Edilizia e urbanistica – Piano per gli insediamenti produttivi – Sopravvenuta decadenza – Approvazione di variante – Preclusione – Impugnativa – Necessità  – Interesse concreto ed attuale – Sussistenza

Poichè a mente dell’art. 27 L. n. 865/71 il piano per gli insediamenti produttivi è uno strumento attuativo che prevede la possibilità  di espropriare le aree in esso incluse ed è dotato di efficacia decennale, dopo la sua scadenza resta preclusa all’amministrazione l’approvazione di una variante che comporti l’inserimento in essa di ulteriori suoli. E tanto vale a radicare nei proprietari l’interesse concreto ed attuale all’impugnativa, in quanto la variante impugnata, laddove non annullata, diverrebbe inopponibile per il principio di esecutività  ed efficacia degli atti amministrativi, nonchè in ragione del principio per cui l’atto amministrativo, benchè illegittimo, se non impugnato tempestivamente, si consolida.


Pubblicato il 09/02/2017
N. 00126/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01649/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1649 del 2013, proposto da: 
Nicola Montingelli, Vincenzo Montingelli, Luciano Montingelli, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Colasuonno e Riccardo Giorgino, con domicilio eletto presso lo studio Daniele Varola in Bari, corso Vittorio Emanuele II, n.179; 

contro
Comune di Cerignola, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Paradiso e Giuliana Nitti, con domicilio eletto presso lo studio Francesco De Robertis in Bari, via Davanzati n.33; 

