1. Edilizia e urbanistica ­- Attività  edilizia privata ­- Opera abusiva -­ Ordine di demolizione ­- Costruzione  anteriore alla  l. 6 agosto 1967, n. 765 -­ Onere della prova -­ Fattispecie


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Procedimento sanzionatorio – Tempo intercorso dalla commissione dell’abuso – àˆ irrilevante  – Motivi


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Costruzioni abusive – Ordine di demolizione – Atto vincolato – Instaurazione del contraddittorio procedimentale – Non necessario

1. Chi contesta la legittimità  dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo realizzato fuori dal centro abitato ante Legge n. 765 del 1967 ha l’onere di fornire perlomeno un principio di prova in ordine al tempo dell’ultimazione di quest’ultimo (nella specie il TAR ha ritenuto che non poteva   ritenersi utile ai fini probatori il generico riferimento ad un preliminare di vendita inidoneo a fornire alcun elemento utile all’identificazione dei manufatti contestati e all’epoca della loro realizzazione, laddove i rilievi fotografici prodotti in atti dal Comune consentivano di collocare in periodo molto più recente la realizzazione dei manufatti oggetto della gravata ordinanza).


2.La natura di illecito permanente degli abusi edilizi comporta l’applicabilità  agli stessi della disciplina esistente al momento dell’adozione del provvedimento sanzionatorio e, pertanto, il decorso del tempo non attenua le conseguenze negative dell’abuso nè l’interesse pubblico alla sua repressione, nell’esigenza di tutelare beni e valori di primario rilievo tutelati dalla normativa urbanistico – paesaggistica. Peraltro, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale “la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato deve considerarsi in re ipsa, in considerazione del rilievo costituzionale del Paesaggio, ex art. 9 comma 2 Cost., assurgente a principio fondamentale, con conseguente primazia su gli altri interessi, pubblici e privati, del pari considerati dalla Costituzione, ma non annoverati fra i principi fondamentali (laddove, come nel caso in esame, le opere abusive insistano su zona paesaggisticamente vincolata, non è configurabile alcun affidamento del privato, pure favorevolmente apprezzato in talune pronunce).


 
3. L’ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto urgente dovuto e rigorosamente vincolato, non implica valutazioni discrezionali, ma si risolve in meri accertamenti tecnici, essendo fondato su un presupposto di fatto non rientrante nella sfera di controllo dell’interessato. Essa non richiede, pertanto, apporti partecipativi di quest’ultimo.

N. 00796/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01601/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1601 del 2010, proposto da: 
Mirko Moretti, rappresentato e difeso dall’avv. Mara Santamaria, con domicilio eletto ex lege presso Segreteria T.A.R. in Bari, Piazza Massari; 

contro
Comune di Lesina, in persona del sindaco l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Pasquale Ferrandino, con domicilio eletto ex lege presso Segreteria T.A.R. in Piazza Massari, Bari; 

nei confronti di
Vittoria Braccia, Maria Giuseppa Braccia, Michele Braccia, Biagio Amedeo Braccia, Michele Braccia; 

