1. Procedimento amministrativo – Partecipazione  – Modificazione delle condizioni di erogabilità  delle prestazioni sanitarie – Mancata acquisizione degli apporti partecipativi della struttura interessata – Illegittimità 
 

2. Sanità  e farmacie – Servizio sanitario – Prestazioni sanitarie – Condizioni di erogabilità  delle prestazioni di dialisi nell’ambito della Regione Puglia – Distinzione tra strutture ospedaliere e strutture protette in forza del Codice H) di cui al DM 22 luglio 1996 – Superamento – Ragioni 
 

3. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Giudicato – Pronuncia in appello in merito ai vizi formali, senza delibazione dei vizi sostanziali – Discrezionalità  dell’ente in sede di riedizione del potere – Sussiste

1. àˆ illegittimo per violazione dell’art. 7 della l. 241/1990 e per difetto di istruttoria il provvedimento con cui la Regione limita la tipologia di prestazioni sanitarie erogabili da un una struttura privata ambulatoriale, innovando rispetto ad una prassi risalente nel tempo ed ai contenuti delle convenzioni annualmente stipulate con la competente azienda sanitaria, senza aver consentito all’interessata di esporre le proprie ragioni nel procedimento, anche al fine di tutelare gli interessi dei pazienti in cura presso la struttura (nel caso di specie si trattava di prestazioni di dialisi, da considerarsi “salva vita”).


2. In forza delle statuizioni del RR n. 3/2005 e del RR n. 3/2010 nella Regione Puglia non è più consentito a nessuna tipologia di struttura di provvedere alla erogazione dei trattamenti dialitici in un regime di “autogestione” ed in mancanza di adeguata assistenza medica, sicchè è da ritenersi definitivamente superata la distinzione operata dal DM del 22 luglio 1996 tra prestazioni di dialisi erogate in ambito ospedaliero con assistenza medica, contrassegnate mediante il codice H), e prestazioni erogate in ambito ambulatoriale in regime di autogestione, non contrassegnate con il predetto codice, ciò che vale a fondare, in ambito regionale, l’odierno  diritto delle strutture ambulatoriali alla erogazione delle prestazioni di dialisi contrassegnate con il codice H) dal precitato decreto ministeriale.


3. Nel caso in cui il giudice di appello abbia confermato la sentenza di annullamento emessa in primo grado pronunciandosi soltanto sui vizi formali dell’atto, senza delibare  le censure sostanziali, pure accolte dal TAR, non può dirsi formato il giudicato sulla regola di diritto applicabile al caso controverso e la Pubblica Amministrazione conserva pieni poteri per il rinnovo della sua valutazione sostanziale.

Pubblicato il 03/05/2017
N. 00450/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00605/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 605 del 2016, proposto da: 
Diaverum Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Fulvio Mastroviti C.F. MSTFLV49E21A662F, Luigi Liberti C.F. LBRLGU66B11A662D, Silvio Giancaspro C.F. GNCSLV74D20F376L, con domicilio eletto presso l’avv. Fulvio Mastroviti in Bari, via Quintino Sella, n. 40; 

contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Sabina Ornella Di Lecce C.F. DLCSNR55H55D643E, con domicilio eletto presso la sede dell’Ufficio legale dell’Ente in Bari, al lungomare Nazario Sauro, nn. 31-33; 
Azienda Sanitaria Locale Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Domenico Semeraro C.F. SMRDNC55B03F784R, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, alla piazza Massari, n. 6; 
Ministero della Salute non costituito in giudizio; 

per l’annullamento
previa idonea misura cautelare:
1) della determinazione n. 55 del 16.3.2016 a firma del Dirigente della Sezione Programmazione Assistenza Ospedaliera, comunicata in pari data con nota prot. n. AOO-151/2477, nella parte in cui viene stabilito che il centro di dialisi gestito da Diaverum Italia s.r.l. non può erogare prestazioni di emodialisi contrassegnate con lettera “H”, fatte salve le altre prestazioni previste dalla D.G.R. n. 478/1998;
2) di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ai provvedimenti impugnati, ed in particolare, ove occorra, della circolare regionale n. AOO-151/12624 del 26.11.2012;
per l’accertamento del diritto di Diaverum Italia s.r.l. alla erogazione delle prestazioni contrassegnate con la lett. H) dal D.M. 22.07.1996 nel centro dialisi sito in Taranto alla via Lazzazzera n. 46 ed alla corresponsione del corrispondente corrispettivo a termini di tariffa;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell’Azienda Sanitaria Locale Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2017 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Silvio Giancaspro, Luigi Liberti, avv. Sabina Ornella Di Lecce e avv. Domenico Semeraro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. La Diaverum Italia s.r.l., odierna ricorrente, si occupa di dialisi da circa vent’anni, avvalendosi di 22 centri ambulatoriali; in particolare, gestisce il centro di dialisi sito nel comune di Taranto, alla via Lazzazzera n. 46, in possesso di regolare autorizzazione ex art. 5 L.R. n. 8/2004.
