1. Risarcimento del danno  – Domanda di accertamento illegittimità  atto – Ai fini risarcitori – Art. 34, co. 3, c.p.a – Se non sia stata proposta la domanda risarcitoria – Inammissibilità 
 

2. Contratti pubblici – Esecuzione – Reiterata proroga del contratto con ordinanza contenibile e urgente – Importo concordato con l’impresa – Conseguenze

1. à‰ inammissibile la domanda di accertamento dell’illegittimità  dell’atto amministrativo ai soli fini risarcitori ex art. 34, co. 3, c.p.a., ove la domanda risarcitoria non sia stata proposta nel medesimo giudizio o con giudizio autonomo ovvero sia in procinto di essere introdotta,  solo in  tali casi inverandosi la condizione prescritta dalla norma della  sussistenza dell’interesse della parte ricorrente ai fini risarcitori, laddove è irrilevante la mera dichiarazione resa in giudizio  di voler proporre una domanda risarcitoria, manifestandosi in tal modo  un interesse generico e non sufficientemente attendibile.


2. Nell’ambito di un rapporto contrattuale  per lo svolgimento di un pubblico servizio (R.S.U.), è infondata la domanda proposta dall’appaltatore  per la  condanna al pagamento di maggiori oneri in ragione delle proroghe  pluriennali del servizio attuate con ordinanza contenibile  ed urgente  e della fissazione da parte della Stazione appaltante delle medesime condizioni contrattuali pattuite originariamente, ove l’appaltatore medesimo  abbia dichiarato, a suo tempo e  reiteratamente, di accettare gli importi proposti ritenendoli congrui.

Pubblicato il 07/04/2017
N. 00376/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00483/2013 REG.RIC.
N. 00484/2013 REG.RIC.
N. 00548/2013 REG.RIC.
N. 00701/2013 REG.RIC.
N. 00205/2014 REG.RIC.
N. 00998/2014 REG.RIC.
N. 00166/2015 REG.RIC.
N. 00591/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 483 del 2013, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16; 

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Piccinni, n. 150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97; 



sul ricorso numero di registro generale 484 del 2013, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16; 

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Piccinni, n. 150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;



sul ricorso numero di registro generale 548 del 2013, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16;

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Piccinni, n. 150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;



sul ricorso numero di registro generale 701 del 2013, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16;

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Piccinni, n. 150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;




sul ricorso numero di registro generale 205 del 2014, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16;

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Piccinni, n. 150; 
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;




sul ricorso numero di registro generale 998 del 2014, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16;

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via N. Piccinni, n.150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Sindaco Comune di Locorotondo Ufficiale di Governo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;




sul ricorso numero di registro generale 166 del 2015, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16;

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via N. Piccinni, n. 150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;




sul ricorso numero di registro generale 591 del 2015, proposto da: 
Monteco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Luigi Portaluri, C.F. PRTPLG61R27E815J, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ida Maria Dentamaro, in Bari, via De Rossi, n. 16;

