1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – S.C.I.A. – Annullamento d’ufficio – Possibilità  – Ragioni 
 
2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Permesso di costruire – Variazioni non essenziali
 
3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Vani tecnici – Definizione

4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Permesso di costruire – Aumento volumetria abitativa – Nuova costruzione
 
5. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata -Mutamento di destinazione d’uso – D.I.A.

6. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzione abusiva – Ordinanza di demolizione – Vizi di forma

1. La S.C.I.A. è soggetta, come gli altri titoli edilizi rilasciati dalla p.A., al potere di annullamento d’ufficio, non potendosi riconoscere all’affidamento riposto nella sua legittimità  una tutela maggiore di quella che l’ordinamento riconosce ad analogo affidamento suscitato da un titolo di fonte provvedimentale.


2. Ai sensi dell’art. 32 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 costituiscono variazioni non essenziali, per le quali non è richiesto il permesso di costruire, le modifiche al progetto che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, ma si limitano a variare le cubature accessorie, i volumi tecnici e la distribuzione interna delle singole unità  abitative.


3. L’utilizzazione di locali a fini abitativi ne esclude la natura di vani tecnici. Infatti, la nozione di vano tecnico identifica locali che hanno la caratteristica, per altezza, dimensioni e dotazioni, di escludere qualsiasi utilità  abitativa.


4. La trasformazione di un locale sottotetto in una mansarda completa di servizi e impianti, realizzando un aumento di volumetria abitativa rispetto a quella assentita con il permesso di costruire, impone di considerare l’intervento edilizio come nuova costruzione.


5. L’intervento edilizio che comporta il mutamento di destinazione d’uso di un locale progettato e assentito per contenere impianti tecnici a servizio della sottostante abitazione non è riconducibile al novero di quelli che l’art. 22, c. 2, D.P.R. 380/2001 consente di realizzare previa presentazione della D.I.A.


6. Essendo l’ordinanza di demolizione espressione di potere vincolato dell’accertamento dell’abuso edilizio, essa risulta insensibile ai vizi di forma come l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 21 octies della L. 241/1990.

Pubblicato il 20/02/2017
N. 00148/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00979/2009 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 979 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Bracco S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Bruno C.F. BRNFNC67B17A285A, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Bagnoli, in Bari, via Dante, n. 25; 

contro
Comune di Andria in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Di Bari C.F. DBRGPP48P22A285P e Giuseppe De Candia C.F. DCNGPP67R01A662F, con domicilio eletto presso l’avv. Enzo Augusto, in Bari, via Abate Gimma, n. 147; 

