Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Decreto ingiuntivo – Amministrazione debitrice – Successione del rapporto creditorio – Amministrazione responsabile dell’ottemperanza – Richiesta di designazione – Inammissibilità 

àˆ inammissibile il ricorso proposto in sede di ottemperanza per l’esecuzione di un decreto ingiuntivo, allorquando la domanda del ricorrente non sia formulata al fine di ottenere – sic et simpliciter – l’esecuzione del provvedimento giurisdizionale, ma contenga invece una richiesta di designare, tra due diverse Amministrazioni evocate in giudizio, quella tenuta a rispondere del credito azionato, quale successore della P.A. originariamente debitrice e destinataria del decreto ingiuntivo.

Pubblicato il 09/03/2017
N. 00213/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01294/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1294 del 2016, proposto da: 
Curatela del fallimento “Ambiente & Ingegneria S.p.A.”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Schittulli, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Principe Amedeo, 25;

contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97; 
Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Ventrice, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Puglia – Bari, in Bari, Piazza Massari, 6; 

per l’ottemperanza
al decreto ingiuntivo 27/28.03.2007, n. 610 (ricorso n. 2153/2007 R.G.), emesso dal Tribunale di Bari nei confronti dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel Territorio della Regione Calabria.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Regione Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2017 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 02/11/2016 e depositato in Segreteria il 10/11/2016, la Curatela del fallimento “Ambiente ed Ingegneria S.p.A.”, adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere la pronuncia in ottemperanza meglio indicata in oggetto.
La Curatela ricorrente esponeva in fatto di essere creditrice nei confronti dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria per la somma di 795.840,24 €
Il credito de quo rinveniva dall’esecuzione dei contratti stipulati in data 6.10.2003, n. 201 (per un ammontare di euro 408.300,00 + IVA) e n. 202 (per un ammontare di euro 254.900,20 + IVA), per la fornitura di mini isole ecologiche.
In base a quanto evidenziato in ricorso, il credito in questione veniva ceduto a terzi dalla ricorrente e veniva liquidato dal debitore ai cessionari soltanto in parte, segnatamente per un ammontare pari ad euro 557.088, IVA inclusa.
Pertanto, con ricorso depositato in data 21.02.2007 presso il Tribunale Ordinario di Bari, la ricorrente chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 27/28.3.2007, n. 610, recante ingiunzione di pagamento in danno del Commissario Delegato per € 238.752,00, a cui si aggiungevano gli interessi legali decorrenti dalla messa in mora effettuata in data 31.3.2005, nonchè le spese per la procedura di ingiunzione, liquidate in € 1.560,00.
In data 13.4.2007, la ricorrente notificava il decreto ingiuntivo all’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, senza che lo stesso procedesse con l’adempimento.
Successivamente, la Regione Calabria, con legge n. 18 de 12.4.2013, dichiarava cessato – con decorrenza a partire dal 1 gennaio 2013 – lo stato di emergenza nel settore rifiuti, in tal modo facendo venir meno il presupposto giuridico dell’operatività  dell’organo commissariale. 
Preso atto di ciò, la ricorrente provvedeva ad intimare alla Regione Calabria di procedere al pagamento di € 241.716,39, a cui si aggiungevano gli interessi legali previsti.
Tuttavia, nonostante apposita intimazione ad adempiere, la Regione Calabria assumeva un atteggiamento inerte, a causa del quale la ricorrente proponeva azione esecutiva mobiliare contro la stessa, notificando atto di pignoramento presso terzi il 12.9.2013 alla Banca Carime S.p.A. e il 16.9.2013 direttamente alla Regione Calabria. 
Quest’ultima, con ricorso depositato in data 7.10.2013 presso il Tribunale di Catanzaro, proponeva opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi ex art. 615 e 617 c.p.c., chiedendo, altresì, in via cautelare, l’immediata sospensione del procedimento esecutivo. 
Con ordinanza in data 9/13.11.2013, il Giudice dell’esecuzione accoglieva l’istanza di sospensione, fissando il termine di gg. 90 per l’instaurazione del giudizio di merito.
Avverso tale ordinanza, la Curatela proponeva reclamo presso il Tribunale di Catanzaro, il quale, con ordinanza 30.4/6.5.2014, lo respingeva, confermando l’ordinanza di sospensione previamente adottata.
In particolare, il Tribunale, dopo aver ricostruito natura e carattere degli Uffici Commissariali, sottolineava come “nel caso di specie risulta pacifico che il Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Calabria sia stato il prefetto Vincenzo Speranza, il quale certamente non appartiene all’amministrazione regionale e la cui nomina, in base agli atti di causa, non risulta essere stata il frutto di una designazione da parte della Regione.
