1. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Equo indennizzo per cause di servizio –  Commissione medica ospedaliera – Parere – Impugnabilità  – Sussiste


2. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Equo indennizzo per cause di servizio –  Commissione medica ospedaliera – Parere – Accertamento infermità  – Oggetto della verifica


3. Procedimento amministrativo – Atto amministrativo – Organo collegiale – Verbale – Sottoscrizione – Mancanza della firma di un componente – Conseguenze

1. Deve ritenersi sussistente l’interesse all’impugnazione del giudizio espresso dalla Commissione medico-ospedaliera che escluda la riconducibilità  dell’infermità , denunciata dal ricorrente, alle patologie contemplate nelle tabelle A e B del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, in quanto il Comitato di verifica delle cause di servizio, nel rendere il suo parere in merito al riconoscimento della misura indennitaria, risulta vincolato alla valutazione diagnostica raggiunta dalla Commissione. 


2. Ai sensi dell’art. 48 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, deve riconoscersi l’equo indennizzo per infermità  contratte per cause di servizio anche qualora le patologie accertate siano da ritenersi equivalenti a quelle previste nelle tabelle A e B del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834. Pertanto, è illegittimo il giudizio espresso dalla Commissione medico-ospedaliera che risulti carente della valutazione dell’eventuale assimilabilità  dell’infermità  accertata a quelle espressamente indicate nelle tabelle.  


3. In base ai principi di strumentalità  delle forme e di conservazione degli atti, la mancanza della firma di uno dei componenti di un organo collegiale non configura una ipotesi di invalidità  del verbale, bensì integra una mera irregolarità , salvo che non sia determinata dalla mancata partecipazione del componente alla seduta collegiale, ovvero sia ascrivibile ad un atto volontario di astensione espressamente formalizzato nel documento.  

Pubblicato il 28/11/2016
N. 01325/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00086/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 86 del 2010, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Barbieri C.F. BRBGPP75C27A662J, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Puglia, in Bari, piazza Massari, n. 6; 