contro
Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennaro Rocco Notarnicola, C.F. NTRGNR60P06F915H, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via N. Piccinni, n. 150; 
Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
quanto al ricorso n. 483 del 2013:
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 14 del 28.2.2013 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo per il periodo che va dal 1.3.2013 al 31.3.2013, seguendo le identiche originarie modalità  operative” previste nel contratto del 2000 dietro il pagamento di un canone di “euro 62.320,26 oltre IVA ¦ calcolato su una base di canone annuo di euro 747.843,20”;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto del ricorrente a percepire i maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio, pari a euro 35.977,88;
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle suddette somme oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
quanto al ricorso n. 484 del 2013:
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 6 dell’1.2.2013 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo per il periodo che va dal 1.2.2013 al 28.2.2013, seguendo le identiche originarie modalità  operative” previste nel contratto del 2000 dietro il pagamento di un canone di “euro 62.320,26 oltre IVA ¦ calcolato su una base di canone annuo di “euro 747.843,20”;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto del ricorrente a percepire i maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio, pari a euro 35.977,88;
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle suddette somme oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
quanto al ricorso n. 548 del 2013:
previa concessione delle misure cautelari ex artt. 55 e 56 c.p.a., 
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 17 del 29.3.2013 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo per il periodo che va dal 1.3.2013 al 31.3.2013 (rectius 1.4.2013 al 30.4.2013), seguendo le identiche originarie modalità  operative” previste nel contratto del 2000 dietro il pagamento di un canone di “euro 62.320,26 oltre IVA ¦ calcolato su una base di canone annuo di euro 747.843,20”; di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente a percepire i maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio, pari a euro 35.977,88;
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno ovvero della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle suddette somme oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 701 del 2013:
previa concessione delle misure cautelari ex artt. 55 e 56 c.p.a.,
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 32 del 30.4.2013, con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  ricorrente di “provvedere all’espletamento del servizio di igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo fino all’espletamento della procedura concorsuale per l’espletamento del servizio da parte dell’ARO Ba/6 e comunque non oltre il 31.12.2013 alle stesse condizioni” di cui al contratto n. 3632 di rep. del 10.3.2000″, prevedendosi un corrispettivo mensile di euro 62.320,26 oltre IVA;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria 
del diritto della ricorrente a percepire i maggiore oneri derivanti dall’esecuzione del servizio, quantificati in euro 45.318,47 per il solo mese di maggio; 
e per la condanna
del Comune di Locorotondo e del Ministero dell’Interno, ovvero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
quanto al ricorso n. 205 del 2014:
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 133 del 30.12.2013 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo fino all’espletamento della procedura concorsuale per l’espletamento del servizio da parte dell’ARO BA/6 e comunque non oltre il 30.6.2014, alle stesse condizioni di cui al Contratto n. 3632 di rep. del 10.3.2000, registrato a Gioia del Colle il 27.3.2000, al n. 692” a fronte del canone mensile di euro 62.320,26 oltre IVA;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente a percepire un canone maggiore attesi i più elevati costi derivanti dall’esecuzione del servizio, quantificati allo stato e salvo miglior dettaglio in euro 50.000,00 per il solo mese di gennaio; 
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, in persona del Sindaco pro tempore; ovvero del Sindaco pro tempore del Comune di Locorotondo, nella sua qualità  di Ufficiale di Governo ex art. 54, d.lgs. n. 267/2000; ovvero del Sindaco pro tempore del Comune di Locorotondo, quale titolare dei poteri ex art. 191, d.lgs. n. 152/2006; ovvero del Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore; ovvero infine del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
quanto al ricorso n. 998 del 2014:
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 81 del 27.6.2014 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo fino all’espletamento della procedura concorsuale per l’espletamento del servizio da parte dell’ARO BA/6 e comunque non oltre il 31.12.2014, alle stesse condizioni di cui al Contratto n. 3632 di rep. del 10.3.2000, registrato a Gioia del Colle il 27.3.2000, al n. 692” a fronte del canone mensile di “euro 62.320,26 oltre IVA”;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente a percepire un canone maggiore attesi i più elevati costi derivanti dall’esecuzione del servizio, quantificati allo stato e salvo miglior dettaglio in euro 60.000,00 mensili; 
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno, ovvero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
quanto al ricorso n. 166 del 2015:
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 180 del 30.12.2014 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo fino all’espletamento della procedura concorsuale per l’espletamento del servizio da parte dell’ARO BA/6 e comunque non oltre il 31.3.2015, alle stesse condizioni di cui al Contratto n. 3632 di rep. del 10.03.2000, registrato a Gioia del Colle il 27.3.2000, al n. 692”, a fronte del canone mensile di euro 62.320,26 oltre IVA;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente a percepire un canone maggiore attesi i più elevati costi derivanti dall’esecuzione del servizio, quantificati allo stato e salvo miglior dettaglio in euro 60.000,00 mensili; 
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno, ovvero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
quanto al ricorso n. 591 del 2015:
dell’ordinanza contingibile e urgente n. 30 del 30.3.2015 con la quale il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ordinato alla società  Monteco S.r.l. di “provvedere all’espletamento del servizio di Igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di Locorotondo fino alla definizione dei rapporti contrattuali per l’espletamento del servizio da parte dell’ARO BA/6 e comunque non oltre il 31.5.2015, alle stesse condizioni di cui al Contratto n. 3632 di rep. del 10.3.2000, registrato a Gioia del Colle il 27.03.2000, al n. 692” a fronte del canone mensile di euro 62.320,26 oltre IVA;
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto, in quanto lesivo;
nonchè per l’accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente a percepire un canone maggiore attesi i più elevati costi derivanti dall’esecuzione del servizio (oltre l’utile e le spese generali come per legge), quantificati allo stato (e salvo miglior dettaglio) in ulteriori euro 60.000,00 mensili, da sommare al canone imposto nell’ordinanza, pari a euro 62.320,26 oltre IVA, per un totale di euro 140.000 circa di soli costi mensili; 