Deve pertanto escludersi – prima facie e salvo ogni più opportuno approfondimento in sede di giudizio a cognizione piena – che la Regione Calabria possa considerarsi successore del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel rapporto giuridico da cui è scaturito il credito fatto valere in executiviis e, pertanto, tenuta a rispondere per il credito azionato dall’odierna reclamata.”.
In forza di tale provvedimento, con nota in data 31.3.2015, la ricorrente diffidava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma dovuta. 
Con comunicazione in data 15.4.2015, la Presidenza del Consiglio, Dipartimento della Protezione Civile, respingeva tale richiesta, precisando che spettasse alla Regione Calabria subentrare nei rapporti facenti capo al cessato Commissario delegato, visto che al più volte menzionato Ente territoriale erano state attribuite anche le necessarie risorse finanziarie.
Ciò premesso, nel presente procedimento la Curatela del fallimento “Ambiente & Ingegneria S.p.A.” proponeva domanda per l’ottemperanza al decreto ingiuntivo n. 610 del 27/28.3.2007 (ricorso n. 2153/2007 R. G.) emesso dal Tribunale Ordinario di Bari nei confronti dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, chiedendo a questo Collegio di “designare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, ovvero la Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, responsabile degli atti del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale per la Regione Calabria”.
La ricorrente, inoltre, chiedeva sia di designare le modalità  con cui si sarebbe dovuta dare concreta attuazione al decreto ingiuntivo in oggetto, sia di nominare il Commissario ad acta per il caso in cui la Pubblica Amministrazione avesse continuato ad assumere un comportamento inerte.
In tesi di parte ricorrente, l’inerzia della Regione Calabria e della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimava la stessa ad agire per l’ottemperanza del decreto ingiuntivo di cui trattasi, ai sensi degli artt. 112, comma 2 lett. b), 113 e 114 c.p.a. “al fine di evitare la reiterata elusione dell’obbligazione di pagamento” assunta nei suoi confronti dall’ormai cessato Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale.
Con atto di costituzione pervenuto in Segreteria in data 3.12.2016, si costituiva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, instando per la reiezione della domanda e riservandosi la facoltà  di produrre successive memorie e documenti.
In data 11.1.2017, perveniva in Segreteria una relazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con cui la parte resistente negava la sua legittimazione passiva in relazione alla obbligazione in oggetto. 
Secondo la resistente, infatti, il soggetto passivo della obbligazione in questione era da ravvisarsi nella Regione Calabria, posto che l’art. 1, comma 422 della legge n. 147/2013 testualmente recitava: “alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell’articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell’articolo 110 del codice di procedura civile, nonchè in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all’articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già  facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati.”.
Parte resistente riteneva, dunque, pienamente applicabile al caso di specie la disposizione in questione, anche alla luce della lettura che la Corte Costituzionale aveva – di recente – dato della stessa. 
In particolare, sosteneva la resistente, con sentenza n. 8/2016 il Giudice delle Leggi aveva sottolineato come “anche se gli atti dei commissari delegati per fronteggiare emergenze di protezione civile possono qualificarsi come atti dell’amministrazione centrale dello Stato occorre considerare che la funzione statale, che viene qui in rilievo, è una funziona temporanea che si origina e si elide (nasce e muore), in ragione rispettivamente dell’insorgere e del cessare della situazione di emergenza (¦) Tanto comporta che il subentro dell’ente ordinariamente competente investa appunto in toto la situazione in essere su cui lo Stato non più esercitare alcuna competenza giuridica.” .
La resistente, inoltre, perorava la sua tesi anche in forza di quanto disposto dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile nel provvedimento OCDPC n. 57/2013, pubblicata in G.U. in data 22/3/2013, individuando la Regione Campania come soggetto subentrate nei rapporti facenti capo all’ormai estinto Commissario per l’emergenza rifiuti ivi istituito.
Siffatta conclusione, secondo la resistente, risultava avallata dalla recente giurisprudenza del Consiglio di Stato; in particolare venivano richiamate la sentenza n. 2700 del 17/6/2016 e la sentenza n. 2111 del 23/5/2016. 
Con tali pronunce, si era affermato che la disposizione di cui all’art. 1, comma 422, Legge n. 225 del 1992, “prevede una fattispecie di successione nei rapporti, con conseguente applicazione dell’art. 110 c.p.c.”, prescrivendo, in sostanza, il subentro dell’Ente originariamente competente nei rapporti facenti capo al Commissario delegato estintosi.
