1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Area soggetta a vincolo paesaggistico – Realizzazione di volumi tecnici o di altro tipo – Distinzione – Irrilevanza – Autorizzazione paesistica – Necessità  – Titolo edilizio privo di autorizzazione – Inefficacia


2. Edilizia e urbanistica -Attività  edilizia privata – DIA – Erronea rappresentazione dei fatti – Dichiarazione di inefficacia – Motivazione sul pubblico interesse e sull’affidamento del privato – Obbligo – Non sussiste
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Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 22 maggio 2017, n. 2378 – 2017; ric. n. 2043 – 2017; decreto cautelare 24 marzo 2017, n. 1265 – 2017.

1. In area assoggettata a vincolo paesaggistico il divieto di incremento dei volumi esistenti preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di ulteriori volumi, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico od altro tipo di volume, ovvero tra volume in superficie e volume interrato, dovendosi in proposito ritenere la realizzazione di opere anche di piccole dimensioni, sia pure con funzione tecnica e prive di autonoma utilizzabilità , abusiva, con la conseguenza che il titolo abilitativo edilizio è inefficace in assenza di acquisizione di autorizzazione paesistica.
 
2. Il provvedimento di rimozione della DIA per erronea rappresentazione dei fatti proposti al Comune non necessita di motivazione sul pubblico interesse, nè è precluso dal decorso del tempo, rilevante per tutela dell’affidamento del privato, dovendosi attribuire al fatto proprio di quest’ultimo l’anzidetta erronea rappresentazione.
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Le sentenze nn. 222/2017 e 223/2017 sono identiche nella massima: i rispettivi appelli sono stati decisi, previa riunione, con la stesa sentenza del Consiglio di Stato  n. 2378/2017. 

Pubblicato il 09/03/2017
N. 00221/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00137/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 137 del 2016, proposto da: 
Ottavia Signore, Alberto Signore, rappresentati e difesi dagli avvocati Rosa Volse C.F. VLSRSO58D48E155T, Nino Sebastiano Matassa C.F. MTSNSB59E17H926N, con domicilio eletto presso Nino Matassa in Bari, via Andrea Da Bari n. 35; 

contro
Comune di Mattinata, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Pasquale Roberti C.F. RBRPQL65B12F631U, con domicilio eletto presso Giovanni Gaudensi in Bari, via Trevisani n. 74; 

e con l’intervento di
ad opponendum:
Vittoria s.r.l., in persona del leg. rapp.te p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ernesto Sticchi Damiani C.F. STCRST41E16D862W, Saverio Sticchi Damiani C.F. STCSVR75E11D862Q, con domicilio eletto presso Ugo Patroni Griffi in Bari, piazza Luigi di Savoia n. 41/A; 

per l’annullamento,
– dell’ordinanza n. 21 del 7.01.2015, comunicata con raccomandata inviata il 12.12.2015, recante ordine di demolizione integrale di unità  immobiliari edificate in località  Mergoli in Mattinata;
– di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso a quello impugnato.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Mattinata e di Vittoria s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2017 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso notificato e depositato il 5.02.2016, i ricorrenti, nella qualità  di proprietari dell’edificio sito nel Comune di Mattinata, località  Mergoli, impugnano l’ordinanza n. 21 del 7.12.2015, con la quale è stata accertata l’inefficacia delle D.I.A. presentate in variante al permesso di costruire n. 58 del 18.09.2006 ed ordinato il ripristino dello stato dei luoghi, con rimozione delle opere realizzate sul terreno identificato al catasto al fg. 3, p.lle 849, 886 e 887 (porzione della ex p.lla 227) e p.lle 874, 875 e 875 (porzione della ex p.lla 441).
Riferiscono che il predetto permesso di costruire ha ad oggetto la costruzione (su terreno circostante due preesistenti ville padronali) di unità  immobiliari destinate a residenze turistiche, con intervento articolato in tre lotti, appartenenti a diversi soggetti.
