Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Condono rilasciato sulla base di false dichiarazioni – Annullamento in autotutela – Comparazione degli interessi – Non occorre

Allorquando risulti comprovato che il condono edilizio sia stato rilasciato  in ragione di dichiarazioni non veritiere del richiedente in ordine alla rappresentazione dei luoghi, l’annullamento di ufficio del titolo edilizio non necessita di specifica motivazione in ordine alla comparazione tra interesse pubblico e privato, non potendo ravvisarsi un affidamento meritevole di tutela in capo al dichiarante.

N. 01568/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01649/2011 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1649 del 2011, proposto da: 
Nicola Cirrottola, rappresentato e difeso dagli avv. Fulvio Mastroviti e Silvio Giancaspro, con domicilio eletto presso Fulvio Mastroviti in Bari, Via Quintino Sella, n. 40; 

contro
Comune di Altamura, rappresentato e difeso dall’avv. Emilio Bonelli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R.Bari, in Piazza Massari, Bari; 

per l’annullamento
del provvedimento a firma del Dirigente del 3° Settore- Sviluppo e Governo del Territorio, Servizio edilizia privata, del Comune di Altamura prot n. 0028991 del 22.06.2011, comunicato successivamente, con cui si è disposto “l’annullamento in autotutela della Concessione Edilizia in sanatoria n. 1556/2C del 26.05.2004, con la quale si autorizzava, ai sensi della legge 23 dicembre 1994 n. 724, il cambio di destinazione da casa colonica ad attività  commerciale degli immobili realizzati in Altamura alla via Matera s.s. 99 c.s., ricadenti in zona S2/A di PRG, su area distinta in catasto al foglio 159, p.lla 1766 sub 1, per i quali rivive la originaria destinazione agricola”;
– di tutti gli atti presupposti, conseguenti e connessi al provvedimento impugnato, ancorchè non conosciuti, ivi compresa la relazione istruttoria prot. n. 66/2011/URB del 19.04.2011 e la determinazione dirigenziale prot. n.0020711 del 03.05.2011 avente ad oggetto “avvio del procedimento di annullamento in autotutela del Permesso di costruire n. 1556/2C del 26.05.2004, rilasciato a Cucchiarelli Sergio, per le opere abusive realizzate in Altamura alla via Matera S.S. 99”.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Altamura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Fulvio Mastroviti e Emilio Bonelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso, notificato il 13 settembre 2011 e depositato il successivo 21 settembre, il sig. Nicola Cirrottola ha esposto:
– di disporre, prima attraverso contratto di comodato, poi in qualità  di proprietario, di locali siti nell’agro di Altamura, identificati al catasto al fg. 159, p.lla n. 321 (attuale p.lla 1776, sub 1), adibiti ad esposizione e rivendita di autoveicoli usati;
– che il Comune di Altamura aveva rilasciato in data 26.05.2004 (a favore dell’allora proprietario sig. Sergio Cucchiarelli) il permesso di costruire in sanatoria (rectius: condono) n. 1556/2C, per il cambio di destinazione d’uso (da casa rurale ad attività  commerciale) dei suddetti immobili;
– che a distanza di circa sette anni dal rilascio del suddetto titolo (essendo intanto subentrato al sig. Cucchiarelli nella proprietà  dell’immobile), il Responsabile del Settore Sviluppo e Governo del Territorio, con nota prot. n. 0020711 del 03.05.2011, gli aveva comunicato l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento in autotutela dello stesso, in quanto dagli accertamenti medio tempore eseguiti a seguito di segnalazioni anonime, sarebbe emerso che lo stato dei luoghi è difforme da quello oggetto di concessione edilizia in sanatoria n. 1556/2C;
– che, all’esito dell’istruttoria, il Dirigente del Comune di Altamura, con provvedimento prot. n. 0028991 del 22.06.2011, aveva disposto l’annullamento in autotutela della Concessione edilizia in sanatoria n. 1556/2C del 26.05.2004.
Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato il suddetto provvedimento, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1. Violazione dell’art. 21 ocities L. 241/1990 ed eccesso di potere sotto vari profili.
2. Eccesso di potere per falsa presupposizione, travisamento delle risultanze procedimentali, contraddittorietà  e carenza di istruttoria.
3. Violazione dell’art. 21 nonies L, 241/1990 ed eccesso di potere sotto vari profili.
Il gravato provvedimento interviene sulla concessione in sanatoria, annullandola, in quanto:
a) essa legittima l’esistenza di superfici maggiori rispetto a quelle riferibili all’originaria ed attuale consistenza degli immobili;
b) il cambio di destinazione d’uso posto a fondamento della sanatoria non è, in realtà , mai avvenuto, come rilevato in corso di un sopralluogo effettuato dai tecnici comunali in data 02.03.2011.
