1.  Pubblico impiego – Forze armate – Rapporto tra procedimento disciplinare e giudicato amministrativo – Dies a quo – Decorrenza
2. Pubblico impiego – Forze armate – Procedimento disciplinare – Consiglio di disciplina – Organo competente ad adottare la sanzione – Aggravio procedimentale – Non sussiste
3. Pubblico impiego – Forze armate – Procedimento disciplinare – Contestazione addebiti – Atti effettivamente viziati – Omessa rinnovazione – Non sussiste
4. Pubblico impiego – Forze armate – Procedimento disciplinare – Rinnovata valutazione condotte – Discrezionalità  amministrativa – Irragionevolezza – Non sussiste

1. Ai sensi dell’art. 119 d.P.R. 3/1957, il Ministero, qualora non abbia avviato il procedimento disciplinare dopo trenta giorni dalla comunicazione della sentenza che ha annullato la sanzione disciplinare all’Avvocatura dello Stato quale suo difensore ex lege non decade dal potere, in quanto il termine suindicato decorre dalla comunicazione al Ministero e non da quella pervenuta all’Avvocatura dello Stato, giacchè solo la comunicazione al Ministero, ai fini della rinnovazione del procedimento disciplinare, rileva sul piano amministrativo di un nuovo e diverso affare rispetto a quello oggetto di gravame in sede giurisdizionale.
2. Nell’ambito del procedimento disciplinare, non sussiste un aggravio procedimentale laddove il coinvolgimento di un organo distinto da quello competente ad adottare la sanzione, si traduca in una misura favorevole all’incolpato, la cui posizione è oggetto di duplice valutazione e ponderazione, in particolare modo da parte di un organo collegiale del quale fanno parte due rappresentanti delle organizzazioni sindacali più rappresentative, e da parte dell’organo competente ad assumere la decisione finale.
3. Non sussiste l’omessa rinnovazione della contestazione di addebiti nel caso in cui l’accoglimento del ricorso avverso la sanzione disciplinare, non travolga necessariamente tutti gli atti della sequenza procedimentale, ma solo quelli effettivamente viziati nonchè quelli successivi, con la conseguenza che nell’eventuale rinnovo del procedimento la p.a. può mantenere fermi gli atti non viziati, e come tali non annullati.
4. La rinnovata valutazione, in sede disciplinare, delle condotte poste in essere, è espressione di scelte ampiamente discrezionali, censurabili solo se manifestamente illogiche, irragionevoli o fondate su presupposti di fatto inesistenti o non provati.

N. 00345/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01660/2009 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1660 del 2009, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Garofalo, con domicilio eletto presso Adriano Garofalo, in Bari, Via Manzoni, n. 15; 

contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97; 
Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza; 

per l’annullamento,
del decreto n. -OMISSIS-di irrogazione della sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 5/300 di una mensilità  di stipendio;
– delle deliberazione del Consiglio provinciale di disciplina di Bari del 15.4.2009;
– del processo verbale di seconda riunione del Consiglio di disciplina di Bari del 15.4.2009;
– del processo verbale di prima riunione del Consiglio di disciplina di Bari del 31.3.2009
– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 d. l.gs. 30.6.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2016 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Adriano Garofalo e Valter Campanile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente impugna la sanzione disciplinare della pena pecuniaria pari a 5/30 della retribuzione mensile, irrogatagli a seguito della rinnovazione del procedimento disciplinare culminato con l’irrogazione della sanzione della sospensione di sei mesi dal servizio, successivamente annullata da questo TAR con sentenza del 22.1.2009 n. 104.
Articola quattro motivi di ricorso:
1) violazione dell’art. 87 del R.D. 17.8.1907 n. 642 – violazione della l. 21.12.1950 n. 1018 – violazione dell’art. 119 d.P.R. 10.1.1957 n. 3.
