1. Pubblico Impiego – Forze armate – Rapporto di servizio – Polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Sanzione – Proporzione rispetto ad illecito contestato – Necessità 
2. Pubblico Impiego – Forze armate – Polizia di Stato – Utilizzo documento riservato – Esercizio diritto di difesa – Procedimento disciplinare – Pregiudizio al decoro delle funzioni – Non sussiste 

1. Sebbene l’Amministrazione disponga di ampia sfera di discrezionalità  nell’apprezzare la gravità  dei fatti commessi dai suoi dipendenti e nella graduazione della sanzione disciplinare da irrogare, è necessario che la misura sanzionatoria applicata sia comunque conforme a parametri di ragionevolezza e proporzionalità  rispetto all’illecito ascritto al destinatario del procedimento.
2. Non costituisce comportamento sanzionabile, per mancata osservanza in maniera rigorosa del segreto d’ufficio, sancito dall’art.34 del Regolamento di servizio vigente per la Polizia di Stato, l’utilizzo di un ordine di servizio qualificato come ‘riservato’ nell’ambito di un giudizio risarcitorio per danni patiti dal destinatario dell’ordine stesso nell’espletamento del servizio, essendo detta attività  correlata all’esercizio del diritto di difesa,  costituzionalmente riconosciuto.
(Nella specie è stato ritenuto fondato il ricorso proposto avverso una sanzione disciplinare irrogata per l’utilizzo per meri fini difensivi, ad operazioni di polizia ormai concluse, di un ordine di servizio qualificato come riservato ed utilizzato dal ricorrente  ai soli fini dell’esercizio di una legittima attività  difensiva consequenziale all’infortunio occorso nell’espletamento del servizio, in quanto non è ravvisabile alcun pregiudizio al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza).

N. 00136/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00052/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 52 del 2016, proposto da -OMISSIS-rappresentato e difeso dall’avv. Maria Goffredo, con domicilio eletto in Bari, via Egnatia, 15;

contro
Ministero dell’Interno e Prefettura di Bari, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
Questura di Bari;