per l’annullamento
1) dell’ordinanza demolizione opere abusive n. 56, prot. n. 13960 del 05.08.10 del Responsabile del Settore III° Ing. Raffaele Bramante del Comune di Lesina;
2) di ogni altro atto o provvedimento presupposto, conseguente, collegato o comunque connesso, ancorchè non conosciuto, con particolare riferimento all’ordinanza n. 56;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lesina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 giugno 2016 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 6.10.2010 e depositato il successivo 3.11.2010, il sig. Moretti impugna l’ordinanza n. 56 prot. 13960 del 5.08.2010, con cui il Comune di Lesina ha disposto la demolizione di opere abusive.
Espone di essere possessore di alcuni fabbricati rurali, siti in agro di Lesina, alla località  “Colonnella”, distinti al catasto al fg. N. 44, p.lla n. 161.
Riferisce di essere il destinatario dell’ordinanza di demolizione, in quanto ritenuto responsabile dell’abuso edilizio, riscontrato all’esito di sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale del Comune di Lesina.
Le opere contestate riguardano l’intero complesso rurale (composto da alcuni edifici, marciapiedi e recinzione) in quanto realizzato in assenza di titolo abilitativo e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Sostiene di essere legittimato al ricorso anche in qualità  di possessore.
1.a. Con il primo motivo di ricorso contesta che la recinzione in legno o rete metallica richieda il rilascio di alcun titolo edilizio abilitativo. Afferma che i fabbricati rurali siano risalenti ad epoca anteriore al 1967.
Lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto vari profili.
1.b Con il secondo motivo di ricorso lamenta la carenza di istruttoria e la violazione dell’art. 7 l. 241/1990, l’assenza di un controllo tecnico sull’attività  edilizia contestata e l’errata descrizione delle opere con l’indicazione di oltre 20 mq in più rispetto a quelli effettivi.
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Lesina, con atto depositato in data 3.12.2010, per resistere al ricorso.
2.a Con riferimento al primo motivo ha precisato che la recinzione, oltre che da una reta metallica, è costituita da paletti in cemento.
Precisa che il fabbricato adibito a stalla-pollaio-porcilaia è successivo al 2007, producendo a conferma dei rilievi fotografici aerei datati 2005 e 2007, oltre ad una visura planimetrica e alla planimetria generale.
Ulteriori rilievi fotografici, depositati a sostegno della realizzazione in epoca recente delle opere contestate, sono quelli effettuati durante il sopralluogo dalla Polizia Municipale.
2.b Ha replicato al secondo motivo di ricorso, soffermandosi sull’istruttoria espletata nel corso del procedimento, negando l’utilità  di alcun apporto del ricorrente.
3. Con ordinanza n. 873 del 24.11.2010 è stata respinta l’istanza cautelare.
4. All’udienza pubblica del 9.06.2016, la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
5. Preliminarmente il Collegio ritiene di poter prescindere da ogni approfondimento circa la legittimazione attiva del ricorrente, essendo il ricorso manifestamente infondato.
Determinanti al fine del decidere sono i seguenti elementi emersi in corso di causa:
a.- L’area in cui sono ubicati gli abusi contestati dal Comune con i gravati atti è situata in agro di Lesina, alla località  colonnella, identificata al catasto al fg. 44 p.lla 161 (ex p.lla 27) in zona sottoposta a vincolo paesaggistico;
b.- gli abusi sono molteplici e sono stati rilevati nel corso del sopralluogo effettuato dal Comando della Polizia Municipale, come da verbale prot. n. 3108/P.M. del 20.05.2010;
c.- l’ordinanza n. 56/2010 è rivolta ai proprietari dell’area e al sig. Moretti quale responsabile degli abusi.
Il ricorrente non nega che l’area sia assoggettata a vincoli, nè che i manufatti siano stati realizzati in assenza di titoli edilizi, ma sostiene che gli immobili rurali per cui è causa siano stati realizzati ante 1967, per questo non soggetti a licenza edilizia e che la recinzione, per le sue caratteristiche, non avrebbe comportato alcuna trasformazione urbanistica, tanto da doversi escludere la necessità  di alcun titolo abilitativo.
Le argomentazioni difensive sono destituite di fondamento.