In particolare, specificano di essere proprietari dell’edificio sul lotto 1, distinto in due contigue unità  immobiliari e di aver presentato, in data 31.05.2007, una D.I.A. in variante al pdc 58/2006, per la realizzazione di un piano interrato da usare come deposito-cantinola, annesso alla residenza soprastante, nonchè una successiva D.I.A. in data 10.12.2008 relativa a modifiche prospettiche, distribuzione interna, eliminazione intercapedine lato nord e sistemazione esterna.
Aggiungono che unitamente agli altri intestatari del permesso di costruire, in data 31.05.2008, hanno presentato istanza volta alla scissione del titolo edilizio in 3 distinti atti abilitativi da rilasciare ai proprietari dei lotti, richiesta rimasta priva di riscontro da parte del Comune di Mattinata.
Precisano che i lavori sono stati ultimati nel 2008 e che il Comune fino all’adozione dell’ordinanza avversata non ha opposto alcuna contestazione.
2. – Tanto premesso in punto di fatto, deducono in ordine al gravato provvedimento: 
2.1. – violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.p.r. n. 380/01, travisamento dei presupposti e violazione del principio di proporzionalità : l’ordinanza sarebbe illegittima per aver considerato unitariamente gli abusi senza distinzioni riferite agli immobili siti nei tre lotti, appartenenti a diversi proprietari, giungendo così alla contestazione di “organismo edilizio integralmente diverso” da quello autorizzato, con conseguente irrogazione della sanzione demolitoria, sproporzionata rispetto all’effettiva portata degli abusi, ove autonomamente considerati;
2.2. – violazione dei principi in tema di autotutela ed affidamento: il Comune ha ingiunto la demolizione di interventi conformi alle D.I.A., omettendone la previa doverosa rimozione in sede di autotutela, essendo decorso il termine per l’esercizio dei poteri inibitori. La rimozione delle DIA in autotutela, inoltre, sarebbe tardiva per effetto del decorso del termine di diciotto mesi ex art. 21 nonies, L. 241/1990 nuova formulazione; 
2.3. – violazione dell’art. 31 d.p.r. n. 380/2001 in relazione agli artt. 22 e 23 del medesimo d.p.r.: la realizzazione dell’interrato è avvenuta al di sotto del piano di campagna e, pertanto, non risultando minimamente visibile dall’esterno, l’intervento sarebbe paesaggisticamente irrilevante, tanto da non richiedere l’acquisizione di un’autorizzazione paesaggistica ulteriore rispetto a quella già  ottenuta ai fini del rilascio del pdc, trattandosi di zona sottoposta a vincolo (richiamando, a supporto di tale assunto, un parere del Ministero per i Beni Ambientali e Culturali). Non essendosi ampliata l’area di scavo e la superficie di intervento, inoltre, non sarebbe stato necessario acquisire un nuovo parere idrogeologico oltre a quello già  acquisito ai fini del rilascio dell’originario pdc; 
2.4. – violazione dell’art. 31 d.p.r. n. 380/2001 sotto il profilo della non proporzionalità  della sanzione e travisamento dei presupposti: essendo contestata, rispetto al lotto 1 di loro proprietà , la sola realizzazione della cantinola e del deposito al piano interrato (da considerare come volume tecnico interrato, privo di carico urbanistico e di visibilità  all’esterno), l’ingiunta demolizione dell’intero immobile (comprensivo anche del piano fuori terra legittimamente assentito) sarebbe illegittima e sproporzionata; 
2.5. – violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.p.r. 380/2001 per difetto di motivazione: la contestata sistemazione degli spazi esterni non sarebbe adeguatamente specificata in relazione al lotto 1, essendo effettuata attraverso un generico rinvio alla tavola A) allegata al verbale di sopralluogo, tanto da non potersi evincere le asserite difformità . In ogni caso, la realizzazione di opere di sistemazione esterna non previste o difformi dai titoli edilizi potrebbe al più comportare l’applicazione di una sanzione pecuniaria; 
2.6. – erroneità  della ritenuta modifica della destinazione d’uso, essendo ab origine la destinazione degli immobili quella residenziale: pur essendo la contestazione riferita al solo lotto 3, il provvedimento gravato, anche sulla base di tale addebito, considera l’organismo edilizio realizzato complessivamente diverso per caratteristiche tipologiche e di utilizzazione da quello originariamente assentito. Non vi sarebbe stato, invece, alcun mutamento d’uso siccome gli immobili presenti nei lotti 1 e 2 non costituiscono due residence, ma due residenze turistiche destinate ad uso familiare.