e per la condanna
del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno, ovvero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pagamento (in solido o – in subordine – per quanto di competenza) delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2016 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori avv. Pier Luigi Portaluri, avv. Gennaro Rocco Notarnicola e avv. dello Stato Walter Campanile (quest’ultimo nelle preliminari);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
La Monteco S.r.l. ha impugnato le ordinanze contingibili ed urgenti meglio indicate in epigrafe con le quali il Sindaco del Comune di Locorotondo ha ad essa ordinato di provvedere all’espletamento del servizio di igiene urbana consistente nello spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sul territorio comunale, seguendo le identiche originarie modalità  operative, dietro il pagamento di un importo pari a euro 62.320,26 oltre IVA come per legge, calcolato su una base di canone annuo di euro 747.843,20 oltre IVA.
La ricorrente ha chiesto altresì l’accertamento e la declaratoria del suo diritto a percepire i maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio e la condanna del Comune di Locorotondo, del Ministero dell’Interno ovvero della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo.
La ricorrente ha censurato le ordinanze contingibili ed urgenti per violazione e falsa applicazione dell’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e seguenti della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria, difetto assoluto di motivazione, violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità  dell’azione amministrativa, erronea presupposizione, violazione degli articoli 23 e 41 della Costituzione in relazione all’art. 178 del d.lgs. n. 152 del 2006, nonchè all’art. 32 del d.P.R. n. 207 del 2010.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e il Comune di Locorotondo.
La Monteco S.r.l. ha depositato in giudizio la documentazione attestante le maggiori spese sostenute per l’esecuzione delle ordinanze.
All’udienza pubblica del 29.5.2015, il Presidente, vista l’istanza di rinvio per riunione al ricorso R.G. n. 591/2015, con adesione delle controparti, ha disposto il differimento della trattazione del ricorso all’udienza pubblica del 18.10.2016.
In prossimità  dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive tesi.
All’udienza pubblica del 18.10.2016, al termine della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Preliminarmente, il Collegio dispone la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe per ragioni di evidente connessione soggettiva ed oggettiva.
2. – Sempre in via preliminare, il Collegio accoglie l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero dell’Interno e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitisi in giudizio.
Sul punto ci si limita ad osservare che, come osservato dalle Amministrazioni de quibus, le ordinanze impugnate sono state adottate ai sensi del combinato disposto dell’art. 50, comma 5 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006; ne consegue che il Sindaco non ha adottato le ordinanze impugnate come Ufficiale di Governo (nell’esercizio dunque di funzioni statali), ma quale rappresentante della comunità  locale e Autorità  sanitaria locale.
In ogni caso, sul punto, si richiama quanto statuito dalla quinta sezione del Consiglio di Stato: “Deve innanzitutto rilevarsi che nella controversia de qua non risulta emanato alcun atto riconducibile ad amministrazioni statali, così che sussiste il difetto di legittimazione passiva dell’appellato Ministero dell’Interno. Indipendentemente da ogni riferibilità  al Sindaco, quale ufficiale di governo, delle impugnate ordinanze, contingibili ed urgenti, è sufficiente ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi, l’imputazione giuridica allo Stato degli effetti dell’atto del sindaco ha natura meramente formale, restando il Sindaco incardinato nel complesso organizzativo dell’ente locale, senza alcuna modifica del suo status (Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2221; 3 marzo 2009,n. 1209; 7 settembre 2007, n. 4718; 13 agosto 2007, n. 4448; sez. V, 17 settembre 2008 n. 4434)” (cfr. sentenza n. 2272 del 6 maggio 2015).
Per quanto esposto deve procedersi all’estromissione del Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal presente giudizio.
3. -Ancora in via preliminare va evidenziato che la ricorrente, in punto di fatto, riferisce che:
– con contratto rep. n. 3632 del 10.3.2000 il Comune di Locorotondo aveva affidato alla società  SO.GE.A. di Lecce, poi fusa per incorporazione dall’odierna ricorrente, il servizio di gestione dei rifiuti urbani per il periodo di nove anni decorrenti dal giorno 1.4.2000;
– scaduto il contratto, al fine di garantire la continuità  del servizio nel tempo occorrente per l’espletamento della nuova procedura di aggiudicazione, il Comune aveva riaffidato alla ricorrente il servizio de quo dal giorno 1.4.2010 al 31.12.2010, alle stesse condizioni previste nel contratto originario;
– sempre in attesa dell’espletamento della nuova gara il rapporto era stato nuovamente prorogato, mantenendo ferme le condizioni previste nel contratto originario; solo con l’ordinanza n. 162 del 30.12.2011 il Comune, ordinando alla ricorrente di svolgere il servizio per ulteriori sei mesi, aveva operato una lieve revisione del canone (per contrastare l’effetto dell’inflazione registrata nel corso del 2010);
– il Comune di Locorotondo aveva continuato ad ordinare alla ricorrente di gestire il servizio di igiene urbana fino alle impugnate ordinanze meglio indicate in epigrafe.
4. – Orbene, per ragioni di ordine logico, il Collegio ritiene opportuno partire dall’analisi dei primi motivi di gravame dei ricorsi R.G. n. 701/2013 – 205/2014 – 998/2014 – 166/2014 e 591/2015 essendo strutturati in modo analogo ed essendo tutti collegati alla domanda di nullità  o annullamento totale delle ordinanze de quibus, rinviando l’analisi dei ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013 al punto 5 di questa sentenza, dove verranno esaminate le censure sollevate dalla parte ricorrente con specifico riferimento all’importo previsto nelle ordinanze di che trattasi; in quella sede, pertanto, verrà  valutata la domanda di annullamento parziale delle ordinanze suddette nella parte in cui prevedono l’importo contestato. 
4.1.- Con la prima censura (dei ricorsi R.G. n. 701/2013 – 205/2014 – 998/2014 – 166/2014 e 591/2015) la Monteco S.r.l. sostiene che nella specie mancano del tutto i presupposti che giustificano il ricorso al potere di ordinanza.
Più nello specifico, secondo la ricorrente, la situazione che s’intende fronteggiare con le ordinanze impugnate (vale a dire l’interruzione del servizio pubblico di gestione dei rifiuti) non è eccezionale; al contrario si tratterebbe di una diretta e prevedibilissima conseguenza del comportamento negligente tenuto dall’Autorità  comunale che ha atteso la scadenza dell’originario contratto (2009) e del biennio di proroga (2011) prima di dare avvio all’iter di predisposizione della nuova gara.