In adempimento degli accordi stipulati con l’A.S.L. di riferimento, ha erogato in favore di pazienti uremici cronici tutte le tipologie di prestazioni ambulatoriali individuate dal D.M. 22.7.1996; ivi comprese quelle contrassegnate dalla lettera H.
Ha, quindi, impugnato la determinazione n. 55 del 16.3.2016 a firma del Dirigente della Sezione Programmazione Assistenza Ospedaliera, comunicata in pari data con nota prot. n. AOO-151/2477, nella parte in cui ha disposto che il centro di dialisi gestito da Diaverum Italia s.r.l., classificato a medio impegno assistenziale, non possa erogare le richiamate prestazioni di emodialisi contrassegnate dalla lettera “H”; fatte salve le altre prestazioni previste dalla D.G.R. n. 478/1998, allegati 1 e 2. Ha impugnato altresì la circolare regionale n. AOO-151/12624 del 26.11.2012 del Dirigente Sezione Programmazione Assistenza Ospedaliera e Specialistica.
Va subito chiarito che tale circolare, per quanto qui rileva, ha riprodotto il contenuto della precedente circolare AOO151/9898 del 19.9.2012, annullata da questa Sezione con sentenza n. 1022/2013, confermata dal Consiglio di Stato (cfr. Sezione III, n. 2951/2015). 
La ricorrente ha formulato, in particolare, le seguenti censure: nullità  per violazione dell’effetto conformativo di cui alla predetta sentenza n. 1022/2013 come confermata in appello (motivo sub 1); violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 – eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione (motivo sub 2); violazione e falsa applicazione del richiamato D.M. 22 luglio 1996 e del R.R. Puglia n. 3 del 13 gennaio 2005 ss.mm.ii.- eccesso di potere per falsa presupposizione e irragionevolezza manifesta (motivo sub 3).
L’A.S.L. TA e la Regione Puglia si sono costituite in giudizio con memorie di analogo contenuto depositate -rispettivamente- il 7 e il 17 giugno 2013, confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso.
Nella camera di consiglio del 21 giugno 2016, è stata accolta l’istanza cautelare della ricorrente, con sospensione dei provvedimenti gravati, giusta ordinanza n. 321/2016, ritenendo prima facie fondata la ricostruzione operata in ricorso e prevalente in sede cautelare la tutela “delle garanzie di appropriatezza”, considerato “il numero considerevole di pazienti dializzati assistiti nella struttura di cui si tratta per i quali non è stata contestualmente prevista la riallocazione in altre strutture, con tempi e modalità  ragionevoli e senza soluzione di continuità  assistenziale”; e tenuto altresì conto che “le prestazioni contrassegnate con la lettera “H” di cui si è inteso interdire l’erogazione alla società  ricorrente, con i provvedimenti gravati, rappresentano il nerbo delle prestazioni sanitarie rese dalla società  stessa.”
Tale decisione è stata confermata in grado di appello dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 4627/2016 del 14.10.2016, in considerazione dell’emergenza determinata dalla mancata predisposizione di “..misure atte a consentire la riallocazione dei molti pazienti assistiti presso il centro gestito da Diaverum Italia s.r.l. presso altre strutture, con tempi e modalità  ragionevoli e, soprattutto, senza soluzione di continuità  assistenziale”; e ritenute viceversa appropriate le misure previste nel protocollo operativo stipulato con la Diaverum “finalizzato a regolamentare le modalità  di trasporto per i pazienti, in caso di complicanze, presso strutture ospedaliere attrezzate per tali casi”. Questo a prescindere dalla necessità  -pure ivi rimarcata- di un approfondimento nel merito della “questione dell’appropriatezza clinica delle prestazioni contrassegnate con la lettera “H””.