3. – Il Comune di Mattinata ha resistito alla domanda con atto depositato il 22.02.2016, evidenziando la motivazione plurima dell’ordinanza impugnata, fondata, da un lato, sull’inefficacia delle DIA in variante al permesso di costruire n. 58/06 e, dall’altro, sulle difformità  essenziali ed ulteriori anche rispetto a quelle oggetto di DIA, riscontrate sui luoghi. Ha, quindi, precisato che – in base al contenuto della relazione allegata al permesso di costruire n. 58/2006 – oggetto del titolo edilizio è un complesso di residenze turistiche (una sorta di villaggio turistico) ed è rispetto a tale progetto che vanno valutate unitariamente le variazioni riscontrate (senza distinguere le diverse proprietà ). Vista la destinazione indicata dagli stessi richiedenti, poi, l’effettivo uso a fini residenziali determinerebbe una variazione essenziale del progetto approvato, in contrasto con la destinazione urbanistica dei luoghi prevista dalle norme applicabili all’area in questione, da sanzionare con l’obbligo di demolizione e riduzione in pristino. 
In replica alla descrizione dei luoghi operata dei ricorrenti, l’A.C. rileva che nei corpi di fabbrica n. 1 e n. 2: il piano interrato non è adibito a deposito, ma presenta diversi locali e WC; gli esterni sono stati realizzati in contrasto con il PPTR; le opere costituiscono un esubero volumetrico che – realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – costituisce una variazione essenziale sanzionabile con la sola demolizione. 
4. – Con memoria depositata il 23.02.2016, i ricorrenti lamentano l’illegittima integrazione postuma della motivazione dell’atto gravato, contestando che nell’ingiunzione si faccia riferimento a lavori effettuati in difformità  dalle DIA o che vi sia menzione dell’asserita modifica della destinazione d’uso rispetto a quanto previsto. Deducono, inoltre, che le unità  immobiliari realizzate sono immobili per civili abitazioni adibiti, come ben possibile, a residenze turistiche, ma non residenze turistico-alberghiere e che tale non fosse la destinazione indicata nel pdc. Negano il contrasto con la disciplina urbanistica dell’area che avrebbe vocazione prevalentemente (ma non esclusivamente) alberghiera, consentendo l’art. 39 bis delle n.t.a., nelle zone CT, la realizzazione di “abitazioni unifamiliari e bifamiliari (ville), nonchè plurifamiliari a schiera nella misura del 30% della volumetria prevista”. Insistono sul concreto contenuto del pdc 58/2006, sostenendo che la richiesta unitaria è dipesa dalla necessità  di considerare il lotto minimo di mq. 5000 previsto dalla n.t.a. e ribadendo, comunque, la necessità  di distinzione tra i tre lotti. Deducono, infine, che inammissibili, siccome non esplicitate nell’ingiunzione impugnata, prima ancora che infondate, sarebbero le deduzioni del Comune circa il mutamento di destinazione d’uso dei locali interrati, i volumi realizzati fuori terra e la pavimentazione esterna (asseritamente in contrasto con il PPTR, non ancora approvato all’epoca della realizzazione). 
5. – Con atto di intervento ad opponendum, depositato il 23.02.2016, si è costituita in giudizio la Vittoria s.r.l., che ha poi rinunciato all’intervento con atto depositato il 17.11.2016.
6 . – Accolta l’istanza cautelare, le parti hanno successivamente prodotto ulteriori memorie e documentazione a sostegno delle reciproche posizioni.
7. – Alla pubblica udienza del 31.01.2017, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione. 