4.2.- Con la seconda doglianza (del ricorso R.G. n. 701/2013 e n. 205/2014) la Monteco S.r.l. lamenta che nella specie l’Autorità  comunale abbia fatto ricorso alla gestione straordinaria ex art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, oltre il periodo massimo consentito (18 mesi).
Più nello specifico, afferma che alla stessa è stato imposto di proseguire nella gestione del servizio: dapprima con due ordinanze aventi ciascuna durata semestrale (le ordinanze n. 162 del 30.12.2011 e n. 60 del 27.6.2012); successivamente, con quattro ordinanze aventi ciascuna durata mensile (le ordinanze n. 1 del 2.1.2013, n. 6 dell’1.2.2013, n. 14 del 28.1.2013 e n. 17 del 29.3.2013); infine, con le successive ordinanze impugnate, per ulteriori mesi, complessivamente superando il periodo massimo previsto dall’art. 191, comma 4, citato, ai sensi del quale la gestione straordinaria non può durare complessivamente per più di 18 mesi, determinando la nullità  delle ordinanze impugnate.
4.3.- Con la terza doglianza del ricorso R.G. n. 701/2013 e n. 205/2014 e con la seconda censura del ricorso R.G. n. 998/2014, n. 166/2014 e 591/2015 la Monteco S.r.l. lamenta che, con le ordinanze impugnate, il Comune di Locorotondo avrebbe ad essa imposto di svolgere il servizio alle condizioni previste da un contratto stipulato nell’anno 2000, prevedendo un corrispettivo mensile aggiornato solo nel 2011; ciò in violazione di quanto stabilito dall’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006 che pur consentendo, qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità  di tutela della salute pubblica e dell’ambiente e non si possa altrimenti provvedere, il ricorso a forme di gestione dei rifiuti derogatorie rispetto a quelle ordinarie, prevede che debba essere garantito un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. 
Il corrispettivo stabilito nelle ordinanze impugnate, secondo la ricorrente, non consentirebbe di garantire tale livello di tutela.
Più nello specifico, la ricorrente afferma che “il ricorso al potere extra ordinem s’è risolto nell’imposizione autoritativa di condizioni di svolgimento del servizio che impediscono alla ricorrente di erogare prestazioni di livello elevato”.
A parere della ricorrente l’ordine dell’Autorità  comunale che il servizio sia erogato alle medesime condizioni e con modalità  identiche a quelle derivanti da un precedente rapporto contrattuale del 2000 sarebbe totalmente irrazionale e illegittimo; sarebbe mancata qualunque attività  istruttoria da parte del Comune di Locorotondo sugli aspetti relativi al corrispettivo evidenziati dalla ricorrente nel gravame.
Peraltro, l’illegittimità  e l’irragionevolezza delle ordinanze troverebbero ulteriore e definitiva conferma nella quantificazione dell’importo imposto dal Comune di Locorotondo alla Monteco S.r.l. per l’espletamento del servizio di che trattasi. 
Tale importo sarebbe stato invero determinato in base a quanto previsto nell’ordinanza n. 161 del 2011, senza tenere conto delle attuali condizioni di mercato, nè degli eccezionali eventi verificatisi nel corso dell’anno 2012 e nei primi mesi del 2013 e non sconterebbe l’imprevisto aumento del carburante, l’aumento dei costi del personale, etc¦
Secondo la ricorrente, l’effetto di quest’insieme di condizioni si tradurrebbe in un risultato di gestione negativo: l’importo percepito, insomma, non sarebbe in grado di garantire il conseguimento di un utile e neppure di coprire i costi di gestione liddove, alla luce delle diverse disposizioni normative citate nel ricorso, all’operatore privato potrebbe essere imposta una prestazione solo se “tecnicamente ed economicamente fattibile”.
In sintesi, la ricorrente sostiene che l’Autorità  comunale avrebbe autoritativamente imposto un “importo” unilateralmente determinato, utilizzando come riferimento un canone riferito ad altri rapporti (ormai esauritisi), erogati in altri momenti storici e con condizioni di mercato assolutamente differenti; e ciò avrebbe fatto senza dar conto nè delle ragioni per le quali avrebbe ritenuto di dover applicare quell’importo nè, tantomeno, dell’iter seguito per giungere alla relativa determinazione.
La Monteco S.r.l. precisa altresì che l’onere motivazionale non potrebbe ritenersi soddisfatto mercè l’indicazione, contenuta nei consideranda delle gravate ordinanze, dell’Atto liberatorio del 9.2.2012 con il quale la ricorrente ha affermato “di ritenersi integralmente soddisfatta di quanto è stato corrisposto alla data del 31 gennaio 2012 dal Comune di Locorotondo quale corrispettivo alla stessa spettante, per il servizio di Igiene Urbana svolto fino a tale data, dichiarando altresì di accettare la prosecuzione dello stesso alle medesime condizioni contrattuali sinora praticate, senza null’altro a pretendere”.
Secondo la ricorrente, con l’Atto de quo, la stessa avrebbe soltanto dichiarato d’esser stata soddisfatta delle pretese derivanti dall’originario contratto d’appalto e dalle successive proroghe, mentre non avrebbe mai reso dichiarazioni di questo tenore con riferimento al futuro. 
Più nello specifico, la Monteco S.r.l. afferma che l’impegno dalla stessa assunto con la sottoscrizione dell’Atto in questione aveva una durata ben precisa: alla data di sottoscrizione dell’Atto liberatorio (9.2.2012), infatti, era già  in corso d’esecuzione l’ordinanza n. 162/11, con cui l’Autorità  comunale di Locorotondo aveva imposto alla ricorrente di eseguire il servizio dal 1°.1.2012 a tutto il 30.6.2012. Di ciò si farebbe espressa menzione nei considerando dell’Atto liberatorio, laddove sarebbe infatti chiaramente evidenziato che “con ordinanza sindacale n. 162 del 30 dicembre 2011 si disponeva la prosecuzione del servizio fino al 30 giugno 2012 alle stesse condizioni contrattuali relative al pregresso periodo”.
La conferma di quanto sopra si trarrebbe anche dal fatto che Monteco S.r.l. avrebbe sempre contestato i corrispettivi imposti dall’Autorità  comunale con le ordinanze successive.
A tale censura si ricollega la specifica domanda, proposta in via gradata rispetto alla domanda di annullamento totale nei ricorsi R.G. n. 998/2014, R.G. n. 166/2014 e n. 591/2015, di annullamento rispettivamente dell’ordinanza n. 81 del 27.6.2014, dell’ordinanza n. 180 del 30.12.2014 e dell’ordinanza n. 30 del 30.3.2015, solo nella parte in cui impongono alla ricorrente l’importo ivi indicato per lo svolgimento del servizio.
5. – Analoghe considerazioni sono svolte dalla ricorrente nei ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013.
5.1.- Con il primo motivo di ricorso di tali gravami, infatti, la Monteco S.r.l. lamenta che con le ordinanze impugnate il Comune di Locorotondo avrebbe ad essa imposto di svolgere il servizio alle condizioni previste da un contratto stipulato nell’anno 2000, prevedendo un corrispettivo aggiornato solo nel 2011 e ciò in violazione di quanto previsto dall’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Più nello specifico, la ricorrente afferma che “il ricorso al potere extra ordinem s’è risolto nell’imposizione autoritativa di condizioni di svolgimento del servizio che impediscono alla ricorrente di erogare prestazioni di livello elevato” e che “l’A.c….ha ordinato a Monteco di erogare per un solo mese¦prestazioni identiche a quelle erogate in forza del contratto del 2000, che però aveva una vigenza di ben nove anni”.
