1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Mutamento destinazione d’uso – Medesima categoria funzionale – Art. 23 ter DPR 380/2001 – Modifiche ex d.l. 133/2014 – Ammissibilità 

2. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – PRG – Prescrizioni normative – Prevalenza su indicazioni grafiche

1. L’art. 23 ter del T.U. 380/2001, introdotto dal D.L. n. 133 del 12.09.2014 (cd. Decreto Sblocca Italia), convertito in L. 164/2014, prevede al comma 3 che “il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”, e tale disciplina manifesta evidenti risvolti sulla tutela della proprietà , affidata alla legislazione statale, dunque destinata a prevalere sulle normative regionali e di piano eventualmente in contrasto.
 
2. Qualora vi sia un contrasto tra le indicazioni grafiche del piano regolatore generale e le prescrizioni normative, sono queste ultime a prevalere, in quanto in sede di interpretazione degli strumenti urbanistici le risultanze grafiche possono solo chiarire e completare quanto è normativamente stabilito nel testo, ma non possono sovrapporsi o negare quanto risulta da questo.

N. 01571/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00658/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 658 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Villa Griffi S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Marco Lancieri, con domicilio eletto presso Marco Lancieri in Bari, Via Vito Nicola De Nicolò, n. 7; 

contro
Comune di Bisceglie, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Mascoli, con domicilio eletto presso Francesco Amodio in Bari, Via G.Bozzi, n. 9; 

per l’annullamento
– del provvedimento del Comune di Bisceglie, a firma del Dirigente della Ripartizione Tecnica, Ufficio Edilizia Privata e vistato dal Sindaco, recante diniego di cambio di destinazione d’usoda direzionale-commerciale a servizio della pesca, a direzionale-commerciale relativamente al piano rialzato, comunicato con nota del 25/02/2014, prot. n. 10568, pervenuta il 14/03/2014;
– di ogni altro atto o provvedimento lesivo, quantunque non noto, comunque connesso, preordinato o conseguente, ivi compreso, ove occorra ed in parte qua (art. 9), il Regolamento approvato con la Deliberazione di C.C. del 12.8.2010 n. 47, recante norme tecniche di attuazione per l’esercizio del commercio per le medie strutture di vendita e per strutture di interesse locale nel territorio comunale (..) di Bisceglie, nei limiti d’interesse della ricorrente.
Con i motivi aggiunti del 5 gennaio 2015:
per l’annullamento, previa concessione di misure cautelari,
-del provvedimento del Comune di Bisceglie, a firma del Dirigente della Ripartizione Tecnica, Ufficio Edilizia Privata, recante riesame richiesta di cambio di destinazione d’uso a seguito di ordinanza cautelare n. 349/2014 del T.A.R. Puglia in data 18/06/2014, comunicato con nota del 07/10/2014, prot. 37337, pervenuta il 24/10/2014;
– del provvedimento del Responsabile SUAP del Comune di Bisceglie del 31/10/2014 prot. 39629, recante rigetto di domanda di autorizzazione e pervenuto in data 10/11/2014;
– di ogni altro atto o provvedimento lesivo, quantunque non noto, comunque connesso, preordinato o conseguente.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bisceglie;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Marco Lancieri e Francesco Mascoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 14.05.2014 e depositato il successivo 24 maggio, la società  Villa Griffi s.r.l. ha impugnato la nota prot. 10568, ricevuta in data 14.03.2014, con cui il Comune di Bisceglie ha comunicato il diniego di cambio di destinazione d’uso “da direzionale commerciale a servizio della pesca a direzionale commerciale, relativamente a piano rialzato”.
La società  ricorrente esponeva di essere proprietaria di un suolo ubicato nell’agro di Bisceglie, via Maggiore La Notte – via Corte La Preziosa, identificato al catasto dei terreni, al fg. 2, p.lle 195, 196, 336, 337, 1673 e 1674. Su tale suolo insiste un immobile già  edificato.
Il suolo in questione è ricompreso nella Maglia Commerciale n. 6 del vigente PRG, destinata in prevalenza a Zona commerciale, ai sensi dell’art. 45 delle NTA del PRG e, per la parte residua, a “nuova strada pubblica”.
