1. Giurisdizione – Giudice amministrativo – Esclusiva – Contratti pubblici – Revisione prezzi e adeguamento – Fattispecie
2. Procedimento amministrativo – Atto confermativo – Nuova istruttoria – Diniego per ragioni diverse – Non sussiste
3. Contratti pubblici – Concessione di servizi – Rifiuti solidi urbani – Adeguamento tariffario –  Modifiche normativa sopravvenute – Fattispecie

1. Ai sensi della consolidata giurisprudenza, la potestà  cognitiva delle condotte e dei provvedimenti assunti prima della definizione delle procedure di affidamento dei contratti di appalto dev’essere ascritta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre la cognizione dei provvedimenti assunti in esecuzione dell’accordo negoziale appartengono alla giurisdizione del G.O., fatta eccezione per i casi, espressamente riservati alla giurisdizione esclusiva amministrativa, relativi al divieto di rinnovo tacito, alla revisione dei prezzi e al loro adeguamento. (Nel caso in esame, rilevato che la questione posta attiene alla sussistenza dei presupposti per far luogo alla richiesta revisione dei prezzi, è stata ritenuto che la controversia rientri fra quelle di cui all’art. 133, comma 1, lett. 2, n. 2 c.p.a.).
2. Non costituisce atto meramente confermativo il provvedimento che scaturisce da una rinnovata istruttoria che ha portato al diniego sulla scorta di ragioni totalmente differenti da quelle espresse in precedenza.
3. In materia di pubblico servizio di gestione del sistema di impianti per il recupero dei rifiuti urbani, laddove il contratto sottoscritto fra le parti preveda un meccanismo di adeguamento tariffario, devono essere applicate le sopravvenute modifiche normative incidenti sui costi derivanti dalla nuova classificazione delle scorie prodotte dal processo di lavorazione del CDR, definite come rifiuto pericoloso. (Nel caso di specie, è stato riconosciuto l’adeguamento della tariffa limitatamente ai maggiori costi di conferimento delle scorie e non ai costi derivanti dal trasporto verso gli impianti di smaltimento finali, posto che l’individuazione di questi ultimi è legata a valutazioni di convenienza economica e di mercato, rimesse alla libera scelta imprenditoriale, sole indirettamente influenzata dalle modifiche normative sopravvenute).

N. 00727/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00548/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 548 del 2015, proposto da: 
S.R.L. Progetto Ambiente Provincia di Foggia, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Quinto e Pietro Quinto, con domicilio eletto presso l’avv. Fulvio Mastroviti in Bari, Via Quintino Sella, 40; 

contro
Ato Provincia di Foggia; Consorzio Ato Rifiuti Bacino Fg/3, rappresentato e difeso dall’avv. Gianfranco Di Mattia, con domicilio eletto presso l’avv. Lucrezia Girone in Bari, Via Clinia, 34; 

per l’annullamento
– della nota a firma del Presidente dell’A.T.O. Provincia di Foggia del 5 febbraio 2015 nella parte in cui ha negato l’adeguamento della tariffa di conferimento presso l’impianto pubblico per lo smaltimento R.S.U. richiesto dalla ricorrente ai sensi dell’art.7.4 del contratto di affidamento.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Ato Rifiuti Bacino Fg/3;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2016 per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
1. All’esito di procedura ad evidenza pubblica, indetta con bando del 13 dicembre 2003 dal Commissario Delegato per l’emergenza ambientale in Puglia, l’A.T.I. COGEAM, dante causa della s.r.l. Progetto ambiente Provincia di Foggia, è risultata aggiudicataria per il pubblico servizio di gestione del sistema impiantistico complesso dei rifiuti urbani, a servizio del bacino di utenza FG1, FG3, FG4 e FG5, previa realizzazione dello stesso, per un periodo di 15 anni decorrente dalla data di entrata in funzione dell’impianto.