8. – Il Collegio, preliminarmente, dà  atto della rinuncia all’intervento ad opponendum della Vittoria s.r.l., come risulta dall’atto depositato il 17.11.2016.
9. – Nel merito, il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
9.1 – Dirimente è la considerazione per cui il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività  edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, facendo leva sul fatto che le stesse sono astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate, in ragione della loro più modesta incisività  sull’assetto territoriale. Per contro, l’opera deve essere sempre “considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 14/11/2016, n. 5248; Cass. pen., Sez. III, 08/04/2015, n. 16622).
Per consolidato orientamento giurisprudenziale, nel ponderare l’impatto urbanistico di un intervento edilizio consistente in una pluralità  di opere deve effettuarsi una valutazione globale delle stesse, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l’effettiva portata della complessiva operazione posta in essere. Ne discende che i singoli abusi eseguiti vanno riguardati nella loro interezza e, proprio perchè visti nel loro insieme, possono determinare quella complessiva alterazione dello stato dei luoghi che legittima la sanzione applicata e persuade della sua appropriatezza e proporzionalità  rispetto a quanto realizzato (cfr. TAR Puglia Bari, Sez. III, 9 aprile 2015 n. 577).
9.2 – Tali assunti risultano predicabili nel caso in esame, nel quale con permesso di costruire n. 58 del 18 settembre 2006 è stata assentita la “realizzazione di residenze turistiche in Mattinata, località  Mergoli”. L’area in questione ricade in zona CT2D del vigente PRG, nell’ambito del “Territorio Costruito” e sottoposta a vincolo paesaggistico istituito con D.M. 25.02.1974.
Dalla relazione tecnica descrittiva allegata all’istanza del pdc si evince che oggetto dell’originario progetto erano “residenze turistiche ad uso stagionale”, “con capacità  di nucleo familiare di cinque unità “. Tra le prescrizioni inserite nel menzionato pdc figura anche l’acquisizione, prima dell’inizio dei lavori, del “nulla-osta nei riguardi del vincolo idrogeologico ai sensi del RR.DD. n. 3267/1923 e n. 1126/1923”.
Il progetto originariamente assentito è stato oggetto di DIA in variante, depositate rispettivamente il 31.05.2007, con prot. n. 6511, il 19.2.2008 con prot. n. 2361, il 20.10.2008, con prot. n. 12029, il 10.12.2008, con prot. 14311.
9.3 – Orbene, rilevano ai fini della decisione i dati fattuali sopra richiamati: unicità  dell’istanza e del progetto presentati al Comune, unicità  del pdc rilasciato, presentazione delle D.I.A. – anche di quelle riferite solo ad alcuni degli immobili – da parte di tutti i proprietari. Ed ancora:
– nella relazione tecnica allegata al pdc si fa riferimento al comparto CT2D e all’esiguità  del lotto oggetto dell’intervento, volto alla integrazione di residenze con capacità  di nucleo familiare di cinque unità , disciplinate dalla L. R. 11/99 e dalle NTA del PRG;
– nella parte relativa alla descrizione delle caratteristiche “tipologiche, tecniche e costruttive dell’intervento”, si indicano: n. 1 alloggio per persone disabili o disagiate; n. 1 alloggio per direzione ufficio. 
Sono tutti elementi che depongono senza margine di dubbio a favore del carattere unitario dell’intervento.
I medesimi ricorrenti ammettono, seppur indirettamente, l’unitarietà  dell’intervento quando, in replica alla difesa del Comune sul punto, richiamano la previsione di cui all’art. 39 delle N.T.A. che prescrive per il nucleo turistico CT2D, Baia di Mergoli, la superficie minima del lotto di mq 5000. Ebbene, l’osservanza di tale prescrizione non può essere strumentale unicamente al rilascio del titolo edilizio, del quale, poi, si pretende la suddivisione: la specificità  della disciplina urbanistica dell’area ove insistono i fabbricati non può essere surrettiziamente superata dopo che la medesima è stata invocata al fine di ottenere l’assenso alla realizzazione dell’intervento edilizio progettato.
