1. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Preavviso di rigetto – Sommaria indicazione dei punti salienti della determinazione negativa – Sufficienza.
 

2. Pubblica sicurezza – Richiesta porto d’armi – Diniego –  Motivazione circa la condotta antigiuridica – Frequentazione non occasionale di soggetti pregiudicati – Sufficienza.

3. Pubblica sicurezza  – Richiesta di porto d’armi – Apprezzamento della buona condotta – Ampia discrezionalità  dell’Amministrazione – Diniego – Incidenza su interessi primari e su interessi meno rilevanti – Sindacato giurisdizionale — Differente intensità 

1. Il preavviso di rigetto, attesa la sua natura endoprocedimentale e la sua in autonoma impugnabilità , non necessita delle indicazioni di ogni dettagliato elemento contenuto nell’atto di diniego, essendo sufficiente la evidenziazione dei punti salienti delle ragioni che inducono l’Amministrazione a determinarsi in senso negativo.


2. àˆ sufficientemente motivato il rigetto della richiesta di porto d’armi fondato sulla non occasionale frequentazione di soggetti pregiudicati, evincendosi da ciò la condivisione da parte dell’interessato della condotta criminosa di questi ultimi.


3. Il sindacato giurisdizionale sull’esercizio della discrezionalità  dell’autorità  di pubblica sicurezza in materia di porto d’armi è più intenso e penetrante qualora il provvedimento incida su interessi primari della persona (ad es. qualora il possesso del porto d’armi sia condizione per la conservazione di un posto di lavoro), mentre sarà  meno intenso, allorchè detto provvedimento incida su interessi meno rilevanti, come quelli rivolti all’esercizio di attività , pur indubbiamente lecite, meramente ludiche e sportive. 

N. 00971/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01424/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1424 del 2014, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Tommaso Labia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Munafò, in Bari, Via Cardassi, n.66; 

contro
Questura di Foggia, U.T.G. – Prefettura di Foggia, Ministero dell’Interno, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n.97; 