Secondo la ricorrente, l’erogazione di un servizio per un periodo di tempo di nove anni presuppone e consente un’organizzazione aziendale e un programma operativo di natura e contenuto ben differenti rispetto a quelli che può richiedere l’erogazione di quel medesimo servizio per un periodo di appena un mese.
Alla luce delle suddette sintetizzate considerazioni, la ricorrente sostiene che l’ordine dell’Autorità  comunale che il servizio sia erogato alle medesime condizioni e con modalità  identiche a quelle derivanti da un precedente rapporto contrattuale del 2000, sarebbe totalmente irrazionale e illegittimo.
Sarebbe mancata qualunque attività  istruttoria da parte del Comune di Locorotondo sugli aspetti relativi al corrispettivo evidenziati dalla ricorrente nel gravame e di ciò vi sarebbe ampia evidenza nello scarno corredo motivazionale delle ordinanze impugnate, che si limiterebbero a ricostruire quanto accaduto in passato e a illustrare le ragioni del ricorso al potere extra ordinem.
Secondo la Monteco S.r.l. la scelta di ricorrere al potere straordinario per periodi di così breve durata non può essere giustificata dal fatto che – come si dice nell’ordinanza – in data “31.1.2013 è stato aggiudicato provvisoriamente alla società  Teta S.r.l. di Bari, la consulenza per la redazione del piano industriale” sulla cui base si procederà  all’indizione della nuova gara.
Per la Monteco S.r.l. se – come risulta in tutti i provvedimenti adottati dall’Autorità  comunale – l’esigenza di ricorrere a forme straordinarie di gestione è stata imposta dalla necessità  di assicurare la gestione del servizio in attesa della predisposizione della nuova gara e se a tale esigenza si è fatto fronte ricorrendo a gestioni di durata (quanto meno) semestrale, non sarebbe dato comprendere per quali ragioni, perdurando quelle medesime esigenze (la nuova gara non sarebbe stata ancora indetta e, comunque, anche ove indetta, non si potrebbe concludere nei prossimi mesi) il Comune di Locorotondo abbia ritenuto di poterle fronteggiare ricorrendo a modalità  che la ricorrente reputa irrazionali e illegittime.
5.2.- Con il secondo motivo di gravame, la ricorrente stessa sostiene poi che l’illegittimità  e l’irragionevolezza delle ordinanze trovi ulteriore e definitiva conferma nella quantificazione dell’importo imposto dal Comune di Locorotondo alla Monteco S.r.l. per l’espletamento del servizio di che trattasi.
5.3.- Orbene, dalla complessiva lettura ed analisi dei ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013, sopra sintetizzati, emerge che la ricorrente, con i suddetti gravami, abbia inteso sostanzialmente contestare l’importo previsto nelle ordinanze per lo svolgimento del servizio.
Tale valutazione trova conferma nelle conclusioni dei suddetti ricorsi dove la Monteco S.r.l. non chiede a questo Tribunale di annullare tutto il provvedimento gravato, ma solo “nella parte in cui impone alla ricorrente l’importo ivi indicato per lo svolgimento del servizio”.
Contestualmente, la Monteco S.r.l. chiede a questo Tribunale di accertare e dichiarare il suo diritto a percepire le somme corrispondenti ai maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio medesimo, come risultanti dai prospetti versati in atti e di condannare il Comune di Locorotondo, il Ministero dell’Interno ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione monetaria sino al soddisfo.
Si controverte, dunque, del trattamento economico spettante all’impresa, già  concessionaria del servizio di raccolta dei rifiuti, per l’espletamento del servizio suddetto anche dopo la scadenza del contratto (e della proroga contrattuale dello stesso) stipulato tra le parti, in forza di un’ordinanza contingibile ed urgente.
6.- Veniamo, quindi, alle eccezioni e controdeduzioni del Comune di Locorotondo.
6.1.- Per quanto riguarda la prima censura (dei ricorsi R.G. n. 701/2013 – 205/2014 – 998/2014 166/2014 e 591/2015), il Comune sostiene di aver fatto un uso corretto del potere di ordinanza, attesa la necessità  di garantire la salute pubblica dei cittadini e, quale diretta conseguenza di siffatta esigenza, evitare la “paralisi” del servizio di raccolta, gestione e smaltimento sull’intero territorio comunale dei rifiuti solidi urbani.
Ad ulteriore sostegno del proprio operato richiama l’art. 4, comma 32 ter del D.L. n. 13/8 del 2011 e l’art. 24, commi 1 e 2 della L.R. n. 24 del 2012 che, a parere dell’Autorità  locale, stabilirebbero il divieto di dar corso a nuove procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto rifiuti per il periodo che precede il subentro del nuovo gestore. 
6.2.- Per quanto riguarda la seconda censura dei ricorsi R.G. n. 701/2013 e n. 205/2014, il Comune stesso evidenzia che le ordinanze impugnate sarebbero state emanate anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000, il cui richiamo conferirebbe autonomo e legittimo fondamento all’esercizio del potere di cui il Sindaco si è avvalso. 
6.3.- Per quanto riguarda, poi, il terzo motivo degli stessi ricorsi R.G. n. 701/2013 e n. 205/2014, la seconda censura dei ricorsi R.G. n. 998/2014, n. 166/2014 e 591/2015, nonchè i ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013 l’Amministrazione comunale osserva che l’ordine imposto non avrebbe comportato per la ricorrente l’organizzazione ex novo di un servizio del quale ignorava le peculiarità , dal momento che le modalità  di svolgimento erano già  state puntualmente disciplinate in virtù proprio del contratto di appalto siglato inter partes nel marzo 2000 e che le condizioni di svolgimento del servizio de quo non sarebbero state imposte autoritativamente dal Comune, bensì avrebbero avuto fondamento proprio in un progetto predisposto dalla concessionaria al momento della partecipazione all’appalto concorso nel 1999.
Inoltre, l’Autorità  comunale evidenzia la singolarità  del fatto che la ricorrente non sia mai insorta avverso le ordinanze che precedono quelle impugnate (anche con ricorso R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e 548/2013); in particolare avverso l’ordinanza n. 1 del 2013 ed ancor prima avverso quella relativa al secondo semestre 2012, che aveva portata identica a quelle impugnate quanto alla misura del canone mensile a corrispondersi.
Il Comune evidenzia che le ragioni per cui la misura del canone sia rimasta invariata rispetto a quella concordemente individuata nel 2012 deriva dal fatto che il servizio di gestione rifiuti, rispetto a quella data (ma anche a quella della stipula del contratto), non ha subito modifiche.
Per quanto riguarda, più nello specifico, l’importo previsto nelle ordinanze quale compenso per l’erogazione del servizio, il Comune di Locorotondo afferma che il canone mensile di euro 62.320,26 era stato convenuto con la Monteco S.r.l. appena nel dicembre 2011 e che, dalla data del 7.12.2011 (momento in cui il Comune avrebbe “aggiornato” con deliberazione di Giunta Comunale n. 113 l’originaria misura del canone mensile in quella indicata nelle ordinanze impugnate) a quella di adozione delle ordinanze impugnate, non si sarebbero registrate apprezzabili variazioni nei costi di gestione del servizio tali da giustificare un incremento del canone pari a quello che deriverebbe dall’accoglimento della domanda di condanna proposta dalla ricorrente.