Correttamente, dunque, il Comune ha proceduto ad una valutazione globale delle opere realizzate. Va, conclusivamente, disattesa l’eccezione di parte ricorrente relativa alla mancata distinzione degli abusi riferiti ai singoli immobili e alla ritenuta minima entità  dei medesimi laddove considerati singolarmente.
10 – Infondati sono anche il secondo e terzo motivo di ricorso (trattati congiuntamente, per ragioni di connessione). 
10.1 – Il Collegio richiama in proposito recente pronuncia della Sezione, per ribadire che “la denuncia/segnalazione di inizio attività  è un atto soggettivamente ed oggettivamente privato, uno strumento di massima semplificazione quale manifestazione di autonomia privata con cui l’interessato certifica la sussistenza dei presupposti in fatto ed in diritto allegati a presupposto del legittimo esercizio dell’attività  segnalata alla P.A.
L’attività  dichiarata può allora essere intrapresa senza il bisogno di un consenso dell’Amministrazione, surrogato dall’assunzione di un’auto-responsabilità  del privato nel comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività  direttamente ammessa dalla legge (cfr. Cons. Stato, A.P., 29.7.2011, n. 15).
Per parte sua la Pubblica Amministrazione mantiene il potere di verificare la sussistenza in concreto di tutti i requisiti e presupposti per l’esercizio dell’attività  comunicata dal privato: quindi, entro il termine legale ogni denuncia/segnalazione può essere assoggettata al potere di verifica della conformità  a legge dell’attività  denunciata e all’adozione di strumenti inibitori; dopo il decorso del previsto spazio temporale, poichè presupposto indefettibile perchè una DIA/SCIA possa essere produttiva di effetti è la completezza e la veridicità  delle dichiarazioni contenute nell’autocertificazione, in presenza di una dichiarazione inesatta o incompleta all’Amministrazione spetta comunque il potere di inibire l’attività  dichiarata” ( T.A.R. Bari, sez. III, sent. 96 del 6.02.2017).
10.2 – Nel caso in esame l’amministrazione comunale ha espressamente ritenuto le DIA inefficaci, dopo aver accertato che:
a) “gli interventi previsti e realizzati incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia ed alterano la sagoma delle opere precedentemente approvate”; 
b) non è stata acquisita la preventiva autorizzazione paesaggistica, essendo l’area sottoposta a vincolo paesaggistico;
c) non è stato acquisito il preventivo nulla osta nei riguardi del vincolo idrogeologico prescritto per la realizzazione degli interrati.
10.3 – Quanto alla necessità  della preventiva acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, i ricorrenti richiamano un parere del Ministeri per i Beni e le Attività  Culturali e, nelle successive memorie depositate in corso di causa, sostengono la possibilità  di un’acquisizione postuma, prevista all’art. 167, comma 4 d. lgs. n. 42/2004, ammessa per gli interventi minori, quali, secondo i ricorrenti, sarebbero quelli relativi al seminterrato del villino esistente sul Lotto 1.
I ricorrenti evidenziano, inoltre, l’esiguità  dell’intervento realizzato sul Lotto 1 a seguito della DIA del 31.05.2007, avente ad oggetto la realizzazione del piano interrato da usarsi come deposito – cantinola, tanto da sostenere con il quarto motivo di ricorso la sproporzione della sanzione demolitoria irrogata.
Tali assunti non meritano condivisione: si desume dalla descrizione dello stato dei luoghi risultante dai sopralluoghi effettuati nel corso del procedimento che il piano interrato (che sul lato sud presenta una sporgenza di mt. 0,80 dal piano di campagna con presenza di quattro finestroni) si presenta di un’altezza interna di mt. 2,70 (altezza uguale a quella minima stabilita dall’art. 1 del d.m. 5.7.1975 per le abitazioni), diviso in due unità  immobiliari, ciascuna con proprio ingresso raggiungibile con scalinata esterna, completa di infissi, impianto elettrico ed idrico e costituita da ingresso, due vani e 1 wc. 