All’esito della pubblica udienza del 24 gennaio 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso è fondato e va accolto sulla scorta delle censure articolate nei motivi sub 2 e 3.
2.1.- Con il secondo motivo, come già  anticipato al punto 1, viene dedotta l’illegittimità  del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 e per omessa istruttoria e motivazione.
Il motivo è fondato.
La determina dirigenziale emessa il 16 marzo del 2016 dalla Regione Puglia, che ha previsto il divieto per la Diaverum s.r.l. di erogare le prestazioni dialitiche contrassegnate dala lettera H) del D.M. del 22/07/1996, ha leso i suoi diritti partecipativi, impedendo alla stessa di intervenire nella formazione della volontà  dell’Amministrazione già  in fase procedimentale; in particolare, la ricorrente avrebbe potuto rappresentare in contraddittorio le proprie ragioni a difesa dell’assetto di interessi già  consolidatosi, in ragione di una prassi risalente e degli accordi contrattuali stipulati negli anni con la ASL TA, dai quali le suddette prestazioni H) non risultavano escluse. 
Ciò che si è in effetti tradotto in un difetto di istruttoria delle determinazioni assunte. 
Anche il giudice di appello ha stigmatizzato, in sede cautelare, l’insufficienza dell’istruttoria svolta, rimarcando che l’Amministrazione regionale non si sia curata previamente di accertare se le strutture pubbliche (o private debitamente accreditate) operative in ambito provinciale potessero, o meno, accogliere tutti i pazienti dializzati in cura presso le strutture gestite da Diaverum s.r.l.; ciò che comporta anche la violazione di un fondamentale principio terapeutico quale quello della continuità  assistenziale (Consiglio di Stato, Sez. III. Sentenza n. 2951 del 15/06/2015).
Una particolare esigenza di completezza nel processo di acquisizione preventiva degli interessi coinvolti derivava a maggior ragione dalle peculiarità  proprie della materia, afferente a prestazioni c.d. salva vita che, notoriamente, incidono su delicati profili psicologici del paziente, titolare di un qualificato interesse alla continuità  del trattamento terapeutico.
2.2.- Con il motivo sub 3, poi, la ricorrente articola censure di natura più strettamente sostanziale, essenzialmente dirette a contestare la ricostruzione del quadro normativo di riferimento operata dalla Regione, con gli atti impugnati, in tema di condizioni di erogabilità  delle prestazioni “H” per cui è causa. 
2.2.1. Orbene, già  con la su citata nota circolare prot. n. AOO/151/9898 del 19/09/2012, indirizzata ai Dirigenti Generali delle Aziende Sanitarie Regionali, la Regione Puglia aveva inteso operare la limitazione di cui si discute, avendo chiarito -in riferimento all’erogazione di prestazioni dialitiche in regime ambulatoriale in favore di pazienti uremici cronici- che le prestazioni stesse dovessero considerarsi “soggette a specifiche condizioni di erogabilità ” e che, in particolare quelle previste dal D.M. 22 luglio 1996 e contrassegnate dalla lett. H, potessero essere erogate unicamente “c/o ambulatori protetti ossia presso ambulatori situati nell’ambito di istituti di ricovero ospedaliero”; pena l’esclusione dalle procedure di liquidazione, secondo quanto prescritto dallo stesso D.M. richiamato.
Con successiva nota circolare prot. n. A00/151/12624 del 26/11/2012, oggetto del presente gravame, la Regione ha ripreso -nella sostanza- il contenuto della precedente nota del 19/09/2012, di cui si è appena detto. 
In particolare, per quanto qui rileva, dopo aver classificato le strutture intra-ospedaliere ed extra-ospedaliere abilitate ad erogare prestazioni dialitiche -secondo il R.R. n. 3 del 13.01.2005 modificato dal R.R. n. 3 del 05.02.2010- in centri ad elevato, medio e basso impegno assistenziale e averne riportato le caratteristiche essenziali, ha circoscritto la possibilità  di somministrare le prestazioni contrassegnate dalla lettera “H” dal D.M. 22.7.1996 ai soli centri ad elevato impegno assistenziale. Con due precisazioni: che queste ultime fossero erogabili “solo presso ambulatori protetti, ossia presso ambulatori situati nell’ambito di istituti di ricovero ospedaliero (art. 1, comma 2, lettera a, D.M. 22.07.1996)” ; e, sul piano generale, che “La citata normativa dispone, tra altro, che ogni struttura che eroga prestazioni di emodialisi, indipendente dal livello assitenziale, deve garantire almeno un medico nefrologo ogni 16 pazienti afferenti la struttura, un infermiere ogni tre pazienti, un ausiliario OTA-OSS ogni 10 pazienti, nonchè 3 medici specialisti in nefrologia per ogni modulo di 6 reni artificiali”.