L’Autorità  comunale, infine, afferma di ritenere le pretese della ricorrente non supportate da idonei elementi di prova, risolvendosi nell’indicazione di un valore desunto da un mero prospetto, peraltro unilateralmente predisposto dalla parte.
Più nello specifico, il Comune di Locorotondo afferma che i pretesi maggiori oneri sarebbero stati contabilizzati come se si fosse costituito un rapporto ex novo e non già  dato corso alla prosecuzione di un contratto già  in essere e dichiara di disconoscere la documentazione versata in atti dalla Monteco S.r.l., non potendo questa costituire ex se elemento di prova poichè proveniente dalla parte direttamente e quindi sottratta a qualsivoglia verifica di attendibilità .
In ogni caso, i “prospetti contabili” predisposti dalla ricorrente, a parere dell’Amministrazione comunale, nulla evidenzierebbero se non una normale gestione dell’attività , da cui non si trarrebbero elementi per sostenere che nei periodi di interesse si siano registrate apprezzabili variazioni nei costi di gestione del servizio tali da giustificare un incremento del canone così come pretesto ex adverso.
7.- Veniamo quindi all’esame delle riportate censure e relative controdeduzioni.
7.1.- Il Collegio preliminarmente ritiene che l’asserita acquiescenza prestata dalla ricorrente all’ordinanza n. 1 del 2013 non incida in alcun modo sull’interesse a impugnare le diverse ordinanze oggetto del presente giudizio.
7.2.- Sempre in via preliminare osserva che, nei gravami R.G. n. 483/2013, n. 484/2013, n. 548/2013, R.G. n. 701/2013, n. 205/2014, n. 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015, la ricorrente non solleva alcuna specifica censura circa la necessità  – nella situazione de qua – che il Comune di Locorotondo provvedesse ad assegnare il servizio attraverso una gara pubblica e non già  con ordinanza contingibile ed urgente, essendo le censure dirette a contestare in via esclusiva la mancanza del presupposto dell’eccezionalità  per poter esercitare il suddetto potere ma nell’ottica di conservare l’affidamento ad un prezzo maggiorato, come plasticamente disegnato dalle richieste esplicitate nel petitum.
7.3.- Ancora in via preliminare, il Collegio evidenzia che l’eventuale sussistenza dei vizi sollevati, con la prima censura dei ricorsi R.G. n. 701/2013, 205/2014, 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015 e con la seconda censura dei ricorsi n. 701/2013 e 205/2014,determinerebbe l’annullabilità  delle ordinanze impugnate; non già  la loro nullità .
L’asserita mancanza dei presupposti per l’adozione delle ordinanze impugnate, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale (dal quale il Collegio stesso non ritiene di discostarsi),non determina infatti la carenza di potere in astratto, ma integra semplicemente un’ipotesi di cattivo uso del potere (sul punto, ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 26 luglio 2016, n. 3369; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 3 ottobre 2001, n. 1497).
In particolare, per quanto riguarda l’asserito mancato rispetto del termine di 18 mesi previsto come termine massimo dall’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, il Collegio ritiene che la censura de qua determini un’eventuale ipotesi di illegittimità  dell’atto per violazione di legge e non un’ipotesi di nullità  per carenza di potere in astratto (rectius difetto assoluto di attribuzione).
7.4.- Ciò posto, il Collegio non può non rilevare che la domanda di annullamento totale delle ordinanze di che trattasi, alla luce di quanto emerso all’udienza pubblica del 18.10.2016 di discussione del merito, deve ritenersi inammissibile essendo l’interesse all’annullamento delle ordinanze stesse affidato alla futura presentazione della domanda di risarcimento del danno che, in questa sede, non è stata proposta.
In merito, il Collegio ritiene di dovere aderire all’orientamento giurisprudenziale ormai prevalente secondo cui l’art. 34, comma 3, del c.p.a. – che consente al giudice amministrativo di accertare l’illegittimità  dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori – possa trovare applicazione soltanto “allorquando la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando la parte ricorrente dimostri che ha già  incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo” (Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8550; 14 dicembre 2011, n. 6541; 5 dicembre 2012, n. 6229; 15 maggio 2013, n. 2626; 23 aprile 2014, n. 2063; 15 marzo 2016, n. 1023; T.A.R. Milano, sez. IV, 5 ottobre 2011, n. 2352 e sez. II, 18 settembre 2013, n. 2176; T.A.R. Catania, sez. III, 22 novembre 2012, n. 2646; T.A.R. Lazio, sez. III bis, 24 settembre 2013, n. 8432 e sez. II, 20 gennaio 2014, n. 688).
Gli argomenti a supporto di tale costrutto sono i seguenti:
“a) è coerente con il contesto normativo che disciplina l’azione di risarcimento del danno (che può essere proposta insieme alla domanda di annullamento, durante la pendenza del relativo giudizio, ovvero in via autonoma);
b) è rispettosa del principio generale della domanda (art. 34, comma 1, c.p.a.);
c) attribuisce un significato utile all’inciso “….se sussiste l’interesse ai fini risarcitori” di cui al comma 3 dell’art. 34, in relazione all’obbligo del giudice di dichiarare improcedibile il ricorso se sopravviene il difetto di interesse, ex art. 35, comma 1, lett. c) c.p.a., obbligo che non concerne solo il ricorso per annullamento ma tutte le domande proponibili davanti al giudice amministrativo;
d) è conforme al principio di economia dei mezzi processuali (quale corollario della ragionevole durata del processo, art. 2, comma 2, c.p.a.), per cui in mancanza di una espressa volontà  della parte (in qualunque forma manifestata sino all’udienza di discussione), si evita una inutile attività  giurisdizionale volta a stabilire se il provvedimento sia o meno illegittimo;
e) sotto il profilo sistematico è coerente con la lettera e la ratio dell’art. 104 c.p.a. che, dopo aver ribadito il divieto nel processo amministrativo di proporre domande nuove in appello, introduce tre eccezioni, la prima delle quali incentrata proprio sull’art. 34, comma 3, c.p.a…(cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3913)” (Cons. Stato, sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6539).
Non è perciò sufficiente la mera dichiarazione resa durante la trattazione della causa, che manifesta soltanto un interesse generico e non sufficientemente attendibile (sul punto T.A.R. Palermo, sez. II,23 settembre 2015, n. 2314).
Ad analoga conclusione, peraltro, si giungerebbe anche se si volesse aderire ad altro orientamento meno restrittivo del primo (Cons. Stato, IV, 28 dicembre 2012, n. 6703) alla stregua del quale, al fine di evitare un possibile inutile esercizio della funzione giurisdizionale, si pone in capo al ricorrente almeno l’onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dell’azione risarcitoria, a partire ovviamente dal danno sofferto: ma di tale onere, nel caso di specie, parte ricorrente non si è fatta carico.
7.5.- In ogni caso, sia il primo motivo dei ricorsi R.G. n. 701/2013, 205/2014, 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015, sia il secondo motivo dei ricorsi RG. n. 701/2013 e n. 205/2014, appaiono infondati.