per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del provvedimento di addebito dell’illecito disciplinare di cui all’art. 4, n. 18 d.p.r. n. 737/1981, per violazione dell’art. 34 d.p.r. n. 782/1985, del 28.10.2015, notificato in data 2.11.2015, adottato dalla Questura di Bari, a firma del Questore in carica, Cat. 2.8/57 Ris. di Prot., a carico di -OMISSIS-Assistente Capo della Polizia di Stato, in forza alla Squadra Sommozzatori;
– del provvedimento di contestazione dell’addebito disciplinare del 2.10.2015, notificato in data 5.10.2015, adottato dalla Questura di Bari, a firma del Questore in carica, Cat. 2.8/57 Ris. di Prot., avente ad oggetto “Assistente Capo della Polizia di Stato -OMISSIS-nato a Bari l’11.02.1972. Contestazione degli addebiti”, a carico del citato -OMISSIS-Assistente Capo della Polizia di Stato, in forza alla Squadra Sommozzatori;
– di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente, anche se non conosciuto al momento della notifica del ricorso;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2016 per le parti i difensori avv.ti Giulia De Leonardis, su delega dell’avv. Maria Goffredo, e Giuseppe Zuccaro;
Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità  di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste;
Sentite le stesse ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
In data 3.6.2015 l’odierno ricorrente -OMISSIS-Assistente Capo della Polizia di Stato, in forza alla Squadra Sommozzatori, prendeva parte, quale comandato di servizio di Specialità  Subacquea, alle operazioni di bonifica antiterrorismo del molo n. 11 del Porto di Bari, ove si prevedeva l’arrivo della Nave da Crociera Israeliana “Golden Iris”.
Detta operazione era contemplata dall’ordinanza A.4/Gab/OPS/2015 dell’1.6.2015, quale specifico ordine di servizio impartito dalla Questura di Bari, tra gli altri soggetti, anche al Nucleo Sommozzatori della P.S., al fine di dare attuazione alle varie misure di sicurezza, prescritte a protezione della nave, tra le quali anche la predetta attività  di ispezione e bonifica subacquea.
La Golden Iris faceva ingresso nel Porto di Bari in anticipo rispetto all’orario d’arrivo prestabilito.
Al momento dell’avvistamento della nave, si procedeva repentinamente a contattare via radio la locale sala operativa della Capitaneria di Porto, al fine di segnalare la presenza degli operatori subacquei in immersione, essendo ancora in corso d’opera la bonifica dell’area.
Di tanto si dava, altresì, tempestiva comunicazione sia al personale della Capitaneria di Porto, presente in banchina, che alla Motovedetta della medesima Capitaneria di Porto situata in loco.
Ciò nonostante, pur a fronte delle pronte segnalazioni visive e radiofoniche effettuate nell’immediatezza dei fatti, nonchè della presenza della Unità  Navale della Polizia di Stato che tentava di interporsi a protezione degli operatori, la nave israeliana continuava la sua manovra d’avvicinamento alla banchina n. 11.
In detta circostanza nell’espletamento della direttiva di servizio ricevuta l’odierno ricorrente rimaneva vittima di un incidente subacqueo.
La manovra di ormeggio della Golden Iris determinava uno spostamento direzionale -OMISSIS- verso la chiglia della nave, spostamento che lo portava a risalire in modo repentino da una profondità  di mt 10 ad una quota di mt. 3 di profondità .
Il vortice creatosi faceva urtare bruscamente l’operatore subacqueo contro la parete rocciosa pertinente alla banchina di ormeggio.
Ne derivava la lesione della zona cervicale e della spalla sinistra.
Si rendeva necessario l’intervento degli operatori del 118, nonchè il trasporto -OMISSIS- presso l’unità  di Pronto Soccorso del Policlinico di Bari per gli opportuni accertamenti sanitari.
In tale sede veniva riscontrato il seguente quadro diagnostico: contusione di sedi multiple; cervicalgia post traumatica; contusione spalla sinistra, pterigo infiammato os, con assegnazione di una prognosi di giorni 10 e terapia analgesica al bisogno.
Pertanto, con nota del 30.6.2015, a firma del difensore -OMISSIS- il sinistro veniva denunciato alla Capitaneria di Porto di Bari nonchè alla Compagnia Navale Mano Maritime, cui appartiene la Nave Golden Iris, con conseguente formulazione di istanza risarcitoria a carico delle citate parti.
A detta missiva si aggiungeva, poi, quella del 10.9.2015, indirizzata al legale della citata Compagnia Navale, ove si dava ulteriore contezza dell’accaduto, con allegazione di documentazione medica attestante il danno patito dal ricorrente.
In pari data 10.9.2015, anche a fronte del comportamento dell’Amministrazione sulle richieste di informazioni relative al sinistro, con successiva ed ulteriore missiva, indirizzata al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla Direzione Marittima di Bari, alla Capitaneria di Porto di Bari e, per conoscenza, alla Questura di Bari, in riscontro alla comunicazione della predetta Capitaneria del 2.7.2015, si contestavano le affermazioni di quest’ultima, anche mediante allegazione dell’ordinanza dell’1.6.2015, Cat. A.4/Gab./OPS/2015, avente ad oggetto “Misure di sicurezza a protezione della nave da crociera israeliana Golden Iris in sosta presso il Porto di Bari”.
Il documento allegato autorizzava l’attività  del Nucleo Sommozzatori, giusta determinazioni raggiunte in sede di Riunione Tecnica di Coordinamento tenutasi in data 29.5.2015, con cui, in particolare, la Questura di Bari indicava anche alla Capitaneria di Porto di Bari le operazioni di messa in sicurezza da realizzarsi.
Con la censurata nota del 2.10.2015, notificata in data 5.10.2015, Cat. 2.8/57 Ris. di Prot., la Questura di Bari contestava -OMISSIS- la violazione dell’art. 4, n. 18 d.p.r. n. 737/1981, avendo lo stesso fornito al proprio difensore l’ordinanza dell’1.6.2015 in parola, in violazione dell’art. 34 d.p.r. n. 782/1985.
In tale nota la Questura evidenziava:
