1. Espropriazione per p.u. – Decreto di espropriazione – Impugnazione – Attribuzione indennità  in natura ex art. 27, comma 5, L. n. 166/2002 – Giurisdizione del G.A.
2. Espropriazione per p.u. – Attribuzione indennità  in natura – Art. 27, comma 5, L. n. 166/2002 – Natura speciale – Non applicazione estensiva (lottizzazione privata)

1. In tema di opposizione a decreto definitivo di espropriazione per pubblica utilità , la censura rivolta avverso l’attività  procedimentale per la determinazione dell’indennità  frutto di una scelta discrezionale tra quella pecuniaria e quella in natura, come previsto dal comma 5 dell’art. 27, L. n. 166/2002, non coinvolgendo il quantum dell’indennità  stessa, ma la sua natura, quale controvalore unilateralmente attribuito al ricorrente, rientra nella giurisdizione del G.A.
2. La norma di cui all’art. 27, comma 5, L. n. 166/2002, che consente di corrispondere l’indennità  di espropriazione in natura, esonerando l’espropriante dall’osservanza delle formalità  di cui agli artt. 21 e ss. del D.P.R. n. 327/2001, ha natura speciale e pertanto la sua applicazione resta relegata alla particolare disciplina per la quale è prevista e non può, quindi, essere estesa anche a ipotesi come quella del piano di lottizzazione, ispirata da diverse e particolari esigenze urbanistiche, che resta, invece, soggetta alle disposizioni generali di cui al comma 1 dell’art. 36 D.P.R. n. 327/2001.

N. 01461/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00826/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 826 del 2015, proposto da: 
Giuseppe Positano, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Caputi Iambrenghi, con domicilio eletto presso Vincenzo Caputi Iambrenghi, in Bari, Via Abate Eustasio n. 5; 
contro
Comune di Cellamare, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Emanuele Petronella, con domicilio eletto presso Domenico Emanuele Petronella, in Bari, Via Principe Amedeo n. 105; 
Città  Metropolitana di Bari; 
nei confronti di
Consorzio di Urbanizzazione “Pacifico”; 
per l’annullamento
1) del provvedimento di espropriazione emesso dal Capo Settore tecnico del Comune di Cellamare il 26 maggio 2015, prot. 2309/1, notificato al sig. Giuseppe Positano il 29 maggio 2015 a mezzo di ufficiale giudiziario;
2) dell’atto – contenuto nel precedente – di (non) determinazione dell’indennità  di espropriazione;
3) degli atti preparatori e connessi, tra i quali l’invito all’adesione al Consorzio a firma del Presidente Fiore, recante data 5 maggio 2014, e lo stato di consistenza e di immissione in possesso del 10 giugno 2015;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cellamare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Vincenzo Caputi Jambrenghi e Domenico Emanuele Petronella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è proprietario per 1/9 di un suolo edificabile, di estensione pari a 1998 mq, ad uso agricolo con annesso fabbricato rurale, censito al catasto del Comune di Cellamare al foglio 3 part. 1316 e 1318.
Detto suolo, già  occupato in via d’urgenza dal Comune ex art. 23 d.P.R. n. 327/201, è stato poi espropriato per la realizzazione del piano di lottizzazione “Zona C3 – Contrada “Pacifico” – maglia 3″ adottato con delibera consiliare n. 9/2012, su proposta del Consorzio di urbanizzazione “Pacifico” al quale il ricorrente e gli altri comproprietari non hanno aderito.
Il decreto di esproprio assegna pro quota al ricorrente, a titolo di indennità  di esproprio, un’area di complessivi 1194 mq (foglio 3, particelle nn. 1641, 1642, 1643, 1645, 1646, 1647, 1648, 1649, 1652, 1725, 1726 e 1727), ai sensi dell’art. 27 l. n.166/2002.
