1. Processo Amministrativo – Principi generali – Litispendenza – Condizione


2. Commercio, turismo, industria – Demanio – Concessione – Rinuncia concessionario – Art. 44 cod. nav. – Disciplina


3. Commercio, turismo, industria – Demanio – Concessione – Remissione ex art. 1236 c.c. – Presupposti

1. La litispendenza postula un conflitto di competenza fra giudici dello stesso plesso giurisdizionale, onde dev’essere rigettata l’eccezione che riguardi la pendenza di un identico giudizio dinanzi al G.O. (fermo restando che, secondo il TAR, in tema di concessione demaniale v’è giurisdizione esclusiva dinanzi al G.A.).


2. L’art. 44 cod. nav. ammette l’estinzione della concessione per rinuncia del concessionario  solo ed unicamente in caso di revoca parziale della concessione o quando l’utilizzazione della concessione sia resa impossibile in parte in conseguenza di opere costruite per fini di pubblico interesse allo Stato o da altri enti pubblici;


3. La rinuncia ad un diritto di credito, che assume il nomen tipico di “remissione” e non richiede motivazioni, è efficace solo se il debitore non abbia dichiarato di non volerne profittare ex art. 1236 c.c. e, inoltre, la remissione comporta l’estinzione delle obbligazioni del debitore, non certo del titolo nel quale hanno fonte le stesse obbligazioni del remittente, che può venire meno solo per mutuo dissenso ex art. 1372 c.c..


                                                                           * * * 
Cons. St., Sez. V, ric. n. 7106 – 2016; sentenza 28 febbraio 2017, n. 924 – 2017.

 

N. 00690/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01189/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1189 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Impresa Pietro Cidonio S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluigi Pellegrino e Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso Maurizio Di Cagno, in Bari, Via Nicolai, n. 43; 

contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avvocati Leonilde Francesconi e Marco Ugo Carletti, con domicilio eletto presso Leonilde Francesconi, in Bari, Lungomare Nazario Sauro, n. 31-33; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Agenzia del Demanio per Puglia e Basilicata, Provveditorato per le Opere pubbliche di Puglia e Basilicata, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso la quale sono domiciliati, in Bari, Via Melo, n. 97; 
Capitaneria di Porto di Manfredonia; 
Comune di Rodi Garganico, rappresentato e difeso dall’avv. Nino Sebastiano Matassa, con domicilio eletto presso Nino Matassa, in Bari, Via Andrea da Bari, n. 35; 

