1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Istanza di titolo edilizio – Obbligo di provvedere – Decorso del termine – Provvedimento tacito – Sussiste

 
2.Processo amministrativo – Giudizio di accertamento – Accertamento su formazione del silenzio – Inammissibilità 


3. Risarcimento del danno – Danno da ritardo amministrativo – Onere della prova – Sussiste

1. Quando il legislatore prevede che il decorso di un dato termine per il rilascio del titolo edilizio integri la formazione del silenzio-assenso, il potere di provvedere sulla relativa istanza deve intendersi consumato con la costituzione del provvedimento tacito e l’eventuale diniego tardivo risulta illegittimo in quanto disposto in carenza di potere. Ne consegue che in mancanza di motivato diniego ex art. 20, co. 8, DPR 380/2001, prima del decorso di gg. 30 dall’adozione della determinazione ultima del r.u.p., deve ritenersi formato il silenzio assenso sull’istanza di PdC, secondo lo schema delineato dalla norma citata. 
 
2. La domanda di accertamento sulla formazione del silenzio assenso deve ritenersi inammissibile in quanto del tutto atipica ed estranea all’ambito delle azioni ammesse nel giudizio amministrativo, non essendo ricompresa tra quelle previste in via tassativa dall’ordinamento processuale (dall’art. 31 commi 1, 2, 3; art. 31 commi 1 lett. c); art. 34 commi 3 e 5; art. 114 comma 4 c.p.a.) 


3. La domanda formulata ai sensi dell’art. 2 bis co. 1, l. 241/90 per il risarcimento per il danno da ritardo amministrativo ovvero per il danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento, costituisce una fattispecie sui generis che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità . Pertanto, non sussistendo una presunzione del danno iuris tantum per il solo fatto del ritardo nell’adozione del provvedimento, non può essere accolta la domanda risarcitoria nel caso in cui non venga provata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi, compreso il danno.

N. 00454/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00498/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 498 del 2015, proposto da: 
Gelou s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Savasta, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Romito in Bari, Via Crispi n. 6; 

contro
Comune di Barletta; 