1.1 L’affidamento è stato formalizzato con contratto stipulato tra il Commissario Delegato e l’ATI COGEAM in data 12 maggio 2006.
1.2 La ricorrente riferisce che i lavori di costruzione, per cause non imputabili al concessionario, sono stati ultimati solo il 2 maggio 2012, sicchè l’impianto non è mai entrato in esercizio, atteso che, nelle more, la tariffa (scaturita dal piano economico finanziario allegato all’offerta così come proposta in sede di gara nel lontano maggio 2004) è risultata inadeguata rispetto ai costi di gestione e all’obiettivo di remunerazione degli investimenti.
1.3 La Progetto Ambiente espone, inoltre, che a fronte della richiesta di aggiornamento e adeguamento della tariffa, ai sensi degli artt. 7.3 e 7.4 del contratto, l’ ATO Foggia (cui sono state trasferite le competenze in materia una volta cessata l’emergenza ambientale in Puglia), con nota del 5 febbraio 2015, da un lato, ha riconosciuto il diritto della concessionaria all’aggiornamento della tariffa sulla base degli indici ISTAT (ex art. 7.3 del contratto) con decorrenza dalla data di sottoscrizione del contratto, ma, dall’altro, ha negato il diritto all’adeguamento della tariffa (ex art. 7.4 del contratto).
2. Con il ricorso in epigrafe la società  ricorrente è insorta avverso la prefata determinazione, chiedendone l’annullamento, sulla scorta di un unico articolato motivo di ricorso così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 7.4 del contratto di concessione – difetto di motivazione e di istruttoria – eccesso di potere per erroneità  dei presupposti di fatto e di diritto – irrazionalità  e ingiustizia manifesta.
3. Si è costituita in giudizio l’ATO Provincia di Foggia, eccependo in rito l’inammissibilità  dell’impugnativa, instando, nel merito, per la sua reiezione in quanto infondata in fatto e diritto. In via incidentale ha anche richiesto il risarcimento dei danni derivanti dal colposo ritardo nella realizzazione dell’impianto. 
4. Con ordinanza cautelare n. 284 del 14 maggio 2015 è stata respinta l’istanza di misure cautelari.
5. Le parti hanno svolto difese in vista dell’udienza pubblica del 4 maggio 2016, all’esito della quale la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Occorre procedere al preliminare esame dell’eccezione sollevata dalla resistente con l’ultima memoria depositata in data 22 aprile 2016, di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo rispetto alla cognizione della controversia in esame, in quanto concernente l’accertamento di un diritto soggettivo perfetto alla revisione tariffaria.
L’eccezione non coglie nel segno.
1.1 Circa la questione del riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario nelle controversie concernenti l’affidamento e l’esecuzione degli appalti pubblici, è stato chiarito, che la potestà  cognitiva delle condotte e dei provvedimenti assunti prima della definizione della procedura di affidamento dei contratti di appalto (di lavori, servizi e forniture) o nella fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto dev’essere ascritta entro il perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre la cognizione di quelli afferenti all’esecuzione dell’accordo negoziale appartiene alla giurisdizione dell’autorità  giudiziaria ordinaria, fatta tuttavia eccezione per i casi, espressamente riservati alla giurisdizione esclusiva amministrativa, relativi al divieto di rinnovo tacito dei contratti, alla revisione dei prezzi e al loro adeguamento (in termini: Cons. Stato, Ad. Plen., 20 giugno 2014, n. 14; Cons. Stato, sez. III, 10 novembre 2015, n. 5116; Sez. V, 31 dicembre 2014, n. 6455; Cass. Civ., Sez. Un., 23 luglio 2013, n. 17858; 24 maggio 2013, n. 12901; 3 maggio 2013, n. 10298; 23 novembre 2012, n. 20729).
