domanda di annullamento, con ricorso pandettato al n. 1143/2015.
In pendenza di tale giudizio, le Amministrazioni pubbliche, proprio in esecuzione delle deliberazioni giuntali n. 28/2015 e n. 7/2015, indicevano, esperivano e aggiudicavano l’appalto per la realizzazione dei due centri comunali di raccolta rifiuti in Altamura.
Con ricorso introduttivo gli odierni ricorrenti proponevano domanda di annullamento di tutti gli atti di gara indicati in epigrafe, in ragione della presunta illegittimità  derivata rispetto ai presupposti atti con cui il Comune di Altamura aveva provveduto a localizzare i due CCR.
Le ricorrenti censuravano i provvedimenti in questione articolando tre motivi di doglianza, interamente ripropositivi di quelli già  proposti con il ricorso pandettato al n. 1143/2015,
Con un primo motivo di ricorso le ricorrenti censuravano la illegittimità  degli atti impugnati per «violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.m. n. 1444/68 nonchè dell’art. 16 della l.r. n. 56/80 e degli artt. 11 e 12 della l.r. n. 20/2001; violazione a erronea applicazione degli artt. 2, 7, 18, 19, 20, 28, 49 e 50 delle n.t.a. del p.r.g. violazione dei principi generali in materia di approvazione varianti al p.r.g.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea presupposizione e travisamento dei fatti. Illogicità  ed ingiustizia manifesta. Carenza di motivazione, anche in ordine all’omessa adozione e approvazione di variante al p.r.g.; violazione dei principi di trasparenza ex art. 1 legge 241/1990 e di buon andamento dell’attività  amministrativa ex art. 97 Cost. sviamento di potere».
In tesi di parte ricorrente, l’Amministrazione resistente, non avrebbe potuto localizzare il CCR nella zona “Colonna Genta”.
Le ricorrenti evidenziavano che l’art. 2 del D.M. n. 1444/68 definiva zone D “le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati”, mentre zone F “le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale” e che il p.r.g. del Comune di Altamura, in conformità  con tale normativa, distingueva tra zone D, cioè zone produttive, e zone F, ossia zone di c.d. “uso pubblico” in cui – ai sensi dell’art. 7 del p.r.g. – vi rientravano, tra le altre, anche zone per attrezzature ed impianti di interesse collettivo, pubbliche o di uso pubblico.
Ebbene, secondo le ricorrenti, per gli effetti della normativa di settore e del p.r.g., considerata la natura di attrezzatura e/o impianto di interesse collettivo del CCR, l’Amministrazione resistente avrebbe dovuto collocare quest’ultimo in un’area con destinazione “F”, risultando del tutto illegittima la sua collocazione in zona “Colonna Genta”, qualificata nel p.r.g. come area con destinazione “D”, posto che l’area de qua, in ultima analisi, risultava inidonea dal punto di vista urbanistico ad accogliere il CCR.
In tesi, dunque, l’Amministrazione avrebbe operato una evidente confusione tra strutture produttive, come quelle di proprietà  dei ricorrenti, e attrezzature collettive, come i CCR, dando luogo, di fatto, ad una sovversione delle destinazioni impresse dal proprio p.r.g..
Secondo i ricorrenti, dunque, si assisteva ad una vera e propria variante dell’assetto urbanistico di quell’area, in quanto, de facto, veniva operata dall’Amministrazione comunale una “ritipizzazione” delle particelle catastali su cui avrebbe dovuto insistere il CCR, in violazione di tutte le normative di settore che disciplinano le modalità  e le procedure con cui una “ritipizzazione” del genere era da ritenersi legittimamente possibile.
Con un secondo motivo di gravame, le ricorrenti si dolevano dell’illegittimità  degli atti impugnati per «eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, carenza dei presupposti, travisamento. Illogicità  manifesta. Violazione dell’art. 3 legge 241/90 per motivazione inesistente; in subordine motivazione generica, erronea, inadeguata ed illogicità . Sviamento».
Secondo le ricorrenti, dall’esame delle deliberazioni giuntali impugnate non sarebbe stato possibile, in alcun modo, identificare quali fossero le ragioni di interesse pubblico che avrebbero giustificato la scelta localizzativa del CCR.