per l’annullamento
– del decreto Cat. 6F, emesso dal Questore della Provincia di Foggia in data 15.7.2014 e notificato in data 21.08.2014, con cui si è respinta l’istanza del ricorrente di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di tiro a volo;
– della nota prot. n. Cat. 6F/14 del 29.03.2014, ricevuta dal ricorrente in data 1.4.2014 e contenente l’avviso ex art. 10 bis della l. n. 241/90, con cui l’Amministrazione ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di rilascio della licenza, quale atto presupposto e connesso;
– nonchè avverso tutti gli atti ad essi connessi e collegati, ancorchè non conosciuti;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Foggia, dell’U.T.G. – Prefettura di Foggia e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2016 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori avv. Labia Tommaso e avv. dello Stato Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, il Sig. -OMISSIS- ha impugnato il decreto con cui il Questore ha respinto l’istanza del ricorrente di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di tiro a volo, nonchè la connessa comunicazione dei motivi ostativi.
Avverso gli atti impugnati il ricorrente ha dedotto l’illegittimità  per violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta ingiustizia, sviamento, violazione degli articoli 1 e 3 della l. n. 241 del 1990 e del principio del giusto procedimento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione e falsa applicazione degli articoli 4, 5 e 6 della l. n. 241 del 1990 e degli articoli 9 e 10 del Decreto del Ministro dell’Interno n. 284/1993, eccesso di potere per difetto assoluto di valutazione e motivazione, difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta, violazione dei principi del giusto procedimento, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per insufficiente e contraddittoria motivazione, manifesta illogicità  e contraddittorietà , erronea presupposizione in fatto ed in diritto, travisamento dei fatti, violazione per falsa applicazione degli articoli 11, 39 e 43 del R.D. n. 773/1931, eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, illogicità  manifesta, violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Con atto depositato in data 20.11.2014 si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno, la Prefettura – U.T.G. di Foggia e la Questura di Foggia, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con Ordinanza n. 711 del 5.12.2014 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare.
In prossimità  dell’udienza di merito le parti hanno presentato memorie a supporto delle rispettive posizioni.
All’udienza pubblica del 7.6.2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – Con la prima censura il ricorrente deduce l’illegittimità  del preavviso di rigetto in quanto non sarebbero stati sufficientemente indicati i motivi ostativi all’accoglimento della domanda, non garantendo così l’effettività  del contraddittorio.
Più nello specifico, il ricorrente evidenzia che, seppur al momento della comunicazione dei motivi ostativi fossero già  esistenti i risultati degli accertamenti, nonchè il parere espresso dal Commissariato di P.S. di Cerignola, tali atti non sarebbero stati messi a disposizione del ricorrente, impedendogli di fatto di esercitare il suo diritto alla partecipazione al procedimento amministrativo controdeducendo con completezza circa il contenuto degli accertamenti.
Il ricorrente si duole, in particolare, di non conoscere i nominativi dei soggetti con cui il medesimo sarebbe stato controllato, i luoghi ed i giorni di tali controlli. 
La violazione, anche per falsa applicazione, dell’art. 10 bis, sarebbe oltremodo rilevante in conseguenza dell’omessa motivazione nel provvedimento finale sulle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni del ricorrente.
Sul punto, si evidenzia che nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza si legge: “¦quest’ufficio, ultimata la istruttoria della Sua istanza, ha rilevato la sussistenza di motivi ostativi, qui di seguito sinteticamente riportati, che allo stato indurrebbero quest’Ufficio a non accogliere la richiesta: Carenza del requisito della buona condotta nonchè della affidabilità  in tema di armi poichè è stato più volte controllato dal 2011 al 2013 con persone gravate da precedenti penali”.
Ebbene, il Collegio ritiene che il contenuto della comunicazione dei motivi ostativi di cui sopra sia sufficiente, atteso che, come evidenziato dalla giurisprudenza prevalente, l’atto di che trattasi, attesa la sua natura endoprocedimentale, ben può limitarsi ad evidenziare i punti salienti delle ragioni che, allo stato, inducono l’Amministrazione a determinarsi in senso negativo. (ex plurimis T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 7 maggio 2010, n. 3072).
L’amministrazione ben può precisare meglio (come è avvenuto nel caso di specie) la propria posizione giuridica nell’atto di diniego, che assume, esso solo, natura di atto lesivo. 
Il Consiglio di Stato, in merito, ha evidenziato che: “La natura endoprocedimentale del preavviso di diniego, la sua inautonoma impugnabilità , la sua evidente ratio collaborativa e partecipativa rispetto alle facoltà  del privato, fanno sì che tale preavviso non corrisponda in ogni suo dettagliato elemento a quanto contenuto nel diniego, ma ne costituisca solo uno schema, evidenziandone i punti salienti” (Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325).
Inoltre, per quanto riguarda l’omessa motivazione nel provvedimento finale sulle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni del ricorrente, ci si limita ad evidenziare che, contrariamente a quanto asserito dallo stesso, l’Amministrazione ha dato atto nel decreto di rigetto della presentazione delle osservazioni da parte del ricorrente, evidenziando tuttavia che “¦dalle stesse non si rileva alcun valido elemento di valutazione che possa indurre al favorevole accoglimento dell’istanza”.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e va respinto.
2.1. – Con altra censura si deduce l’illegittimità  per vizio dell’attività  procedimentale ed istruttoria in quanto, a parere del ricorrente, il diniego sarebbe stato adottato solo in base a valutazioni operate da organi diversi dall’effettivo responsabile del procedimento, ossia del Commissariato di P.S. di Cerignola che, sempre a parere del ricorrente, sarebbe incompetente ad espletare le attività  previste dall’art. 6 della l. n. 241 del 1990.
Sul punto, il Collegio si limita ad evidenziare che la richiesta del parere al Commissariato di P.S. di Cerignola (luogo di residenza del ricorrente) non rende illegittimo il procedimento amministrativo di che trattasi, nè può affermarsi che il Commissariato di P.S. di Cerignola si sia sostituito all’effettivo responsabile del procedimento.