1.2 Nel caso di specie il merito della controversia, afferente ad un contratto di servizio che impone a carico della ricorrente prestazioni a carattere continuativo (gestione del sistema di recupero dei rifiuti a favore dei Comuni facenti parte dell’ATO Provincia di Foggia, previa realizzazione delle opere), concerne la spettanza della revisione dei prezzi, peraltro, espressamente prevista in apposita clausola contrattuale. Tale questione, dunque, postula l’accertamento dell’inverarsi, in concreto, dei necessari presupposti per far luogo alla richiesta revisione, sicchè, a giusta ragione, è stato adito questo giudice amministrativo, rientrando la controversia tra quelle di cui all’art. 133, comma 1, lett e), n. 2, c.p.a, in quanto relativa “alla clausola di revisione del prezzo e relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2729/2014). 
2. Anche l’ulteriore eccezione spiegata dall’ATO Foggia, di inammissibilità  e improcedibilità  del ricorso per mancata impugnazione di precedenti provvedimenti di rigetto della medesima richiesta non merita condivisione.
2.1 Secondo la tesi prospettata, il Consorzio, prima dell’adozione del provvedimento gravato, si sarebbe più volte già  espresso nel senso di non doversi procedere alla revisione delle tariffe, anche per evitare un dispendio di denaro pubblico (ovvero con note del 13 gennaio 2011 prot. n. 8, 14 novembre 2011 prot. n. 282 e 7 febbraio 2012 prot. n. 37, in atti), onde la ricorrente non potrebbe conseguire alcun risultato positivo dal ricorso in esame, attesa la definitività  dei precedenti dinieghi.
Riportandosi a costante giurisprudenza amministrativa, anche dell’intestato Tribunale, (ex plurimis T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 10 luglio 2014, n. 869), parte resistente sostiene il carattere meramente confermativo della nota del 5 febbraio 2015 rispetto ai precedenti provvedimenti negativi, di modo che la stessa sarebbe inidonea a riaprire i termini di impugnazione. 
2.2 Sul punto il Collegio ritiene necessaria una ulteriore precisazione in fatto.
Così come anche correttamente replicato dalla difesa ricorrente, gli atti in questione non hanno definitivamente precluso il riconoscimento della richiesta revisione tariffaria.
Invero, con la prima nota del 13 gennaio 2011, a carattere meramente endoprocedimentale, l’ATO si è limitata a rinviare l’esame della questione ad ulteriori incontri ed integrazioni istruttorie. 
Quanto alla seconda nota del 14 novembre 2011, va invece rilevato che la stessa, puntualmente impugnata dalla società  Progetto Ambiente innanzi a questo Tribunale (ric. n. 2135/2011) e sospesa con successiva ordinanza n. 7/2012 perchè priva di adeguata motivazione, risulta superata dal provvedimento di riesame dell’istanza, datato 7 febbraio 2012, con cui l’Amministrazione ha denegato, ma solo  medio tempore, la richiesta revisione perchè “a tutt’oggi l’attività  di collaudo non ha ancora avuto luogo; (che) il contratto non ha ancora avuto esecuzione e, ancor più, (che) questo Consorzio non è ancora subentrato nella gestione del servizio”. Senonchè, tutti i predetti argomenti fondanti il diniego sono stati in seguito superati posto che, nelle more, il contratto ha avuto esecuzione, l’impianto è stato ultimato e collaudato ed il Consorzio ATO (oggi ATO Provincia di Foggia) è subentrato ex lege nel contratto. 
Quanto, infine, al gravato provvedimento del 5 febbraio 2015, oggetto dell’odierna impugnativa, non può non rimarcarsi come lo stesso non possa essere considerato atto meramente confermativo, scaturendo da una rinnovata istruttoria sull’istanza che ha portato al diniego per ragioni totalmente differenti da quelle in precedenza espresse. 
3. E’ dunque possibile procedere all’esame nel merito del ricorso, che è fondato e, pertanto, merita di essere accolto per le ragioni di seguito esposte.