per l’annullamento
della nota prot. 10543 del 24/02/2015 del Settore Edilizia Pubblica e Privata del Comune di Barletta avente ad oggetto “Richiesta di permesso di costruire per la costruzione di villette a schiera per civile abitazione da realizzarsi in Barletta alla Via Marone n. 14 (pratica edilizia 982/12 del 26/06/2012”, con la quale, a conclusione del procedimento di diniego dell’istanza di permesso di costruire del 26/06/2012 sono state rigettate le osservazioni prodotte e confermato il diniego; nonchè di ogni altro atto presupposto e consequenziale ed in particolare:
– della nota prot. 52335 del 14/10/2014 del Settore Edilizia Pubblica e Privata del Comune di Barletta di avvio del procedimento di diniego;
– della nota prot. 53084 del 16/10/2014 del Settore Edilizia Pubblica e Privata del Comune di Barletta di inibizione dall’inizio o dalla prosecuzione dei lavori comunicati con nota prot. 51401 del 08/10/2014;
nonchè per l’accertamento
dell’intervenuto silenzio assenso sulla istanza di permesso di costruire (pratica edilizia n. 982/2012) del 26/06/2012 e per la conseguente condanna dell’amministrazione a pubblicare il provvedimento favorevole richiesto;
nonchè per il pagamento dell’indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento e per il risarcimento del danno subito a causa dell’inosservanza del termine di conclusione del procedimento e/o in subordine a causa della revoca del provvedimento legittimamente conseguito.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2016 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti il difensore Maurizio Savasta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La ricorrente ha adito questo Tribunale al fine di conseguire l’annullamento della nota n. prot. 10543 del 24/2/2015 a mezzo della quale il Dirigente del Settore Edilizia Pubblica e Privata – Servizi Catastali ha “confermato il diniego” di permesso di costruire (di seguito, PdC), in base alle motivazioni espresse nella precedente nota del 14/10/14 ex art. 10 bis l. 241/90. 
Lamenta, in primis, la violazione degli artt. 2 e 2 bis l. 241/90 e 20 co. 8 DPR 380/01: l’istanza di rilascio di PdC, infatti, risale al 25/6/12, di talchè al più tardi alla data del 20/1/13 (un mese dopo il parere favorevole del R.U.P. emesso il 20/12/13) deve ritenersi formato il silenzio assenso. Ne deriva l’illegittimità  dell’atto di “diniego definitivo” emesso nel febbraio 2015 (preceduto dal preavviso di diniego e dalla diffida all’inizio/prosecuzione dei lavori), siccome, a fronte del silenzio assenso già  formatosi, sarebbe stato necessario un intervento in autotutela.
Qualora, poi, l’atto gravato fosse da considerarsi quale revoca, lo stesso sarebbe illegittimo siccome non reca alcuna motivazione in ordine all’interesse pubblico perseguito e non considera l’affidamento ingenerato nell’istante. 
Quanto al “merito” del provvedimento, parte ricorrente espone che l’immobile di sua proprietà  (da demolire e ricostruire), ricadendo in zona B5 del vigente PRG, sarebbe sottoposto ai parametri previsti per la zona B1, stante l’estensione consentita dal co. 3 dell’art. 2.23 delle N.T.A. per le aree B5 che non “risultino sottoposte a PUE adottato”. Ed invero, in caso contrario, l’edificato/edificabile rimarrebbe sottoposto alle norme di PUE (PL, PP, PZ), secondo il precedente comma 2.
Tanto premesso, il Comune ritiene che l’intervento per il quale è causa non possa fruire dei predetti indici previsti per la zona B1, siccome, ricadendo nel perimetro del PdZ ex l. 167/1962, alla scadenza del termine di attuazione di questo, si imporrebbero – comunque – gli allineamenti e le prescrizioni di zona ivi stabiliti.
Al contrario, parte ricorrente evidenzia che il proprio immobile (facente parte di un gruppo di palazzine realizzate dallo IACP ed edificato con PdC del 1963), pur rientrando nell’ “erigendo quartiere GESCAL” individuato nel PdZ approvato nel 1966 (cfr. planovolumetrico zona A, doc 21 prod. ricorrente), in realtà  – di fatto – non è sottoposto alla normazione da questo discendente, come dimostrato dall’assenza di qualsivoglia “retinato” su tale area.
Da ciò discenderebbe l’applicazione del co. 3 del predetto art. 2.23 n.t.a.
La ricorrente, infine, chiede anche la condanna del Comune di Barletta al risarcimento del danno da ritardo nel rilascio della concessione edilizia e, comunque, di quello cagionato dal “ritiro” del permesso, alla luce degli esborsi effettuati dopo il nulla osta.
Il Comune di Barletta non si è costituito in giudizio e neppure ha ottemperato a quanto disposto dal Collegio nell’ordinanza istruttoria del 14/5/15, omettendo di depositare la chiesta relazione.