per l’annullamento
– dell’ordine di demolizione n 222 del 2.4.2009, con cui il Comune di Andria, ordinava alla società  ricorrente, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, delle opere realizzate presso il lastrico solare sovrastante il quinto piano del complesso edilizio ubicato in via Catullo, in difformità  al permesso di costruire n. 190 del 10.10.2004 (P.E. n. 260/01) e relativa variante in corso d’opera n. 190/A/V del 10.10.2005, in zona classificata B/5 nel vigente P.R.G.;
– nei limiti dell’interesse della ricorrente, della Determinazione n. 449 del 19.3.2009 a firma del Dirigente del Settore Pianificazione del Territorio del Comune di Andria, non notificata, avente ad oggetto: “Annullamento in autotutela della D.I.A. del 31.10.2006, prot. n. 69578, presentata dall’ing. Michele LEONETTI, in qualità  di legale rappresentante della EDIL MAIKO S.R.L. e della EDIL TRIZETA S.A.S., per eseguire lavori di “modifiche delle scale interne ai piani quinto e sesto e dei relativi volumi tecnici” presso un fabbricato realizzato in Territorio di Andria, tra via Catullo e strada di piano P.I.P.”;
– ove occorra, del provvedimento n. 57 del 3.2.2009, notificato il 10.2.2009, divenuto inefficace per decorrenza dei termini, con cui il Comune di Andria, ha ordinato alla società  ricorrente, quale impresa esecutrice dei lavori, nonchè al proprietario ed al Direttore dei Lavori, “l’immediata sospensione dei lavori realizzati presso il lastrico solare sovrastante il quinto piano del complesso edilizio ubicato in via Catullo, in difformità  al permesso di costruire n. 190 del 20.10.2004 (P.E. n. 260/01) e relativa variante in corso d’opera n. 190/ A/ V del 10.10.2005, in zona classificata B/5 nel vigente P.R.G. e consistenti così come decritti nella premessa, che qui s’intende integralmente richiamata”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè allo stato non conosciuto, con particolare riferimento alla relazione di servizio redatta dagli operatori di Polizia Municipale di Andria in data 29.10.2008 ” prot. n. 85133 a seguito di sopralluogo effettuato in data 30.9.2008, nonchè ad eventuali relazioni istruttorie nei limiti dell’interesse della ricorrente, nonchè,
per l’annullamento, per i motivi aggiunti depositati il 19 luglio 2010,
– dell’atto di accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 222/2009, ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, del Comune di Andria, datato 5.5.2010 e notificato il 10.5.2010;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè allo stato non conosciuto.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2016 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori avv. Francesco Bruno, per la ricorrente, e avv. Giuseppe De Candia, per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
àˆ impugnato – unitamente agli atti presupposti e conseguenti – il provvedimento con il quale il Comune di Andria ha intimato alla ditta esecutrice, odierna ricorrente, ai proprietari e al direttore dei lavori “la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, entro e non oltre 90 giorni dalla data di notifica della presente ingiunzione, delle opere realizzate presso il lastrico solare sovrastante il quinto piano del complesso edilizio ubicato in via Catullo, in difformità  al permesso di costruire n. 190 del 20.10.2004 (P.E. n. 260/01) e relativa variante in corso d’opera n. 190/ A/ V del 10.10.2005, in zona classificata B/5 nel vigente P.R.G. e consistenti così come decritti nella premessa, che qui s’intende integralmente richiamata”.
Le opere in questione, così come descritte nella premessa dell’ordine di demolizione – hanno ad oggetto “la realizzazione di una unità  volumetrica, composta da un unico vano con scala di collegamento con la sottostante unità  immobiliare oltre ad un vano w.c., [che] si presenta ultimata, rifinita, completa di impianto elettrico, idrico fognante e termico il tutto funzionale all’uso di civile abitazione, con superficie lorda complessiva coperta di circa mq. 56, 00 (anzichè mq. 17,00 circa), altezza utile interna di circa mt. 2,80 (anzichè mt. 2,30 circa) e con volume complessivo lordo di mc. 170,00 circa (anzichè mc. 42,00 circa)”;
L’ordinanza di demolizione, espressamente richiama, quale atto presupposto, l’annullamento d’ufficio della DIA presentata il 31.10.2006 dalla Società  Edil Maiko s.r.l., titolare del permesso di costruire il complesso edilizio in questione.
Il Comune aveva infatti riscontrato, in sede di sopralluogo del 30.9.2008, un aumento della superficie, dell’altezza interna e della volumetria, nonchè la trasformazione, in locali residenziali, dei vani tecnici – fra i quali quello oggetto del provvedimento impugnato – posti sul lastrico solare delle otto palazzine di cui detto complesso si compone in quanto dette opere sono state ritenute non assentibili tramite DIA.
Il ricorso è affidato a sei motivi. 
1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 21 nonies della l. n. 241/90. Violazione degli articoli 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per mancanza del presupposti, carente e difettosa istruttoria, difetto di motivazione, violazione del giusto procedimento. Violazione del principio di legalità  e di tipicità  dei provvedimenti amministrativi. Violazione del principio di efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione.