Il ricorrente, con riferimento al punto a), nel rilevare che il condono ha avuto ad oggetto esclusivamente il cambio di destinazione d’uso, contesta la rilevanza dei dati sulle effettive misure dei volumi e superfici dell’immobile. Aggiunge che la sanatoria è del 2004 e che le dimensioni del fabbricato, riferite a tale momento, sarebbero successivamente mutate, per svariate ragioni, tanto che il Comune non avrebbe dovuto limitarsi ad asserire, senza dimostrarla, la difformità  di dimensioni tra le misure che il fabbricato aveva all’epoca del condono e quelle risultanti dall’atto di condono. Contesta anche lo sviluppo dei dati rilevati nel corso del sopralluogo del 2011, per come operato dall’amministrazione. Evidenzia, inoltre, che, nella relazione del 19.04.2011, i tecnici del Comune avrebbero espressamente ammesso di aver proceduto ad una parziale verifica dello stato dei luoghi, tanto che le conclusioni tratte, anche con riferimento al punto b), sarebbero inficiate da difetto di istruttoria. Le precarie condizioni dell’immobile, rilevate nel corso del sopralluogo del 2011, sarebbero state determinate da eventi successivi, che avrebbero imposto un ridimensionamento dell’attività  commerciale svolta, con conseguente abbandono e degrado di parte degli immobili. Afferma ancora che, qualora risultasse che, effettivamente, il provvedimento concesso in sanatoria abbia legittimato l’esistenza di immobili di dimensioni maggiori di quelli effettivamente esistenti, il provvedimento avrebbe potuto essere annullato parzialmente e non integralmente come avvenuto. Da ultimo, censura il gravato provvedimento anche per non aver in alcun modo motivato circa la sussistenza di ragioni di pubblico interesse, essendosi l’ente locale limitato a riportare una generica formula di stile sul punto.
In data 12 settembre 2012 si è costituito in giudizio il Comune di Altamura, contestando la fondatezza dell’avverso ricorso e chiedendone la reiezione.
In data 16 ottobre 2015, il ricorrente ha depositato una memoria per ribadire le proprie argomentazioni poste a fondamento del ricorso.
Il 19 e 28 ottobre 2015 il Comune di Altamura ha depositato memorie di replica.
Alla pubblica udienza del 19 novembre 2015, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è incentrato sull’impugnazione del provvedimento prot. n. 0028991 del 22.06.2011, con cui il Responsabile del Settore Sviluppo e Governo del Territorio del Comune di Altamura ha disposto l’annullamento in autotutela della Concessione edilizia in sanatoria n. 1556/2C del 26.05.2004 per il cambio di destinazione d’uso da agricolo a commerciale.
I motivi di ricorso articolati dal ricorrente risultano finalizzati a contrastare le argomentazioni utilizzate dal Comune di Altamura per giustificare il provvedimento adottato, nonchè ad evidenziare l’insussistenza dei presupposti per il corretto esercizio del potere di autotutela.
Specificamente, a quest’ultimo proposito, è dedotta la violazione dell’art. 21 nonies L. 241/1990, lamentandosi la mancata indicazione dell’interesse pubblico al ritiro (diverso dal mero ripristino della legalità  violata), necessaria per giustificare il sacrificio degli interessi del privato coinvolto e il superamento dell’affidamento da questi riposto nella legittimità  dell’atto, visto anche che avrebbe dovuto essere tenuto da conto il lasso di tempo trascorso dal rilascio della concessione edilizia in sanatoria oggetto di annullamento in autotutela.
Il ricorso è infondato.
Giova permettere, per una più agevole comprensione dei punti nodali della decisione nonchè delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione alla rimozione in autotutela, ciò che, in punto di fatto il sopralluogo e la documentazione fotografica hanno permesso di accertare.
Il ricorrente ha dichiarato, con l’istanza volta ad ottenere il condono, di aver realizzato dei lavori strutturali su di un vecchio immobile (praticamente in rovina) che lo avrebbero trasformato in un edificio (ristrutturato e ampliato) destinato ad esposizione e rivendita di autoveicoli usati.
Senonchè, come bene si comprende dalla semplice visione del materiale fotografico versato in atti, di tali lavori, al momento del sopralluogo, non vi era traccia alcuna: l’edificio si presentava ancora in rovina e privo di tutte quelle opere che erano state denunciate come realizzate con l’istanza di condono.
Nel caso in esame, dunque, a seguito del sopralluogo esperito in data 2.03.2011, è emersa la difformità  dello stato dei luoghi rispetto alla concessione edilizia in sanatoria, riferita all’esistenza di superfici e cubatura maggiori rispetto a quelle del fabbricato esistente. Inoltre, lo stato dei luoghi riscontrato è stato tale da far escludere che sia mai effettivamente avvenuto il cambio di destinazione d’uso da attività  “agricola” a “commerciale”, a cui era stata finalizzata l’istanza di condono.
Tanto ha indotto l’amministrazione a rimuovere in autotutela il titolo di condono rilasciato, avendo riscontrato che gli abusi condonati non erano stati in realtà  mai realizzati.
In altri termini, ed in questo si sostanzia il punto nodale dell’intera vicenda, l’istante si è precostituito un titolo per opere ancora da realizzarsi.
Tanto premesso in punto di fatto, in punto di diritto dirimente è la considerazione secondo cui, in materia di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi, nei casi in cui l’operato dell’amministrazione sia stato fuorviato dalla erronea o falsa rappresentazione dei luoghi non occorre una specifica ed espressa motivazione in ordine alla comparazione tra interesse privato e interesse pubblico, che va individuato nell’interesse della collettività  al rispetto della disciplina urbanistica.Infatti,secondo i condivisibili principi elaborati dalla giurisprudenza in materia, la”comparazione tra interesse pubblico e quello privato è necessaria nel caso in cui l’esercizio dell’autotutela discenda da errori di valutazione dovuti all’amministrazione, non già  quando lo stesso è dovuto a comportamenti del soggetto privato che hanno indotto in errore l’autorità  amministrativa” (TAR Toscana, Sez. III, n. 825, del 27 maggio 2015 e Cons. Stato, V, n. 5691/2012).
Nè, può ammettersi l’esistenza di un affidamento del privato legittimamente tutelabile, atteso che , per come ricostruita la vicenda in fatto, è evidente che gli abusi non sono stati mai realizzati e che tale circostanza era a lui ben nota. Tanto esclude la possibilità  di tutela dell’affidamento (Cons. Stato,. Sez. VI, 11 maggio 2011, n. 2751; 5 aprile 2012, n. 2038; 28 gennaio 2013, n. 496).
La minore consistenza degli immobili esistenti rispetto a quella indicata nei grafici allegati alla domanda di sanatoria conferma che l’amministrazione sia stata fuorviata dall’erronea rappresentazione dei luoghi.
Quanto ai requisiti per il mutamento di destinazione d’uso, come evidenziato dalla difesa del Comune intimato, occorre rilevare che la normativa sul condono edilizio, ha collegato il termine temporale di ammissibilità  della sanatoria alla nozione di completamento funzionale. Ne deriva che presupposto della sanatoria, in caso di mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato, è che quest’ultimo sia stato funzionalmente completato entro la data prevista dalla normativa che regola la sanatoria, ossia che entro tale data, pur se le attività  costruttive siano ancora in corso, il fabbricato sia comunque già  fornito delle opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito, cioè di opere del tutto incompatibili con l’originaria destinazione d’uso.
Dai rilievi fotografici effettuati nel corso del sopralluogo emerge l’assenza di finiture ed impianti idonei a far ritenere avvenuto il cambio di destinazione d’uso.
Le risultanze della verifica dello stato dei luoghi sono tali che rendono vano il tentativo del ricorrente di ricondurle solo a fatti sopravvenuti e, dunque, successivi alla concessione in sanatoria. La documentazione versata in atti e, in particolare, i rilievi fotografici evidenziano immobili di tipo rurale in evidente stato di degrado, in alcun modo riconducibili allo svolgimento di attività  direzionali/commerciali. Del resto nessuna prova contraria è stata fornita dal ricorrente a sostegno della tesi prospettata, limitandosi costui ad ammettere, piuttosto, la diversa consistenza degli immobili rispetto a quanto ha costituito oggetto di concessione in sanatoria, al fine di ipotizzare un annullamento parziale della medesima.
Ne consegue che, anche nel caso in esame, l’errata rappresentazione delle circostanze di fatto e di diritto poste alla base della concessione edilizia, che diversamente non sarebbe stata rilasciata, costituisce da sola ragione sufficiente per giustificare un provvedimento di annullamento di ufficio della concessione medesima, tanto da potersi prescindere dal contemperamento dell’interesse privato con un interesse pubblico attuale e concreto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2012, n. 3150; sez. IV, n. 6554 del 24.12.2008).
Per tutto quanto esposto il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore del Comune di Altamura, liquidate in complessivi € 3.000,00 (euro treemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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