Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Abuso edilizio – Opere rilevanti – In zona soggetta a vincolo paesaggistico  – Istanza di sanatoria – Diniego- Legittimità  – Fattispecie 

Ai sensi dell’art.32, co.27, lett. d), del D.L. 269/2003 convertito nella legge n. 326/2003, è vietata la sanatoria per rilevanti opere edilizie realizzate in assenza del permesso di costruire in aree già  sottoposte – al momento dell’abuso – al vincolo paesaggistico (nella specie, si trattava della realizzazione, all’interno di un trullo preesistente, di un piano seminterrato destino a deposito e di un piano rialzato destinato ad abitazione). 

Pubblicato il 18/11/2016
N. 01293/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01176/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1176 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Raffaella Mansi, rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Zaccaro C.F. ZCCVCN66E30A285Z, con domicilio eletto presso Salvatore Santovito in Bari, via Domenico Nicolai, n. 39; 

contro
Comune di Andria, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Di Bari C.F. DBRGPP48P22A285P, Giuseppe De Candia C.F. DCNGPP67R01A662F, con domicilio eletto presso Alberto Bagnoli in Bari, via Dante, n. 25; 

per l’annullamento
del provvedimento con cui è stata dichiarata “inammissibile e quindi improcedibile” la domanda di condono edilizio n. 2002/000391/2004, presentata in data 26.1.2004, ai sensi della L. 326/03, provvedimento comunicato a mezzo raccomandata a/r prot. n.41686 del 18.5.2010, ricevuta in data 23.5.2010;
nonchè di ogni atto ad esso presupposto, conseguenziale o comunque connesso.
Con motivi aggiunti del 14.06.2012:
per l’annullamento 
dell’ordinanza n. 203 del 26.04.202 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2016 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. – La Sig.ra Raffaella Mansi, proprietaria di un masserizio in agro di Andria, alla contrada Posta Milella, identificato al catasto al fg 152, p.lle 234-52-66 presentava in data 26.1.2004, domanda di condono al fine di sanare l’abuso edilizio realizzato sull’immobile, come descritto nella domanda.
2. – Con ricorso, notificato il 2.07.2010 e depositato il 26.07.2010, ha impugnato il provvedimento con cui è stata dichiarata inammissibile e quindi improcedibile la domanda di condono edilizio. 
3. – La ricorrente articolava le censure come di seguito sintetizzate: violazione dell’art. 10- bis, dell’art. 1 comma 2 e dell’art. 3 della L. 241/199; dell’art. 32, commi 26,27, 32, 35 e 37 D.L. 269/2003; dell’art. 32, commi 32 e 35 e allegato I, ultimo periodo D.L. 269/2003 e art. 1, comma 1, L.R. Puglia 28/2003; eccesso di potere sotto vari profili.
3.1. – Nel lamentare vizi procedimentali, la ricorrente rivendicava anche la formazione del silenzio assenso sull’istanza presentata attesa l’inerzia del Comune protratta per oltre 24 mesi, fino alla richiesta di integrazione documentale del 4.5.2007, che sarebbe intervenuta comunque oltre i termini per la formazione tacita del titolo di assenso. Evidenziava, inoltre, come il vincolo paesaggistico a cui l’area risultava sottoposta non comporterebbe una inedificabilità  assoluta e che in ogni caso avrebbe potuto al più determinare il rigetto della domanda o una sua immediata dichiarazione di inammissibilità , ritenendo illegittimo oltrechè tardivo il provvedimento gravato, in quanto privo di adeguata motivazione e adottato con difetto di istruttoria. Concludeva per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento del provvedimento impugnato previa concessione di idonea misura cautelare.
4. – Il Comune di Andria si costituiva in giudizio con atto depositato il 4.09.2010 per resistere al ricorso, evidenziando che l’area in cui si trova il manufatto è sottoposto a vincolo E3- Paesistico, Castel del Monte, ai sensi del D.M. 18.11.1968 e ritenendo dirimente la rilevante entità  dell’intervento realizzato. Evidenziava, in particolare, come l’abuso consistesse, in realtà , in una nuova costruzione, realizzata in ampliamento di un preesistente trullo, tanto da doversi escludere la possibilità  di sanatoria. Richiamava ancora la presenza del vincolo paesaggistico per escludere la possibilità  di formazione del silenzio assenso. 
5. – Alla camera di consiglio del 7.09.2010 veniva disposto l’abbinamento al merito della istanza cautelare.