per l’accertamento
– dell’obbligo della Regione Puglia di prendere atto della operata rinuncia della ricorrente alla concessione demaniale, nella cui titolarità  era subentrata al Comune di Rodi Garganico per effetto del provvedimento del 22.5.12 n. 2 del Dirigente dell’Ufficio – Demanio Marittimo della Regione Puglia e conseguente obbligo di quest’ultima Regione e delle altre Amministrazioni intimate, secondo le rispettive competenze, ad attivare e finalizzare il procedimento volto alla consegna da parte della ricorrente delle aree e delle oggetto della concessione;
nonchè per il risarcimento del danno patito e patendo per il ritardo nella conclusione del richiamato procedimento;
con motivi aggiunti per l’annullamento
– del provvedimento del 30.9.2015 prot. 108/0012211 dell’Ufficio Demanio Marittimo del Servizio Demanio e Patrimonio della Regione, nonchè, ove occorra,
– del parere del 24.9.2015 prot. n. 18353 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Agenzia del Demanio Puglia e Basilicata e del Provveditorato delle ppere pubblche di Puglia e Basilicata e del Comune di Rodi Garganico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
La Società  ricorrente chiede accertarsi l’obbligo della Regione Puglia di prendere atto della sua rinuncia alla concessione demaniale, nella cui titolarità  è subentrata al Comune di Rodi Garganico per effetto del provvedimento regionale n.2 del 22.5.2012, e di prendere conseguentemente in consegna le aree concesse in uso, con condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento di detto obbligo.
Riferisce, che, dopo averne conseguito l’aggiudicazione all’esito di licitazione privata ex art. 142 e ss. d.lg. n. 163/06, ha stipulato, con il Comune di Rodi Garganico, il contratto del 17.03.07, rep. 575, avente ad oggetto:
– la progettazione esecutiva, la realizzazione del porto turistico del Comune, la manutenzione ordinaria e straordinaria del bacino portuale, delle opere a terra e a mare e dei relativi impianti e servizi portuali, con le modalità  indicate nell’offerta di gara;
– la corresponsione al Comune di una percentuale sui proventi della gestione con un minimo annuo di € 100.000,00 a fronte del corrispettivo diritto alla gestione delle opere, al trasferimento in proprietà , da parte del Comune, di un complesso immobiliare (Foro Boario), da destinare ad infrastrutture ricettive necessarie a completare l’offerta da rivolgere ai potenziali utenti dei servizi portuali;
– il finanziamento, da parte del Comune, di € 3.240.000 per la realizzazione delle opere portuali.
La Regione Puglia, con atto del 22.5.2012, ha quindi consentito il subingresso dell’impresa nella concessione demaniale, richiamando il contratto di concessione di lavori pubblici del 17.3.07 n. 575 stipulato dalla ricorrente e il Comune di Rodi Garganico.
In fase di esecuzione del contratto, l’impresa avrebbe realizzato le opere convenute, ma il Comune sarebbe venuto meno agli impegni assunti, non consegnando il compendio immobiliare dell’ex Foro Boario, opponendosi all’esercizio, da parte dell’impresa, della facoltà  di iscrivere ipoteca sulle opere portuali, rifiutandosi di rimborsare le spese (progettazione, direzione lavori, approntamento delle procedure di gara etc.) delle quali la ricorrente si era fatta carico a fronte di detta facoltà  prevista nel contratto con clausola poi dichiarata nulla con sentenza definitiva.
Inoltre il Comune avrebbe versato il contributo di € 3.200.000 al netto dell’IVA, traslandone illegittimamente l’onere a carico dell’impresa.
Infine il Comune sarebbe venuto meno all’obbligo di rimborsare alla ricorrente le spese sostenute per il dragaggio dell’area portuale interessata da ciclici fenomeni di insabbiamento.
Al rifiuto del Comune di rinegoziare le condizioni contrattuali, ex art. 143 d.lg.163/2006, l’impresa ha fatto seguire una diffida ad adempiere, cui sarebbe sopravvenuta la risoluzione di diritto del contratto per inadempimento del Comune.
Su tale presupposto la ricorrente ha, quindi, comunicato alla Regione la rinuncia al titolo concessorio, con decorrenza dal 1.6.2015, cui hanno fatto seguito solo note interlocutorie fra gli Enti interessati, a vario titolo, della vicenda.
La ricorrente lamenta pertanto, con i ricorsi in decisione, l’inadempimento dell’obbligo della Regione di prendere atto della cessazione del rapporto concessorio, derivante dalla rinuncia di essa concessionaria, e di prendere in consegna l’area demaniale e le opere che vi insistono, ai sensi dell’art. 49 cod. nav.
Sostiene che la rinuncia sia un istituto generale, applicabile anche al diritto di uso esclusivo di un bene demaniale da parte del concessionario e che ad essa farebbe seguito l’estinzione sia del corrispettivo obbligo di pagamento del canone demaniale, sia degli obblighi di manutenzione e custodia del bene demaniale, volti a garantire la conformità  all’interesse generale dell’uso esclusivo attribuito al concessionario.
La facoltà  di rinuncia sarebbe diretta applicazione del principio di libertà  di iniziativa economica garantita dall’art 41 Cost. e dall’art. 16 della Carta europea dei diritti fondamentali dell’Uomo, che consentirebbe di porre termine ad un affare rivelatosi antieconomico, principio al quale dovrebbe farsi riferimento per una lettura estensiva e coerente al sistema dell’art. 44 cod. nav. che consente di rinunciare alla concessione solo in determinati casi.