Il ricorrente deduce la consunzione del potere disciplinare perchè il procedimento sarebbe stato rinnovato oltre il termine perentorio di trenta giorni, decorrente, ai sensi dell’art. 119 d.P.R. 3/1957, dalla comunicazione della sentenza di annullamento pervenuta al Ministero il 26.1.2009 a cura della cancelleria del TAR, mentre il procedimento di rinnovazione è stato avviato con nota ministeriale n. -OMISSIS-.
2) Violazione dell’art. 87 R.D. 17.8.1907 n. 642 – violazione dell’art. 8 l. 21.12.1950 n. 1018 – violazione dell’art. 119 d.p.r. 10.1.1957 n. 3 – eccesso di potere per carenza di presupposti e illogicità  e contraddittorietà  del provvedimento impugnato – eccesso di potere per abnormità  procedimentale.
Il ricorrente, sebbene il 31.3.2009 avesse ricevuto comunicazione della rinnovazione del procedimento, solo in data 13.6.2009 riceveva notifica del provvedimento, adottato il 31.3.2009, che disponeva in tal senso, dopo che il provvedimento disciplinare era stato adottato in data 15.4.2009.
3) Violazione art. 119 d.P.R. 3/1957 – eccesso di potere per carente istruttoria e perplessità  – violazione degli articoli 16, 17, 18 e 19 d.P.R. 737/1981.
La sanzione della pena pecuniaria è stata irrogata su proposta del Consiglio di disciplina, cui compete l’applicazione delle più gravi sanzioni di grado pari superiore alla “deplorazione”, onde la rinnovazione del procedimento avrebbe dovuto riprendere dall’esatta individuazione ed investitura dell’organo competente; sarebbe inoltre mancata la contestazione degli addebiti che, a seguito dell’annullamento giurisdizionale del primo provvedimento disciplinare per irrilevanza della maggior parte delle condotte ascritte al ricorrente, avrebbe dovuto essere rinnovata con specifico riferimento alle contestazioni superstiti.
4) Violazione ed erronea applicazione degli articoli 4 n. 3 e 18 d.P.R. 737/1981 – eccesso di potere per carente istruttoria e travisamento dei fatti – eccesso di potere per perplessità  e contraddittorietà  della motivazione.
La sentenza del TAR Bari che ha annullato il primo provvedimento disciplinare avrebbe revocato in dubbio, con autorità  di giudicato, la rispondenza al vero di circostanze disciplinarmente rilevanti, quali le telefonate fra due pregiudicati in cui si fa riferimento a tale Mino identificato, ma non con certezza, nel ricorrente, e la richiesta rivolta da un pregiudicato (-OMISSIS-), interessato ad un certo orologio, ad un altro pregiudicato (-OMISSIS-i cui precedenti penali tuttavia si riferiscono allo stesso fatto materiale risalente a più di 10 anni prima) di contattare il ricorrente, perchè risultava esserne in possesso; infine, il provvedimento non avrebbe spiegato perchè sarebbe non conforme allo status di agente di Pubblica sicurezza, il contatto con un pregiudicato, in assenza di frequentazioni o relazioni costanti o anche solo ripetute nel tempo.
Resiste il Ministero degli Interni.
Il ricorso è infondato.
1. Non ricorre la decadenza dall’esercizio del potere disciplinare per decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione al Ministero della sentenza di annullamento della prima sanzione.
Infatti il dies a quo decorre, ai sensi dell’art. 119 d.P.R. 3/1957, dalla comunicazione al Ministero e non da quella pervenuta all’Avvocatura dello Stato – il 26.1.2009 con avviso della segreteria del TAR e il 2.3.2009 con notifica del ricorrente – per l’evidente ragione che la comunicazione di un atto processuale al difensore ha la finalità  di consentire l’adozione di ulteriori iniziative inerenti al mandato difensivo, connesse al processo in corso, mentre la comunicazione al Ministero, ai fini della rinnovazione del procedimento disciplinare rileva sul piano amministrativo di un nuovo e diverso affare rispetto a quello oggetto di gravame in sede giurisdizionale (C.d.S. n.3799/2009).
