Procedimento amministrativo – Provvedimento vincolato – Principio di dequotazione  dei vizi formali – Permesso di costruire in sanatoria – Diniego

La natura vincolata del provvedimento impugnato soltanto per difetto di motivazione determina la conservazione degli effetti dello stesso, ai sensi dell’art. 21 octies della l. 7 agosto 1990, per i principi di  dequotazione dei vizi formali e di conservazione del provvedimento. (Nella specie  il diniego di istanza di permesso di costruire in sanatoria, presentata ai sensi  dell’art. 36 d.p.R. 380/2001,  era stato motivato, erroneamente,  con l’assenza della doppia conformità  urbanistica; tuttavia, la circostanza che detta istanza,  definita dalla parte  interessata come “in sanatoria”,  riguardasse  in realtà  un manufatto a realizzarsi piuttosto che  uno già  esistente, ha determinato la conservazione del provvedimento di diniego, non potendosi comunque assentire una nuova costruzione mercè il permesso di costruire in sanatoria).

Pubblicato il 19/12/2016
N. 01386/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00996/2010 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 996 del 2010, proposto da: 
Pellegrino Biagio Francesco, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Tandoi C.F. TNDDNC65L27C983K, Marco Lancieri C.F. LNCMRC71E23L259S, con domicilio eletto presso Marco Lancieri in Bari, via Piccinni, n.150; 
contro
Comune di Corato, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Schittulli C.F. SCHNGL74D21A662W, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Principe Amedeo, n.25; 
per l’annullamento
– del provvedimento comunicato con nota prot. 9650 del 30.3.2010, successivamente pervenuto, a firma del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Corato, recante diniego del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 del D.P.R 380/01, richiesto con istanza del 4.6.2009 relativo ad immobili catastalmente individuati al foglio 41, p.lle 110 e 1696.
– della nota, in data 23.2.2010, sempre a firma del dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Corato, recante comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis l. n. 241/90; .
– nonchè di tutti gli atti al predetto comunque connessi, preordinati o conseguenti, ancorchè non conosciuti, ivi compresa l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 47/07 del 23/8/2007, a firma del medesimo dirigente del Settore Urbanistica e, ove occorra, della nota prot. n.21609 del 6.7.2006.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Corato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2016 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con istanza protocollata il 4.6.2009, Pellegrino Biagio Francesco, in qualità  di imprenditore individuale, titolare dell’impresa A.M.P., nonchè di proprietario degli immobili su cui verte la presente controversia, ha chiesto “il rilascio del permesso a costruire in sanatoria per i lavori in oggetto”. 
1.1.- L’istanza è così rubricata “oggetto: richiesta di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 dpr n.380/01 e s.m.i.- Opere abusive realizzate in Via Lago Baione”. 
All’istanza sono stati allegati i grafici progettuali versati in giudizio.
1.2.- Con il provvedimento prot. n.9650 del 30.3.2010, il Comune, dopo regolare avviso di diniego ex art. 10 bis L. n.241790 ed una compiuta fase partecipativa, ha respinto l’istanza.
Il provvedimento impugnato è motivato in ragione del difetto del requisito della doppia conformità  edilizia, in quanto la zona interessata dall’intervento risultava urbanisticamente tipizzata, già  all’epoca di approvazione del PRG (1979), così come all’attualità , quale zona Fi, per attrezzature di interesse generale, mentre le opere in questione riguardano, come indicato dallo stesso ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio, opifici industriali-artigianali.
1.3.- Contro tale diniego (unitamente a tutti gli atti prodromici endoprocedimentali indicati in oggetto) è insorto il ricorrente, dolendosi – questo in estrema sintesi il contenuto dei tre motivi di ricorso formulati – del contenuto delle determinazioni comunali, contestando la ritenuta qualificazione dell’area come Fi (determinata, a detta del Comune, dalla reviviscenza della originaria destinazione urbanistica impressa dal PRG, a seguito della decadenza del Piano Particolareggiato in cui era inclusa l’area interessata). 
Secondo il ricorrente, poichè il vincolo imposto dallo strumento urbanistico avrebbe natura espropriativa, la sua decadenza determinerebbe la successiva qualificazione dell’area come “zona bianca” (ex art. 4, L. n.10/77, ora art. 9 dpr n. 380/01).
Ne deriverebbe l’illegittimità  del diniego fondato sulla zonizzazione dell’area come Fi, atteso che, in realtà , i suoli sarebbero privi di disciplina urbanistica.
1.4.- Inoltre (questo il contenuto del III motivo di ricorso), sarebbe applicabile alla fattispecie in esame l’art. 7 delle NTA secondo cui “I proprietari di immobili esistenti e destinati ad attività  produttive o secondarie (fatta eccezione di quelle insalubri) al di fuori delle zone industriali, artigianali e commerciali previste dal PRG, potranno richiedere l’autorizzazione per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, per interventi di restauro e risanamento conservativo, per interventi di ristrutturazione edilizia nonchè per interventi di ampliamento. Le singole richieste di ampliamento verranno approvate dal Consiglio Comunale sulla base delle norme tecniche di attuazione del PRG valevoli per le zone industriali, artigianali e commerciali a seconda del tipo di intervento (con esclusione della norma di cui alla voce “strumenti attuativi)”.