7.5.1.-Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, ci si limita a richiamare quell’orientamento del Consiglio di Stato, cui si aderisce, secondo il quale: “ciò che conta¦è l’effettiva esistenza di una situazione di pericolo imminente al momento dell’adozione dell’ordinanza” (Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 2001, n. 1904), “¦a nulla rilevando neppure che la situazione di pericolo fosse¦nota da tempo (C.d.S. sez. V, 28 marzo 2008, n. 1322)” (Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968). 
Risulta pertanto del tutto ininfluente tanto la prevedibilità  dell’evento dannoso quanto il fatto che la situazione emergenziale sia insorta in epoca antecedente. 
Il Collegio non ritiene di per sè d’ostacolo al ricorso al detto potere neppure l’imputabilità  all’amministrazione o a terzi della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere, poichè ciò che rileva è la sussistenza della necessità  e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi da tutelare.
Sul punto, di recente, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha affermato che: “¦la giurisprudenza è effettivamente attestata sulla posizione per cui l’ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco può essere emessa per tutelare il bene supremo della pubblica incolumità , e, di fronte all’urgenza del provvedere all’eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall’accertamento dell’eventuale responsabilità  della provocazione di quest’ultimo, poichè non ha natura sanzionatoria (C.d.S., V, 9 novembre 1998, n. 1585). Pertanto, ai fini dell’adozione dell’ordinanza, non rileva chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è volto ad affrontare (IV, 25 settembre 2006, n. 5639)” (Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610).
Anche il T.A.R. Puglia, sede distaccata di Lecce, di recente ha affermato che “¦secondo un orientamento giurisprudenziale pienamente condiviso dal collegio, le ordinanze sindacali contingibili e urgenti prescindono dall’imputabilità  all’Amministrazione o a terzi ovvero a fatti naturali delle cause che hanno generato la situazione di pericolo: pertanto, di fronte all’urgenza di provvedere, non rileva affatto chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere (Consiglio di Stato, Sez. V, del 9 novembre 1998 n. 1585; Tar Campania Napoli, Sez. I, 27 marzo 2000 n. 813)” (T.A.R. Lecce, sez. I, 21 maggio 2015, n. 1702). 
Ebbene, con il primo motivo di ricorso cui si è detto la Monteco S.r.l. sostiene che la situazione che si intende fronteggiare con le ordinanze impugnate non sia eccezionale, in quanto si tratterebbe di una diretta e prevedibilissima conseguenza del comportamento negligente tenuto dall’Autorità  comunale.
Alla luce dell’orientamento del Consiglio di Stato sopra sintetizzato, il Collegio ritiene che la prevedibilità  e l’asserita imputabilità  alla negligenza dell’Autorità  comunale non inficino di illegittimità  le ordinanze de quibus. 
7.5.2.- Altrettanto destituita di fondamento risulta essere la seconda censura su riportata, ripetuta nei ricorsi su indicati.
In primis, con il ricorso R.G. n. 701/2013, è stata gravata solo l’ordinanza n. 32 del 30.4.2013 che indica un periodo di soli otto mesi e con il ricorso R.G. n. 205/2013 solo l’ordinanza n. 133 del 30.12.2013 che indica un periodo di sei mesi; e pertanto, in entrambi i casi, come evidenziato dalla stessa Autorità  comunale, risulterebbe rispettato l’arco temporale massimo stabilito dall’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006.
In secondo luogo, anche a volersi cumulare i due periodi indicati (8 più 6) e a voler considerare le ordinanze impugnate con i ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013 che prevedono ciascuna un periodo di un mese, non verrebbe comunque superato l’arco temporale complessivamente consentito, non potendo attribuirsi alcun rilievo ai periodi coperti da ordinanze rimaste in oppugnate. Ed invero, sommando gli otto mesi ai sei e ai tre, si ottiene un periodo complessivo pari a 17 mesi, a fronte dei 18 previsti come limite massimo dal citato art. 191. 
Quindi anche la seconda censura risulta essere infondata.
7.5.3.- Veniamo quindi alla terza censura dei ricorsi R.G. n. 701/2013 e 205/2014, alla seconda censura dei ricorsi R.G. n. 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015 e ai ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013, cui si collegano direttamente sia le domande di annullamento parziale (proposte peraltro in via gradata nei ricorsi R.G. n. 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015), sia la domanda (proposta contestualmente e non in via subordinata come asserito dalla difesa della ricorrente nell’udienza pubblica del 18.10.2016) con cui la Monteco S.r.l. chiede a questo Tribunale di accertare e dichiarare il diritto della ricorrente a percepire le somme corrispondenti ai maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio medesimo e di condannare il Comune di Locorotondo, il Ministero dell’Interno ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle suddette somme, oltre interessi e rivalutazione monetaria sino al soddisfo.
Preliminarmente si rileva in proposito che l’Amministrazione comunale, con riferimento alla specifica domanda di accertamento del diritto alla percezione dei canoni, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Più nello specifico, il Comune di Locorotondo sostiene che, non vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva, la domanda di accertamento del “diritto” alla corresponsione di un canone, con la conseguente condanna al pagamento delle relative somme, non rientrerebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo. 
Il Collegio osserva innanzitutto, in via generale, che le questioni relative alle ordinanze contingibili ed urgenti adottate in materia di igiene urbana, possono astrattamente farsi rientrare sia nella materia dei pubblici servizi (art. 133, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo), sia nella materia della gestione del ciclo dei rifiuti (art. 133, comma 1, lett. p) del codice del processo amministrativo), materie in relazione alle quali è prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il punto è se, nonostante per la materia oggetto di contenzioso sia prevista in astratto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la specifica domanda di accertamento del “diritto” alla corresponsione di un canone rientri nella giurisdizione de qua, anche tenuto conto che per quanto riguarda la materia dei pubblici servizi, il legislatore esclude espressamente che vi rientrino le controversie attinenti “indennità , canoni ed altre corrispettivi”.
Ebbene, questo Collegio, ritiene che la domanda de qua, per come è stata posta nei ricorsi in esame, rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto l’azione complessivamente esercitata comprende la contestazione di plurimi aspetti che attengono proprio all’esercizio del potere cui questa domanda, per come è stata formulata, risulta essere strettamente collegata.
L’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dal Comune di Locorotondo non può, dunque, essere accolta.
Ciò premesso, si osserva quanto segue:
– l’art. 191 del d. lgs. n. 152 del 2006 dispone: “qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità  di tutela della salute pubblica e dell’ambiente e non si possa altrimenti provvedere”, il Sindaco ha il potere di “emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente”; 