2. Non ha, poi, alcun rilievo il fatto che il ricorrente avesse ricevuto la notifica del provvedimento di annullamento della precedente sanzione e di rinnovazione del procedimento adottato il 30.3.2009 (non il 31.3.2009 come erroneamente riferito nel ricorso), solo in data 13.6.2009, cioè dopo che il Consiglio di disciplina aveva deliberato, il 15.4.2009, l’irrogazione della pena pecuniaria, poi inflitta con provvedimento del 1.7.2009.
Di tanto il ricorrente era già  stato informato con nota del 30.3.2009 che annunciava sia l’annullamento della prima sanzione, sia la rinnovazione del procedimento e ne riportava specificamente le motivazioni.
Pertanto, la tardiva notifica del provvedimento (oltre due mesi dopo che fu adottato), non ha recato alcuna lesione al ricorrente, sia perchè in parte ad esso favorevole (annullamento della precedente sanzione), sia perchè, quanto alla decisione di rinnovare il procedimento disciplinare, ha valore di avvio del procedimento stesso che fu debitamente comunicato con la nota del 30.3.2009.
3. Non merita adesione neppure la tesi secondo la quale il procedimento sarebbe viziato perchè sarebbe stato rinnovato con la remissione degli atti al Consiglio di disciplina provinciale di Bari, senza considerare che a detto organo non compete pronunciarsi sulla più lieve sanzione della pena pecuniaria che era (prevedibilmente) irrogabile in seguito all’annullamento giurisdizionale della prima sanzione.
In generale, in materia disciplinare, la complessità  del procedimento è indice di garanzia per l’incolpato, tant’è che le sanzioni più lievi promanano di norma da un solo organo, senza necessità  di pareri o proposte di altri organi, che invece devono essere assunti quando la sanzione corrispondente all’infrazione contestata è considerata più grave ed afflittiva per il destinatario.
Ne consegue che, ove non si traduca in un aggravio procedimentale – in astratto l’ipotesi ricorre nel caso di proscioglimento dalle accuse dell’incolpato che avrebbe avuto interesse ad una più rapida conclusione del procedimento – il coinvolgimento di un organo distinto da quello competente ad adottare la sanzione, si traduce in una misura a favore dell’incolpato, la cui posizione è oggetto di duplice valutazione e ponderazione, in specie da parte di un organo collegiale del quale fanno parte due rappresentanti delle organizzazioni sindacali più rappresentative, e da parte dell’organo competente ad assumere la decisione finale.
Infatti, la proposta del Consiglio di disciplina non è vincolante per l’organo che deve irrogare la sanzione, il quale è pertanto tenuto a motivare le ragioni per le quali non intenda ad esso aderire.
Nel contesto procedimentale la proposta del Consiglio di disciplina postula un’ulteriore attività  di valutazione che è essa stessa garanzia della completezza dell’istruttoria e dell’imparzialità  dell’azione amministrativa.
Quanto alla omessa rinnovazione della contestazione di addebiti il Collegio rileva che l’accoglimento del ricorso avverso la sanzione disciplinare non travolge necessariamente tutti gli atti della sequenza procedimentale, ma solo quelli effettivamente viziati nonchè quelli successivi. Quindi, nell’eventuale rinnovo del procedimento la p.a. può mantenere fermi gli atti non viziati, e come tali non annullati (C.d.S. n. 4339/2014).
In specie, la sentenza n. 104/2009 di questo Tribunale ha annullato la precedente sanzione disciplinare per vizi della proposta del Consiglio di disciplina sul presupposto che solo alcuni dei fatti posti a fondamento degli addebiti contestati fossero stati effettivamente accertati.
Non appare, dunque, illogica la decisione del Ministero di rinnovare il procedimento a partire dagli atti di competenza del Consiglio di disciplina, nè lesiva delle prerogative difensive del ricorrente, il quale, tuttavia, che sostiene di aver dovuto difendersi senza sapere quali fatti materiali gli fossero effettivamente contestati.