In seguito alla stipula di un contratto di locazione con la Lillo spa, avente ad oggetto il piano rialzato dell’immobile, veniva richiesto al Comune il cambio di destinazione d’uso dei locali, realizzati sulla base di precedenti permessi di costruire – rilasciati tra il 2008 e il 2010- , aventi ad oggetto un “edificio commerciale Lotto A al Servizio della Pesca”, aspirando la società  locataria ad adibire l’immobile in questione ad attività  commerciale diretta alla vendita al pubblico di generi alimentari. Il Comune negava sia il cambio di destinazione d’uso, che l’avvio della procedura di variante, pure richiesta dalla società  Villa Griffi s.r.l., su suggerimento degli stessi uffici tecnici del Comune.
Con distinti motivi di ricorso la ricorrente lamentava: la violazione di legge, in particolare, dell’art. 45 NTA del vigente PRG comunale, degli artt. 2 e 5 del D.M. 1444/1968, del T.U. 380/2001, del D.P.R. 160/2010, oltre alle norme della L. 241/1990 e a quelle poste a tutela della libera iniziativa economica e commerciale; l’eccesso di potere sotto svariati profili.
Con il primo motivo di ricorso, in particolare, la ricorrente contestava il diniego opposto al cambio di destinazione d’uso motivato sulla presunta incompatibilità  della nuova destinazione d’uso con le prescrizioni urbanistiche di zona.
Evidenziava che l’art. 45 delle NTA del vigente PRG comunale sarebbe riferito alle Zone commerciali, senza contenere alcun specifico riferimento “al servizio della pesca”.
Solo dal Certificato di destinazione urbanistica, rilasciato in data 23.04.2014, risulterebbe la dicitura “Maglia 6- Zona Commerciale ed in particolare a servizio della Pesca (art. 45 NTA)”, oltre che dalla Tavola Planimetrica del Comune.
Con il secondo motivo, la società  ricorrente si soffermava sull’inutilità  della variante richiesta ai sensi dell’art. 8 DPR 160/2010, su indicazione dell’Ufficio Tecnico del Comune. Affermava la minima entità  degli interventi riconducibili al mutamento di destinazione d’uso, limitati ad opere di mera risistemazione interna degli spazi, senza alcuna modifica strutturale dell’immobile (come previsto dall’art. 5 D.M. 1444/68).
Con il terzo motivo, contestava il diniego opposto dal Comune per violazione delle norme sulla libertà  di iniziativa economica, in particolare, per essere l’immobile collocato in zona tipizzata come commerciale.
Con il quarto motivo, censurava la qualifica della struttura commerciale, operata dal Comune, come media struttura locale di vendita “M2”, per aver considerato il piano rialzato oggetto della modifica di estensione di mq 1050 circa.
Precisava, in proposito, che la superficie complessiva del piano rialzato sarebbe pari a mq. 420 e che si arriverebbe ai mq 1050, computati dall’ente locale, solo aggiungendo i metri quadri adibiti a parcheggio, che, ai sensi dell’art. 4, comma 1 lett. c), L.R. 11/2003, non rientrerebbero, invece, nel calcolo della superficie.
Con i motivi quinto e sesto, ribadiva la superfluità  di ricorrere alla procedura propria della variante urbanistica e che, in ogni caso, il diniego opposto dal Comune violerebbe le relative norme procedimentali.
2. Con ordinanza n. 349/2014 del 18.06.2014, questa Sezione accoglieva l’istanza cautelare, sospendendo il gravato provvedimento, ai fini del riesame.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Bisceglie, in data 24.07.2014, per resistere al ricorso.
4. Con successiva produzione documentale del 6.11.2014, l’ente locale depositava il provvedimento prot. 39529, adottato in pari data, con cui, in ottemperanza all’ordinanza n. 349/2014 di questo TAR, venivano rigettate sia l’istanza volta al cambio di destinazione d’uso che quelle riferite alla richiesta di variante al PRG, eventualmente attraverso la convocazione della conferenza di servizi ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 160/2010.