La natura di atto privato della DIA escluderebbe la possibilità  di disporne l’annullamento d’ufficio.
2) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 21 nonies della l. n. 241/90. Violazione degli articoli 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, carente e difettosa istruttoria, difetto di motivazione, violazione del giusto procedimento. Violazione del principio di legalità  e di tipicità  dei provvedimenti amministrativi. Violazione del principio di efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione: illegittimità  derivata.
L’ordinanza di demolizione, conseguente all’annullamento della DIA, soffrirebbe in via derivata degli stessi vizi;
3) Violazione ed erronea applicazione, sotto diverso profilo, dell’art. 21 nonies della l. n. 241/90. Violazione degli articoli 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001. Violazione del principio dell’affidamento. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, carente e difettosa istruttoria, mancanza di adeguata motivazione, omessa ponderazione degli Interessi contrapposti, omessa valutazione e assoluta carenza di motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico giustificatrici, violazione del giusto procedimento. Violazione del principio di efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione.
L’annullamento d’ufficio sarebbe comunque illegittimo perchè non terrebbe conto del legittimo affidamento della ricorrente sulla validità  della DIA, non avrebbe esposto le prevalenti ragioni d’interesse pubblico che ne imporrebbero la rimozione e, infine, sarebbe stato adottato oltre il termine ragionevole prescritto dall’art. 21 noniesdella l. n. 241/1990.
4) Violazione ed erronea applicazione, sotto diverso profilo, dell’art. 21 nonies della l. n. 241/90. Violazione degli articoli 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001. Violazione del principio dell’affidamento. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, carente e difettosa istruttoria, mancanza di adeguata motivazione, omessa ponderazione degli interessi contrapposti, omessa valutazione e assoluta carenza di motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico giustificatrici, violazione del giusto procedimento. Violazione del principio di efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione: illegittimità  derivata.
L’ordinanza di demolizione sarebbe viziata per illegittimità  derivata dall’annullamento della DIA anche per i diversi profili esposti con il terzo motivo.
5) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 31 e 32 del d.P.R. n. 380/2001. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 della l. r. Puglia n. 26/1985. Violazione ed erronea applicazione, sotto diverso profilo, dell’art. 21 noniesdella l. n. 241/90. Violazione degli articoli 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001. Violazione delle norme del P.R.G. e del R.E. del Comune di Andria. Violazione ed erronea applicazione delle norme in materia di corretta pianificazione del territorio. Eccesso di potere per carente e difettosa istruttoria, difetto di motivazione, erronea presupposizione, violazione del giusto procedimento, illogicità , contraddittorietà . Violazione del principio di efficacia e buon andamento della Pubblica Amministrazione.
L’ordinanza impugnata richiama l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 che enuncia le sanzioni irrogabili per opere realizzate in assenza o totale difformità  dal permesso per costruire, cui non sarebbe riconducibile il caso in esame, o con variazioni essenziali, parimenti da escludersi, a mente dell’art. 32 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 2 l.r. Puglia n. 26/1985 che qualifica non essenziali – e quindi non sanzionabili – le variazioni di cubatura che non eccedono il 5% della volumetria assentita. Le verifiche condotte dal tecnico incaricato dalla ricorrente avrebbero infatti accertato che la differenza fra la cubatura effettiva dei volumi tecnici, rilevata dalla Polizia municipale durante il sopralluogo del 30.9.2008, e quella risultante dalle misure progettuali autorizzate con la variante in corso d’opera n. 190 del 10.10.2005, non supererebbe il limite del 5% della volumetria assentita.
6) Violazione, sotto vari profili, degli artt. 7, 8 e 10, della l. n. 241/90, anche in relazione alle previsioni di cui agli articoli 27 e 31 del d.P.R. n. 380/2001 e agli articoli 40, 41 e 44 della l.r. n. 56/80. Eccesso di potere per difetto di presupposto e istruttoria.
L’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima per omessa comunicazione di avvio del procedimento, non surrogabile con la comunicazione della sospensione dei lavori edilizi, conosciuta dalla ricorrente in data 10.2.2009.
Con ricorso per motivi aggiunti, depositato il 19 luglio 2010, la ricorrente ha impugnato l’accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione riproponendo gli stessi motivi illustrati nel ricorso principale 
Il Comune di Andria ha eccepito, preliminarmente, il difetto di legittimazione della Bracco S.r.l. perchè non avrebbe allegato alcuna situazione giuridica differenziata che potrebbe giustificare la pretesa di annullamento degli atti impugnati, nè la lesione che ne avrebbe ricevuto.
Nel corso del giudizio il Collegio ha disposto l’acquisizione di notizie in merito alla presentazione presso il Comune di Andria di istanze a sanatoria delle opere in questione, la cui esistenza è stata esclusa dal responsabile del SUE (Sportello unico edilizia), con nota depositata il 9.11.2016.