Rientra, infatti, tra i poteri del responsabile del procedimento, ai sensi dell’art. 6 della l. n. 241 del 1990, disporre il compimento di tutti gli atti necessari all’accertamento dei fatti, nonchè adottare ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria; ebbene, il parere de quo, si limita ad arricchire di contenuto l’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento, istruttoria che, nel caso di specie, non può ritenersi assente o coincidente con il solo parere del Commissariato di P.S.
Nel provvedimento impugnato, infatti, prima si richiamano espressamente le risultanze dei rituali accertamenti effettuati e solo in seguito si prende atto anche del parere espresso dal Commissariato di P.S. di Cerignola.
Anche tale motivo di ricorso è infondato e va respinto.
2.2. – Secondo il ricorrente l’obbligo motivazionale del decreto impugnato non risulterebbe sufficientemente adempiuto attraverso il mero richiamo al parere espresso dal Commissariato di P.S.
Più nello specifico, secondo il ricorrente, il provvedimento non esplicita in nessun modo i presupposti di fatto che avrebbero determinato il mancato accoglimento dell’istanza.
Il provvedimento di diniego sarebbe privo di elementi di concreto riscontro, quali riferimenti a fatti, persone ed eventi specifici e non riporterebbe una contestualizzazione sotto il profilo temporale delle asserite frequentazioni del ricorrente con soggetti gravati da pregiudizi penali.
Il ricorrente, infine, deduce la violazione e falsa applicazione nel caso in esame del combinato disposto di cui agli articoli 11 e 43 del T.U.L.P.S., atteso che il provvedimento impugnato sarebbe privo di ogni indicazione sulle specifiche circostanze, atte a ritenere sussistente la condizione soggettiva ostativa per il rilascio del porto d’arma, prevista da dette norme. 
Il Collegio ritiene di poter esaminare congiuntamente le ultime censure sopra riassunte in quanto attengono tutte ad un unico profilo: il difetto di motivazione.
In merito, in via preliminare, si osserva che il provvedimento impugnato risulta essere così motivato: “Viste le risultanze dei rituali accertamenti da cui è emerso che il richiedente, seppure immune da precedenti di denuncia e di condanna, è solito accompagnarsi a pregiudicati locali gravati da precedenti in tema di stupefacenti e reati contro il patrimonio; Considerato che le suddette frequentazioni – risultate tutt’altro che occasionali – inducono a ritenere che il richiedente condivida le scelte di illegalità  dei soggetti a cui abitualmente si accompagna e che, pertanto, egli possa concorrere, anche solo per emulazione, alla commissione di reati contro il patrimonio e le persone con l’uso delle armi; Atteso che il richiedente, per quanto appena detto, appare tenere condotta censurabile e di non essere in grado di offrire sufficienti garanzie di non abusare delle armi risultando, perciò, carente del requisito di affidabilità ; preso atto del parere espresso al riguardo dal Commissariato di P.S. di Cerignola”.
Ebbene, a parere del Collegio, la motivazione del diniego appare sufficientemente esaustiva ed immune da vizi di legittimità .
Infatti, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, la frequentazione non occasionale di pregiudicati costituisce un sintomo della possibilità  di abuso delle armi e “circostanza idonea e sufficiente a giustificare il diniego o il mancato rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia” (così, ex plurimis, T.A.R. Calabria-Reggio Calabria, Sez. I, 3 settembre 2012, n. 553; T.A.R. Catanzaro, 8 maggio 2008 n. 442).
In particolare, dalla documentazione in atti ed esattamente dalla relazione della Questura di Foggia prodotta in giudizio dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari in data 20.11.2014, emergono tre controlli tra il 2013 ed il 2011, nei quali il ricorrente sarebbe risultato “in compagnia di soggetti con gravi precedenti penali a carico”.
Tali circostanze di fatto risultano essere supportate dall’ulteriore documentazione depositata in giudizio dalla difesa erariale in data 14.4.2016: il certificato del casellario giudiziale di uno dei soggetti con cui il ricorrente, secondo la Questura, si sarebbe trovato in compagnia; il parere del Commissariato di Polizia Stradale di Cerignola dell’11.7.2014 che fa riferimento a tre controlli di polizia in relazione ai quali il ricorrente sarebbe risultato in compagnia di persone aventi precedenti penali ed il rapporto del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Cerignola del 15.3.2014 attestante le frequentazioni del ricorrente. 
In conclusione, la non occasionale frequentazione di soggetti pregiudicati, sebbene non integri una condotta antigiuridica, può tuttavia essere elevata ad elemento giustificativo del diniego di porto d’armi, con scelta effettuata a prevenzione di possibili pregiudizi alla sicurezza ed all’incolumità  delle persone; pertanto, il provvedimento, che fa appunto riferimento a tale circostanza, è da ritenersi sufficientemente motivato (cfr. Cons. Sato, sez. VI, 19 gennaio 2007, n. 107). 
Recentemente il Consiglio di Stato, in merito, ha evidenziato che: “¦il rilascio del porto d’armi rappresenta un’eccezione al generale divieto di detenzione e porto d’armi, imposto ai cittadini al fine di preservare l’incolumità  pubblica, con la conseguenza che può ritenersi legittimo il provvedimento con il quale è negato il rilascio di un porto d’armi (o disposta la revoca dello stesso) se l’Amministrazione ritiene che, anche per i soggetti che si frequentano, non vi sia la completa affidabilità  (all’uso delle armi) dell’interessato” (Cons. Stato, sez. III, 18 giugno 2015, n. 3090).
A ciò aggiungasi che, in materia di porto d’armi, la legge conferisce all’autorità  di pubblica sicurezza una discrezionalità  molto ampia e che, secondo il Consiglio di Stato, il sindacato giurisdizionale sull’esercizio di tale discrezionalità  sarà  più penetrante qualora il provvedimento incida su interessi primari della persona (ad esempio, qualora il possesso del porto d’armi sia condizione per la conservazione di un posto di lavoro); lo sarà  di meno qualora, come nel caso attuale, incida su interessi meno rilevanti, come quello all’esercizio di attività  – pur indubbiamente lecite – meramente ludiche e sportive. (Cons. Stato, sez. III, 10 ottobre 2014, n. 5039).
Anche tale motivo di ricorso è pertanto infondato e va respinto.
Il ricorso pertanto risulta essere complessivamente infondato e va respinto.
La peculiarità  della questione oggetto della presente controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia- Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità  nonchè di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Giacinta Serlenga, Presidente FF
Paola Patatini, Referendario
Flavia Risso, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Flavia Risso Giacinta Serlenga
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità  e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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