Con i motivi aggiunti la Società  ricorrente ha quindi impugnato la nota prot. n. 108/0012211 del 30.9.2015, con la quale la Regione ha dichiarato irricevibile la rinuncia alla concessione demaniale e, nel ribadire le doglianze già  espresse con il ricorso principale, ha formulato le seguenti censure:
Falsa applicazione dell’art. 44 cod. nav. – violazione dei principi generali in materia di rinunciabilità  dei diritti e del principio di libertà  di impresa sancito dall’art. 41 Cost. e dell’art. 1 della Carta europea dei diritti fondamentali dell’uomo – violazione della circolare del 24.5.2001 prot. DEM-1268 del Ministero dei Trasporti e della Navigazione.
Resistono le Amministrazioni intimate, sollevando eccezioni di improcedibilità  del ricorso principale per sopravvenuto provvedimento espresso negativo, di inammissibilità  dell’azione di accertamento dell’obbligo della Regione di prendere atto della rinuncia e di litispendenza, avendo la ricorrente promosso davanti al giudice ordinario azione dichiarativa di risoluzione del contratto di realizzazione e gestione del porto turistico di Rodi Garganico.
All’udienza pubblica del 5.5.2016, sentite le parti, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Si controverte sul diritto della ricorrente, titolare per subingresso di una concessione demaniale marittima, di rinunciarvi e del conseguente obbligo, rimasto inadempiuto della concedente Regione Puglia di prenderne atto, al fine di provvedere poi ai conseguenti adempimenti inerenti alla restituzione del bene demaniale previsti dall’art. 49 cod. nav.
1. Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni esposte dalle resistenti.
1.1.L’eccezione di litispendenza, sollevata dal Comune perchè dinanzi la giudice ordinario penderebbe la stessa causa oggi in decisione, deve essere respinta giacchè la litispendenza postula un conflitto di competenza fra giudici dello stesso plesso giurisdizionale.
Nessun dubbio peraltro sussiste sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni demaniali marittime, quando, come nel caso in decisione, non si faccia questione di pagamento di canoni o corrispettivi.
1.2 Venendo all’esame altre eccezioni – di improcedibilità  del ricorso principale per sopravvenuto provvedimento negativo espresso e di inammissibilità  dell’azione di accertamento dell’inadempimento – occorre innanzitutto stabilire se la Regione sia tenuta ad esprimersi sulla rinuncia alla concessione demaniale, comunicatale dalla ricorrente e, in caso di risposta affermativa, se si tratta di un obbligo di provvedere a fronte di un interesse legittimo conformabile da un provvedimento autoritativo, suscettibile pertanto di accertamento da parte del giudice amministrativo, o di un obbligo di prestazione che si confronta con una posizione di diritto soggettivo della ricorrente.
Non si rinviene nel sistema delle concessioni demaniali un modulo procedimentale tipico che abbia ad oggetto la presa d’atto della rinuncia del concessionario da parte dell’Ente concedente, neppure al fine di dare avvio alle procedure di riconsegna del bene demaniale.
E’ da escludere pertanto che la Regione sia titolare di un altrettanto tipico obbligo di provvedere.
Deve dunque affermarsi, in rito, che la nota prot. n. 108/0012211 del 30.9.2015, impugnata con i motivi aggiunti, non determina l’improcedibilità  del ricorso principale, perchè essa – diversamente da un provvedimento tardivo che si contrappone, superandola, all’inerzia nel provvedere – conferma l’intendimento della Regione, già  manifestatosiper facta concludentia, di non voler prendere atto della rinuncia.
Così definita, la questione implica chiaramente un’attività  di puro accertamento di un obbligo di adempimento, la cui ammissibilità  infondatamente è contestata dalle parti resistenti.
Infatti, in sede di giurisdizione esclusiva in materia di concessioni, essa rientra pacificamente nel novero dei poteri cognitori del giudice amministrativo, tanto più se, come in specie – escluso che ricorra l’inerzia nell’adozione di un atto proprio della funzione – resta da accertare, nel merito, se la ricorrente abbia il diritto di pretendere, non solo che la Regione si pronunci, ma che il pronunciamento abbia il contenuto, del tutto vincolato, di una presa d’atto della rinuncia.
2. A tal fine è necessario muovere dall’art. 49 cod. nav. che dispone: quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà  dell’ autorità  concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato.
La disposizione chiaramente individua nella cessazione del rapporto concessorio il presupposto della successiva restituzione del bene demaniale.
Ne consegue che la questione di fondo da dirimere è se sia ammissibile una rinuncia alla concessione tale da determinare la cessazione del rapporto concessorio e delle reciproche situazioni giuridiche delle parti.
L’art. 44 cod. nav. ammette l’estinzione della concessione per rinuncia del concessionario in due casi:
1) in caso di revoca parziale della concessione;
2) quando l’utilizzazione della concessione sia resa impossibile in parte in conseguenza di opere costruite per fini di pubblico interesse allo Stato o da altri enti pubblici.
Nessuno dei presupposti legittimanti la rinuncia del concessionario, ai sensi della disposizione citata, è stato allegato dalla ricorrente.
Esclusa dunque la rilevanza ai fini del decidere dell’art. 44 cod. nav ., occorre indagare se, come sostenuto dalla ricorrente, possano trovare applicazione i principi generali in materia di negozi abdicativi, che consentono di dismettere un diritto soggettivo da parte del titolare.
La tesi non può essere accolta.
Sotto il profilo formale vi si oppone la natura di legge speciale del codice del navigazione, desumibile dall’art. 1 che dispone: In materia di navigazione marittima, interna ed aerea, si applicano il presente codice, le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi ad essa relativi. Ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia, si applica il diritto civile.
Si è detto che la rinuncia alla concessione trova la sua disciplina positiva nell’art. 44 cod. nav., il quale, nell’enunciare ipotesi tassative di ammissibilità  della rinuncia, deroga evidentemente al diritto comune, in ragione degli elementi di specialità  della fattispecie considerata.
Non è dunque predicabile in parte qua una lacuna nel codice della navigazione, che potrebbe, ai sensi dell’art. 1, consentirne un’integrazione ab externo, facendo ricorso ai principi di diritto comune in materia di rinuncia del diritto soggettivo, per l’altrettanto cogente principio secondo il quale la legge speciale, proprio perchè pone una deroga alla legge generale, non può ritenersi incompleta laddove da essa si distingue, ma solo ove nulla disponga in merito ad un fatto giuridicamente rilevante e disciplinato da altre norme.
Sotto il profilo sostanziale la tesi esposta nei ricorsi non tiene conto della natura relativa del diritto cui la ricorrente ha inteso rinunciare.
Occorre premettere che le concessioni di beni pubblici, ancor più a seguito della conformazione in chiave convenzionale dell’istituto da parte del diritto comunitario, implicano la costituzione di un rapporto bilaterale complesso di natura contrattuale, il cui tratto peculiare risiede nei vincoli di scopo cui è soggetta l’autonomia negoziale del concedente, data la natura pubblica del bene, affinchè ne sia assicurata la gestione nell’interesse generale, secondo quanto stabilito nella convenzione.
Con il rapporto concessorio il concessionario acquista pertanto un diritto speciale d’uso del bene demaniale specificamente conformato, cui si correla l’obbligo del concedente di garantirne l’esclusività .
E’ allora evidente che il diritto del concessionario – sebbene goda di tutela reale nei confronti dei terzi – nei rapporti con il concedente ha natura obbligatoria di diritto all’uso esclusivo del bene demaniale, tanto che nei confronti della p.a., che lo avesse concesso ad un altro, il concessionario potrebbe agire solo in via risarcitoria.
In generale la rinuncia ad un diritto di credito, che assume il nomen tipico di “remissione” e non richiede motivazioni – per questo il Collegio ritiene irrilevante la dedotta non remuneratività  dell’attività  economica connessa alla concessione – è efficace solo se il debitore non abbia dichiarato di non volerne profittare ex art. 1236 c.c.
Nel caso in decisione, non solo il comportamento della Regione ha il tenore di un patente rifiuto, ma è dirimente il fatto che la remissione comporta l’estinzione delle obbligazioni del debitore, non certo del titolo nel quale hanno fonte le stesse obbligazioni del remittente, che può venire meno solo per mutuo dissenso ex art. 1372 c.c.
E’ poi evidente, per quanto detto, che la stessa attività  materiale di usare il bene demaniale è per il concessionario oggetto, ad un tempo, sia del diritto di trarne profitto, sia dell’obbligo di produrre l’utilità  di interesse generale da cui deriva la natura pubblica del bene, come si desume dal regime della decadenza che ne sanziona il non uso, ai sensi dell’art. 47 cod. nav.
La stessa peculiare struttura del rapporto concessorio poi, da un lato spiega le ragioni della deroga posta alla disciplina generale della remissione, accolta nel codice della navigazione in materia di concessioni, dall’altro dimostra che la rinuncia della ricorrente all’uso esclusivo del bene demaniale non potrebbe comunque esonerarla dall’obbligo di farne uso per il tempo e nei modi convenuti.
I ricorsi pertanto devono essere respinti.
Non ricorrendo l’inadempimento di alcun obbligo da parte della Regione Puglia, anche l’accessoria domanda di risarcimento dei danni deve parimenti essere respinta per difetto degli elementi costitutivi.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della Regione Puglia e del Comune di Rodi Garganico in solido, mentre sono compensate nei confronti delle altre parti costituite perchè hanno svolto attività  difensiva formale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, li respinge.
Condanna l’Impresa Pietro Cidonio S.p.a. al pagamento delle spese di giudizio che liquida in favore della Regione Puglia e del Comune di Rodi Garganico in € 2.500,00, oltre accessori di legge, e le compensa nei confronti delle altre parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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