6. – Con motivi aggiunti notificati il 14.06.2012 e depositati il 12.07.2012, la ricorrente impugnava l’ordinanza n. 203 del 26.04.202 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, ritenendo il provvedimento affetto dagli stessi vizi dell’atto avversato con ricorso principale, di cui ha riportato integralmente i motivi di ricorso. 
7. – Il Comune di Andria resisteva anche ai motivi aggiunti, richiamando con memoria del 3.9.2012 le ragioni poste a fondamento del diniego di condono, rilevando la sostanziale sovrapposizione delle doglianze articolate con i motivi aggiunti e quelle formulate avverso il diniego di condono.
Con memoria dell’8.10.2016, l’ente locale resistente ribadiva le ragioni poste a difesa del proprio operato.
8. – Alla udienza pubblica dell’11.11.2016 il ricorso passava in decisione. 
9. – Il ricorso principale è infondato.
10. – Nel caso in esame deve essere, innanzitutto, esclusa la formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono presentata dalla ricorrente in quanto presupposto essenziale per la formazione del titolo di tacito assenso è l’assoluzione integrale degli oneri di documentazione a carico dell’interessato. I 24 mesi previsti per la formazione del silenzio-assenso, infatti, cominciano a decorrere solo a seguito del deposito della documentazione completa.
Dalla richiesta di integrazione inviata dal Comune il 4.5.2007 si evince come l’istanza presentata dalla sig.ra Mansi fosse incompleta e, pertanto, inidonea a far decorrere il termine legale. In ogni caso, non è sufficiente neanche che la domanda sia corredata dalla prescritta documentazione, occorrendo, altresì, che essa non sia infedele, che sia stata interamente pagata l’oblazione, che l’opera sia stata ultimata nel termine di legge e non sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità . In altri termini, oltre all’inutile decorso del termine, occorre altresì la prova della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalla legge che disciplina l’ammissibilità  del condono. Depone, dunque, in senso ostativo alla formazione del silenzio assenso anche la sussistenza, nel caso in esame, del vincolo paesaggistico sull’immobile. 
Il decorso del tempo dal momento della presentazione dell’istanza non può ingenerare alcun affidamento sul possibile scrutinio favorevole di una eventuale istanza di condono, ancor di più quando si tratta di aree vincolate.
11. – Per quanto riguarda l’ammissibilità  alla sanatoria delle opere realizzate, il Collegio ritiene di dover preliminarmente richiamare la normativa di riferimento.
Come evidenziato dal Comune nel provvedimento gravato, l’immobile oggetto di abusi ricade in zona E3 del P.R.G. ed è assoggettato a tutela paesaggistica.
Ai sensi delle disposizioni del P.R.G. e delle norme tecniche di esecuzione, le zone E3 sono previste come “zone vincolate” disciplinate dall’art. 4.12, il quale prevede tra l’altro che “le aree soggette a vincolo paesaggistico ex lege 1497/39 in località  Castel del Monte sono tipizzate come “zona agricola di salvaguardia del Castello di Federico”. In dette aree, per gli insediamenti esistenti legittimamente autorizzati e/o oggetto di condono, sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; sono altresì consentiti, nel rispetto degli indici e parametri di cui al comma precedente nuovi interventi solo finalizzati alla conduzione del fondo o connessi alle attività  produttive agricole e/o di allevamento del bestiame previo piani zonali di utilizzazione e/o sviluppo aziendale”.
Nella nota gravata, inoltre, le opere abusive vengono classificate come di “tipologia 1” “Opere realizzate in assenza o in difformità  del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”dell’allegato 1 della L. 326/2003, relativo alla “Tipologia di opere abusive suscettibili di sanatoria alle condizioni di cui all’articolo 32, comma 26”.
Giova richiamare quanto statuito dalla Corte costituzionale (sent. 196/2004, paragrafo 2, lettera e) che, riassumendo il contenuto della legge in esame, afferma: “In definitiva, gli spazi nei quali sarebbe ammesso l’intervento regionale sarebbero: ¦e) consentire con proprie leggi la sanatoria degli abusi di minore gravità  (restauro e risanamento conservativo, nonchè la semplice manutenzione straordinaria), mentre per gli abusi più gravi non vi sarebbe alcun margine di scelta per le autonomie regionali”.