3.1 Come accennato nella narrativa che precede, con un unico articolato motivo la ricorrente stigmatizza il provvedimento adottato dal resistente Consorzio, con cui è stato negato l’adeguamento della tariffa di conferimento presso l’impianto pubblico per lo smaltimento R.S.U. richiesto ai sensi dell’art. 7.4 del contratto di affidamento, nella parte in cui si asserisce che “non si possono rinvenire modifiche legislative o regolamentari che abbiano stabilito nuovi meccanismi tariffari o nuove condizioni per l’esercizio dell’attività  prevista nella concessione”, ritenendolo illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione.
Più nel dettaglio, la ricorrente, ritenendo verificatesi le condizioni previste dalla su indicata clausola contrattuale, in ragione di modifiche normative comportanti maggiori costi nello svolgimento del servizio, ne ha invocato l’applicazione, contestando le ragioni del diniego opposto dall’ATO resistente.
All’uopo ha rimarcato che è mutato innanzitutto il costo di valorizzazione del CDR, calcolato in offerta tenendo conto della normativa vigente all’epoca (2004) in tema di incentivi per gli impianti che producono energia elettrica dalla combustione del CDR, mentre, in conseguenza della normativa statale sopravvenuta, che ha drasticamente ridotto gli incentivi predetti [cfr. Legge finanziaria 2007 (Legge n. 296/06, art. 1, commi 1117 e seguenti) nonchè Legge finanziaria 2008 (L. 244/2007, art. 2, comma 136 e seguenti) e relative disposizioni attuative (cfr. per tutte il DM 8.12.2008)], la tariffa attualmente praticata dai succitati impianti, risulta sensibilmente aumentata rispetto al momento dell’offerta.
3.2 Il motivo è fondato. 
3.2.1 Sul punto va rilevato come siano del tutto inconferenti le deduzione di parte resistente sull’inapplicabilità  al caso di specie dell’art. 115 D.lgs. 163/2006, atteso che è lo stesso contratto a prevedere un meccanismo di adeguamento tariffario, stabilendo, all’art. 7.4:
“La tariffa indicata sopra sarà  adeguata nei seguenti casi:
i) in relazione ad eventuali maggiori costi o minori ricavi derivanti da specifiche disposizioni normative anche fiscali sopravvenute, che richiedano nel corso dello svolgimento dell’affidamento un mutamento del Servizio di smaltimento ivi compreso l’adeguamento dell’Impianto; ii) in relazione ad eventuali modifiche normative sopraggiunte rispetto alla data dell’aggiudicazione; iii) in relazione ad eventuali maggiori costi nello svolgimento del Servizio e/o di realizzazione dell’Impianto, derivanti da modifiche eventualmente proposte dal Commissario Delegato (escluse le eventuali prescrizioni imposte in sede di pronunciamento di VIA, di approvazione progettuale ai sensi del D. Lgs. 22/97 e di approvazione del progetto esecutivo ai sensi della legge n. 109/1994), o imposte da normative legislative intervenute dopo la presentazione delle offerte”.
3.2.2 Peraltro, va chiarito come sia proprio in relazione a tale clausola del contratto che la ricorrente fonda la pretesa azionata con l’odierno giudizio, in quanto volta a conseguire l’accertamento della sussistenza dei presupposti per la sua effettiva applicazione, quale accertamento preliminare rispetto alla domanda caducatoria.
3.2.3 Così delimitato l’oggetto del decidere, il Collegio rileva che in parte qua la controversia può certamente trovare definizione attraverso il rinvio, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., ad uno specifico precedente conforme, costituito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2729 del 27 maggio 2014, che ha deciso la medesima questione di diritto oggetto centrale dell’odierna impugnativa, nell’ambito di controversia analoga.
In particolare, la succitata pronuncia ha statuito che: “La legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), all’art. 1, comma 1117, ha tra l’altro previsto che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale – finalizzati alla promozione di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica – sono concedibili esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, così come definite dall’art. 2 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo (recepita dal D. Lgs. n. 287 del 2003), facendo espressamente (comma 2) salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già  autorizzati e di cui sia stata avviata la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa, ivi comprese le convenzioni adottate con delibera del Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 e destinate al sostegno delle fonti energetiche assimilate, per i quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1118.