Avverso detto provvedimento e gli altri atti impugnati Giuseppe Positano oppone i seguenti motivi di ricorso:
1) violazione dell’art. 27 comma 5 l. 166/2001, dell’art. 5 bis d.l. 359/1992, dell’art. 36 t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per. p.u., del d.P.R. 327/2001, dell’art. 42 Cost. e delle norme di cui ai comma 1, 2, 3, 6, 8 e 9 dell’art. 37 d.P.R. 327/2001 – Eccesso di potere. Sviamento.
Il Comune avrebbe applicato alla procedura espropriativa, finalizzata alla realizzazione di una lottizzazione privata, il modulo procedimentale che l’art. 27 comma 5 della l. 166/2002 invece riserva a tutt’altri interventi (programmi volti alla riabilitazione di immobili ed attrezzature di livello locale e al miglioramento della accessibilità  e mobilità  urbana e ai programmi volti al riordino delle reti di trasporto e di infrastrutture di servizio per la mobilità  attraverso una rete nazionale di autostazioni per le grandi aree urbane)
Avrebbe conseguentemente stabilito di assegnare al ricorrente, a titolo di indennità  definitiva, un suolo in permuta, in luogo dell’equivalente in denaro.
Il Comune avrebbe altresì pretermesso tutte le garanzie partecipative del soggetto inciso dall’esproprio, prima fra tutte l’offerta dell’indennità  provvisoria, cui poter replicare allegando una diversa stima del valore venale del bene espropriato.
2) Violazione del comma 3 dell’art. 42 Cost. e di tutta la disciplina dell’espropriazione per pubblico interesse di cui al d.P.R. n. 327/2001 (in particolare artt. 20-42) – eccesso di potere per violazione delle regole di proporzionalità  e trasparenza – difetto di motivazione e di istruttoria.
Il provvedimento impugnato penalizzerebbe gravemente i diritti dell’interessato perchè, a fronte della immediata disponibilità  dell’area espropriata in favore del Consorzio “Pacifico”, il passaggio di proprietà  dei suoli, da attribuire in permuta all’espropriato, viene rinviato ad un tempo successivo del tutto indeterminato, mentre l’ordinario procedimento espropriativo subordina l’adozione del decreto di esproprio al previo deposito dell’indennità  di esproprio a disposizione dell’interessato che non l’abbia accettata.
Inoltre il suolo attribuito in permuta ha un’estensione inferiore di 900 metri rispetto a quello espropriato e mancano del tutto, nel decreto di esproprio, la stima sia del valore venale dell’area espropriata che ne costituisce elemento essenziale, sia del valore dell’area attribuita in permuta e infine neppure è stato previsto alcun indennizzo corrispondente all’utilità  derivante dallo sfruttamento agricolo del fondo.
Palesemente ingiusto sarebbe poi l’onere imposto ai proprietari espropriati dall’art. 4 della convenzione di lottizzazione, di concorrere agli oneri di urbanizzazione e alle spese indirette di trascrizione e annotazione catastale dell’atto di trasferimento delle aree attribuite in permuta.
Resiste il Comune di Cellamare che eccepisce il difetto di giurisdizione sia perchè il ricorso censurerebbe l’esercizio sine titulo del potere espropriativo, sia perchè il ricorrente, in definitiva, si duole della determinazione dell’indennità  di esproprio.
Inoltre il ricorrente agirebbe in palese difetto di legittimazione attiva in quanto titolare solo per 1/9 del fondo espropriato e comunque in carenza di interesse, non avendo impugnato la dichiarazione di pubblica utilità , la delibera comunale di approvazione del PUE e solo tardivamente l’invito all’adesione al Consorzio.
Nel merito il Comune sostiene che è possibile dare esecuzione ad ogni piano attuativo finalizzato alla realizzazione di opere private di pubblica utilità , mediante il procedimento descritto dall’art. 27 comma 5 l. 166/2002, che consente di corrispondere l’indennità  di espropriazione in natura, esonerando l’autorità  espropriante dall’osservanza delle formalità  di cui agli articoli 21 e seguenti del d.P.R. 327/2001.