Secondo parte ricorrente, la previsione appena citata consentirebbe l’intervento per cui è stata richiesta la sanatoria.
2.- Si è difeso in giudizio il Comune eccependo, in primo luogo, l’inammissibilità  del ricorso, atteso che già  con provvedimento datato 6.7.2006 (il ricorrente ne indica estremi diversi: n. 21601 del 24.3.2006, v. pag. 3 ricorso introduttivo), rimasto inoppugnato, era stata respinta l’istanza di permesso di costruire finalizzato alla realizzazione dell’intervento di ristrutturazione edilizia oggetto dell’analoga istanza di sanatoria ex art. 36 cit., sicchè l’acquiescenza prestata a tale diniego avrebbe comportato la decadenza del ricorrente dal poter dedurre, in sede giurisdizionale, qualsiasi questione che si ponga in contrasto con detto diniego (che ha escluso la possibilità  di costruire mediante demolizione e ricostruzione).
2.1.- Nel merito, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, atteso che gli immobili oggetto dell’istanza di permesso in sanatoria sono tutti oggetto di condono edilizio e, in quanto tali, gli unici interventi ammissibili sono quelli diretti a garantirne l’integrità  e la conservazione, senza alcuna possibilità  di trasformazione.
3.- In fase cautelare, con ordinanza n. 518/2010, rimasta inappellata, è stata accordata la tutela invocata, ritenendo il Collegio: 
“- che il vincolo di inedificabilità  apposto in sede di NTA del vigente PRG del Comune di Corato non presenta carattere espropriativo, atteso che tali disposizioni non escludono la possibilità  di realizzazione delle strutture pubbliche da parte dei privati in regime di economia di mercato, con conseguente natura conformativa a tempo indeterminato della proprietà  (ex multis Consiglio di Stato sez IV 7 aprile 2010 n.1982, T.A.R. Puglia Bari sez II, 9 luglio 2009 n.1991);
– che inoltre a conferma del carattere conformativo, la destinazione di zona citata non stabilisce puntualmente e con carattere “lenticolare” la localizzazione dell’opera pubblica (Cassazione civile sez I, 25 settembre 2007, n.19924) incidente su specifici beni;
– che il vincolo de quo non è nemmeno classificabile come vincolo strumentale o “di rinvio” – ugualmente soggetto a decadenza quinquennale pur avendo natura conformativa (ex multis Consiglio di Stato sez IV 24 marzo 2009, n.1765) – atteso che la concreta edificabilità  non è rinviata a piano attuativo di esclusiva iniziativa pubblica bensì a progetto anche di iniziativa privata; 
– che per giurisprudenza consolidata, in caso di scadenza del termine di efficacia di un piano particolareggiato ex art. 15, comma 4, l. n. 1150 del 1942, non possono trovare applicazione i ristretti limiti di edificabilità  previsti dall’art. 4, comma ultimo, l. n. 10 del 1977, atteso che il decorso del termine per l’esecuzione del piano, diversamente da quanto accade in caso di scadenza dei vincoli espropriativi ex art. 2 l. n. 1187 del 1968, non rende l’area priva di regolamentazione urbanistica, in quanto, in forza dell’art. 17 l. n. 1150 resta fermo a tempo indeterminato, l’obbligo di rispetto degli allineamenti e delle prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso (Consiglio di Stato, sez. V, 09 dicembre 1996 , n. 1491);
– che, invece, risulta fondata la subordinata censura di violazione ed erronea applicazione del punto 7 delle NTA del PRG comunale, attesone il carattere di norma derogatoria, laddove la destinazione ad attività  produttive deve coerentemente interpretarsi in senso funzionale/economico e non già  in senso urbanistico, fermo restando la necessità  dell’autorizzazione ivi prescritta da parte del consiglio comunale”.
4.- All’udienza del 21.11.2016, la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
5.- Il ricorso non è fondato per le ragioni di seguito esposte che inducono, re cognita plena, a rimeditare il precedente orientamento anche in ordine alla terza doglianza proposta, sulla scorta dell’approfondito esame della documentazione versata in atti.
5.1.- L’infondatezza nel merito esime, peraltro, il Collegio dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità .
5.2.- Ai fini dello scrutinio del diniego impugnato è imprescindibile, in punto di fatto, individuare il reale contenuto dell’istanza presentata, confrontandolo con la prospettazione in fatto esposta in ricorso.
Il ricorrente dichiara di aver realizzato, sulle particelle in questione, nel corso degli anni, vari immobili (di cui 3 rilevano in questa sede), adibiti a capannone artigianale – deposito , in cui viene svolta l’attività  di lavorazione del ferro e carpenteria.