L’articolo 2, comma 136, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) ha precisato (e confermato) che i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo comma dell’art. 1117 dell’articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006 sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi.
Ciò posto, non si può ragionevolmente dubitare che, come correttamente rilevato dai primi giudici, le richiamate disposizioni debbano trovare applicazione nei confronti dell’impianto gestito dalla appellante, che ha cominciato il suo esercizio l’11 marzo 2009, mentre le modifiche normative (astrattamente idonee a produrre maggiori costi nello svolgimento del servizio) sono sopraggiunte rispetto alla data di aggiudicazione.
D’altra parte, risulta che nell’offerta dell’appellata, prodotta in sede di gara ed elaborata nel 2004, vi fosse un espresso riferimento anche al costo del recupero energetico del CDR (sul quale ha inciso la sopravvenuta normativa sopra indicata)”.
Analogamente, nel caso di specie, il Consorzio resistente era tenuto a dare seguito alla sopravvenuta modifica normativa, avendo questa inciso in maniera rilevante sui costi del recupero energetico del CDRprevisti in sede di offerta, imponendosi, pertanto, l’applicazione dell’adeguamento tariffario nei termini contrattualmente previsti.
4. La società  ricorrente, si duole, inoltre, dell’illegittimità  del provvedimento per non aver considerato integrato il presupposto per l’adeguamento della tariffa alla luce sia dei maggiori costi derivanti dalla nuova classificazione delle scorie prodotte dal processo di lavorazione del CDR (da rifiuti non pericolosi a rifiuti pericolosi), prevista dal D. Lgs. 205/10; sia dall’aumento del costo di trasporto del CDR verso gli impianti di smaltimento finali, siti a distanza maggiore ma praticanti prezzi più convenienti rispetto a quelli viciniori.
4.1 La censura è fondata limitatamente al mutato costo di conferimento delle scorie, conseguente alla loro classificazione come rifiuto pericoloso. 
L’aggravio economico che ne è conseguito e che ricade direttamente a carico dell’impresa che deve gestire il servizio, infatti, trova la sua scaturigine proprio nella richiamata sopravvenuta modifica normativa, che ha mutato la classificazione del rifiuto in questione.
Il citato Decreto, infatti, ha finito per incidere sull’equilibrio contrattuale, fissato sulla scorta del piano economico predisposto in sede di gara e che, nei limiti evidenziati, la predetta clausola del contratto mirava invece a preservare. 
4.2 Diversamente va detto per l’ulteriore voce di costo che Progetto Ambiente asserisce essere aumentata in conseguenza delle modifiche normative sopravvenute, relativa al trasporto del CDR che, prodotto in impianto, deve essere conferito presso gli impianti di smaltimento finali. 
Infatti, va osservato che l’individuazione dei predetti impianti è legata a valutazioni di convenienza economica e di mercato, come tali rimesse alla libera scelta imprenditoriale e solo indirettamente e in maniera mediata influenzate dalle modifiche normative invocate nella specie (cfr. anche Tar Puglia, Lecce, 19 giugno 2014, n. 1525).
5. Il ricorso incidentale proposto dal Consorzio resistente deve invece essere dichiarato inammissibile, in quanto irritualmente proposto con memoria non notificata alla ricorrente e, comunque, afferente a domanda risarcitoria solo genericamente formulata e priva di adeguato supporto probatorio in ordine all’inverarsi dei suoi presupposti oggettivi e soggettivi.
6. In conclusione il ricorso principale è accolto nei limiti innanzi indicati.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’ATO Provincia di Foggia alla refusione delle spese di lite in favore della società  Progetto Ambiente Provincia di Foggia s.r.l. che si liquidano in € 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Maria Grazia D’Alterio, Referendario, Estensore
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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