Tanto premesso, si osserva in punto di diritto che per consolidata giurisprudenza ” il divieto di incremento di volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume ovvero tra volume in superficie e volume interrato (in termini cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 4348 del 02 settembre 2013; Sez. VI, n. 4114 del 06/08/2013; sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879; cfr., inoltre, Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 110; sez. IV, 11 maggio 2005, n. 2388; Tar Puglia, Lecce, T.A.R. Lecce Puglia sez. I n. 218 del 23 gennaio 2014; T.A.R. Napoli Campania sez. VII n. 1 del 07 gennaio 2014)”. (Così, TAR Napoli sez. VI sent 2244 del 18.04.2014). E ancora: “sebbene si tratti di abuso di piccole dimensioni e qualificato dal ricorrente come volume tecnico, è comunque idoneo a determinare una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio in area assoggettata a vincolo paesaggistico, necessitando la detta realizzazione la previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica; con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere realizzate con funzione tecnica e prive di autonoma utilizzabilità  e, quindi, assentibili con mera D.I.A., l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica (questo Trib., sez. IV, 23 ottobre 2013, n. 4676)” (TAR Napoli, sez. VI, sent. 510 del 28.01.2016). 
Ne deriva che siffatto intervento (per il quale, nella relazione tecnica allegata alla DIA del 2007, viene specificata la non incidenza sulla volumetria fuori terra assentita), anche singolarmente considerato, necessita della prescritta autorizzazione paesaggistica, siccome realizza nuova volumetria. 
10.4 – Orbene, per costante giurisprudenza cui il Collegio presta adesione, “trattandosi di beni soggetti a vincolo, la denuncia di inizio attività  in assenza dell’autorizzazione paesaggistica non ha prodotto effetti (cfr. TAR Veneto Venezia, sez. II, 24 luglio 2015, n. 873; TAR Emilia Romagna Bologna, 30 luglio 2014, n. 803; TAR Lazio Roma, Sez. I, 23 gennaio 2013, n. 76; TAR Campania Napoli, Sez. III, 15 gennaio 2013, n. 295) e le opere costruite in relazione ad essa possono ritenersi al pari di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo”, (TAR Marche, sez. I, sent. 18/6/16 n. 413, TAR Puglia, Bari, sez. II, sent. 2/12/16 n. 1350). 
Ed ancora: “In mancanza di autorizzazione paesaggistica la stessa DIA non produce alcun effetto, ai sensi dell’art. 22 e art. 23 del d.P.R. 380/2001 (T.A.R. Napoli, sez. VI, 5.3.2012, n. 1111), con conseguente obbligo di ripristino delle opere edilizie di cui all’art. 167 del d. lg. 42/2004, non surrogabile con la pena pecuniaria (T.ar. Bari, sez. II, sent. 1350 del 2.12.2016)”.
Nè va tralasciato di considerare che l’intervento riferito all’interrato del lotto 1, quand’anche singolarmente valutato, necessita altresì di nulla osta previsto dal R.D. 30.12.1923 n. 3267 e n. 1126/1926, sussistendo sull’area anche il vincolo idrogeologico. 
10.5 – Nè, nell’ottica della globale valutazione dell’intervento, può tralasciarsi di considerare la rilevanza paesaggistica dell’aumento del distacco dei corpi di fabbrica del lotto 3 da mt. 2,30 a mt. 6 ed il loro collegamento realizzato con travi in c.a. previsto dalla DIA 31/5/07, come pure le modifiche prospettiche previste dalle DIA n. 12029/08 (per il lotto 3) e 14311 (per il lotto 1) che – determinando una trasformazione dell’aspetto esteriore degli immobili in zona paesaggisticamente vincolata – avrebbero necessitato della relativa autorizzazione. 
11 – Ma vi è di più: le descritte caratteristiche dell’opera (anche singolarmente considerata) appaiono certamente idonee ad incidere sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, ciò che ai sensi dell’art. 22 co. 2 TUE (nella formulazione vigente ratione temporis) esclude la possibilità  di realizzare interventi in variante al permesso di costruire con DIA. 