In tesi, l’obbligo di motivazione sarebbe stato violato dall’Amministrazione comunale, visto che la stessa non avrebbe spiegato, neppure in maniera generica, quali fossero state le specifiche ragioni di pubblico interesse poste a base della decisione di collocare il CCR nella zona di “Colonna Genta”, con conseguente soccombenza degli interessi dei privati ricorrenti alla conservazione, mantenimento, e valorizzazione delle aree produttive su cui insistevano i loro insediamenti produttivi.
Con un terzo motivo di gravame, e in subordine, le ricorrenti censuravano i provvedimenti impugnati per «violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.p.r. n. 380/2001 nonchè, sotto distinto profilo, dell’art. 50 delle n.t.a. del p.r.g. Eccesso di potere per erroneità  dell’istruttoria e carenza di motivazione. Violazione del principio di buon andamento dell’attività  amministrativa ex art. 97 Cost. Sviamento di potere».
Le ricorrenti sostenevano che, anche nel caso in cui il Tribunale in epigrafe avesse ritenuto che le delibere impugnate avessero determinato una “deroga” alle n.t.a. del p.r.g., le stesse avrebbero dovuto considerarsi comunque viziate e suscettibili di annullamento, sia perchè adottate dall’organo comunale giuntale anzichè consiliare, sia perchè il p.r.g. non ammette deroghe per il mutamento delle destinazioni di zona.
Con atto di costituzione pervenuto in segreteria il 9.10.2015, si costituiva in giudizio la I.CO.BE. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., eccependo l’inammissibilità  e l’infondatezza del ricorso nel merito, riservandosi, altresì, la facoltà  di produrre ulteriori memorie.
In data 23.01.2017, parte controinteressata depositava in Segreteria memoria difensiva con cui contestava la inammissibilità  del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse ad agire, dovuto, in tesi, alla mancata partecipazione delle odierne ricorrenti alla procedura di gara di cui, invece, impugnavano gli atti.
Peraltro, proseguiva la controinteressata, l’eventuale annullamento della gara e/o della aggiudicazione non sarebbe stato in grado di produrre alcun tipo di utilità  concreta per le odierne ricorrenti, non potendosi, dunque, configurare un interesse ad agire in capo alle stesse.
Con la stessa memoria difensiva, parte controinteressata censurava nel merito la fondatezza dei motivi di gravame addotti dalle ricorrenti.
In data 27.4.2017, le ricorrenti depositavano in Segreteria memoria difensiva con cui eccepivano la infondatezza delle censure sollevate dalla parte controinteressata.
Alla udienza pubblica del 18 maggio 2017, il ricorso veniva definitivamente trattenuto in decisione.
Preliminarmente ed in rito, il Collegio ritiene di pronunciarsi sulla eccezione di inammissibilità  per difetto di legittimazione ed interesse ad agire.
Ebbene, la mancata partecipazione alla gara non è sufficiente ad escludere l’interesse e la legittimazione ad agire in capo agli odierni ricorrenti. A ben guardare, infatti, l’interesse a ricorrere può essere individuato nella circostanza che la localizzazione del CCR nella zona di “Colonna Genta” potrebbe risultare astrattamente lesiva della sfera giuridica dei deducenti.
L’interesse di cui gli stessi risultano portatori, dunque, potrebbe essere leso proprio dall’indizione – in esecuzione delle delibere gravate con ricorso pandettato al n. 1143/2015 – di una gara pubblica per la realizzazione del CCR in quella zona.
Infatti, i ricorrenti hanno dimostrato di essere tutti imprenditori proprietari di società  o aziende produttive site nel territorio di Altamura in zona industriale località  “Colonna Genta”, ossia nella zona finitima con l’area di proprietà  comunale interessata dall’intervento.
Oltre ad essere titolari di una posizione giuridica differenziata e qualificata rispetto alla collettività  dei cittadini, vista la situazione di stabile collegamento con la zona coinvolta dall’agere amministrativo, i ricorrenti hanno dimostrato, altresì, di essere in possesso anche dell’altra condizione richiesta dall’art. 100 c.p.c. (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 19.6.2011 n. 5193 e 16.4.2013, n. 2108; sez. VI, 5.12.2002, n. 6657) per poter esercitare legittimamente l’azione giurisdizionale, ossia dell’interesse a ricorrere.