contro
Ministero della Difesa, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Stato Maggiore della Marina Militare, Centro Ospedaliero Militare Medaglia d’ Oro V.M. “Giulio Venticinque”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, presso la quale sono domiciliati in Bari, via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
– del verbale di visita medica collegiale BL/B n. 1037 del 28.9.2009 della Commissione medico-ospedaliera e del conseguente diniego al riconoscimento dell’equo indennizzo al ricorrente dipeso dal giudizio medico-legale di idoneità  a questi attribuita al servizio M.M. incondizionato, all’atto di congedo, in quanto ritenuto privo di menomazioni dell’integrità  fisica, psichica o sensoriale ascrivibili secondo il Comitato di verifica delle cause di servizio all’attività  svolta e comunque in quanto non affetto da ipoacusia neurosensoriale bilaterale e simmetrica;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso;
– nonchè per l’accertamento dell’affezione comportante il riconoscimento dell’equo indennizzo dipendente da ipoacusia neurosensoriale bilaterale e simmetrica;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dello Stato Maggiore della Marina Militare e del Centro Ospedaliero Militare Medaglia d’ Oro V.M. “Giulio Venticinque”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2016 la dott.ssa Maria Colagrande; 
Uditi per le parti i difensori avv. Giuseppe Barbieri e avv. dello Stato Ines Sisto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, tecnico motorista navale della Marina militare dal 1997 al 2000, impugna con cinque articolati motivi, il verbale del 28.9.2009 della Commissione medico-ospedaliera (CMO) del Centro ospedaliero militare di Taranto che ha ne ha accertato l’infermità  per ipoacusia neurosensoriale zonale (4000 HZ) bilaterale e simmetricagiudicandola, tuttavia, non ascrivibile alle patologie prescritte dalle tabelle A e B del d.P.R. 834/2001.
Ne deduce, opponendovisi, l’adozione implicita del conseguente diniego di riconoscimento dell’equo indennizzo richiesto con istanza del 25.1.2000.
2. Resistono le Amministrazioni intimate con relazioni depositate dalla difesa erariale, unitamente a memoria difensiva.
3. Occorre preliminarmente dar conto dell’eccezione d’inammissibilità  del ricorso desumibile dalle relazioni predette, dalle quali si evince altresì che – contrariamente a quanto affermato dalla difesa erariale nella memoria difensiva – al verbale della CMO non ha fatto seguito il parere negativo del Comitato di verifica delle cause di servizio (CVCS) e quindi il procedimento non è pervenuto a conclusione, nè ha subito un arresto in conseguenza dell’adozione del parere vincolante negativo del CVCS.
3.1. L’esame dei documenti versati in atti conferma che, al momento della decisione del ricorso, non risulta adottato – comunque non risulta agli atti – il parere del CVCS.
Ne consegue che, limitatamente al gravame del mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e dell’equo indennizzo (primo e quinto motivo), il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse perchè la lesione lamentata non è riconducibile al verbale della CMO.
3.2. Esso contiene infatti solo un giudizio diagnostico, prodromico all’adozione del parere del CVCS, avente ad oggetto il diverso giudizio di dipendenza della patologia da causa di servizio, dal quale dipende a sua volta il provvedimento di liquidazione dell’equo indennizzo.
4. Sussiste invece l’interesse alla decisione di merito sul terzo motivo di ricorso con il quale si censura il giudizio della CMO nella parte in cui esclude l’ascrivibilità  della patologia alle tipologie descritte nelle tabelle A e B del decreto 834/1981.
4.1. Occorre infatti premettere, in linea di principio, che nell’attuale sistema normativo (d.P.R. 461/2001) il CVCS non dispone di autonome competenze in ordine alla diagnosi della infermità , o alla eventuale riconducibilità  di essa ad una data categoria di menomazioni indennizzabili.
4.2. Trattandosi di attività  rimessa, in via esclusiva, alla Commissione medico ospedaliera, il Comitato ha l’obbligo di tener ferma la diagnosi cui essa è pervenuta (C.d.S., sez. V, 28 maggio 2010 n. 3411), come dimostra il fatto che ancora ad essa è obbligato a rivolgersi in caso di necessità  di accertamenti sanitari supplementari ex art. 11, comma 4, del D.P.R. 29 ottobre 2001.
4.3. Ne consegue che l’accertamento della CMO, laddove esclude l’ascrivibilità  della patologia ad una delle malattie tabellate nel decreto 834 /1981, ha propria ed attuale portata lesiva, con onere per l’interessato di impugnarlo in via autonoma (Tar Basilicata n. 246/2014).
4.4. Nel merito la censura introdotta con il terzo motivo di ricorso è fondata.
Risulta infatti che la diminuzione bilaterale permanente dell’udito, descrittivamente simile alla ipoacusia bilaterale e simmetrica, diagnosticata dalla CMO ben otto anni dopo la presentazione dell’istanza, è contemplata e decritta, per gravità  descrescente, nella Tabella A (quinta categoria n. 19, sesta categoria n. 20, settima categoria n. 29, ottava categoria n. 30) del d.P.R. 834/1981.
Tuttavia il referto diagnostico della CMO non contiene alcun elemento che consenta di comprendere perchè detta patologia sia stata ritenuta non riconducibile ad una delle omologhe descrizioni della tabella A.
4.5. Manca poi del tutto la doverosa verifica prescritta dall’art. 48 del d.P.R 686/1957, richiamato dall’art. 2, quarto comma, del d.P.R. n. 461/01, finalizzata ad accertare, ove sia stata esclusa l’ascrivibilità  dell’infermità  alle ipotesi tabellate, se la riscontrata infermità  può essere considerata equivalente a qualcuna delle patologie espressamente elencate nelle tabelle medesime.
Ne consegue che il giudizio della CMO deve essere annullato nella parte in cui nega l’ascrivibilità  della patologia accertata a taluna delle patologie tabellate o ad esse equivalente.
5. Il ricorrente con il quarto motivo censura poi l’operato della CMO anche sotto il profilo formale perchè il verbale non è stato sottoscritto, come prescritto dall’art. 6 comma 6 d.P.R. 461/2001, da tutti i componenti. 