In realtà , il difensore del ricorrente ne aveva adeguata conoscenza avendo così esordito in sede di audizione davanti al Consiglio provinciale di disciplina: la contestazione di addebiti non è stata rinnovata e pertanto i fatti contestati restano i medesimi (pag. 2 all. 4 fascicolo del ricorrente).
Peraltro, non essendo in discussione la corrispondenza fra i fatti contestati e quelli per i quali è stata irrogata la sanzione, è irrilevante che il ricorrente si sia difeso anche su quelli oggetto del primo provvedimento e ritenuti di non sicuro rilievo dalla sentenza che ne ha disposto l’annullamento, poichè lo scopo della preventiva contestazione è informare l’incolpato di tutte le accuse e la circostanza che fra queste erroneamente vi siano compresi fatti già  esclusi dal novero di quelli addebitabili, non ha carica lesiva risolvendosi al più in una irregolarità  procedimentale.
4. Il ricorrente, con l’ultima censura, sostiene l’irrilevanza delle condotte per le quali gli è stata irrogata la sanzione impugnata, ponendo l’accento sulle circostanze che hanno indotto questo Tribunale ad annullare il primo provvedimento disciplinare, in quanto motivato da evidente travisamento della sentenza di assoluzione del ricorrente e dalla valorizzazione di circostanze non univoche quali le telefonate durante le quali due pregiudicati facevano riferimento ad una persona che non è stato possibile identificare con certezza con il ricorrente.
La tesi non può essere condivisa, considerato che proprio la sentenza n. 104/2009 di questo Tribunale, dopo aver ritenuto non provati alcuni fatti, nè decisive alcune circostanze considerate in sede disciplinare indicative di una condotta riprovevole, individua le condotte rimaste a carico del ricorrente e accertate con sicurezza, nella frequentazione di questi con Loconsole Raffaele e in alcuni contatti con -OMISSIS-, pur inquietanti, sebbene legati ad avvenimenti specifici.
Il riferimento alle telefonate fra i due pregiudicati contenuto nel provvedimento impugnato, senz’altro dissonante con la sentenza di questo TAR che ne ha escluso il valore probatorio, è a ben vedere inutile, se si considera che esse vengono riferiti non come condotte oggetto di addebito, ma come prova (¦..ne costituiscono dimostrazione ¦..) di dette condotte, le stesse che il TAR ha ritenuto accertate con sicurezza sulla base di altri riscontri.
Ne consegue che il richiamo alle telefonate, seppure fosse illegittimo perchè contrastante con le conclusioni cui pervenuta la sentenza n. 104/2009, non vizia la motivazione del provvedimento che si fonda su fatti altrimenti certi.
Pertanto, lungi dal porsi in contrasto con il dictum giudiziale, la rinnovata valutazione in sede disciplinare di tali condotte, appare esente da critiche, tenuto conto altresì del fatto che essa è espressione di scelte ampiamente discrezionali, censurabili solo se manifestamente illogiche, irragionevoli o fondate su presupposti di fatto inesistenti o non provati (Cons. Stato Sez. IV 27 gennaio 2014 n. 357; Cons. Stato Sez. IV 4 giugno 2010 n.5877).
Nel caso in decisione i fatti addebitati al ricorrente, come detto, sono certi e idonei a fondare un giudizio di responsabilità  disciplinare non risultando nè irragionevole, nè illogico, nè tantomeno contraddittorio ritenere contrario ai doveri propri del personale di Pubblica sicurezza la frequenza di persone non confacenti al proprio stato – quali sono due pregiudicati, venuti in contatto fra loro perchè l’uno reperisse il ricorrente nell’interesse dell’altro, come del resto non appare ingiustificato considerare tale comportamento, comunque, non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto, ma la qualità  personale delle parti, la natura e delicatezza degli interessi coinvolti giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 d. lg. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità  degli altri dati identificativi di -OMISSIS-, manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Viviana Lenzi, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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