Sulle conclusioni delle parti, all’udienza del 13 dicembre 2016, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. àˆ all’esame del Collegio uno dei provvedimenti (fra gli altri ad esso collegati) con i quali il Comune di Andria ha intimato la demolizione di opere edilizie realizzate dalla ricorrente sui lastrici solari di otto palazzine, opere per le quali era stata presentata una DIA in variante al permesso di costruire relativo all’intero complesso edilizio, precedentemente annullata in autotutela.
2. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dal Comune di Andria perchè il ricorso deve essere respinto nel merito, tenuto conto del fatto che non risultano all’esame del Comune istanze di sanatoria delle opere delle quali si è intimata la demolizione.
3.1. Il primo motivo è infondato, al pari del secondo che da esso dipende.
La DIA edilizia (SCIA) non fa eccezione rispetto al genus “DIA” disciplinato dall’art. 19 della l. n. 241/1990, nella versione applicabile ratione temporis al caso di specie che estende a detti titoli abilitativi il regime generale dell’autotutela decisoria, da intendersi tuttavia limitato all’annullamento d’ufficio, in considerazione della deroga posta dall’art. 11 del d.P.R. 380/2001 la quale esclude la revocabilità  dei titoli edilizi.
Non si ravvisa, del resto, alcun fondamento normativo, nè ragioni dogmatiche che inducano a ritenere la SCIA non soggetta, come gli altri titoli edilizi rilasciati dalla p.a., al potere di annullamento d’ufficio, non potendosi riconoscere all’affidamento riposto nella legittimità  della SCIA una tutela maggiore di quella che l’ordinamento riconosce ad analogo affidamento suscitato da un titolo di fonte provvedimentale.
3.2.1. Anche il quinto motivo, il cui esame precede logicamente lo scrutinio degli altri, deve essere respinto.
La Società  costruttrice sostiene che la realizzazione o modificazione di volumi tecnici non è subordinata al rilascio del permesso di costruire e che le opere a tal fine eseguite, previa presentazione della DIA del 31.10.2006, sarebbero del tutto conformi alla normativa edilizia allora vigente.
3.2.2. La tesi è senz’altro corretta, in linea di principio, poichè, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non è richiesto un nuovo permesso di costruire quando l’originario, già  assentito, progetto edilizio non sia oggetto di variazioni essenziali. 
Il citato articolo 32 considera variazioni non essenziali, per le quali non è richiesto il permesso di costruire e ben potrebbero essere oggetto di denuncia di inizio di attività , le modifiche al progetto che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, ma si limitano a variare le cubature accessorie, i volumi tecnici e la distribuzione interna delle singole unità  abitative.
3.3.3. In punto di fatto risulta, però, dalla stessa perizia riportata nel ricorso principale (pag. 20) che i vani sovrastanti il lastrico solare delle otto palazzine – tra cui quello oggetto dell’ordinanza impugnata – descritti nella DIA del 2006 come volumi tecnici riservati agli impianti a servizio delle sottostanti unità  residenziali, hanno altezza uguale a quella minima (m. 2.70) stabilita dall’art. 1 del d.m. 5.7.1975 per le abitazioni, sono comunicanti con il piano sottostante ed inoltre, come riportato nell’ordinanza, sono dotati di impianti e servizi igienici.
Il fatto che detti locali siano utilizzabili a fini abitativi, ne esclude la natura di vani tecnici.
La giurisprudenza ha infatti chiarito che la nozione di vano tecnico identifica locali che hanno la caratteristica, per altezza, dimensioni e dotazioni, di escludere qualsiasi utilità  abitativa (Cons. Stato, sez. IV, 10.7.2013 n. 3666), perchè destinati esclusivamente agli impianti non installabili all’interno dell’abitazione cui necessitano, mentre restano esclusi da tale categoria i locali sottotetto comunicanti, come in specie, con il piano sottostante mediante una scala interna, che è stata ritenuta indice rilevatore dell’intento di renderli abitabili (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 14/4/2014 n. 207; Cons. Stato sez. IV n. 812/2011).
3.3.4. Ne consegue che i vani tecnici, irrilevanti, per la loro specifica destinazione, ai fini del calcolo della volumetria del fabbricato cui accedono, concorrono a pieno titolo e per intero a determinarne l’entità  quando sono trasformati in spazi idonei all’uso residenziale.
3.3.5. Sotto tale profilo appare dunque errata la perizia riportata nel corpo del motivo in rassegna perchè prende in considerazione, ai fini della verifica della natura essenziale o non essenziale della variazione, solo l’aumento di volumetria dei locali tecnici riconducibile alla DIA del 31.10.2006, stimato inferiore al 5% della cubatura residenziale assentita con il permesso di costruire, limite entro il quale la variazione è ritenuta non essenziale, ai sensi dell’art. 2 della l. r. Puglia n. 26/1985 e quindi eseguibile previa DIA.
L’errore è manifesto.