Tale provvedimento veniva emesso in conformità  al parere del dirigente della Ripartizione Tecnica del Comune diBisceglie del 22.10.2010, con cui è stato ribadito il parere contrario all’attivazione della variante al PRG, ai sensi dell’art. 8 D.P.R. 160/2010 e della variante ordinaria.
5. Gli atti da ultimo menzionati sono stati impugnati con motivi aggiunti, depositati in data 5.01.2015.
Nel ribadire quanto già  sostenuto nel ricorso principale, la società  ricorrente ha aggiunto il richiamo all’art. 23 terdel T.U. 380/2001, introdotto dal D.L. n. 133 del 12.09.2014 (cd. Decreto Sblocca Italia), convertito in L. 164/2014, ai sensi del quale al comma 3, “il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”.
Ha insistito sull’interpretazione dell’art. 45 NTA del PRG, in senso conforme alla possibilità  di mutamento di destinazione d’uso all’interno della medesima categoria commerciale, rispetto alla quale, il riferimento al servizio della pesca dovrebbe intendersi come mera specificazione della vocazione commerciale-direzionale.
6. Il Comune di Bisceglie, con atto depositato in data 12.01.2015, si è opposto ai motivi aggiunti, evidenziando che la decorrenza della data per l’applicazione del nuovo art. 23 ter D.P.R. 380/2001 è fissata al 10.02.2015. Ha aggiunto che la tipizzazione dell’area in questione “al servizio della pesca”, derivante dalla tavola planimetrica, deve ritenersi conforme alla volontà  dell’amministrazione.
7. Con ordinanza n. 37 del 15.01.2015, questa Sezione del Tribunale, accoglieva, ai fini del riesame, anche l’istanza cautelare proposta con motivi aggiunti, rimasta priva di esecuzione da parte dell’ente locale.
Con successive memorie le parti hanno ribadito le contrapposte posizioni.
8. La ricorrente, in data 9.10.2015, ha depositato copia della SCIA presentata in data 30.03.2015, al Comune ai sensi dell’art. 22 D.P.R. 380/2001, per cambio di destinazione d’uso all’interno della medesima categoria funzionale commerciale, ex art. 23 -ter del medesimo T.U. edilizia, con allegata nota del Comune del 1.04.2015 di trasmissione della dichiarazione al dirigente per la Ripartizione Tecnica, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza.
Ha evidenziato, con successiva memoria del 28.10.2015, che alcun potere inibitorio è stato esercitato dal Comune nei termini di legge, tanto da ritenere perfezionata la SCIA, con conseguente sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del presente giudizio.
9. All’udienza pubblica del 19.11.2015, la ricorrente ha ribadito il perfezionamento della SCIA, dichiarando il conseguente sopravvenuto difetto di interesse, mentre il Comune resistente ha riferito dell’esistenza di un parere contrario alla SCIA del 27.10.2015, non depositato attesa la tardività  e che la ricorrente ha dichiarato di non avere mai ricevuto. All’esito della discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
10. Preliminarmente, il Collegio rileva l’improcedibilità  per sopravvenuta carenza d’interesse, del ricorso principale, relativo all’impugnazione della nota prot. 10568, ricevuta in data 14.03.2014, con cui il Comune di Bisceglie ha comunicato il diniego di cambio di destinazione d’uso “da direzionale commerciale a servizio della pesca a direzionale commerciale, relativamente a piano rialzato”, in quanto l’amministrazione comunale resistente ha successivamente adottato la nota prot. 39529 del 6.11.2014, recante il provvedimento di riesame, in esecuzione dell’ordinanza n. 349/2014, pronunciata in sede cautelare da questa Sezione.
La lesione alla sfera giuridica della ricorrente deriva, pertanto, unicamente da tale nuovo provvedimento, oggetto di impugnativa con ricorso per motivi aggiunti.
Di tale atto va esclusa la natura meramente esecutiva dell’ordinanza cautelare.
Infatti, l’onere conformativo dell’ordinanza cautelare imponeva all’amministrazione solo di rideterminarsi in merito, senza incidere in alcun modo sulla discrezionalità  dell’esercizio del potere e senza imporre, per ciò, l’adozione di un atto di contenuto vincolato.