5.1.Sussiste l’interesse alla decisione di merito anche su tale specifica censura in quanto, in astratto, l’accoglimento del motivo è strumentale alla ripetizione dell’accertamento diagnostico che il ricorrente censura per vizi sostanziali, lamentando, come detto a ragione, una lesione attuale e concreta.
5.2. In effetti il verbale è stato sottoscritto da due dei tre membri intervenuti alla riunione del 28.9.2009.
5.3. Tuttavia il Collegio ritiene che si tratti di una mera irregolarità  non incidente sulla validità  del giudizio collegiale.
Infatti, in assenza di una norma speciale che commini l’invalidità  delle operazioni verbalizzate, l’omessa sottoscrizione del verbale da parte di uno dei componenti dell’organo collegiale al quale unicamente si imputa il giudizio che vi è riportato, deve essere valutata con riferimento ai principi generali di strumentalità  delle forme e di conservazione degli atti, secondo i quali, tra l’altro, il raggiungimento dello scopo, cui un atto sia preordinato, segna il discrimine fra invalidità  e mera irregolarità  dell’atto stesso.
Se ne desume che la mancata osservanza di regole procedurali o formali, salvo il caso che sia prevista positivamente come causa di invalidità , rileva solo se oggettivamente impedisce il conseguimento del risultato verso cui l’azione amministrativa è diretta. 
5.4. àˆ stato ritenuto in proposito che la prescrizione di obbligatoria sottoscrizione da parte di tutti i membri di un organo collegiale non può prescindere dalla considerazione che il verbale stesso (unico documento probatorio dello svolgimento delle operazioni e del contenuto degli atti adottati), anche se preordinato a riprodurre l’attività  di un organo collegiale, non è per sua natura un atto collegiale, ma solo il documento materiale che attesta, con le garanzie di legge, il contenuto di una volontà  collegiale.
La non ascrivibilità  del verbale alla categoria degli atti collegiali comporta, però, come conseguenza, che la sottoscrizione di tutti i componenti del collegio, della cui attività  in esso venga dato atto, non può considerarsi elemento essenziale per l’esistenza di esso, giacchè, alla stregua dei principi generali, un siffatto elemento è individuato nell’autorità  amministrativa che ha posto in essere l’atto, che, nella specie, si identifica con il pubblico ufficiale che svolge la funzione di redattore del verbale.
Può affermarsi, allora, che la specifica previsione della sottoscrizione del processo verbale, da parte di tutti i componenti della Commissione, non essendo preordinata ad integrare nè l’esistenza nè l’efficacia probatoria del documento, assolve la funzione di tutelare il diritto di ciascuno di detti componenti di verificare la conformità  del verbale alle operazioni svolte e alle opinioni espresse, sì da consentire a ciascuno di loro di far constare il proprio dissenso.
Tale dissenso può anche esprimersi nel rifiuto di apporre la propria sottoscrizione, rifiuto che, anche in questo caso, non incide, evidentemente, sulla validità  dell’atto, bensì esprime solo la dissociazione dell’autore dal contenuto di quest’ultimo.
Ne consegue, in definitiva, che la mancanza della firma di uno dei Commissari, ove non sia determinata dalla mancata partecipazione di questi alla seduta (nel qual caso, però, l’invalidità  della procedura si ricollega alla natura di collegio perfetto della Commissione giudicatrice e non al profilo formale) ovvero da un atto volontario di astensione esplicitamente fatto constare, concreta una irregolarità  del verbale, ascrivibile a mero errore materiale, suscettibile, in quanto tale, di essere rimossa dalla sottoscrizione successiva (Consiglio di Stato 4/12/2001, n. 6058).
5.5. Ciò premesso, risulta dal verbale del 28.9.2009 che ai lavori della CMO hanno preso parte i membri ivi identificati e che il giudizio è stato espresso all’unanimità .
Non ricorrendo, pertanto, alcun vizio strutturale di costituzione dell’organo collegiale, la mancanza della sottoscrizione del verbale da parte di uno dei membri che lo compongono non è causa d’illegittimità  del giudizio diagnostico espresso in quella sede.
5.6. Ne consegue che il motivo non può essere accolto.
6. Inammissibile è infine il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2 della l. 241/1990, perchè la P.A. ha omesso di concludere il procedimento avviato con istanza del 25.1.2000.
6.1. Il comportamento della resistente, benchè del tutto censurabile perchè ha dato impulso al procedimento dopo oltre otto anni dall’avvio ad istanza del ricorrente e ad oggi non lo ha ancora concluso, tuttavia non è causa d’illegittimità  degli atti adottati.
6.2. La violazione di norme di comportamento da parte della P.A. infatti non interferisce con il regime di validità  degli atti amministrativi, ma determina esclusivamente conseguenze risarcitorie (Cons. Stato, V, 11.10.2013, n. 4980), tanto più che l’ordinamento, nel porre a disposizione dell’interessato l’azione avverso il silenzio, lo richiama all’onere di promuovere il rispetto dei tempi procedimentali, proprio perchè l’Amministrazione, per quanto inerte, conserva il potere di provvedere.
7. Pertanto il ricorso deve essere accolto limitatamente al terzo motivo.
8. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione.
Condanna le Amministrazioni intimate, in solido fra loro, al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 1.500,00 oltre accessori di legge.
Contributo unificato rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 d.lg. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità  nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute del ricorrente.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giuseppina Adamo, Presidente
Giacinta Serlenga, Consigliere
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Colagrande Giuseppina Adamo
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità  e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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