Tale interesse, difatti, viene individuato dagli odierni deducenti proprio nel danno che potenzialmente potrebbero subire a causa della realizzazione dall’opera in questione.
Pertanto, tale eccezione preliminare non può essere accolta.
Ciò premesso, nel merito, il ricorso introduttivo è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
A ben guardare, infatti, i motivi di censura prospettati dalle odierne ricorrenti, si basano tutti su un comune presupposto logico-giuridico, individuabile nella inidoneità  urbanistica della zona di “Colonna Genta” – zona con destinazione produttiva D/1 nel p.r.g. del Comune di Altamura – ad accogliere il CCR.
Tuttavia, le censure prospettate non colgono nel segno.
Dalla normativa di settore – in particolare dall’art. 183 lett. mm del codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) e dall’art. 1 del decreto del Ministero dell’ambiente a tutela del territorio e del mare dell’8.4.2008 – è possibile ritenere che non sussista una incompatibilità  tra i CCR e le zone urbanistiche con destinazione produttiva D.
Infatti, l’attività  materialmente svolta nei CCR deve ritenersi come una “frazione”, una “fase”, dell’attività  industriale di trattamento dei rifiuti soldi urbani, visto che la normativa di riferimento prevede che in tale aree si svolga “attività  di raccolta mediante raggruppamento per frazioni omogenee per il trasporto agli impianti di recupero, trattamento e, per le frazioni non recuperabili, di smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati [¦] conferiti in maniera differenziata rispettivamente alle utenze domestiche e non domestiche anche attraverso il gestore del servizio pubblico, nonchè dagli altri soggetti tenuti, in base alle vigenti normative settoriali, al ritiro di specifiche tipologie di rifiuti dalle utenze domestiche” (art. 1 del decreto del Ministero dell’ambiente a tutela del territorio e del mare dell’8.4.2008).
àˆ evidente come tale attività , in parte destinata allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, in parte finalizzata al loro recupero, possa qualificarsi come attività  produttiva, in quanto, peraltro, effettuata da imprese appaltatrici debitamente autorizzate che da essa ne ricavano – tipicamente – un profitto.
Per di più, l’art. 5 del D.M. del 2.4.1968 n. 1444 prevedeva che nei “nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività  collettive [¦] non può essere inferiore al 10% dell’intera superficie destinata a tali insediamenti”. Dunque, la normativa di settore non escludeva, ma addirittura prescriveva, che nelle aree di tipo D dovessero essere localizzate infrastrutture di pubblico interesse, fra le quali possono de plano rientrare i CCR.
Va sottolineato, poi, come i rifiuti oggetto di trattamento all’interno dei CCR siano rifiuti rinvenienti, per esplicita previsione normativa, dalla raccolta differenziata di ordinari rifiuti solidi urbani, e tanto basta a garantire che l’attività  in concreto posta in essere in tali centri possa essere considerata non nociva per la salute di coloro che occupano le zone limitrofe.
Peraltro, è bene tener presente che al di là  del tipo di rifiuti trattati, l’attività  svolta nei CCR è un’attività  di “raccolta mediante raggruppamento”, e che, dunque, non prevede alcun tipo di trasformazione o lavorazione dei rifiuti stessi, e tanto giustifica la possibilità , normativamente prevista, di collocare detti impianti senza che siano previste particolari prescrizioni in merito al loro distanziamento dalle zone abitate o dalle zone in cui si svolgono attività  di tipo industriale o umano in generale.
Va da sè che una volta ammessa la piena compatibilità  dei CCR con le zone a destinazione D/1 (come quella di “Colonna Genta”), perde qualsiasi pregio giuridico quanto sostenuto dalle ricorrenti in merito ad un presunto cambio di destinazione operato dall’Amministrazione comunale in relazione alle particelle n. 466 e 518 del foglio di mappa n. 154 del p.r.g.
Conseguentemente, deve ritenersi infondato per i motivi su esposti non solo il primo motivo di gravame, ma anche il terzo, secondo cui l’Amministrazione comunale avrebbe apportato una deroga al p.r.g. in violazione delle procedure e della normativa di settore, laddove invece, come precedentemente esposto, nessuna deroga o modifica al p.r.g. è stata operata dall’Amministrazione resistente.