In buona sostanza, la Regione Puglia, con detti provvedimenti del 2012, innovando una prassi consolidata, ha disciplinato l’erogazione delle prestazioni dialitiche in ambito privato introducendo le riportate limitazioni, in dichiarata applicazione di una fonte normativa statale risalente all’anno 1996 (D.M. 22/07/1996). Per effetto di siffatte determinazioni, la ricorrente non può più erogare le prestazioni dialitiche contrassegnate dalla lett. H, in quanto non qualificabile come “ambulatorio protetto”, sebbene in forza degli accordi contrattuali con le aziende sanitarie stipulati negli anni precedenti abbia costantemente erogato le prestazioni in questione (la circostanza non trova smentita nelle difese delle resistenti).
2.2.2.- Nello specifico, con il terzo motivo di ricorso, la Diaverum deduce che l’Amministrazione avrebbe agito sull’erroneo presupposto che dovesse considerarsi tuttora attuale quanto disposto dall’art. 1, comma 2, lett. a) del DM 1996, in base al quale le prestazioni “contrassegnate con la lettera “H”” poichè “soggette a specifiche condizioni di erogabilità ” dovrebbero considerarsi -si ribadisce- “prestazioni erogabili solo presso ambulatori protetti, ossia presso ambulatori situati nell’ambito di istituti di ricovero ospedaliero” o presso case di cura accreditate, così come precisato con circolare ministeriale n. 100/SCPS/21.4075 dell’1 aprile 1997; disciplina ministeriale certamente coerente con i contenuti del Piano Sanitario Nazionale 1994-1996 (PSN) di cui al D.P.R. 1 marzo 1994, che operava una distinzione fra le strutture interessate alla prestazione di trattamenti dialitici basata sulla tipologia dell’assistenza medica (ovvero sulla continuità  o meno della presenza di personale medico) ma che è ormai superato e privo di attualità .
Di contro le Amministrazioni resistenti, formulando difese speculari, sostengono che l’erogazione delle prestazioni dialitiche sarebbe tuttora disciplinata dal D.M. 1996 e che, pertanto, sarebbe ancora operante la limitazione prevista in relazione a quelle contrassegnate dalla lettera “H”, riservate alle strutture ospedaliere o assimilate nei sensi sopra esposti. Ciò in quanto nulla sarebbe stato innovato dai regolamenti regionali n. 3/2005 e 3/2010, che avrebbero mantenuto il criterio di distinzione basato sui diversi livelli di assistenza; nè innovazione alcuna sarebbe stata introdotta -sotto il profilo che qui rileva- dal D.M. 9.12.2015, il quale avrebbe confermato il sistema delineato nel decreto del 1996.
Più precisamente, l’art.3, comma 1, lett. b), in materia di “condizioni di erogabilità  e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale” avrebbe -tra l’altro- confermato che “(¦) Per ciascuna prestazione sono indicati:
(¦)
b) la notazione (R, H) che, ai sensi del decreto ministeriale 22 luglio 1996, individua la tipologia di ambulatori presso i quali è erogabile la prestazione; (¦)”. 
2.2.3.- Orbene, la questione al centro della presente controversa è perfettamente sovrapponibile a quella decisa nella già  richiamata sentenza di questa Sezione n. 1022/2013, emessa su ricorso della stessa Diaverum Italia s.r.l.; questione risolta nel senso dell’illegittimità  delle restrizioni imposte dalla Regione sulla scorta di articolate considerazioni che questo Collegio condivide e fa proprie, quali parti integranti della presente pronuncia. Alla predetta sentenza, pertanto, si rinvia quale precedente conforme ai sensi e per gli effetti dell’art. 74 c.p.a..
Con la decisione in parola, si è invero disposto l’annullamento della richiamata nota circolare prot. AOO151/9898 del 19 settembre 2012, il cui contenuto -si ribadisce quanto già  chiarito sub 1- è stato sostanzialmente riprodotto -sotto il profilo che qui rileva- nelle determinazioni gravate.