Rinunziata la domanda cautelare, all’udienza del 10/3/16 il ricorso è stato introitato per la decisione. 
La domanda di annullamento merita accoglimento. 
Parte ricorrente ha versato in atti la documentazione afferente all’istruttoria compiuta dai tecnici comunali sulla sua pratica n. 982/12, dalla quale si ricava una “proposta” di provvedimento sostanzialmente positiva (con specifica dei parametri di zona applicabili) del 12/7/12 a firma del R.U.P., confermata il successivo 9/4. Di diverso tenore risulta la nota del 19/11/13 a firma del dirigente p.t. del settore edilizia pubblica e privata, che – ritenendo (contrariamente a quanto opinato dal R.U.P.) applicabili i parametri della zona B1, rimanda gli atti al RUP per “effettuare l’istruttoria edilizia”. Il R.U.P. con nota del 18/12/13 esprime parere positivo in ordine alla conformità  edilizia dell’intervento rispetto ai parametri della zona B1, conformemente a quanto indicato dal Dirigente; quest’ultimo, infine, appone il proprio nulla osta in data 20/12/13. 
àˆ evidente, dunque, che, in mancanza di motivato diniego che sarebbe stato onere del Dirigente opporre prima del decorso di gg. 30 dall’adozione della determinazione ultima del R.U.P. (ex art. 20 co. 8 DPR cit.), deve ritenersi formato il silenzio assenso sull’istanza di PdC, secondo lo schema delineato dall’art. 20 cit. 
Osserva il Collegio che “quando il legislatore prevede che il decorso di un dato termine senza pronuncia negativa dell’Amministrazione integri la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta di rilascio del titolo edilizio, il potere di provvedere su detta istanza si consuma con la costituzione del provvedimento tacito, sicchè l’Amministrazione non può opporre un diniego tardivo – che sarebbe illegittimo in quanto disposto in carenza di potere – ed è soltanto abilitata a rimuovere in autotutela il titolo formatosi per silentium (semprechè ne sussistano naturalmente i presupposti), dovendosi altresì considerare che il diniego intervenuto ex post potrebbe rivestire natura ed efficacia di provvedimento di annullamento d’ufficio del titolo tacito solo se recante l’esplicito riferimento all’atto che si intende eliminare e al vizio che lo inficerebbe, e solo se assistito da puntuale motivazione circa l’interesse pubblico specifico che giustificherebbe l’esercizio del potere di autotutela (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 2003 n. 1854). In altri termini, il riconoscimento dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso si risolve in una verifica che assevera la sussistenza dei presupposti formali richiesti dalla legge e l’osservanza del procedimento, ma non anche la conformità  dell’intervento da realizzare alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie applicabili al caso di specie, per cui, una volta perfezionatosi il titolo tacito, l’ente locale conserva i suoi poteri di controllo e sanzionatori, nell’esercizio dei quali ben può annullare quell’atto ove ne riscontri il contrasto con le previsioni della disciplina di piano e non vi ostino preclusioni legate alle condizioni legali per il ricorso all’ autotutela amministrativa”, (T.A.R. Emilia Romagna, sez. 1, sent. 24/7/12 n. 517/2012). 
Nel caso di specie, è da escludere che l’atto gravato possa qualificarsi come annullamento d’ufficio, non ricorrendo alcuno dei requisiti all’uopo necessari: in particolare, non appare a tal fine sufficiente il riferimento all’ “avvio del procedimento finalizzato all’annullamento ex art. 21 nonies … del provvedimento tacito di accoglimento (silenzio assenso) formatosi sull’istanza in questione”, contenuto nella nota recante divieto di inizio/prosecuzione dei lavori, non seguita – nel corpo dell’atto gravato – da analogo riferimento all’atto già  formato; peraltro, l’atto impugnato non soddisfa – in termini motivazionali – alcuno dei requisiti di cui al citato art. 21 nonies.
In conclusione, l’atto gravato va annullato, siccome illegittimo per le ragioni innanzi esplicitate. 
La domanda di annullamento della nota n. 52335 del 14/10/14 (recante comunicazione di avvio del procedimento di diniego) è invece inammissibile, trattandosi di mero atto endoprocedimentale, privo di autonoma portata lesiva (per tutte, T.A.R. Piemonte, sez. 1, sent. 12/6/14 n. 1030). 
àˆ inammissibile, infine, per carenza di interesse anche il ricorso avverso l’ordinanza del 16/10/14 recante inibizione all’inizio/prosecuzione dei lavori, essendo sopravvenuti ulteriori provvedimenti che, avendo determinato un nuovo assetto di interessi, rendono ab origine del tutto inutile l’eventuale pronuncia (in termini, Consiglio Stato – Sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6550).
 