Di tale discrezionalità  ha fatto uso l’amministrazione rideterminandosi, in modo del tutto autonomo, in senso negativo.
Pertanto, il diniego successivamente intervenuto va considerato esecutivo dell’ordinanza sospensiva soltanto nella parte in cui riesamina l’istanza della società  ricorrente, mentre sfugge a tale qualificazione nella parte squisitamente decisionale che non risulta in alcun modo vincolata dai limiti conformativi dell’ordinanza sospensiva.
L’ente ha, in sostanza, adottato un atto confermativo in grado di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e, quindi, suscettibile di autonoma impugnazione (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, sent. n. 878 del 15.06.2015 e Cons. St., sez. IV, sentenza n. 758 del 12.2.2015) nonchè idoneo a superare l’interesse al ricorso principale (in quanto destinato a non venire meno al venir meno dell’ordinanza cautelare).
Deve, quindi, essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso avverso il provvedimento originariamente gravato, sostituito dal provvedimento di conferma.
11. Improcedibile è, altresì, il ricorso per motivi aggiunti atteso il perfezionamento della SCIA, presentata (prot. del Comune n. 11492 del 30.03.2015), ai sensi dell’art. 22 D.P.R. 380/2001, per cambio di destinazione d’uso all’interno della medesima categoria funzionale commerciale, come previsto dall’art. 23 ter DPR 380/2001.
Non risulta, infatti, che il Comune abbia esercitato il potere inibitorio nei termini di legge, nè che abbia smentito negli scritti difensivi (in particolare il riferimento è alla memoria depositata in data 19.10.2015, successivamente alla produzione in giudizio della SCIA), l’avvenuta presentazione della SCIA o l’abbia contestata in alcun modo, limitandosi il legale dell’ente locale, anche in udienza, al generico riferimento ad un presunto parere contrario del 27.10.2015. Tale documento, oltre a non essere mai stato depositato in giudizio, sarebbe comunque inidoneo a superare la SCIA, in quanto emesso oltre i limiti temporali per l’esercizio del potere di controllo di cui all’art. 19, comma 6-bis, L. n. 241/1990. E’ da osservare, inoltre, che il generico riferimento ad un non meglio definito “parere”, lo rende in ogni caso privo dei requisiti formali.
E’ da escludere, pertanto, che la SCIA in questione sia stato opposta dal Comune di Bisceglie e che quest’ultimo abbia agito eventualmente in sede di autotutela.
Deve, pertanto, ritenersi verificata una situazione del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della domanda giurisdizionale, che priva di qualsiasi utilità  la pronuncia giurisdizionale richiesta (Cons Stato, IV, 16 giugno 2011, n. 3662; 4 marzo 2011, n. 1413; sez. V, 10 settembre 2010, n. 6549; 13 luglio 2010, n. 6549). La società  ha conseguito, infatti, per effetto del perfezionamento della SCIA, proprio quel bene della vita di cui lamentava l’ingiustificata ed illegittima negazione da parte dell’impugnato diniego opposto dal Comune.
12. Nè può ritenersi ostativo alla intervenuta formazione della SCIA, presentata in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 23 -ter D.P.R. 380/2001, quanto sostenuto dal Comune nella memoria del 19.10.2015, nella quale si richiama il terzo comma della suindicata norma, nella parte in cui prevede che “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”, per affermare il carattere recessivo della normativa statale rispetto a quella regionale e comunale.
L’ente locale ritiene, in sostanza, che tale previsione vada intesa nel senso che le norme di pianificazione comunale possano introdurre limitazioni al cambio di destinazione all’interno della stessa categoria funzionale e che rispetto a tali previsioni la normativa statale abbia carattere recessivo.
In realtà , per un’interpretazione conforme alla ratio legis, occorre far riferimento all’intero art. 23 -ter, comma 3 che così dispone: “Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”.
 

Alle Regioni è stato, dunque, assegnato il termine di giorni novanta dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (12 novembre 2014), entro il quale adeguare la propria legislazione ai principi della legge statale.
Decorso tale termine, ossia dal 10 febbraio, l’art. 23-ter è divenuta norma di diretta applicazione con l’automatica sostituzione delle differenti normative regionali e delle normative dei piani urbanistici comunali. Tale adeguamento non è intervenuto da parte della Regione Puglia.
Al dato normativo, il Collegio ritiene di aggiungere un’ulteriore considerazione, rilevando come sia già  stato affermato che la disciplina sul mutamento della destinazione d’uso -da ultimo modificata dall’articolo 23-ter del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001) introdotto dal decreto Sblocca Italia (Dl 133/2014) – manifesta «evidenti risvolti sulla tutela della proprietà » (Cfr in tal senso Cons stato, Sez. IV, sent. n. 1444 del 19.03.2015).
Ne deriva, per la materia dell’ordinamento civile, (cui afferisce il diritto di proprietà ) che la potestà  legislativa è di esclusiva competenza statale, per cui le leggi approvate dal parlamento non possono essere disattese dalle regioni e, a maggior ragione, dai regolamenti locali come i piani regolatori, che, pertanto, non possono essere interpretate se non in senso conforme alla normativa statale e, ove necessario, in tal senso adeguate.
Dalla non modificabilità  in sede locale (se non nei limiti stabiliti dalla stessa norma statale) delle previsioni dell’articolo 23-ter consegue che, analogamente, deve essere disattesa l’interpretazione fornita dall’amministrazione delle N.T.A. del vigente PRG comunale (anch’essa ribadita nella memoria prodotta in data 19.10.2015) e, in particolare, delle previsioni riferite alla zona commerciale in quanto:
– costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso solo l’utilizzo dell’immobile che comporti l’assegnazione di una diversa categoria funzionale tra residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale, commerciale e rurale;
– il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.
Quanto alle prescrizioni grafiche contenute nelle planimetrie allegate al PRG, il Collegio richiama il principio costantemente affermato in giurisprudenza (Cons. St., sez. V, 22.8.2003, n. 4734; Cons. St., sez. IV, 10.8.2000, n. 4462; Cons. St., sez. IV, 5.6.1998, n. 917; Cons. St., sez. V, 21.6.1995, n. 724), secondo cui “qualora vi sia un contrasto tra le indicazioni grafiche del piano regolatore generale e le prescrizioni normative, siano queste ultime a prevalere, in quanto in sede di interpretazione degli strumenti urbanistici le risultanze grafiche possono solo chiarire e completare quanto è normativamente stabilito nel testo, ma non possono sovrapporsi o negare quanto risulta da questo” (Così, Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 2158 del 18.04.2013 e T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, sent. n. 83 del 15.01.2015). L’applicazione di tale principio, diversamente da quanto sostenuto dal Comune nella memoria del 19.10.2015, avrebbe agevolato l’azione amministrativa e le valutazioni sottese alla definizione del caso, in quanto il “chiarimento” fornito dalle menzionate planimetrie non può essere interpretato nel senso di rendere la specificazione contenuta all’interno della medesima categoria funzionale come idonea a crearne una nuova e diversa, rimanendo la “specificazione” comunque all’interno di quella commerciale.
Ne consegue l’inidoneità  della difesa del Comune ad avversare la pretesa della società  ricorrente, oggi soddisfatta con l’intervenuta formazione della SCIA, a cui si riconduce la nuova regolazione degli interessi in gioco, che non potrebbero, pertanto, trovare alcuna utilità  nella definizione del presente giudizio attraverso una pronuncia di merito.
13. Per le considerazioni esposte, al Collegio non resta che dare atto del sopravvenuto difetto di interesse e dichiarare l’improcedibilità  del ricorso ex art. 35 C.P.A.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del Comune tenuto conto delle vicende fattuali e processuali (soccombenza nella fase cautelare) che hanno caratterizzato la presente controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi principale e per motivi aggiunti, , come in epigrafe proposti, li dichiara entrambi improcedibili per le ragioni di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Bisceglie a rifondere le spese di giudizio in favore della società  ricorrente, che si liquidano in € 3.000,00 (euro tremila/00), comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A. e spese generali in misura massima.
Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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