5.a) Il Collegio ritiene che le prove fornite da parte ricorrente non siano idonee a dimostrare la realizzazione degli immobili in data antecedente al settembre 1967, ossia precedente all’introduzione dell’obbligo di ottenere la licenza edilizia per immobili siti al di fuori dei centri abitati. Per consolidata giurisprudenza, infatti, chi contesta la legittimità  dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo realizzato fuori dal centro abitato ante Legge n. 765 del 1967 ha l’onere di fornire perlomeno un principio di prova in ordine al tempo dell’ultimazione di quest’ultimo (cfr. ex multis T.A.R. Puglia, Bari 11 febbraio 2016, n. 153; T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 9 novembre 2010 , n. 2631; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II 7 maggio 2012, n. 2083) .
Nè può ritenersi utile ai fini probatori il generico riferimento al preliminare di vendita del 4.09.2009, risultando la scrittura privata depositata in atti inidonea a fornire alcun elemento utile all’identificazione dei manufatti contestati e all’epoca della loro realizzazione.
Nè in alcun modo il ricorrente ha replicato alle eccezioni dell’amministrazione civica e alla produzione documentale, ivi compresi i rilievi fotografici, volti a collocare in periodo molto più recente la realizzazione dei manufatti oggetto della gravata ordinanza.
Analogamente nessuna prova sulle caratteristiche della recinzione è stata fornita dal ricorrente, idonea ad escludere la presenza di cemento, come, invece, risulta nel provvedimento impugnato.
5.b) Infondate sono anche le censure fondate sul lungo lasso di tempo trascorso tra la realizzazione dell’abuso e l’irrogazione della sanzione.
L’accertamento dell’illecito amministrativo e l’applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, senza che il ritardo nell’adozione della sanzione comporti sanatoria o il sorgere di affidamenti o situazioni consolidate (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 17 giugno 2008, n. 2045).
La natura di illecito permanente degli abusi edilizi comporta, infatti, l’applicabilità  agli stessi della disciplina esistente al momento dell’adozione del provvedimento sanzionatorio (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 22.3.2013, n. 354; T.A.R. Veneto n. 1068 del 2013).
Nè, come affermato da un consolidato orientamento giurisprudenziale la vetustà  dell’opera esclude o attenua il potere di controllo ed il potere sanzionatorio del comune in materia urbanistico – edilizia, perchè l’esercizio di tale potere non è soggetto a prescrizione o decadenza.
Ne consegue che il decorso del tempo -peraltro nel caso in esame non individuato in modo univoco- non attenua le conseguenze negative dell’abuso nè l’interesse pubblico alla sua repressione, nell’esigenza di tutelare beni e valori di primario rilievo tutelati dalla normativa urbanistico – paesaggistica (T.A.R. Campania sez. III, sent. 5199 del 6.11.2015).
Laddove, come nel caso in esame, le opere abusive insistano su zona paesaggisticamente vincolata, non è, peraltro, configurabile alcun affidamento del privato, pure favorevolmente apprezzato in talune pronunce.
La Sezione ha già  avuto modo di richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale che per tali aree ha osservato come “la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato deve considerarsi in re ipsa, in considerazione del rilievo costituzionale del Paesaggio, ex art. 9 comma 2 Cost., assurgente a principio fondamentale, con conseguente primazia su gli altri interessi, pubblici e privati, del pari considerati dalla Costituzione, ma non annoverati fra i principi fondamentali. (Come afferma la Consulta, la demolizione si impone, nelle zone vincolate, stante la “straordinaria importanza della tutela «reale» dei beni paesaggistici ed ambientali”) (cfr., C. Cost. ord.za 12/20 dicembre 2007 nr. 439)” (Così T..A.R. Campania, SEZ: VII, sent. 4811 del 14.10.2015; T.A.R. Puglia Bari, sent. cit. n. 153/2016).
Nel caso di presenza di vincoli paesaggistici non può configurarsi alcun affidamento tutelabile.
5.c) Sulla mancata instaurazione del contraddittorio procedimentale previamente all’adozione della misura repressivo-ripristinatoria, è dirimente, inoltre, il richiamo del consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale ai sensi del quale l’ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto urgente dovuto e rigorosamente vincolato, non implica valutazioni discrezionali, ma si risolve in meri accertamenti tecnici, essendo fondato, cioè, su un presupposto di fatto non rientrante nella sfera di controllo dell’interessato. Essa non richiede, pertanto, apporti partecipativi di quest’ultimo.
Per tutto quanto esposto il ricorso deve essere respinto.
6.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del costituito Comune di Lesina, di spese ed onorari del presente del giudizio, liquidandole in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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