Il rinvio al solo comma 5 del citato art. 27, contenuto nell’art. 36 del d.P.R. 327/2001 avrebbe infatti elevato il procedimento ivi descritto a modello generale, non più riservato all’attuazione dei soli programmi di riabilitazione urbana e mobilità .
Dopo lo scambio di memorie la causa all’udienza del 22 ottobre 2015 è passata in decisione.
Occorre in primo luogo esaminare le eccezioni sollevate dal Comune.
1. Sussiste la giurisdizione amministrativa poichè il ricorrente contesta l’uso di un modulo procedimentale diverso da quello che, secondo la tesi esposta, la legge disciplina e al quale il Comune avrebbe dovuto fare ricorso sussistendone i presupposti legali tipici.
Infatti il ricorrente non contesta l’effetto ablatorio dell’esercizio del potere, ma la lesione del suo interesse al rispetto delle operazioni di determinazione dell’indennità  di esproprio e del contraddittorio procedimentale che a dette operazioni presiede.
1.2. E’ poi evidente che non viene contestato il quantum dell’indennità , ma la stessa natura, non pecuniaria, del controvalore unilateralmente attribuito al ricorrente, ossia il quomodo della determinazione dell’indennità , frutto di una scelta discrezionale fra l’indennità  pecuniaria e quella in natura, come previsto dal comma 5 dell’art. 27 l. 166/2002.
Le censure del ricorrente riguardano pertanto l’azione amministrativa dispiegatasi in una fase, quella della scelta del criterio di determinazione dell’indennità  – precedente alla fase di stretta liquidazione – che è espressione di potere autoritativo e, come tale, si attrae alla cognizione del g.a.
2. Non sussiste poi il difetto di legittimazione attiva poichè la comunione pro indiviso attribuisce a ciascun contitolare pari diritti ed azioni nei confronti dei terzi, estendendosi il dominio di ciascun comunista all’intero bene, in virtù della presunzione relativa, rimasta – nel caso in esame – insuperata, che costui operi con il consenso degli altri.
3. Infondata è pure l’eccezione di carenza di interesse per omessa impugnativa della dichiarazione di pubblica utilità  e della delibera di approvazione del PUE, considerato che il ricorrente non discute il potere ablatorio del Comune, ma censura per vizi propri solo l’atto conclusivo del procedimento espropriazione ex selesivo e pertanto autonomamente impugnabile .
4. Parimenti infondata è l’eccezione di tardività  dell’impugnazione dell’invito ad aderire al Consorzio perchè si tratta di un mero interpello, per giunta proveniente da un soggetto non ancora delegato all’adozione degli atti della procedura, che non ha effetti immediati nella sfera soggettiva del destinatario, costituendo, al più, condizione sine qua non per l’adozione del successivo provvedimento di esproprio tempestivamente impugnato.
5. Il ricorso nel merito è fondato.
Innanzitutto non ha alcuna rilevanza in causa il fatto che fosse già  stato approvato il DRAG, considerato che, in caso affermativo, come stabilito dall’art 16 della l.r. 20/2001, validamente il piano di lottizzazione potrebbe essere proposto dal Consorzio cui abbia aderito la maggioranza dei proprietari, essendo, in caso contrario, necessaria l’adesione totalitaria dei proprietari, ex art. 27 l.r. 56/1980,
Infatti, come detto, il ricorrente non pone in discussione la legittimazione del Consorzio “Pacifico” cui ha aderito la maggioranza assoluta dei proprietari dei lotti coinvolti, di proporre al Comune un piano di lottizzazione, al pari di ogni piano esecutivo dello strumento urbanistico generale.
Il Collegio deve pronunciarsi solo sulla legittimità  della scelta del Comune di seguire il modello tipico del procedimento di espropriazione previsto dall’art. 27 comma 5 l. 166/2002 che si pone a valle del procedimento di pianificazione di iniziativa privata nel quale il fatto che il DRAG sia stato approvato, rileva solamente ai fini della legittimazione del Consorzio maggioritario a proporre il piano, che il ricorrente, come detto, non discute.