In particolare, la decisione in parola ha ricondotto il ritenuto superamento del limite all’erogabilità  delle cd. prestazioni “H” previsto dal D.M. del 1996 innanzitutto ed essenzialmente alla “ratio” della limitazione stessa; ratio individuata nella distinzione -ritenuta superata- in tema di prestazioni dialitiche, contenuta nel PSN 1994-1996 al punto 5.C.3, tra servizi domiciliari e non (che vengono qui in considerazione) e di questi ultimi in strutture ospedaliere con assistenza garantita in via continuativa dalla presenza costante di personale medico e ambulatori esterni, invece privi di tale costante assistenza (rectius: strutture ad assistenza limitata finalizzate al trattamento di pazienti addestrati all’autogestione che non richiedano la presenza costante di personale medico).
In effetti, il sopravvenuto regolamento regionale n. 3/2005 (non modificato sul punto dal successivo R.R. n. 3/2010), al punto B.01.04, dopo aver stabilito che “la dialisi è un trattamento terapeutico ambulatoriale per pazienti affetti da insufficienza renale in fase uremica che può essere effettuato in ambito extraospedaliero e intraospedaliero”, ha innanzitutto riclassificato le attività  dialitiche in tre livelli, individuando quale elemento distintivo non più i parametri organizzativi, bensì particolari connotazioni strutturali ovvero l’idoneità  della struttura al trattamento di particolari stati patologici del paziente.
Più precisamente ha così suddiviso le strutture di cui si tratta:
– ad elevato impegno assistenziale presso U.O. di dialisi in grado di garantire per tutti i giorni dell’anno assistenza dialitica 24 ore su 24;
– a medio impegno assistenziale, presso centri dialisi ad assistenza decentrata;
– a basso livello assistenziale presso centri dialisi ad assistenza limitata.
In secondo luogo, ha previsto a carico di tutte le strutture interessate a prestazioni dialitiche, indipendentemente dal livello assistenziale, l’obbligo di garantire almeno un medico nefrologo ogni 16 pazienti afferenti al struttura, un infermiere ogni 3, un ausiliario OTA-OSS ogni 10, nonchè 3 medici specialisti in nefrologia per ogni modulo di 6 reni artificiali.
Ma -deve convenirsi- quel che più rileva, a sostegno della inattualità  delle distinzioni operate dal D.M. 1996, è stata la previsione dell’obbligo di presenza del medico durante l’esecuzione del trattamento.
Ciò in effetti non consente di poter considerare attuale la distinzione operata dal PSN 1996 sulla base della tipologia di assistenza medica, atteso che non è più possibile oggi effettuare prestazioni di dialisi presso strutture che, ancorchè definibili ad assistenza limitata, non dispongano della presenza costante di personale medico durante il trattamento.
In forza delle statuizioni del RR n. 3/2005 e RR n. 3/2010, pertanto, nella Regione Puglia non è più consentito a nessuna tipologia di struttura di provvedere alla erogazione dei trattamenti dialitici in un regime di “autogestione” ed in mancanza di adeguata assistenza medica.
Che la ratio della limitazione all’erogabilità  delle prestazione “H” fosse rappresentata -nell’ottica del D.M. del 1996- dalla necessità  che venisse garantita continuità  dell’assistenza da parte di personale medico, restando irrilevante la natura ospedaliera della struttura in sè, è indirettamente confermato: a) dalla circostanza che il DM 1996 equiparava alle strutture ospedaliere, ai fini in esame, le case di cura accreditate, che strutture ospedaliere non sono ma che garantiscono, tuttavia, una costante assistenza medica; b) dalla circostanza che lo stesso D.M. 1996, distingueva identiche prestazioni (apponendo o meno la lettera “H”) a seconda che fossero erogate in ambito protetto, “domiciliare” (v. “Emodialisi in acetato o in bicarbonato domiciliare”) o in ambiti ad “assistenza limitata” (v. “Emofiltrazione con membrane a permeabilità  elevata”); a seconda cioè delle specifiche modalità  di erogazione, a loro volta incidenti sul relativo costo di rimborso.
Nè può condividersi quanto sostenuto dalla difesa della Regione a proposito del sopravvenuto D.M. 9.12.2015 (sopravvenuto anche al precedente di questa Sezione cui si è fatto rinvio) che, all’art. 3, comma 1, lett. b), avrebbe confermato il sistema delineato dal citato D.M. del 1996. 
