1.Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Pianificazione – Piano paesaggistico – D.Lgs. 42/2004 – Prevalenza sugli altri strumenti urbanistici


2.Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Vincolo – Area deturpata – Permanenza della tutela vincolistica – Ragioni


3.  Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Pianificazione – Putt – Territori costruiti – Autorizzazione paesaggistica – Necessità  – Ragioni

1. Le disposizioni del codice del paesaggio, approvato con il D.Lgs. n. 42 del 2004, prevedano l’assoluta prevalenza del piano paesaggistico sugli altri strumenti di regolazione del territorio, avendo il medesimo piano la funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela, che non può essere subordinata a scelte di tipo urbanistico, anche di tipo premiale, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale.


2. Una zona non può essere esclusa dalla tutela paesaggistica per il solo fatto che il vincolo stesso è stato in passato violato e la zona deturpata, ed anzi è prevalente per queste aree l’esigenza di maggior rigore, onde prevenire ulteriori danni al paesaggio e salvaguardare il pregio ambientale che ancora residua.


3. Alla luce del principio della cogestione tra Stato e Regione dei valori paesaggistici, la funzione che deve essere attribuita al PUTT (e, quindi, al PPTR Puglia) è quella di stabilire direttive di tutela per i territori interessati da vincoli, cosicchè, le norme del PUTT debbono essere intese nel senso che, per gli interventi su territori costruiti che incidano in modo significativo sui beni tutelati ex lege (come i territori costieri tutelati fin dal 1985 ed oggi disciplinati dall’art. 142 del D.Lgs 142/04), continua ad essere operante l’obbligatorietà  della previa autorizzazione paesaggistica (laddove non ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 142 comma 2).       

N. 01570/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00151/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 151 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Rossana Casalino ed Angela Casalino, rappresentate e difese dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Vito Aurelio Pappalepore in Bari, Via Pizzoli, n. 8; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara Lonero Baldassarra, con domicilio eletto presso Chiara Lonero Baldassarra in Bari, Via Principe Amedeo, n. 26;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, per le Province di Bari, Foggia – Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale delle Stato di Bari, domiciliataria inBari, Via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
– della nota della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari prot. n. 263040 del 22.11.2013, successivamente pervenuta, avente ad oggetto la pratica di permesso di costruire n. 330/2012 con la quale si comunica che, con l’adozione del PPTR in data 2/08/2013, sono entrate in vigore le misure di salvaguardia (art. 105 delle NRA del PPTR) per le quali l’area in oggetto di intervento è assoggettata a tutela in quanto bene paesaggistico, così subordinando il rilascio del titolo edilizio a procedura di autorizzazione paesaggistica;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto, lesivo degli interessi delle ricorrenti.
Con motivi aggiunti del 15.03.2014
per l’annullamento
– della nota della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari prot. n. 56289 del 3.3.2014;
Con secondi motivi aggiunti del 30 marzo 2015
per l’annullamento, previa sospensiva:
– della nota della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari prot. n. 25776 del 3.2.2015 e del correlato provvedimento di diniego dell’autorizzazione paesaggistica AP 22/2014, reso in conformità  al parere vincolante della Soprintendenza;
– della nota prot. n. 641 del 19.1.2015 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Provincia di Bari con la quale è stato espresso parere paesaggistico negativo, nonchè della nota prot. n. 17146 del 23.12.20 14 di preavviso di parere contrario ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/90;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto, lesivo degli interessi delle ricorrenti.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari, della Soprintendenza per Beni Architettonici e Paesaggistici, per le Province di Bari, Foggia – del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Vito Aurelio Pappalepore, Chiara Lonero Baldassarra e Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
1. Le ricorrenti riferiscono di essere rispettivamente usufruttuaria e nuda proprietaria di un suolo edificabile, sito in S. Spirito, alla Via Giancaspro, ricadente nei lotti G-H del Piano di Lottizzazione n. 125 in S. Spirito, area di espansione C3 compresa tra Via Napoli – Capitano Pansini e Lungomare Colombo.
In data 25.10.2012, hanno presentato istanza di permesso di costruire per la realizzazione di tre unità  immobiliari, dopo che il Comune di Bari, con delibera n. 707 del 14.11.2011, ha approvato il relativo Piano di Lottizzazione.
Nel corso dell’istruttoria, alle ricorrenti veniva richiesta documentazione integrativa dell’istanza. Successivamente il Comune di Bari, in data 25.09.2013, ha comunicato gli oneri di costruzione e, in data 22.11.2013, ha evidenziato la necessità  di preventiva autorizzazione paesaggistica, per il completamento della pratica.
La richiesta veniva motivata con il riferimento all’entrata in vigore del PPTR, avvenuta in data 02.08.2013, e alle relative norme di salvaguardia delle NTA del PPTR.
Alla richiesta di rimozione della predetta nota del 22.11.2013 da parte delle sig.re Casalino, non è seguito riscontro da parte del Comune.
2. Le medesime, pertanto, con atto notificato il 31.01.2014, a tale atto opponevano i seguenti motivi di ricorso:
¢ Violazione e mancata applicazione dell’art. 142, comma 2 lett. b) D.Lgs 42/2004; violazione ed erronea applicazione dell’art. 3 L.R. Puglia n. 6/1985; violazione art. 2.01 delle NTA del PPTR Puglia; violazione della novella PPTR, di cui alla deliberazione n. 1810 del 1.10.2013; violazione art. 1, comma 2 ed art. 3 della Legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere, erronea presupposizione, illogicità  manifesta, travisamento, carente ed erronea istruttoria, motivazione generica e lacunosa. Sviamento.
3. Il Comune si è costituito in giudizio il 18.03.2014, sostenendo che “il provvedimento impugnato costituisce la necessaria valutazione della tutela del paesaggio -territorio costiero- comparato al corretto sviluppo urbanistico del territorio, frutto di puntuale ed esaustiva istruttoria della pratica edilizia”. L’ente locale, con nota prot. 56289 del 03.03.2014, ha ribadito la richiesta di preventiva autorizzazione paesaggistica al fine del rilascio del permesso di costruire, richiamando l’art. 106 comma 6 delle NTA del PPTR e l’art. 142 comma 2, lett. b) del D.Lgs 42/2004 e s.m.i, per negare l’operatività  della casistica di esclusione, come evidenziato nella nota del 14.03.2014 versata in atti.
Le ricorrenti, con memoria del 15.03.2014, hanno impugnato anche la nota del 3.03.2014 per la rilevanza che può assumere sul sviluppo del ricorso pendente.
4. All’udienza camerale del 2.04.2014, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, le parti hanno chiesto la cancellazione dalla causa dal ruolo, essendo in corso la trattativa per un bonario componimento del contenzioso.
5. Con ricorso per ulteriori motivi aggiunti, depositato in data 30.03.2015, le ricorrenti hanno impugnato la nota della Ripartizione urbanistica ed edilizia privata del Comune di Bari, prot. n. 25776 del 3.02.2015 e il correlato provvedimento di diniego dell’autorizzazione paesaggistica AP/22/2014, unitamente al parere paesaggistico negativo della Soprintendenza del 19.01.2015.
6. In data 1.04.2015 si sono costituiti in giudizio anche il Ministero delle Attività  Culturali e del Turismo e la Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici e Paesaggistici.
Con ordinanza n. 255 del 23.04.2015 si è dato atto della rinuncia all’istanza cautelare sui motivi aggiunti, essendo stata fissata l’udienza pubblica di trattazione del merito.
Le parti hanno successivamente depositato i documenti e memorie in cui hanno ribadite le contrapposte posizioni.
7. All’udienza pubblica del 19.11.2015, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. La vicenda per cui è causa è relativa agli atti conseguenti all’approvazione di un Piano di lottizzazione, riferito ad un suolo sito in S. Spirito, alla via Giancaspro, nel Comune di Bari.
L’area in questione è tipizzata dal P.R.G. come zona ad “espansione C/3”, inserita in una maglia di
PRG già  edificata, all’interno dei territori costieri, nella fascia di profondità  pari a 300 m dalla linea di battigia.
Le ricorrenti, in qualità  di nuda proprietaria ed usufruttuaria del suolo in questione, hanno presentato istanza di permesso di costruire per la realizzazione di tre unità  immobiliari residenziali all’interno dei lotti G-H del Piano di lottizzazione.
Il Comune di Bari, ritenendo l’area assoggetta a tutela paesaggistica, ai sensi dell’art. 105 e 106 delle NTA del PPTR, norme relative alle misure di salvaguardia entrate in vigore il 2.08.2013, ha comunicato la necessità  di acquisizione del parere paesaggistico.
9. Le ricorrenti hanno gravato la relativa nota, con il ricorso principale.
Successivamente, pur ritenendo non dovuta l’autorizzazione paesaggistica, hanno presentato la relativa istanza, a cui il Comune, previo parere negativo della Soprintendenza, opponeva il diniego di autorizzazione paesaggistica, con nota del 3.02.2015.
10. Tali atti sono stati impugnati con motivi aggiunti.
11. Le doglianze delle ricorrenti si fondano su una serie di motivi volti a sostenere essenzialmente che l’area di intervento non sarebbe sottoposta alla preventiva autorizzazione paesaggistica, oltre che sulla presunta violazione delle norme procedimentali, con riferimento specifico al difetto di istruttoria e di motivazione.
Esse sostengono che, trattandosi di lottizzazione di area di espansione C/3, inserita in una maglia di PRG già  edificata, con un rapporto superiore ai 2/3, come stabilito dalla Delibera C.C. n. 490/1990 di approvazione del relativo Piano di Lottizzazione n. 154, “è possibile il rilascio delle concessioni edilizie”.
Più specificamente, alla fattispecie sarebbe applicabile la disciplina derogatoria di cui all’art. 3 della L.R. 6/1985, estesa anche alle Zone C, sia per quanto riguarda la non necessaria inclusione nelle aree del P.P.A, sia per quanto attiene l’esenzione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 1 comma 2 L. 431/1985 (Legge Galasso), il cui contenuto si rinviene oggi nell’art. 142, comma 2, lett. b) del D.Lgs 42/2004.
Rilevano che anche il Dirigente del Comune, con il parere del 23.06.2011 allegato alla delibera n. 707 di approvazione del Piano di lottizzazione, avrebbe ritenuto operante l’esclusione in considerazione di una situazione edificatoria consolidata da tempo.
Insistono per tale esclusione, ritenendola conforme sia alla normativa regionale, ivi compresa la norma di salvaguardia di cui all’art. 106 NTA del PPTR, che richiama espressamente i territori costruiti di cui all’art. 1.03 co. 5 e 6 delle NTA del PUTT/P, che a quella nazionale di cui all’art. 142 comma 2, lett. b) sopra menzionato.
12. Le amministrazioni resistenti escludono, invece, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime derogatorio dell’assoggettamento dell’area in questione al vincolo paesaggistico. In particolare, sostengono che tale vincolo derivi, come evidenziato nella relazione del dirigente del Comune di Bari del 17.03.2014, dal non essere l’area in questione inserita nel primo P.P.A. di durata quinquennale, compreso nel periodo dal 29.12.1980 al 29.12.1985.
13. Il Collegio rileva l’infondatezza delle censure delle ricorrenti tese ad escludere l’assoggettamento dell’intervento per cui è causa ad autorizzazione paesaggistica.
Occorre preliminarmente chiarire i rapporti tra normativa statale, con riferimento alla disciplina di cui al D. Lgs 42/2004 e quella regionale e locale.
Con il Codice di cui al D.Lgs. 42/2004, la pianificazione del territorio ha assunto una funzione centrale nella definizione di indirizzi e criteri di tutela, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio.
Sulla rilevanza del suddetto Codice, il Collegio richiama quanto già  affermato in precedente pronuncia, nella quale si è evidenziato che “secondo la giurisprudenza, compresa anche quella costituzionale, la disciplina unitaria di tutela del bene ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni e dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l’utilizzazione dell’ambiente e, quindi, altri interessi” (Corte Cost., 18 aprile 2008, n. 108; Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2011, n. 371; IV, 5 luglio 2010, n. 4244; VI, 10 settembre 2009, n. 5459). “In tale contesto è indubbio che le disposizioni del Codice del paesaggio, approvato con il D.Lgs. n. 42 del 2004, prevedano l’assoluta prevalenza del Piano paesaggistico sugli altri strumenti di regolazione del territorio, avendo il medesimo Piano la funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela, che non può essere subordinata a scelte di tipo urbanistico, anche di tipo premiale, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale” (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. 665 del 04.06.2014 e T.A.R. Campania Napoli n. 5641/2013 del 10 ottobre 2013).
La normativa statale ha potenziato il sistema dei vincoli, nel senso che gli stessi non si risolvono più nella mera individuazione (anche mediante perimetrazione) di un’area in cui è genericamente vietato apportare modifiche allo stato dei luoghi, senza il preventivo nulla osta dell’autorità  competente, ma divengono il primo momento di disciplina dell’uso antropico del territorio, compatibile con il notevole interesse paesaggistico sul quale è fondata la tutela.
Corollario delle esposte considerazioni è che l’area oggetto di intervento è in ogni caso soggetta alle prescrizioni del D.Lgs. 42/2004 e, in particolare, a quella di cui all’art. 142 che, tra le aree tutelate per legge, e, dunque, assoggettate a vincolo paesaggistico, inserisce “i territori costieri compresi in una fascia della profondità  di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”, così come rilevato anche dalla difesa del Comune. Com’è stato chiarito dalla giurisprudenza il vincolo “ope legis” impone, per la modificabilità  dell’area, il necessario espletamento della preventiva procedura di autorizzazione da parte dell’Autorità  competente.
L’art. 142 del D.Lgs 42/2004 è disposizione inderogabile adottata dallo Stato nell’ambito della legislazione di competenza esclusiva, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Ne deriva che i beni sottoposti a vincolo dalla normativa statale, siano obbligatoriamente soggetti a tutela anche nei piani regionali, i quali possono individuarne in concreto le forme, secondo i contenuti dell’art. 143, “senza però giungere ad escludere la necessità  dell’autorizzazione che di tale tutela è il momento ineludibile” (Cons. Stato, sez. VI, n. 2381, del 27 aprile 2006).
Nel caso in esame gli interventi oggetto del permesso di costruire ricadono all’interno dei territori costieri compresi in una fascia della profondità  di 300 metri dalla linea di battigia. Tale dato è incontestato e del resto la valenza paesaggistica di queste aree è stata riconosciuta a livello normativo già  con il D.L. 312/21985 conv. in L. 431/1985.
L’art. 142, comma 1 lett. a), per questo tipo di territori, ha confermato il regime di tutela paesaggistica.
Le ricorrenti, nel ricorso principale, da un lato, ritengono che, essendo l’area inserita in tessuto edificato, la trasformazione ed edificazione della medesima non sarebbe soggetta a limiti paesaggistici, tanto da non ritenere necessaria neppure l’inclusione delle relative aree del PPA, richiamando a supporto la normativa regionale antecedente al codice del 2004 e quanto previsto dalla Delibera di adozione del relativo Piano di Lottizzazione n. 490/1990.
Subito dopo ammettono, esse stesse, che sia necessario procedere ad “una lettura sistematica delle norme poste a tutela del paesaggio”, riconoscendo in sostanza che la normativa invocata e gli atti delle amministrazioni richiamati e ritenuti ad essa conforme sono stati superati dalla disciplina successiva, ivi compresa quella posta a tutela dei territori costieri, alla cui osservanza le amministrazioni sono tenute.
Le ricorrenti invocano, per questo, l’applicazione dell’eccezione di cui all’art. 142 comma 2 lett. b) D.Lgs. 42/2004, – riferita anche alla previsione di cui all’art. 142 comma 1 lett. a) – ai sensi del quale sono esentati dal procedimento di autorizzazione paesaggistica, gli interventi localizzati in aree diverse dalle zone omogenee A e B, che alla data del 6 settembre 1985 erano inserite in Piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate.
Tuttavia, stabilita la prevalenza della normativa statale di riferimento, la tesi prospettata dalle ricorrenti non può trovare accoglimento: come sostenuto dalle amministrazioni resistenti, l’area oggetto del Piano di Lottizzazione in questione non può ritenersi esentata dal procedimento di autorizzazione paesaggistica in quanto, sebbene ricadente nei territori costruiti, è collocato in Zona omogenea di tipo C, ma non era inserita nel primo P.P.A. (approvato con Deliberazione n. 959 del 4.8.1980, con durata quinquennale dal 29.12.1980 al 29.12.1985) alla data del 6 settembre 1985, come, invece, richiesto dall’art. 142 comma 2 lett. b) del D. Lgs 42/2004, ai fini dell’esclusione dell’area dal vincolo.
A tali dirimenti osservazioni, occorre aggiungere che con l’esistenza del vincolo paesaggistico non contrasta nemmeno la normativa regionale. Il riferimento è, in particolare, alle norme del PUTT/p richiamate dalle norme di salvaguardia di cui agli artt. 105 e 106 delle NTA del nuovo PUTT adottato in data 2.08.2013 (la cui approvazione è poi avvenuta con Delibera G.R. n. 176 del 16.02.2015).
Sull’assoggettabilità  a vincolo dei territori costruiti e della disciplina desumibile dalle norme dei Piani paesaggistici regionali antecedenti al Codice del 2004, era stata fornita l’interpretazione secondo cui la circostanza che l’area di intervento ricada nella perimetrazione dei “territori costruiti” e sia inclusa in una zona urbanizzata non è comunque incompatibile con l’esistenza del vincolo. Si è, infatti, sostenuto che una zona non può essere esclusa dalla tutela paesaggistica per il solo fatto che il vincolo stesso è stato in passato violato e la zona deturpata. La giurisprudenza ha ritenuto prevalente per queste aree l’esigenza di maggior rigore, onde prevenire ulteriori danni al paesaggio e salvaguardare il pregio ambientale che ancora residua (Tar Puglia, Lecce, Sez I, sent. n. 490 del 24 gennaio 2006; Consiglio di Stato, VI Sezione, 4 Febbraio 2002 n° 657).
Il fatto che le misure di salvaguardia applicabili fino all’approvazione definitiva del PPTR prevedano l’applicazione del PUTT/p, non può , pertanto, essere inteso in senso ostativo all’applicazione del vincolo paesaggistico.
Più specificamente il regime applicabile è quello di cui all’art. 106 comma 6 delle NTA, come modificato con DGR n. 2022 del 29.10.2013, ai sensi del quale “nei territori costruiti di cui all’art. 1.03 co. 5 e 6 delle NTA del PUTT/P, trovano applicazione esclusivamente gli Obiettivi di qualità  paesaggistica e territoriale del relativo Ambito paesaggistico interessato, nonchè le linee guida indicate all’art. 79, co 1.3”, come riconosciuto espressamente anche dalla Soprintendenza nell’atto gravato.
Il Collegio, del resto, non ignora l’esistenza di una tesi minoritaria, ormai pacificamente superata, ai sensi della quale gli artt. 1.03 e 5.02 del PUTT indurrebbero a ritenere gli interventi sui territori costruiti esentati dall’autorizzazione paesaggistica, in quanto essa sarebbe rimasta per i soli beni oggetto di dichiarazione di naturale interesse pubblico, e non già  per quelli tutelati per legge, come lo sono i territori costieri compresi in una fascia della profondità  di 300 metri dalla linea di battigia.
Tuttavia, alla luce del principio della cogestione tra Stato e Regione dei valori paesaggistici, la funzione che deve essere attribuita al PUTT è quella di stabilire direttive di tutela per i territori interessati da vincoli. Cosicchè, le norme del PUTT debbono essere intese nel senso che, per gli interventi su territori costruiti che incidano in modo significativo sui beni tutelati ex lege (come i territori costieri tutelati fin dal 1985 ed oggi disciplinati dall’art. 142 del D.Lgs 142/04) continua ad essere operante l’obbligatorietà  della previa autorizzazione paesaggistica, laddove non ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 142 comma 2.
Come sopra ricordato, infatti, i meccanismi di protezione dei valori paesaggistici previsti dalla normativa statale non possono essere condizionati dalla disciplina contenuta in uno strumento normativo di rango secondario nella gerarchia delle fonti, come è il PUTT. Ne consegue che le norme del PUTT/p hanno solo l’effetto di rendere comunque obbligatorio il nulla osta paesaggistico per l’esecuzione di opere trasformative di beni od aree che, pur ricadendo nei “territori costruiti”, ricevono tutela diretta dallo Stato.
Da tutto quanto esposto deriva l’infondatezza dei motivi di ricorso principale, come integrato dai motivi aggiunti, riferiti alla rivendicazione dell’esclusione dell’applicazione del regime di autorizzazione paesaggistica del progetto edificatorio sull’area per cui è causa.
14. Quanto ai motivi aggiunti riferiti al parere paesaggistico negativo della Soprintendenza, le ricorrenti ne hanno evidenziato l’illegittimità  in quanto il progetto, positivamente valutato in sede di redazione della scheda istruttoria tecnico urbanistica, per la valutazione della compatibilità  paesistica e dalla commissione per il paesaggio, seppure con delle prescrizioni riferite alla identificazione e localizzazione delle specie arboree, è stato invece oggetto di parere negativo da parte della Soprintendenza.
Anche tali doglianze sono infondate.
Le ricorrenti a sostegno della illegittimità  del parere della Soprintendenza pongono il vaglio favorevole dell’intervento progettato sia del Comune che della Commissione sotto il profilo urbanistico ed edilizio.
A riguardo il Collegio osserva che il parametro normativo di riferimento per la valutazione della Soprintendenza non va individuato nella disciplina urbanistico-edilizia, ma nella specifica disciplina del vincolo paesistico.
Ne deriva che l’apprezzamento dell’organo periferico del Ministero – proprio perchè formulato in relazione alla compatibilità  paesaggistica dell’intervento – risulta condotto alla stregua del corretto parametro normativo di riferimento.
Il giudizio espresso, inoltre, non mette in luce profili di incoerenza e di illogicità  di tale evidenza da far emergere l’inattendibilità  della valutazione tecnico-discrezionale compiuta, ma risulta congruo rispetto ai parametri di discrezionalità  tecnica cui deve presiedere una valutazione paesaggistica.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso anche in precedenti pronunce dalla Sezione, le valutazioni espresse dalla Soprintendenza sulla compatibilità  paesaggistica degli interventi edilizi in aree vincolate sono espressione di discrezionalità  tecnica, non sindacabile in sede di legittimità  se non per i profili di eccesso di potere ovvero per travisamento dei fatti, illogicità  manifesta e difetto di motivazione (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. 665 del 04.06.2014; da ultimo, Cons Stato, Sez. VI, sent. 5327 del 24.11.2015; cfr. anche ex multis Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2015, n. 4747; Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2011 n. 5227).
La Soprintendenza, come ammesso anche dalle ricorrenti, riconosce che sull’area oggetto dell’intervento trovano applicazione “solo gli obiettivi di qualità  paesaggistica”della Scheda ambito “Puglia Centrale” e le Linee Guida di cui all’rt. 79 comma 1.3 delle NTA del PTTR. Essa, in fatti, ha espresso le proprie valutazioni richiamando proprio gli indirizzi operativi delle Linee Guida.
Nel caso in esame, non è dato rilevare alcun deficit motivazionale, avendo l’Autorità  competente indicato le ragioni ostative al provvedimento favorevole, sia nel preavviso di parere contrario del 23.12.2014, che nel parere definitivo del 19.01.2015, facendo esplicito riferimento alle osservazioni delle ricorrenti del 07.01.2015.
Trattandosi di territorio costiero, per questo sottoposto a vincolo ai sensi del D.Lgs. 42/2004, il parere tiene conto degli effetti dell’intervento richiesto dalle ricorrenti, evidenziando la quasi completa saturazione del lotto in termini di trasformazione edilizia, a detrimento del paesaggio della fascia costiera.
La Soprintendenza riconduce la possibilità  di accoglimento di una diversa soluzione progettuale che limiti “le trasformazioni previste in termini edificatori e di scavo” e che preveda, all’interno del lotto, una maggiore frammentazione in termini ecologici degli spazi. Tali elementi già  richiamati nelle valutazioni dell’Ufficio Tecnico comunale e dalla Commissione Locale per il paesaggio, sono divenute condizioni di ammissibilità  dell’intervento come espressamente esplicitato nel provvedimento della Soprintendenza.
In proposito giova, peraltro, osservare che il parere istruttorio del Comune subordina la compatibilità  dell’intervento a specifiche condizioni, fatte proprie dalla Commissione Locale, che non sono riferite solo alla identificazione e localizzazione delle specie arboree.
Ne consegue, pertanto, anche l’infondatezza delle censure di difetto di valutazione della proposta favorevole della Commissione locale per il paesaggio.
Il parere, peraltro, non esclude in radice la possibilità  di un intervento edificatorio e tiene conto delle osservazioni presentate.
15. Dall’infondatezza del gravame avverso il parere della Soprintendenza deriva anche quella del conseguente provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica del Comune di Bari del 3.02.2015.
16. Per tutti i profili sopra esaminati, il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, deve essere respinto.
17. Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, principale e per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna le ricorrenti in solido alla refusione delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre IVA, CAP e spese generali in misura massima, da ripartirsi in parti uguali (euro 1.500,00 ciascuno) tra Comune di Bari e Ministero per i Beni e le Attività  Culturali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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