Inoltre, secondo la resistente, risultava evidente che l’obbligazione in oggetto non potesse che riferirsi alla Regione Calabria, posto che nel momento genetico della stessa, l’incarico di Commissario risultava essere ricoperto dal Presidente della Regione Calabria.
Con memoria di costituzione pervenuta in Segreteria il 14.12.2016, si costituiva in giudizio la Regione Calabria, eccependo l’assoluta inammissibilità  e comunque l’infondatezza del ricorso.
In data 4.2.2017 la Regione depositava altresì memoria difensiva. 
Alla camera di consiglio dell’8.02.2017, la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Preliminarmente ed in rito deve evidenziarsi la tardività  della memoria difensiva depositata dalla Regione Calabria in data 4.2.2017.
Pur dovendosi, sul punto, dare atto della presentazione di una istanza per l’autorizzazione al deposito tardivo della detta memoria, quest’ultima è stata depositata a ridosso dell’udienza, non potendo essere delibata in tempo utile per la discussione tenutasi in camera di consiglio nella data sopra indicata.
Da tanto consegue che la citata memoria deve essere dichiarata inutilizzabile.
Nel merito, l’azione proposta dall’odierna ricorrente difetta dei presupposti processuali richiesti dalla legge per la sua ammissibilità , ex. art. 35 c.p.a. lett. b).
Con riguardo al caso sub iudice, il Collegio ritiene di dover prendere le mosse dall’art. 112 c.p.a., secondo comma, il quale testualmente recita «L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione: a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato; b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo; c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato; d) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione; e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.». 
Come è evidente dal tenore testuale della norma, il giudizio di ottemperanza risulta tipicamente finalizzato ad adeguare la realtà  giuridica e materiale a quanto statuito in uno dei provvedimenti giurisdizionali di cui alla disposizione in questione, garantendo che la Pubblica Amministrazione adempia all’obbligo di conformarsi a quanto statuito dall’autorità  giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 26 luglio 2001 n. 6 .; Cons. Stato, Ad. Plen., 10 aprile 2012, n. 2).
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6773 del 21 dicembre 2011 (ma cfr. in questo senso anche Cons. St., sez. V, 30 agosto 2013, n. 4322; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2007, n. 6018; 3 ottobre 1997, n. 1108; sez. IV, 15 aprile 1999, n. 626; 17 ottobre 2000, n. 5512) ha affermato, a tal proposito, che “nel processo amministrativo l’oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica, da parte del giudice dell’ottemperanza stessa, dell’esatto adempimento dell’amministrazione dell’obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità  o il bene della vita già  riconosciutogli in sede di cognizione;” evidenziando come “detta verifica, (¦) deve essere condotta nell’ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l’esecuzione.”. 
Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, è tassativamente da escludere che nel giudizio di ottemperanza possano essere proposte nuove domande, che non rientrino nel decisum coperto dal provvedimento di cui si richiede l’esecuzione: in esso, infatti, possono trovare ingresso solo questioni che siano già  state oggetto di accertamento nel giudizio di cognizione (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2013, n. 1412; 3 giugno 2013, n. 3023; sez. IV, 28 maggio 2013, n. 2911). 
Nel caso in esame, invece, il ricorrente veste con l’abito dell’ottemperanza una domanda che avrebbe dovuto essere proposta, nella competente sede, con una ordinaria azione di cognizione.
Nel caso di specie, infatti, parte ricorrente adiva il Giudice Amministrativo, in sede di ottemperanza, non al fine di ottenere – sic et simpliciter – l’esecuzione da parte della Pubblica Amministrazione del decreto ingiuntivo 27/28.3.2007 n. 610 emesso dal Tribunale di Bari nei confronti dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, ma per ottenere la pronuncia di una sentenza di condanna o nei confronti della Regione Calabria o nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri; richiesta che si evince inequivocabilmente dal tenore del ricorso introduttivo con cui, testualmente, si chiede di “designare la Presidenza del Consiglio dei Ministri (¦) ovvero la Regione Calabria responsabile per gli atti del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale per la Regione Calabria”. 
Risulta evidente che una simile richiesta – in quanto mirante alla risoluzione di una controversia sulla effettiva spettanza di una posizione debitoria – avrebbe dovuto essere proposta non nelle forme dell’ottemperanza, ma nelle forme di un giudizio di cognizione, dinanzi al Giudice munito della relativa giurisdizione.
Su tali premesse, il ricorso in esame è palesemente inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna la Curatela del fallimento “Ambiente & Ingegneria S.p.A.”, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese di lite in favore delle Amministrazioni resistenti, che liquida in € 2.000,00 (euro duemila,00) oltre accessori come per legge, per ciascuna delle due parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alfredo Giuseppe Allegretta Angelo Scafuri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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