«¦ – non è stato osservato il segreto d’ufficio in modo rigoroso in considerazione anche del fatto che la predetta ordinanza reca la classificazione “Riservata”;
– sono state divulgate notizie che, benchè non “segrete”, sono relative all’attività  dell’ufficio, ai servizi di istituto e ad operazione di polizia, senza l’osservanza delle procedure previste dal 2° comma. …».
Successivamente il ricorrente rassegnava le proprie giustificazioni.
Infine, con l’impugnata ordinanza del 28.10.2015 notificata il successivo 2.11.2015, Cat. 2.8/57 Ris. Di Prot., la Questura di Bari infliggeva -OMISSIS-:
«¦ la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità  dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo, con la seguente motivazione: “Al fine di avanzare richiesta risarcitoria di natura civilistica per danni patiti durante un servizio d’istituto, di propria iniziativa e senza fornire comunicazione o avanzare richiesta alcuna, forniva al legale di fiducia ordinanza del Questore recante classificazione “riservata” concernente il predetto servizio. Ponendo in essere tale condotta teneva un comportamento non conforme al decoro dell’amministrazione in quanto da un lato non osservava in modo rigoroso il segreto d’ufficio sancito dall’art. 34 del Regolamento di servizio e, dall’altro, esercitava un’attribuzione espressamente conferita dallo stesso art. 34 al dirigente dell’Ufficio”».
L’interessato impugnava in questa sede il citato provvedimento del 28.10.2015 di addebito dell’illecito disciplinare ed il precedente provvedimento del 2.10.2015 di contestazione dell’addebito.
Deduceva censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 34 d.p.r. n. 782/1985; eccesso di potere: copia dell’ordinanza dell’1.6.2015 sarebbe stata legittimamente detenuta d-OMISSIS- in quanto appartenente alla Squadra Sommozzatori della Polizia di Stato cui detto ordine era indirizzato; l’utilizzo di tale ordine di servizio sarebbe stato finalizzato unicamente alla difesa stragiudiziale; conseguentemente, non vi sarebbe stata alcuna violazione del segreto di ufficio da parte del ricorrente; in ogni caso da tale rivelazione non sarebbe derivato alcun pregiudizio per l’Amministrazione, in considerazione del fatto che quando l’ordine di servizio è stato comunicato dal ricorrente al proprio difensore ormai le operazioni di messa in sicurezza si erano ampiamente concluse;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 4, n. 18 e dell’art. 13 d.p.r. n. 737/1981; eccesso di potere: la disposizione invocata dalla Amministrazione a fondamento del censurato provvedimento disciplinare (i.e. art. 4, n. 18 d.p.r. n. 737/1981) fa riferimento a comportamenti non conformi al “decoro”, fattispecie che, secondo la prospettazione -OMISSIS-non ricorrerebbe nel caso di specie; inoltre, la sanzione sarebbe stata irrogata senza tener conto dei parametri di cui all’art. 13 d.p.r. n. 737/1981 (tutte le circostanze attenuanti, i precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, il carattere, l’età , la qualifica e l’anzianità  di servizio);
3) eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità  manifesta, irragionevolezza, travisamento ed erronea valutazione dei fatti; violazione dei canoni di ragionevolezza: il gravato provvedimento, adottato all’esito di una istruttoria carente, difetterebbe di un logico e coerente impianto motivazionale; la sanzione irrogata sarebbe palesemente sproporzionata, tenuto conto del fatto che-OMISSIS-consegnava al proprio difensore l’ordine di servizio dell’1.6.2015 al solo scopo di vedere ristorato il pregiudizio patito nel corso del servizio espletato.
Si costituiva l’Amministrazione, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia fondato.
Invero, la sanzione irrogata -OMISSIS-, come condivisibilmente evidenziato da parte ricorrente, è sproporzionata rispetto alla gravità  della contestazione disciplinare.
Se è vero che l’Amministrazione dispone di un’ampia sfera di discrezionalità  nell’apprezzamento della gravità  dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare, è anche vero che la misura afflittiva deve conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità  rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto (cfr., per una fattispecie riguardante una sanzione disciplinare irrogata ad assistente della Polizia di Stato, Cons. Stato, Sez. III, 14 marzo 2014, n. 1273).
Nella fattispecie in esame la severa sanzione irrogata al ricorrente si configura come sproporzionata in relazione alla modesta consistenza dell’incolpazione.
Inoltre, l’Amministrazione resistente con il censurato provvedimento del 28.10.2015 contesta -OMISSIS- di aver tenuto un comportamento non conforme al “decoro” dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 4, n. 18 d.p.r. n. 737/1981.
Tuttavia, nella condotta posta in essere dallo stesso ricorrente e sanzionata in sede disciplinare (utilizzazione a meri fini difensivi, peraltro ad operazioni di polizia ormai concluse, di un ordine di servizio qualificato come “riservato”) non è ravvisabile alcun pregiudizio al “decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza” ex art. 4, n. 18 d.p.r. n. 737/1981, a fronte viceversa dell’esercizio di una legittima (anche alla stregua del diritto costituzionalmente riconosciuto dall’art. 24 Cost.) attività  difensiva consequenziale all’infortunio occorso allo stesso interessato nell’espletamento del servizio.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati.
Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente -OMISSIS-liquidate in complessivi € 2.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 dlgs 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità  nonchè di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS-.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Angelo Scafuri, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


In caso di diffusione omettere le generalità  e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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