Accertato, infatti, che non si tratta di un vano tecnico, poichè ha i requisiti dei vani abitativi e come tale potrebbe essere autonomamente utilizzato, ciò che rileva ai fini della verifica dell’essenzialità  della variazione e della conseguente necessità  di ottenere il permesso di costruire, è il fatto che esso esprime per intero, non solo per l’incremento di cui alla DIA annullata, nuova volumetria e nuova superficie abitativa, rispetto al progetto originariamente assentito, la quale supera largamente il limite del 5% consentito dall’art. 2 della l.r. n. 26/1985 per l’aumento della cubatura originaria, come si desume chiaramente dai calcoli, cui si rinvia, della perizia riportata nel ricorso.
3.3.6. La ricorrente ha in sostanza trasformato il locale sottotetto in una mansarda completa di servizi ed impianti, realizzando un aumento di volumetria abitativa, rispetto a quella assentita con il permesso di costruire, che impone di considerare l’intervento edilizio come nuova costruzione (T.A.R. Lombardia, Brescia, 6.8.2010 n. 2654; Cassazione penale, sez. III, 3.10.2002 n. 38191).
3.3.7. Del resto proprio l’irrilevanza dei volumi tecnici ai fini del calcolo delle superfici e della cubatura implica che, ove essi mutino destinazione per volgersi ad uso residenziale, acquistano visibilità  normativa – per superficie, sagoma, volume ed incidenza sugli standard urbanistici di zona – che prima non avevano e costituiscono, per questo, variazioni essenziali ai sensi dell’art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, secondo i parametri stabiliti dall’art. 2 della l.r. Puglia n. 26/1985, per le quali non è ammesso il ricorso alla D.I.A. (Cons. Stato, sez. IV, 10.7.2013 n. 3666).
3.4.1. Anche il terzo motivo, con il quale la ricorrente ritiene illegittimamente pretermesso l’affidamento che ha riposto nella validità  della DIA oggetto di annullamento d’ufficio, deve essere respinto insieme al quarto che da esso logicamente dipende.
Come detto, l’intervento edilizio in rassegna, poichè comporta il mutamento di destinazione d’uso di un locale progettato e assentito per contenere impianti tecnici a servizio della sottostante abitazione, non è riconducibile al novero di quelli che l’art. 22 comma 2 del d.P.R. n. 380/2001 consente di realizzare previa presentazione della DIA.
L’affidamento sulla validità  di un titolo edilizio, quale espansione del principio di buona fede che governa i rapporti giuridici, è il convincimento, indotto, in una delle parti del rapporto, dal comportamento dell’altra, sulla validità  o l’esistenza di un fatto, atto o comportamento altrui giuridicamente rilevante.
Ne consegue che l’errore sui requisiti soggettivi o oggettivi della DIA, proprio perchè è frutto di una dichiarazione unilaterale, non può comportare in favore di chi la rende un affidamento vincolante per la parte pubblica che si limita a riceverla, per il solo fatto che quest’ultima non avrebbe esercitato i conseguenti poteri correttivi o inibitori, potendo tale omissione comportare un’eventuale responsabilità  amministrativa, non già  la convalida -recte la sanatoria – della DIA mancante di un requisito essenziale.
Anche argomenti di ordine testuale e sistematico consentono di confermare che il privato non può accreditarsi, mediante DIA, un titolo edilizio per opere per le quali è richiesta la più complessa procedura del rilascio del permesso di costruire.
A tale riguardo appaiono evidenti le analogie fra il caso in decisione e l’ipotesi di una DIA priva dei requisiti essenziali e per questo inefficace (Consiglio di Stato, sez. VI, 24.3.2014, n. 1413), o quella prevista dall’art. 23, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 secondo cui la DIA non produce effetti quando l’intervento edilizio incide su interessi sensibili e l’Autorità , cui ne è affidata la tutela, non l’abbia autorizzato o, ancora, se le dichiarazioni sostitutive di atto notorio ad essa allegate non sono veritiere (Consiglio di Stato, sez. VI, 20.11.2013 n. 5513).
Chiaramente, allora, il provvedimento con il quale il Comune ha accertato che le opere edili in questione non sono legittimate dalla DIA, presentata il 31.10.2006, non è espressione di autotutela – è irrilevante la qualificazione contenuta nell’atto, dovendo prevalere la sostanza sulla forma – ma ha valore meramente accertativo di un abuso doverosamente rilevabile e reprimibile senza, peraltro, il limite di dover agire entro un termine ragionevole, chiaramente inapplicabile all’attività  di vigilanza edilizia, tanto più che nessun affidamento può vantare la ricorrente, per quanto detto in precedenza,.
3.5. Le considerazioni che precedono impongono di respingere anche il sesto motivo.
Come detto l’ordinanza impugnata è la conseguenza inevitabile, espressione di potere vincolato, dell’accertamento dell’abuso edilizio, insensibile pertanto ai vizi di forma come l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 21 octies della l. 241/1990.
4. Al rigetto del ricorso principale fa seguito la reiezione del ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza dell’ordine di demolizione, siccome impugnato per illegittimità  derivata.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore del Comune di Andria tenendo conto della serialità  della questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, li respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Andria delle spese di giudizio che liquida in € 600,00 oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giuseppina Adamo, Presidente
Benedetto Nappi, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Colagrande Giuseppina Adamo
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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