L’art.2, co.1, L.R. Puglia 28/2003, come modificato, dall’art.4, co.1, L.R. 19/2004, afferma: “Fermo restando il disposto dell’articolo 32, comma 26, del D.L. 269/2003, per i numeri da 1 a 3 dell’allegato 1 e purchè´ gli abusi abbiano i requisiti previsti dall’articolo 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella Regione Puglia sono suscettibili di sanatoria le tipologie di illecito di cui ai n. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al D.L. 269/2003”.
A tali previsioni si aggiunge quella di cui al successivo comma 27 dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n.326/03. Trattasi di norma di stretta interpretazione, in quanto espressione di un principio generale sui limiti della sanatoria, che prevede ipotesi tassative delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria e che non si presta ad alcuna valutazione discrezionale (Corte Cost. sent. n.225/2012). Quanto all’ipotesi di cui alla lett. d), che vieta la sanatoria di abusi su immobili realizzati in assenza di titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, gli abusi non sanabili sono quelli realizzati su aree vincolate anteriormente alla realizzazione dell’opera, in assenza o in difformità  dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni urbanistiche.
12. – L’applicazione dei richiamati limiti specifici alla sanatoria introdotta dalla normativa citata comporta l’infondatezza delle pretese di parte ricorrente.
Dirimente, nel caso in esame, risulta la considerazione che gli interventi che incidono con tutta evidenza sull’assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire (Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 7 aprile 2011, n. 2159; sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 41; T.A.R. Campania, questa Sez., 3 dicembre 2010, n. 26788).
L’abuso per cui è causa, oggetto di sanatoria, consiste nella “realizzazione del piano seminterrato destinato a deposito avente superficie utile di circa mq 102 e volume di circa mq 385, realizzazione del piano rialzato destinato a civile abitazione avente superficie utile di circa mq 86 e volume di mq 296”. Il Comune evidenzia, in proposito, come il piano seminterrato risulti essere stato ultimato, mentre il piano rialzato sarebbe rimasto parzialmente a rustico. Il Collegio ritiene condivisibile quanto evidenziato in proposito dalla difesa delle civica amministrazione circa la rilevante consistenza delle opere. Circostanza questa che rende gli abusi, “non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” (art 32 comma 27 lett. d), tenuto conto delle previsioni richiamate che disciplinano le aree che ricadono in zona E3 e della previsione del vincolo paesaggistico di cui al D. M. 18.11.1968 e, dunque, in nessun modo suscettibili di sanatoria.
Nè in senso contrario depongono le note della Soprintendenza versate in atti, le quali, da un lato, confermano piuttosto che in zona vincolata la sanatoria non è ammessa per gli interventi di consistente rilevanza e, dall’altro, fanno comunque salve le competenze del Comune circa la compatibilità  dell’intervento con la normativa urbanistica ed edilizia. Compatibilità  che, come si è avuto modo di evidenziare, nel caso di specie è esclusa.
Ne consegue che non è dato ravvisare alcun vizio nei provvedimenti adottati dal Comune, nè in termini di difetto di istruttoria nè di motivazione.
13. – A fronte del carattere vincolato dell’attività  sottesa all’adozione del provvedimento gravato, la dedotta omessa comunicazione di avvio del procedimento, come già  più volte ribadito da questa Sezione (da ultimo v. sentenza n. 1228 del 25.10.2016) non ne determina l’annullamento, secondo quanto previsto dall’art. 21 octies della legge n. 241/1990 e s.m.i..
Nella fattispecie, posto il carattere vincolato del diniego di condono rispetto ai presupposti (recte, alla loro mancanza) richiesti dalla normativa risulta manifesto che il provvedimento oggetto del ricorso non avrebbe potuto assumere se non un contenuto sfavorevole alla ricorrente.
14. – Dal rigetto del ricorso principale consegue anche l’infondatezza dei motivi aggiunti, peraltro, meramente ripetitivi dei motivi di ricorso principale, seppur riferiti in via derivata all’ordinanza di demolizione, emanata dall’amministrazione civica.
Al mancato condono consegue che l’opera contestata integra un intervento di nuova costruzione, realizzato in assenza di permesso di costruire, per cui l’ingiunzione di demolizione censurata è non solo legittima, ma anche dovuta esplicazione di attività  vincolata.
15. – Per tutto quanto esposto il ricorso principale e i motivi aggiunti debbono essere respinti.
16. – Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti, lo respinge.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 2.000,00 (euro duemila/00) a favore del Comune di Andria, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Cesira Casalanguida Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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