12 – Conclusivamente, va affermato che la fattispecie tacita di autorizzazione non può ritenersi formata correttamente anche perchè l’intervento non poteva essere assentito con DIA. 
L’atto gravato, pertanto, si configura quale atto avente valore dichiarativo del mancato perfezionamento delle DIA. In questa ipotesi “l’atto di rimozione delle D.I.A. si configura quale esito doveroso del procedimento di controllo attivato (revoca in senso stretto), con la conseguenza che non sono evocabili i principi a presidio dell’esercizio dell’ordinario potere di autotutela decisoria, i quali postulano una riconsiderazione dell’interesse pubblico, inesistente nel caso di specie, in cui l’amministrazione ha verificato la carenza ab origine dei presupposti per concludere favorevolmente il procedimento di formazione del titolo edilizio silenzioso. L’eliminazione d’ufficio di un titolo abilitativo edilizio, dovuto a fatto dell’interessato (come nel caso in esame), non necessita, peraltro, di un’espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, consistendo questo nell’interesse della collettività  al rispetto della disciplina urbanistica (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012 n. 5691; Consiglio di Stato, sez. IV, 30 luglio 2012 n. 4300) e in considerazione che le affermazioni miranti a considerare il rilievo del decorso del tempo sono tutte imperniate sulla tutela dell’affidamento del privato (si veda, ad esempio, Consiglio di Stato, sez. I, 25 maggio 2012 n. 3060), ossia una situazione qui non sussistente, stante l’erronea rappresentazione dei fatti proposta al Comune, dovuto proprio a fatto del privato” (ex multis, da ultimo, TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 96/2017 cit., T.A.R. Campania, sez. IV, sent. 13 dicembre 2016 n. 5726 e sent. 14/11/16 n. 5248). 
Il Comune ha correttamente esercitato i propri poteri sanzionatori sull’opera senza considerare le DIA che, difettando i relativi presupposti, non potevano ritenersi perfezionate (T.A.R. Napoli Campania sez. VI, 10 gennaio 2011, n. 35; Cassazione penale sez. III, 08 aprile 2010, n. 17973).
In simili casi, del resto, anche l’attuale formulazione dell’art. 19 L. 241/1990, frutto di recenti interventi nel senso della liberalizzazione, al comma 6 bis L. 241/1990 consente al Comune di esercitare i propri poteri sanzionatori in simili ipotesi, prevedendo che «restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività  urbanistico-edilizia, alle responsabilità  e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali».
13 – Alla luce delle suesposte considerazioni diventa superfluo soffermarsi ulteriormente sulla questione della destinazione d’uso degli immobili realizzati (oggetto del sesto motivo di ricorso), siccome per consolidata giurisprudenza (ex pluribus, Cons. Stato, VI, 17 luglio 2008, n. 3609; V, 6 giugno 2011, n. 3382; V, 21 ottobre 2011, n. 5683; IV, 6 luglio 2012, n. 3970), quando un provvedimento amministrativo negativo è sorretto da una pluralità  di motivi è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perchè ne derivi la consolidazione dell’atto, stante l’impossibilità  di disporne l’annullamento giurisdizionale.
14 – La natura e la corretta qualificazione degli interventi eseguiti (sottoposti al regime del permesso di costruire, siccome costituenti nuova costruzione), consentono di concludere per la legittimità  del provvedimento impugnato. 
15. – In presenza di opere realizzate senza titolo in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione, ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 280/2001 è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato. L’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi è, infatti, ˜in re ipsa’ anche per la straordinaria importanza della tutela reale dei beni paesaggistici ed ambientali che elide, in radice, qualsivoglia doglianza circa la pretesa non proporzionalità  della sanzione ablativa.
16. – In definitiva, per le ragioni esposte il ricorso va respinto.
17. – Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dà  atto delle rinuncia dell’intervento ad opponendum della Vittoria s.r.l. 
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del costituito Comune di Mattinata, di spese ed onorari del presente del giudizio, liquidandoli in complessivi € 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Viviana Lenzi Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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