La disposizione riportata va, invero, letta ed interpretata nel contesto in cui si inserisce; ovvero tenuto conto che opera un rinvio all’Allegato 1 dello stesso decreto, precisando che ne costituisce parte integrante, il quale -testualmente- “riporta le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale di cui al decreto ministeriale 22 luglio 1996, cui sono associate condizioni di erogabilità  o indicazioni di appropriatezza prescritta”. Pertanto, solo in relazione alle prestazioni riportate nel predetto Allegato 1 possono valere le indicazioni di cui all’art. 3, comma 1 citato; tra le quali quella di cui al punto b), valorizzata dalla difesa della Regione.
Senonchè, a ben guardare, l’Allegato 1 al decreto non contempla affatto le prestazioni dialitiche di cui si tratta; nè riporta alcuna annotazione riconducibile al codice “H” che sia riferibile a tali prestazioni.
Tanto meno simili limitazioni potrebbero essere ricondotte al nuovo tariffario regionale (peraltro impugnato dalla Diaverum con ricorso pendente iscritto al n. 77/2014) quand’anche, nel fissare i corrispettivi delle prestazioni di cui si tratta, avesse tradotto -sotto il profilo che qui rileva- l’indirizzo interpretativo contenuto nella circolare oggetto del presente gravame in differenze tariffarie; indirizzo interpretativo la cui illegittimità  non potrebbe tuttavia che travolgere -in parte qua- anche le determinazioni conseguenziali.
2.2.4.- In estrema sintesi quindi, rinviando -si ribadisce- alle considerazioni diffusamente svolte nel citato precedente di questa Sezione, deve concludersi che la circolare interpretativa qui gravata del Dirigente Sezione Programmazione Assistenza Ospedaliera e Specialistica della Regione Puglia, indirizzate ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie, non è idonea a modificare il contenuto delle prescrizioni regolamentari applicabili alla fattispecie in esame.
L’integrazione della normativa vigente non può avvenire in via amministrativa attraverso circolari o atti interni emanati dall’Amministrazione in quanto gli stessi, per la loro natura e per i principi di legalità  dell’azione amministrativa e gerarchia delle fonti, non possono innovare la disciplina prevista dalla fonte legislativa o regolamentare sovraordinata.
In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 7521 del 15.10.2010: “Le circolari amministrative, in quanto atti di indirizzo interpretativo, non sono vincolanti per i soggetti estranei all’Amministrazione, mentre per gli organi destinatari esse sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano “contra legem”.
3.- Tuttavia, sebbene le statuizioni oggetto di impugnazione nel presente giudizio siano -come più volte chiarito- sostanzialmente riproduttive di quelle contenute nella precedente circolare prot. AOO151/9898 del 19 settembre 2012, già  annullate con la sentenza di questa Sezione n. 1022/2013 alla quale si è fatto rinvio, non può trovare accoglimento il primo motivo di gravame, con il quale parte ricorrente vorrebbe far valere l’effetto conformativo derivante dal giudicato formatosi a seguito della sentenza di primo grado.
La ricorrente deduce che, con il provvedimento impugnato del 16 marzo del 2016, la Regione Puglia, sulla base delle medesime motivazioni articolate con la circolare regionale prot. AOO/151/9898 del 19.09.2012, ha riaffermato il divieto di erogazione delle prestazioni contrassegnate con la lett. H) da parte di strutture ambulatoriali extra-ospedaliere, facendone quindi applicazione nei confronti del centro ambulatoriale di dialisi gestito da Diaverum nel comune di Taranto. 
Se è pur vero che i richiamati atti sono stati annullati in sede giurisdizionale e che l’appello proposto avverso la detta pronuncia è stato respinto dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 2951/2015, tuttavia non sono stati esaminati dal giudice di appello i temi di carattere più generale affrontati dal T.A.R. in primo grado, essendo stati ritenuti ˜assorbenti’ i profili concernenti la violazione dell’art. 7 l. n. 241/90 e il difetto di istruttoria della p.a.; e, alla stregua di consolidata e condivisibile giurisprudenza, “Il preciso significato del giudicato va ricavato dalla lettura congiunta del dispositivo e della motivazione della sentenza” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 maggio 2015, n. 2450, cit.).