per l’annullamento
– della delibera di Giunta della Citta’ di Cerignola n.208 del 18.6.2013 di approvazione, ex art.34 L. n.865/71, della variante generale al Piano Particolareggiato zona industriale artigianale (PAP- Piano insediamenti attività  produttive), 1°e 2° Fase, limitatamente all’inclusione dell’area di proprietà  dei ricorrenti nel perimetro del suddetto piano;
– nonchè, per l’annullamento di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, ancorchè non conosciuto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cerignola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2017 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Gli odierni ricorrenti sono proprietari, in comune pro indiviso, di un fondo rustico sito in Cerignola, alla contrada Favecotte, censito nel nuovo Catasto terreni al Fg. 145, p.lla n.576, acquisito a seguito di successione dal proprio genitore, come da di dichiarazione di successione registrata in Barletta il 13.5.2004 al n. 216, volume 2004, allegata in atti.
Gran parte del predetto fondo ha natura di uliveto ed è stato già  ricompreso nel perimetro del Piano aree produttive – PAP, 2^ Fase, redatto ai sensi dell’art. 27, L. n. 865/1971, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Cerignola n. 25/1998. 
In relazione ad esso, è stata, in passato, già  intrapresa una procedura espropriativa mai portata a termine.
Con la variante generale al predetto PAP, approvata con delibera di Giunta n.208 del 18.6.2013, impugnata in questa sede, il predetto fondo è stato nuovamente incluso nel relativo perimetro.
Se ne dolgono i proprietari lamentando, in estrema sintesi, oltre all’incompetenza dell’organo giuntale, la violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 3, L. n. 865/1971, per essere la variante intervenuta, diversamente da quanto indicato nell’atto di approvazione (v. pag. 4 della delibera impugnata che testualmente recita “le modifiche proposte costituiscono varianti al vigente PAP 2° fase”) in relazione ad un PAP ormai decaduto per decorso del termine decennale di efficacia.
Deducono, inoltre, l’eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza e carenza di motivazione circa l’utilità  del piano e del suo dimensionamento. 
La delibera impugnata, inoltre, non avrebbe effettuato alcuna ulteriore valutazione rispetto a quella originariamente operata nel 1998 (cioè ben 15 anni prima) sul fabbisogno dell’area da destinare agli insediamenti stessi, senza tener conto, a distanza di un tale lasso di tempo, delle eventuali variazioni in ordine alla concreta utilità  della modifica e del Piano stesso.
Con il primo atto di costituzione, l’Amministrazione intimata ha eccepito il difetto di interesse in ordine al ricorso e si è difesa, nel merito solo in ordine al vizio di incompetenza.
Successivamente, con la memoria conclusionale depositata il 23.12.2016, l’Ente ha ribadito l’eccezione di difetto di interesse, allegando l’erroneità  del presupposto fondante del ricorso, ovverosia “la qualificazione della delibera G.C. n. 208/2013, oggetto di impugnazione, quale variante finalizzata all’aggiornamento del PAP 2° Fase, ormai scaduto, al fine di farne decorrere un nuovo termine di vigenza”.
La difesa civica, in particolare, ha evidenziato che, come testualmente riportato nella delibera impugnata “le modifiche proposte costituiscono varianti al vigente PAP 2° Fase che non comportano alterazioni e/o modifica del dimensionamento globale degli standards urbanistici di Piano, nè modificano il perimetro e gli indici volumetrici di Piano rispettando i parametri generali della zona D1 di Prg e quelli di cui al D.l n. 1444/68”. 
Da tanto ha fatto discendere che la variante impugnata non ha natura di variante di aggiornamento che individua nuove zone, priva, per ciò, di un proprio autonomo termine di vigenza (citando CdS, n.863/1996 e n. 1156/1998), precisando che si distingue tra variante di aggiornamento, che destina nuove zone al piano, ed ha un proprio autonomo termine di vigenza, decorrente dalla sua entrata in vigore, e variante di mero azzonamento, che non implica e determina il decorso di un nuovo termine di vigenza (citando CdS, n.1199/1997 e n.863/1996).
Trattandosi, dunque, di modifiche non essenziali, non vi sarebbe motivo di ritenere prorogata la vigenza del Piano, non sussistendo esigenze garantistiche, legate alla necessità  di salvaguardare la posizione dei proprietari in relazione all’abnorme durata del vincolo che deriverebbe dall’adozione di uno strumento urbanistico proceduralmente semplificato o comunque non innovativo nella sua essenzialità , meramente rivolto alla risistemazione “interna” delle aree ricomprese nel piano.
Escluso per l’atto impugnato il preteso carattere di variante di aggiornamento, non residuerebbe alcun ulteriore margine di rilevanza degli addotti motivi di impugnazione.
All’udienza del 25.1.2017, infine, dopo la rinuncia alla fase cautelare, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato.
L’eccezione di inammissibilità  per difetto di interesse sollevata dall’Ente con le prime difese, in ragione della asserita non lesività  dell’atto impugnato è priva di pregio.
Infatti, a norma dell’art. 27, co 5, cit “Le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità .”. E’ dunque, prevista, nell’ipotesi di inclusione di un’area nel Piano, la possibilità  di espropriarla. Tanto vale a radicare nei proprietari un concreto ed attuale interesse all’impugnativa.
Nel merito, i ricorrenti lamentano, in primo luogo, che la variante sia intervenuta quando il Piano era già  scaduto (per decorso del termine decennale di efficacia).
La censura è fondata.
Il superamento del termine decennale dalla data di approvazione del Piano originario (1998) è pacifico ed incontestato.
Emerge poi dalle stesse difese comunali che la variante è intervenuta su di un Piano ormai scaduto.
Tanto, ben lungi dal costituire causa di difetto di interesse all’impugnativa, costituisce ragione di fondatezza del ricorso.
Infatti, la variante impugnata, laddove non annullata, diverrebbe inoppugnabile, per il principio di esecutività  ed efficacia degli atti amministrativi, nonchè in ragione del principio per cui l’atto amministrativo, benchè illegittimo, se non impugnato tempestivamente, si consolida. 
In altri termini, le difese comunali predicano, implicitamente quanto inammissibilmente, la disapplicazione di tale atto.
Per le ragioni suesposte, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento della variante impugnata. Avendo i ricorrenti inteso esplicitamente fare valere l’impugnazione limitatamente al loro terreno, in ossequio al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, l’annullamento va disposto nei suddetti limiti.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla, per come chiarito in parte motiva, la delibera di G.C. n.208/2013 del Comune di Cerignola, di approvazione della variante generale al PAP.
Condanna il Comune resistente alla rifusione in favore dei ricorrenti in solido, delle spese processuali che liquida in euro 3000,00, oltre IVA, CAP, spese generali in misura massima e rifusione del C.U., come per legge. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Desirèe Zonno Angelo Scafuri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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