– per effetto di tale previsione normativa, il Comune è quindi autorizzato a ricorrere a forme di gestione dei rifiuti anche derogatorie rispetto a quelle ordinarie, purchè idonee a garantire che il livello delle prestazioni erogate non sia compresso e (vedi art. 178 comma 2 del d. lgs. citato) che l’attività  di gestione dei rifiuti risponda a “criteri di efficacia, efficienza, economicità , trasparenza, fattibilità  tecnica ed economica” (sul punto si richiama T.A.R. Puglia, Lecce, 5 febbraio 2016, n. 574);
– in merito alla quantificazione del corrispettivo in casi simili, di recente, il Consiglio di Stato ha evidenziato che “il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato; all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio si ricollega un’esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento” (Sez, V, 2 dicembre 2002, n. 6624). In una vicenda del tutto analoga, è stato inoltre osservato che la situazione di urgenza non giustifica la definizione in via autoritativa e definitiva dell’importo dei canoni da corrispondere al gestore, poichè “il profilo economico del rapporto in alcun modo può essere attratto dai presupposti di contingibilità  e urgenza, posti a fondamento dell’ordinanza” (Sez. V, 31 marzo 2011, n. 1969). L’imposizione della esecuzione del servizio a condizioni non remunerative viene ritenuta, pertanto, in contrasto con l’esigenza del giusto compenso e con il principio secondo il quale l’esercizio del potere di ordinanza – pur sussistente – deve limitarsi in linea di massima ad imporre misure tali da comportare il minore sacrificio possibile per il destinatario (Sez. V, 8 settembre 2010, n. 6486)” (Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610);
– il T.A.R. Lecce ha osservato inoltre che: “nella materia in esame, occorre trovare un bilanciamento tra le esigenze pubblicistiche connesse alla necessità  di prosecuzione del servizio e quelle private all’ottenimento del giusto prezzo, obiettivo necessario per garantire il rispetto del principio di proporzionalità  tra le prestazioni, di matrice comunitaria, operante anche nell’ordinamento interno in forza del richiamo ai principi di diritto europeo sancito dall’art. 1 l. n. 241/90 e del più generale principio di ragionevolezza stabilito nell’art. 97 della Costituzione, quale corollario dei principi di buon andamento e imparzialità  della pubblica amministrazione” (T.A.R. Puglia, Lecce, 5 febbraio 2016, n. 574).
Ciò premesso, venendosi al caso di specie, il Collegio, alla luce dei condivisi principi espressi dal Consiglio di Stato e dal T.A.R. Puglia, sede distaccata di Lecce, ritiene che la terza doglianza del ricorso R.G. n. 701/2013, n. 205/2014, la seconda doglianza dei ricorsi R.G. n. 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015, i ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013 e n. 548/2013 la domanda di annullamento parziale contenuta nei ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013, n. 548/2013, R.G. n. 998/2014, n. 166/2014 e n. 591/2015, nonchè quella strettamente collegata di accertamento e di condanna al pagamento maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio, debbano essere respinte.
In via preliminare, il Collegio evidenzia che in data 12.9.2011 la ricorrente aveva spontaneamente sottoscritto un contratto di proroga del servizio (Rep. n. 4198) nel quale la stessa dichiarava di accettare “senza riserva ed eccezioni alcuna, la proroga tecnica del servizio in oggetto agli stessi patti, condizioni e prezzi del contratto iniziale n. 3632 di rep. del 10.3.2000, registrato a Gioia del Colle il 27.3.2000 al n. 692”. 
Inoltre, dagli atti di giudizio, risulta che con atto liberatorio del 9.2.2012, il cui contenuto è espressamente citato nelle ordinanze impugnate con ricorso R.G. n. 701/2013, n. 205/2014, n. 998/2014, n. 166/2015 e n. 591/2015 e richiamato dalla stessa Monteco S.r.l. nei relativi gravami, la ricorrente abbia affermato “di ritenersi integralmente soddisfatta di quanto è stato corrisposto alla data del 31 gennaio 2012 dal Comune di Locorotondo quale corrispettivo alla stessa spettante, per il servizio di Igiene Urbana svolto fino a tale data, dichiarando altresì di accettare la prosecuzione dello stesso alle medesime condizioni contrattuali sinora praticate, senza null’altro a pretendere”.
Come dichiarato nei gravami sopra citati dalla stessa Monteco S.r.l., l’Atto de quo dimostra, quantomeno, che alla data del 9.2.2012, la ricorrente era soddisfatta delle pretese derivanti dall’originario contratto d’appalto e dalle successive proroghe.
Ciò premesso, come ha recentemente affermato il giudice di appello in un caso analogo, il Sindaco ben poteva fare riferimento, a titolo di “equo compenso”, all’ammontare del corrispettivo già  concordato tra le parti e come tale per definizione “giusto” (Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610).
Il Consiglio di Stato, più nello specifico, ha precisato che: “La disponibilità  di un simile, recente dato contrattuale inter partes escludeva, dunque, che il privato potesse avere titolo alla determinazione di condizioni economiche del tutto nuove. Pertanto, non risultano invece condivisibili i richiami fatti dal primo Giudice alla ipotizzata necessità  di una determinazione in chiave autonoma del «corrispettivo effettivamente dovuto», e, in tale ottica, alla stima prodotta in giudizio dall’attuale appellata¦”.
A ciò si aggiunga che l’accoglimento della domanda di accertamento e di condanna di che trattasi, avrebbe come risultato quello di consentire alla ricorrente di fissare unilateralmente l’ammontare del corrispettivo per il servizio e di rivendicare una remunerazione in base all’utile conseguibile in seguito allo svolgimento di un contratto avente ad oggetto il servizio de quo, senza tuttavia aver affrontato l’onere di sottoporsi alla specifica procedura di evidenza pubblica per ottenere l’aggiudicazione dello stesso (sul punto, in termini, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 7 luglio 2016, n. 1830). 
8.- In conclusione, i ricorsi indicati in epigrafe sono in parte inammissibili per carenza di interesse alla stregua di quanto evidenziato sub 7.4; in ogni caso vanno integralmente respinti perchè infondati alla stregua delle considerazioni svolte ai punti successivi.
Vista la complessità  delle questioni trattate, tuttavia, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra la ricorrente ed il Comune di Locorotondo; la Monteco S.r.l. viene invece condannata a pagare le spese in favore delle Amministrazioni statali estromesse, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così dispone:
– riunisce i ricorsi R.G. n. 483/2013, n. 484/2013, n. 548/2013, n. 701/2013, n. 205/2014, n. 998/2014, n. 166/2015 e n. 591/2015;
– estromette dal giudizio il Ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
– li dichiara in parte inammissibili per carenza di interesse e, comunque, li respinge integralmente poichè infondati come meglio chiarito in motivazione;
– compensa le spese di giudizio tra la ricorrente ed il Comune di Locorotondo e condanna invece la Monteco S.r.l. a pagare le spese di causa in favore delle Amministrazioni statali liquidandole in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giacinta Serlenga, Presidente FF
Flavia Risso, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Flavia Risso Giacinta Serlenga
 
 
 
 
 

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