In particolare, nell’ipotesi in cui il giudice si sia pronunciato sull’atto giudicandolo affetto da soli vizi formali senza accertare funditus il rapporto controverso, la Pubblica Amministrazione conserva pieni poteri per il rinnovo della sua valutazione sostanziale, con la conseguenza che il provvedimento emendato dai vizi rilevati in sede di cognizione ma ugualmente non satisfattivo per il privato sarà  inficiato da un’autonoma illegittimità .
Nella fattispecie in esame, il Consiglio non si è pronunciato in forma espressa sul quadro normativo vigente in tema di erogabilità  delle prestazioni di emodialiasi indicate con la lettera H) da parte delle strutture sanitarie extraospedaliere, avendo -come detto- ritenuto assorbenti i profili dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento e del difetto di istruttoria.
Senza trascurare che la determina dirigenziale del 16 marzo 2016 fonda il suo dispositivo di esclusione dall’ambito delle prestazione erogabili dai centri dialisi privati extraospedalieri quelle contrassegnate con la lettera H), sull’interpretazione -pur errata ed illogica per quanto su espresso- dei R.R. n. 3/2005 e n. 3/2010, fornita nella circolare qui gravata (la n. A00/151/12624 del 26/11/2012), differente e maggiormente analitica rispetto alla precedente circolare n. 9898 del 19/09/2012 che non risulta impugnata nè valutata nei precedenti giudizi, ove erano parti in causa sia la società  Diaverum Italia, attuale ricorrente, sia la Regione Puglia.
Orbene, “l’azione di annullamento è caratterizzata dal fatto di lasciare impregiudicato il successivo agere della p.a., con il riconoscimento di un potere-dovere per l’ amministrazione di emanare una “nuova” determinazione, sia pure in conformità  ai principi, alle regole ed alle disposizioni contenute nel dictum giurisdizionale prima intervenuto: è dunque in questo che si concreta l’effetto conformativo della sentenza di annullamento, appunto in relazione ai motivi di ricorso esaminati e accolti, nonchè in relazione alle ragioni della pronuncia” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 11.11.2014, n. 5513); sicchè “¦ai fini della delimitazione dell’ambito del giudicato sotto il profilo del c.d. effetto conformativo dell’ulteriore attività  dell’Amministrazione, occorre distinguere le sentenze ad effetto vincolante pieno, con le quali l’atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all’esercizio del potere, da quelle ad effetto vincolante strumentale, con le quali l’annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone all’Amministrazione soltanto di eliminare il vizio dell’atto, ma non la vincola in alcun modo nei contenuti” (cfr. T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, Sez. I, 14.11.2016, n. 383, conforme a C.d.S., Sez. IV, 5.12.2006 n. 7112).
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 2951 del 15 giugno 2015, cosi si esprime in relazione alla fattispecie che ci occupa:” nei limiti e per le ragioni esposte, dunque, la sentenza appellata merita conferma, dovendosi respingere entrambe le impugnazioni, principale ed incidentale, ferma restando naturalmente la potestà  dell’Amministrazione, una volta scaduto l’accordo, di rivalutare la situazione, nella cura dell’interesse pubblico ad essa demandato, previa adeguata istruttoria, e nel rispetto del quadro legislativo, nazionale e regionale, che disciplina la materia, assicurando che le strutture deputate all’erogazione di tali prestazioni posseggano i requisiti, strutturali e funzionali, previsti dalla legge per l’adeguata assistenza dei pazienti dializzati.”
Per le suesposte considerazioni, il provvedimento impugnato non può dirsi viziato per violazione del precedente giudicato e dichiarato nullo.
4. In ogni caso, come su evidenziato, il Collegio condivide nel merito, e per l’effetto, fa autonomamente proprie -quali parti integranti di questa pronuncia- le valutazioni svolte con la sentenza n. 1022/2013 TAR Bari, con conseguente accoglimento in particolare del terzo motivo di ricorso concernente la possibilità  per la Diaverum Italia di svolgere, nel rapporto con la ASL Taranto, le prestazioni contrassegnate dalla lettera H) dal D.M. 22 luglio 1996, con oneri a carico del S.S.R..
Il ricorso deve dunque essere accolto; atteso tuttavia il carattere di novità  delle questioni trattate, il Collegio ritiene di procedere alla compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti gravati. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giacinta Serlenga, Presidente FF, Estensore
Flavia Risso, Referendario
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Giacinta Serlenga
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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