Come da costante orientamento della Sezione, va dichiarata inammissibile la domanda proposta da parte ricorrente relativa all’accertamento della formazione del silenzio assenso. “Il Collegio, in ordine a tale profilo, non può che confermare il proprio consolidato orientamento espresso in precedenti pronunce secondo cui la richiesta declaratoria dell’intervento assenso sull’istanza edilizia, risulta inammissibile in quanto ipotesi non ricompresa tra quelle previste in via tassativa dall’ordinamento processuale (dall’art. 31 commi 1, 2, 3; art. 31 commi 1 lett. C); art. 34 commi 3 e 5; art. 114 comma 4 c.p.a.), che non prevede un’azione generale di accertamento, bensì solo ipotesi tipizzate e tassative.
Trattasi, pertanto, di domanda del tutto atipica ed estranea all’ambito delle azioni ammesse nel giudizio amministrativo e, in quanto tale, inammissibile, (cfr. ex multis, sent. T.A.R. Puglia Bari Sez. III, n. 588/2013 e n. 75/214)” – T.A.R. Puglia, Bari, sez. 3, sent. 5/2/14 n. 173.
Infine, la domanda di riparazione del pregiudizio ritardo (l’unica da delibare stante l’esito della causa, non sussistendo i presupposti per vagliare la diversa domanda di risarcimento del danno spettante in caso di ritenuta infondatezza della domanda principale), va rigettata. 
Preliminarmente, si osserva che la ricorrente nella parte del ricorso rubricata “domanda risarcitoria” (pag. 16 e ss.) invoca il risarcimento del danno da ritardo ai sensi dell’art. 2 bis l. 241/90, come novellato dalla l. 69/09, per poi chiedere nel “petitum” del ricorso sia il pagamento dell’ “indennizzo da ritardo” nella misura di euro 30,00 al giorno, sia il risarcimento del danno . 
Orbene, quanto al pregiudizio da ritardo, esso si ritiene non spettare alla ricorrente in nessuna delle due ipotesi: 
– non spettare se la domanda è da intendersi formulata ai sensi dell’art. 2 bis co. 1 bis l. 241/90 (che prevede la corresponsione di un indennizzo per il mero ritardo in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici): ed invero, ai sensi del co. 10 dell’art. 28 l. 98/13 “Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività  di impresa iniziati successivamente alla medesima data di entrata in vigore (21/8/13, ndr)”, di talchè il procedimento in parola, iniziato con istanza del 26/6/12 e relativo, peraltro, a rilascio di titolo edilizio, non è contemplato nella previsione; 
– non spettare se la domanda è intendersi formulata ai sensi dell’art. 2 bis co. 1 l. 241/90, stante la mancata prova del danno patito dalla ricorrente società . Giova, infatti, rammentare che ” [¦ omissis ¦] la richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento, in ossequio al principio dell’atipicità  dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità . Deve ritenersi che la sussistenza del danno da ritardo non può presumersi iuris tantum atteso che esso non deriva per il solo fatto del ritardo nell’adozione del provvedimento, essendo necessario che il danneggiato provi tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda compreso, appunto, il danno (Cons. Stato sez. IV 10 giugno 2014 n. 2964; T.A.R. Lecce sez. III , 15 gennaio 2014, n. 112; Cons. Stato sez. V , 13 gennaio 2014, n. 63). In altri termini non può confondersi e sovrapporsi il danno evento (il ritardo nell’adozione del provvedimento) con i danni conseguenza, che devono essere dimostrati”, (T.A.R. Lombardia, sez. 3, sent. 22/7/14 n. 1976/2014). Parte ricorrente non ha, nello specifico, prodotto (e, prima ancora, dedotto) alcunchè al fine di dimostrare l’esistenza di un danno concreto, quale conseguenza immediata e diretta dell’inerzia del Comune. 
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo. 
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– accoglie la domanda principale e, per l’effetto, annulla il gravato diniego recato dalla nota n. prot. 10543 del 24/2/2015;
– dichiara inammissibile il ricorso avverso le note n. 52335 del 14/10/14 e n. 53084 del 16/10/14;
– dichiara inammissibile la domanda di accertamento dell’intervenuto silenzio assenso sull’istanza de qua; 
– rigetta la domanda di risarcimento del danno e di corresponsione dell’indennizzo da ritardo; 
– condanna il Comune di Barletta alla refusione delle spese di lite in favore della ricorrente, liquidandole in euro 3.000, oltre accessori come per legge e C.U.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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