Il punto decisivo è allora stabilire se il Comune avesse il potere di indennizzare in natura i proprietari espropriati non aderenti al Consorzio, come stabilito dal comma 5 dell’art. 27 l. 166/2002, che la parte resistente ritiene ormai elevato a modello generale, grazie al rinvio contenuto nell’art. 36 d.P.R. 327/2001 ove si legge: 1. Se l’espropriazione è finalizzata alla realizzazione di opere private di pubblica utilità , che non rientrino nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica, convenzionata, agevolata o comunque denominata nonchè nell’ambito dei piani di insediamenti produttivi di iniziativa pubblica, l’indennità  di esproprio è determinata nella misura corrispondente al valore venale del bene e non si applicano le disposizioni contenute nelle sezioni seguenti.
1-bis. àˆ fatto salvo il disposto dell’ articolo 27, comma 5, della legge 1 agosto 2002, n. 166 .
E’ noto che la natura speciale o generale di una disposizione dipende dal contenuto e dal contesto normativo nel quale è posta.
Così se una disposizione regola ipotesi, non diversamente disciplinate da altre fonti di pari rango ai fini della cura dell’interesse perseguito, ricorre una normazione di tipo generale, mentre se ad essa si affianca una deroga per ipotesi specifiche rientranti nella classe di ipotesi già  disciplinate, ricorre una normazione di tipo speciale.
Dal fatto che la disposizione speciale ha un’applicazione più ristretta, rispetto alla disposizione generale, deriva che la prima non comporta mai l’abrogazione della seconda, ma ne riduce il campo di applicazione sottraendo ad essa quelle ipotesi che richiedono, appunto, una disciplina particolare.
Nel caso in decisione invece, seguendo la tesi del Comune, si avrebbe l’effetto di abrogare la disposizione generale posta dal comma 1 del citato art. 36.
Infatti l’art. 36 detta la regola generale: per le opere private di pubblica utilità  (escluse le opere di edilizia residenziale convenzionata agevolata etc.) l’indennità  di esproprio è commisurata al valore venale del bene.
Fra queste rientrano pacificamente le opere per la realizzazione dei piani di riqualificazione urbana e di mobilità  disciplinati dall’art. 27 l. 166/2002.
Se con il rinvio ex art. 36 comma 1 bis all’art. 27 l. 166/2002 il legislatore avesse inteso estendere, in via generale, a tutte le opere private di pubblica utilità  l’indennità  di espropriazione mediante permuta, l’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 27 coinciderebbe esattamente con quello dell’art. 36, determinandone l’abrogazione.
Un tale effetto è evidentemente incompatibile con la lettera dell’art. 36 comma 1 bis che, invece, con la locuzione salvo il disposto dell’ articolo 27, comma 5, della legge 1 agosto 2002, n. 166, introduce, in coerenza con i consueti canoni di tecnica legislativa, una clausola di salvaguardia finalizzata ad escludere che la regola dell’indennizzabilità  nella misura del valore venale dei beni espropriati per le opere private di pubblica utilità , ivi compresi i piani di riabilitazione urbana, possa di fatto sovrapporsi, abrogandola ratione temporis, alla previgente disciplina dettata dall’art. 27 citato, che solo per questi ultimi ammette l’indennità  mediante permuta.
Per queste ragioni il Collegio condivide l’orientamento di C.d.S. n. 323/2013 che afferma la natura speciale dell’art. 27 l. 166/2002 e ne esclude l’estensione, intravedendovi una inammissibile operazione interpretativa analogica, anche ad ipotesi come quella del piano di lottizzazione, ispirata da diverse e particolari esigenze urbanistiche.
6. Le altre censure sulla consistenza, le modalità  e i tempi di corresponsione dell’indennità  mediante assegnazione di aree in permuta, restano logicamente assorbite nell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
7. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in decisione, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento del Comune di Cellamare del 26 maggio 2015, prot. 2309/1.
Condanna il Comune di Cellamare al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 2.000,00, oltre accessori di legge.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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