Tali immobili, inizialmente abusivi, sono stati sanati a seguito di successivi condoni (l’ultimo titolo è del 4.10.2005, prot. n. 6328/05).
Benchè nel ricorso si evidenzi che il ricorrente “ha realizzato una pensilina in struttura metallica completamente aperta e per un lato appoggiata al capannone condonato in adiacenza al capannone sanato nel 2005” e che l’istanza di sanatoria del 4.6.2009, proposta ex art. 36 cit., sia finalizzata a sanare le opere abusive realizzate (v. pag. 3 ricorso), deve tuttavia rilevarsi che, come ammesso nello stesso atto introduttivo del giudizio (v. pagg.3-4), “il ricorrente domandava il permesso di costruire in sanatoria per lavori di ristrutturazione consistenti nel completamento del capannone artigianale e di tettoia esterna in struttura metallica, previa demolizione ed accorpamento dei vecchi corpi di fabbrica”.
Il titolo edilizio richiesto con l’istanza esitata con il diniego impugnato non ha, pertanto, ad oggetto un immobile già  realizzato, bensì un immobile ancora da realizzarsi, previa demolizione e accorpamento dei volumi esistenti.
5.3.- Laddove qualche margine di dubbio, in ordine all’effettivo oggetto della domanda del 4.6.2009, residui dall’attenta lettura del ricorso, esso è superato dal contenuto degli allegati progettuali all’istanza in questione, depositati in giudizio. 
Essi sono composti da una “planimetria attuale scala 1:500”, raffigurante i tre capannoni esistenti, interessati dall’intervento e da una “planimetria futura scala 1:500” raffigurante un diverso edificio.
Il riferimento alla natura “futura” delle opere esclude che si possa trattare di immobili già  realizzati e, soprattutto, che oggetto dell’istanza di sanatoria sia la “tettoia” già  realizzata (abusivamente).
D’altro canto, il materiale fotografico versato in atti dallo stesso ricorrente conferma che le opere attualmente esistenti non corrispondono affatto all’ambìto accorpamento dei volumi.
Deve, dunque, concludersi che il sig. Pellegrino ha presentato un’istanza ex art. 36 cit. per opere non ancora realizzate.
Così correttamente inquadrata la fattispecie in punto di fatto, non può che concludersi che il ricorrente ha utilizzato in modo del tutto improprio lo strumento della sanatoria, il cui ambito di applicazione oggettivo, come emerge chiaramente dalla ratio dell’istituto nonchè dal tenore letterale della disposizione, riguarda solo immobili già  realizzati (in assenza di titolo edilizio, ma conformemente allo strumento urbanistico in vigore al momento della realizzazione delle opere nonchè al momento dell’istanza).
Pertanto, l’esito dell’istanza, prescindendosi dal contenuto motivazionale del diniego impugnato, non avrebbe potuto che essere di carattere negativo, in quanto non è ammissibile l’istituto della sanatoria ex art. 36 cit. per legittimare opere non ancora realizzate, per le quali trova applicazione l’ordinario regime del permesso di costruire.
Il Comune, pertanto, avrebbe dovuto, comunque, respingere l’istanza per la ragione appena esposta, invece che per le ragioni indicate nella motivazione del provvedimento impugnato che resiste alle censure mosse soprattutto in considerazione del principio di dequotazione dei vizi formali (ex art. 21 octies, L. n. 241/90) e della natura assolutamente vincolata del diniego dell’istanza presentata.
5.4.- Nè può soccorrere nel caso di specie, una diversa qualificazione (a titolo di istanza di permesso di costruire) dell’istanza depositata il 4.6.2009.
E’, infatti, pacifico che il ricorrente, già  in data 18.11.2005, ha avanzato istanza di permesso di costruire per le opere per cui ora chiede la sanatoria (benchè non ancora realizzate), previa demolizione e ricostruzione con accorpamento dei manufatti adibiti ad ufficio e deposito.
La domanda è stata respinta con provvedimento n. 21601 del 24.3.2006 (o del 6.7.2006, secondo la difesa dell’Ente), in quanto l’intervento proposto non rispettava la sagoma dell’esistente, essendoci accorpamento dei volumi in un unico corpo di fabbrica, configurandosi, quindi, come nuova costruzione.
Pertanto, è ragionevole ritenere che il richiamo normativo all’art. 36 dpr n.380/01 sia stato operato scientemente, al fine di non incorrere in un probabile e verosimile provvedimento di diniego, essendo stata l’istanza già  esaminata e respinta dall’Ente.
D’altro canto, in ricorso, anche la difesa tecnica del ricorrente ha costantemente qualificato l’istanza ai sensi dell’art. 36 cit.
Per le ragioni appena esposte il ricorso va respinto.
6.- Le spese derogano alla soccombenza e vengono integralmente compensate in ragione dell’andamento complessivo della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Desirèe Zonno Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria