1. Processo amministrativo –  Giudizio impugnatorio – Termine di decadenza – Decorrenza – Conoscenza elementi essenziali dell’atto


2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Piena conoscenza dell’atto –  Decorrenza termine di decadenza – Fattispecie


3. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Diniego autotutela – Atto confermativo – Impugnazione – Elusione termini decadenziali – Inammissibilità 

1. L’esigenza di certezza dell’azione amministrativa impone che l’impugnazione venga proposta immediatamente allorchè sia certa nell’an l’asserita lesione alla posizione giuridica che si vuol tutelare, con conseguente inammissibilità  del ricorso che sia stato proposto oltre i termini decadenziali decorrenti dal momento in cui il soggetto interessato sia in grado di percepire la sussistenza della lesione.

2. Ai fini della piena conoscenza del provvedimento amministrativo, idonea a far decorrere il termine per la sua impugnazione, è sufficiente che l’interessato abbia acquisito la consapevolezza dell’esistenza dell’atto e della sua portata lesiva, fatta salva la proposizione di motivi aggiunti ove emergano ulteriori profili di illegittimità  in virtù della cognizione integrale del provvedimento (Nel caso di specie, è stato precisato che la decorrenza del termine per l’impugnazione non può essere ancorato all’esercizio del diritto di accesso alla documentazione di interesse, in quanto tal modo si consentirebbe di trasformare uno strumento posto a tutela dei diritti dell’interessato, in uno idoneo a calibrare la futura azione giudiziaria in danno del beneficiario in buona fede, oltre che in danno dell’interesse pubblico alla certezza dell’azione amministrativa).

 
3. Il soggetto che non abbia tempestivamente impugnato un atto lesivo non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante il sollecito del potere di autotutela della p.A. e la successiva impugnazione dell’eventuale diniego, pena l’elusione del sistema dei termini decadenziali e l’esigenza di una celere definizione della lite; il diniego di autotutela, ove non contenga una complessiva rivalutazione delle posizioni coinvolte nel procedimento, deve ritenersi atto meramente confermativo, non impugnabile.

N. 00594/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00429/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 429 del 2016, proposto da: 
Co.Im. Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Nicola Libero Zingrillo, Raffaele Carone, con domicilio ex lege presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari; 

contro
Comune di Foggia, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Puzio, con domicilio eletto presso Luigi D’Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, n. 23; 

nei confronti di
Francia Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Massimiliano Cristino, Nicola Lo Muzio, con domicilio eletto presso Raffaella Romano in Bari, piazza Aldo Moro, n. 14; 

per l’annullamento
dei permessi di costruire n. 167/2015 e n. 224/2015 rilasciati dal Comune di Foggia in favore della Francia Costruzioni srl;
– della lettera del Comune di Foggia prot.115892 del 23.12.2015 nella parte in cui ha negato la richiesta di sopralluogo;
– della lettera del Comune di Foggia prot.9436 del 02.02.2016 di diniego dell’autotutela richiesta;
– di ogni altro atto presupposto o consequenziale.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Foggia e di Francia Costruzioni Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2016 la dott.ssa Cesira Casalanguida;
Uditi per le parti i difensori Nicola Libero Zingrillo, Raffaele Carone, Antonio Punzio, Massimiliano Cristino e Nicola Lo Muzio.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
 

La società  ricorrente, in qualità  di vicina controinteressata, impugna i permessi di costruire n. 167 del 31.07.2015 e n. 224 del 5.11.2015 rilasciati dal Comune di Foggia alla società  Francia Costruzioni s.r.l., oltre agli atti ad essi correlati.
Espone di aver appreso del rilascio dei titoli edilizi riguardanti la demolizione e successiva ricostruzione di un immobile in stato di degrado, posto tra Largo Cognetti, Vico Buonfiglio, Piazza Scopari, dal cartello apposto sull’area, appositamente recintata in vista dell’avvio dei lavori assentiti dal Comune.
A seguito di istanza di accesso – del 13.11.2015- ai documenti relativi alla pratica edilizia in questione, ha manifestato le proprie perplessità  al Comune, chiedendo di effettuare un sopralluogo congiunto sull’area, prima della demolizione, a cui la controinteressata si è opposta.
Riferisce che, a seguito dell’accesso alla documentazione, effettuato in data 11.01.2016, avrebbe rilevato una serie di illegittimità  che sono state poste a fondamento di un’istanza finalizzata alla richiesta di adozione di un provvedimento in autotutela da parte del Comune, non favorevolmente riscontrata con nota del 2.2.2016.
Con ricorso notificato l’11.03.2016 e depositato il 9.04.2016, impugna i menzionati permessi di costruire per i seguenti motivi di ricorso: violazione delle NTA del vigente PRG, in particolare, dell’art. 33, violazione dell’art. 7 del Piano Comunale Tratturi, del D.P.R. 380/2001, in particolare degli artt. 3, 9,e 11, della Circolare del Ministero dei Trasporti n. 4174/2003, dell’art. 873 c.c., degli artt. 3, 6 e 9 della L. 241/1990; eccesso di potere sotto molteplici profili. Ha chiesto, altresì, il risarcimento dei danni conseguenti dall’eventuale trasformazione irreversibile dell’area.
Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Foggia, che la Società  controinteressata Francia Costruzioni a r.l., per resistere al ricorso, eccependone, in particolare, l’inammissibilità  per tardività , oltre ad argomentare a sostengo della sua infondatezza.
All’udienza camerale del 21.04.2016, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione anche in forma semplificata, di cui è stato dato specifico avviso.
Il Collegio rileva, innanzitutto, che in relazione agli atti di causa, sussistono i presupposti per l’adozione di una decisione in forma semplificata, in esito alla camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, in quanto la causa si presenta matura per la decisione e non richiede l’assunzione di ulteriori elementi istruttori.
Preliminarmente, deve essere affrontata l’eccezione di inammissibilità  per tardività  del gravame sollevata dalla società  controinteressata e condivisa dal Comune resistente.
La società  Francia Costruzioni a r.l. sostiene che la ricorrente ha impugnato i titoli con cui il Comune ha assentito l’intervento edilizio contestato, solo nel marzo 2016, pur avendo avuto contezza delle caratteristiche dell’opera da realizzare fin dal momento della recinzione dell’area interessata dall’intervento e dall’apposizione del cartello (avvenuta il 22.09.2015), contenente gli estremi del permesso di costruire, oltre alla rappresentazione del “rendering” dell’edificio e della data di inizio dei lavori.
Essa contesta, pertanto, l’assunto sostenuto dalla ricorrente, secondo cui della portata lesiva dei gravati provvedimenti avrebbe avuto contezza solo in seguito all’esperimento dell’accesso ai documenti relativi alla pratica edilizia, detenuti dal Comune di Foggia, peraltro, differito su espressa richiesta dell’interessata.
L’eccezione è fondata.
L’esigenza di certezza dell’azione amministrativa impone che l’impugnazione venga proposta immediatamente, allorchè sia certa nell’an la (asserita) lesione alla posizione giuridica che si vuol tutelare.
Il momento da cui decorre il termine per proporre l’impugnazione decorre, quindi, da quando il soggetto leso è in grado di percepire la sussistenza della lesione.
Laddove sorge il sospetto di un abuso in atto, il ricorrente deve attivarsi.
Nel caso in esame, emerge chiaramente che la società  ricorrente, per sua espressa ammissione, ha avuto conoscenza dell’intervento assentito dal momento in cui sull’area interessata è stato apposto il cartello, contenente anche gli estremi del permesso di costruire e il rendering dell’edificio da realizzare.
La ricorrente contesta la possibilità  di realizzazione dell’intervento assentito e la legittimità  delle opere di demolizione e ricostruzione. Ne consegue che i profili attinenti l’asserita portata lesiva dei gravati provvedimenti si ricava già  dal rendering dell’edificio da realizzare riportato dal cartello apposto sull’area il 22.09.2015. Nè incide sulla questione della tardività  del ricorso il provvedimento finale in variante rilasciato con il successivo permesso di costruire n. 224 del 5.11.2015. Rispetto tale atto il ricorso è in ogni caso tardivo. Inoltre, fin dal momento dell’apposizione del cartello, la ricorrente avrebbe potuto presentare istanza di accesso al Comune, essendo indicati gli estremi del permesso di costruire n. 167 del 31.07.20015, riferito espressamente all’intervento di “demolizione e ricostruzione del volume esistente”, che costituisce l’oggetto principale delle censure contenute nei motivi di ricorso.
Priva di fondamento è, pertanto, anche la difesa della ricorrente nella parte in cui ancora la decorrenza del termine al momento in cui è stato eseguito l’accesso alla relativa documentazione (avvenuto in data 11.01.2016, dopo un differimento richiesto proprio dalla ricorrente). L’esercizio del diritto di accesso non può essere utilizzato quale mero espediente per non far decorrere il termine di decadenza poichè, agendo in questo modo, si consentirebbe di trasformare uno strumento posto a tutela dei diritti dell’interessato, in uno idoneo a calibrare la futura azione giudiziaria in danno del beneficiario in buona fede, oltre che in danno dell’interesse pubblico alla certezza dell’azione amministrativa.
In proposito il Collegio condivide il consolidato orientamento giurisprudenziale ai sensi del quale: “la consapevolezza dell’esistenza del provvedimento e della sua lesività  integra la sussistenza di una condizione dell’azione, rimuovendo in tal modo ogni ostacolo all’impugnazione dell’atto, viceversa la conoscenza integrale del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione e, quindi, sulla causa petendi. àˆ appena il caso di osservare che l’ordinamento prevede l’istituto dei motivi aggiunti, per il tramite dei quali il ricorrente può proporre ulteriori motivi di ricorso derivanti dalla conoscenza di ulteriori atti (già  esistenti al momento della proposizione del ricorso ma ignoti) o dalla conoscenza integrale di atti prima non pienamente conosciuti, e ciò entro il nuovo termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale conoscenza sopravvenuta; ebbene, la previsione dell’istituto dei motivi aggiunti conferma la fondatezza dell’interpretazione resa sul concetto di piena conoscenza dell’atto da impugnare. In definitiva, è sufficiente, ai fini della piena conoscenza del provvedimento amministrativo, idonea a far decorrere il termine per la sua impugnazione, che l’interessato abbia acquisito la consapevolezza dell’esistenza dell’atto e della sua portata lesiva, fatta salva la proposizione di motivi aggiunti ove emergano ulteriori profili di illegittimità  in virtù della cognizione integrale del provvedimento (orientamento consolidato: cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014 n. 2467 e 9 gennaio 2014 n. 36; TAR Lazio Roma, Sez. III, 27 novembre 2013 n. 10160; TAR Campania Napoli, Sez. VI, 7 marzo 2013 n. 1321)”. (Cfr. T.A.R. Campania, Sez. I, sent. 6895 del 22.12.2014).
Nè in alcun modo rileva la richiesta di un intervento in autotutela presentata al Comune dalla ricorrente e riscontrata con nota del 2.2.2016.
Come già  sostenuto dalla Sezione “il soggetto che non abbia tempestivamente impugnato un atto lesivo non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante il sollecito del potere di autotutela dell’amministrazione e la successiva impugnazione dell’eventuale diniego” (T.A.R. Marche, sez. I, 10 giugno 2011, n. 453; T.A.R. Lecce, sez. I, sent. 1682 del 29.09.2011).
Diversamente, con la richiesta di un intervento in autotutela, si finirebbe per eludere il sistema dei termini decadenziali e l’esigenza di una celere definizione della lite (in termini Consiglio di Stato, Sez. IV n. 2554 del 4 maggio 2010).
Nel diniego di autotutela, infatti, non è ravvisabile alcun aspetto di autonoma lesività  laddove difetti una complessiva rivalutazione delle posizioni coinvolte nel procedimento, con la conseguenza che, in siffatte ipotesi, il diniego di autotutela deve ritenersi un atto meramente confermativo che, per principio consolidato, non è impugnabile perchè altrimenti verrebbero surrettiziamente riaperti, a seguito dell’istanza dell’interessato, i termini per l’impugnativa di atti oramai inoppugnabili (Consiglio di Stato, Sez. IV n. 822 del 7 febbraio 2011; cfr., anche, Cons. Stato, sez. III, 12 maggio 2011, n. 2842; T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 10 marzo 2003,, n. 1097″) (Così, T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, sent. n. 650 del 23.04.2015).
L’accoglimento dell’eccezione preliminari di irricevibilità  del ricorso preclude l’esame delle ulteriori questioni proposte.
Da quanto esposto consegue anche l’infondatezza della domanda di risarcimento danni. Nel caso di tardiva impugnazione degli ritenuti fonte del danno, infatti, non può essere considerato ingiusto il danno o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione degli atti divenuti inoppugnabili (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 23 marzo 2011 n. 3; Consiglio di Stato, Sez. III, 12 luglio 2011 n. 4161; TAR Campania Napoli, Sez. I, 5 giugno 2012 n. 2629).
In conclusione, ribadite le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile quanto all’impugnativa e deve essere respinto quanto alla domanda di risarcimento del danno.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara irricevibile l’impugnativa e respinge la domanda di risarcimento del danno.
Condanna la società  ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nella complessiva somma di € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori di legge, da ripartire in parti uguali tra Comune e società  controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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