In merito al secondo motivo di gravame, relativo alla inidoneità  della motivazione dei provvedimenti impugnati, è bene precisare che, stante l’insussistenza di una incompatibilità  di massima tra la destinazione di zona D/1 e il CCR, è da escludere che l’Amministrazione comunale avesse l’obbligo di motivare in maniera particolarmente dettagliata i provvedimenti impugnati.
Peraltro, la motivazione fornita in concreto dall’Amministrazione resistente in relazione alla delibera giuntale n. 7/2015 è tale da consentire di ripercorre l’iter logico seguito dalla stessa nell’esercizio del potere.
In particolare, l’aver motivato il provvedimento facendo riferimento alla “volontà  di localizzare i due CCR [¦] in aree industriali artigianali di tipo D in quanto meglio servite dalla rete viaria di scorrimento urbano in maniera da facilitare l’accesso sia alle autovetture e ai piccoli mezzi degli utenti, che ai mezzi pesanti per il conferimento agli impianti di recupero e/o smaltimento”, consente di valutare il modo in cui l’Amministrazione ha compiuto l’attività  di bilanciamento degli interessi confliggenti nell’esercizio in concreto del potere attribuitole; ad una analoga conclusione deve pervenirsi con riferimento alla precedente delibera giuntale n. 58/2015, dove si legge che la scelta compiuta dall’Amministrazione è giustificata dalla necessità  di “garantire una migliore fruizione dei servizi sul territorio comunale”.
Dunque, all’esito di una integrale rivalutazione in sede giudiziaria dell’apparato motivazionale dei provvedimenti impugnati, anche il secondo motivo di gravame risulta infondato nel merito.
Alla luce dei motivi su esposti, deve ritenersi, all’evidenza, che l’Amministrazione comunale abbia esercitato in maniera del tutto legittima il suo potere discrezionale e che, nel bilanciamento di interessi compiuto in sede di esercizio dello stesso, l’Amministrazione abbia correttamente ritenuto opportuno riconoscere prevalenza a quelli facenti capo all’intera collettività , piuttosto che ad interessi privatistici facenti capo ad una cerchia ristretta di soggetti interessati al valore economico di scambio dei fondi finitimi a quelli interessati dalla localizzazione dei CCR.
Infatti, la realizzazione dei CCR risulta necessaria per garantire e rendere materialmente possibile lo smaltimento di rifiuti di una vasta area urbana come quella della città  di Altamura. Nè, tantomeno, può censurarsi la scelta di posizionare i CCR nelle zone “meglio servite dalla rete viaria di scorrimento urbano”, in quanto tale scelta appare immediatamente e concretamente volta a rendere più funzionali possibili i centri di raccolta rifiuti, considerato, come evidenziato supra, che nei CCR i rifiuti vengono raggruppati per poi essere destinati ai centri di smaltimento o di recupero.
Ad abundatiam, giova rilevare come la scelta compiuta dall’Amministrazione non risulti concretamente lesiva degli interessi dei ricorrenti.
Infatti, le attività  industriali svolte dalle imprese di cui sono titolari gli stessi non appaiono risentire di alcun pregiudizio, considerato sia il tipo di attività  imprenditoriale da questi svolta, sia il tipo di attività  svolta nei CCR.
L’attività  svolta nel CCR non risulta, infatti, in alcun modo configgente con quella svolta negli opifici limitrofi, nè specifici elementi in senso contrario sono stati addotti e provati sul punto..
In ultima analisi, una volta riconosciuto il carattere oggettivamente necessario dei CCR per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti urbani, l’interesse oppositivo di cui sono portatori gli odierni ricorrenti appare legittimamente del tutto minusvalente.
Per le ragioni suesposte, dunque, deve ritenersi legittimo il posizionamento ad opera del Comune di Altamura del CCR nella zona di “Colonna Genta”, disposto con la delibera giuntale n. 7 del 6.7.2015, con l’impossibilità  di poter ravvisare una illegittimità  derivata in capo ai provvedimenti impugnati così come indicati in epigrafe.
Da ultimo, tenuto conto della peculiarità  in fatto della vicenda in esame e preso atto della minima attività  processuale svolta, sussistono i presupposti di legge affinchè le spese di lite possano essere integralmente compensate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alfredo Giuseppe Allegretta Angelo Scafuri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria