1. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Pianificazione di dettaglio – Necessità  – Ragioni.


2. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Pianificazione di dettaglio – Pianificazione esecutiva in zone urbanizzate – Necessità  – Ragioni.


3. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Pianificazione di dettaglio –  Pianificazione esecutiva in caso di mutamento di destinazione d’uso – Necessità  – Ragioni.
 
4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Incidenza sul carico urbanistico – Valutazione – Criteri

1. L’imposizione, ad opera dello strumento urbanistico sovraordinato, dell’emanazione di una disciplina di dettaglio, propedeutica al rilascio di titoli abilitativi edilizi ed alle conseguenti attività  di trasformazione del territorio, riflette una direttiva generale dell’ordinamento, emergente dagli artt. 13 ss. della l. n. 1150/1942 e 9, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 e recepita dagli artt. 15 e ss. L.R. 20/2001, in quanto soltanto attraverso l’intermediazione della pianificazione esecutiva è assicurata quell’adeguatezza e quella proporzionalità  delle infrastrutture rispetto all’aggregato urbano formatosi, la quale è idonea a soddisfare le esigenze della collettività , in misura pari agli standards urbanistici minimi prescritti.
 
2. Non è sufficiente un qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già  verificatisi, essendo la pianificazione dell’urbanizzazione doverosa fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già  compromesse o edificate.
 
3. In presenza di una normativa tecnica che imponga la redazione di uno strumento urbanistico attuativo prodromico al rilascio del titolo edilizio, detta prescrizione deve essere rispettata anche  nell’ipotesi di “mero” mutamento di destinazione d’uso senza opere, in quanto il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato da industriale/artigianale a commerciale, pur attuato senza realizzazione di nuove opere, comporta un diverso carico urbanistico, derivante appunto dall’insediamento di una attività  di carattere commerciale al posto di una attività  di tipo artigianale.
 
4. L’incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata con riferimento all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera, ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione dell’originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o all’effettiva utilizzazione, tale da determinare un mutamento dell’insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione, con particolare riferimento agli standard fissati dal d.m. 2 aprile 1968 n. 1444.

N. 01595/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01016/2012 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1016 del 2012, proposto da: 
Ma.Vi. Immobiliare s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. S. Profeta, presso il cui studio elett.te domicilia in Barialla via Cognetti n. 25 (come da memoria del 28/4/14 di costituzione in sostituzione dell’originario difensore); 

contro
Comune di Altamura, rappresentato e difeso dall’ Avv. Emilio Bonelli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, p. za Massari; 

per l’annullamento
del provvedimento del 29/3/2012 a firma del dirigente del III Settore Sviluppo e Governo del Territorio del Comune di Altamura, recante parere negativo sulla richiesta di cambio di destinazione d’uso, nonchè di ogni provvedimento connesso e/o consequenziale e dei preordinati pareri;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Altamura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Saverio Profeta e Emilio Bonelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame la società  ricorrente ha impugnato il parere negativo espresso dal dirigente del Settore Sviluppo e Governo del Territorio del Comune di Altamura in relazione al progetto per il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato attualmente destinato ad attività  artigianale.
La ricorrente ha premesso che l’immobile interessato all’intervento ricade quasi totalmente in zona C1 (zona di espansione) e in piccola parte in zona D3 (zona direzionale, amministrativa e commerciale), regolate dagli artt. 14 e 20 delle norme tecniche di attuazione al piano regolatore.
L’edificio (già  oggetto di concessione edilizia in sanatoria rilasciata in data 23.9.2005 ed attualmente destinato ad attività  artigianale) sarebbe “trasformato” in esercizio commerciale dell’estensione di mq. 784,47 con annessi locali deposito per mq. 455,10. Il mutamento di destinazione d’uso progettato consentirebbe di adeguarlo alle destinazioni attualmente previste dal PRG per le aree C1 e D3; in particolare, tra le destinazioni consentite nell’area C1 (individuate per mezzo del richiamo all’art. 8 delle NTA, riguardante le zone residenziali) vi sono proprio negozi ed esercizi pubblici.
Il gravato parere negativo si fonda sulla necessità  della preventiva approvazione dello strumento urbanistico esecutivo prescritto per entrambe le zone, sul contrasto dell’intervento con gli artt. 14 e 20 delle NTA e sulla necessità  dell’adeguamento delle trasformazioni alle disposizioni delle NTA.
La ricorrente deduce a sostegno del gravame che .
– nella zona C1 è possibile la realizzazione di abitazioni e di “servizi connessi” (ex art. 8 NTA richiamato dall’art. 14), tra cui rientrano, pacificamente, le attività  commerciali;
– l’intervento non determinerebbe alcun aggravio del carico urbanistico, essendo la volumetria dell’edificio già  considerata nel PRG;
– il piano del commercio di Altamura prevede la localizzazione in area di strutture commerciali delle dimensioni di quella in esame;
– il cambio di destinazione sarebbe in linea con quanto disposto dall’art. 51 co.2 NTA (“Gli edifici esistenti in contrasto con la destinazione di zona potranno subire trasformazioni soltanto per adeguarsi alle presenti norme”);
– lo strumento attuativo non è prescritto per edifici già  esistenti, ma solo per quelli di nuova realizzazione.
Il Comune di Altamura ha resistito alla domanda.
All’udienza del 5/11/2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
La domanda non merita accoglimento.
Benchè la destinazione “sperata” sia certamente compatibile con le previsioni relative ad entrambe le zone in cui ricade l’immobile per il quale è causa (trattandosi, di destinazione commerciale – vendita al dettaglio, secondo quanto precisato in udienza dalla difesa di parte ricorrente e non smentito dal Comune) e benchè il cambio d’uso, in sè considerato, sia astrattamente in linea con la previsione di cui all’art. 51 co. 2 NTA, tanto l’art. 14 delle NTA (operante stante il richiamo fattone dall’art. 8 disciplinante la zona C1) quanto l’art. 20 (relativo alla zona D3) impongono che l’attuazione del PRG adeguato avvenga a mezzo di piano particolareggiato e/o di lottizzazione.
Ne deriva che anche il chiesto mutamento di destinazione d’uso deve ritenersi assoggettato alla predetta disciplina, non contemplando la predetta disposizione tecnica alcuna distinzione tra attività  di nuova edificazione e non.
L’imposizione, ad opera dello strumento urbanistico sovraordinato, dell’emanazione di una disciplina di dettaglio, propedeutica al rilascio di titoli abilitativi edilizi ed alle conseguenti attività  di trasformazione del territorio, riflette una direttiva generale dell’ordinamento, emergente dagli artt. 13 ss. della l. n. 1150/1942 e 9, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625) e recepita dagli artt. 15 e ss. L.R. 20/2001.
“La ratio di tale regola generale risiede in ciò: soltanto attraverso l’intermediazione della pianificazione esecutiva è assicurata quell’adeguatezza e quella proporzionalità  delle infrastrutture (strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, ecc.) rispetto all’aggregato urbano formatosi, la quale è idonea a soddisfare le esigenze della collettività , in misura pari agli standards urbanistici minimi prescritti, ed esime, quindi, da ulteriori interventi per far fronte all’aggravio derivante da nuove costruzioni.
Gli strumenti attuativi hanno, cioè, lo scopo di garantire che all’edificazione del territorio a fini residenziali corrisponda l’approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, le quali, a loro volta, garantiscono la normale qualità  del vivere in un aggregato urbano. Diversamente opinando, col rilascio di singoli permessi di costruire in area non urbanizzata, gli interessati verrebbero legittimati ad utilizzare l’intera proprietà  a fini privati, scaricando interamente sulla collettività  i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013); [ ..omissis ..] non è sufficiente un qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già  verificatisi, essendo la pianificazione dell’urbanizzazione doverosa fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già  compromesse o edificate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471; 10 giugno 2010, n. 3699; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 18 gennaio 2005, n. 164)” – TAR Campania – Napoli, sez. 8 sent. 4/9/15 n. 4305.
Nè è possibile affermare, in senso contrario, che nel caso in esame l’esigenza dello strumento attuativo non sarebbe ravvisabile trattandosi non di nuova edificazione, bensì di “mero” mutamento di destinazione. Deve, infatti, rilevarsi che il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato da industriale/artigianale a commerciale, pur attuato senza realizzazione di nuove opere comporta un diverso carico urbanistico, derivante appunto dall’insediamento di una attività  di carattere commerciale (estesa, nel caso di specie, per quasi 800 mq. e con una vasta superficie adibita a deposito) al posto di una attività  di tipo artigianale. “Il mutamento di destinazione d’uso da artigianale a commerciale, oltre a comportare variazione del carico urbanistico, determina anche l’applicazione di standards urbanistici differenti, come pianamente emerge dal raffronto tra le previsioni contenute nei numeri 1 e 2 dell’art. 5 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444” (TAR Campania – Napoli – sez. 2, sent. 21/2/13 n. 969).
In termini generali può affermarsi, dunque, che anche il mutamento di destinazione d’uso di edifici già  esistenti può influire sull’assetto urbanistico delle aree su cui essi insistono e può, altresì, comportare nuovi interventi di urbanizzazione.
“La giurisprudenza, ha chiarito che l’incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata con riferimento all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera, ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione dell’originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o all’effettiva utilizzazione, tale da determinare un mutamento dell’insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione, con particolare riferimento agli standard fissati dal d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 (Cass. pen., sez. III, 22 settembre 2011, n. 36104)”, TAR Puglia – Lecce – sez. 1, sent. 20/2/14 n. 515.
D’altronde, la rilevanza in termini urbanistici del cambio di destinazione d’uso anche senza opere è stata a più riprese affermata in giurisprudenza, sia in riferimento al concetto di “nuova costruzione” ex art. 41 sexies l. n. 1150 del 1942 con riguardo al reperimento dei parcheggi pertinenziali (TAR Campania – Napoli – sez. 8 sent. 19/12/12 n. 5257), sia alla fattispecie di lottizzazione abusiva mediante modifica della destinazione d’uso (cfr. TAR Campania – Salerno – sez. 2, sent. 23/9/14 n. 1675).
Il ricorso va, in definitiva, respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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