1. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Individuazione dei limiti e delle condizioni di operatività  dell’art. 45 D.Lgs. n. 42/2004 – Vincolo di tutela indiretta – Caratteri 


2. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Imposizione del vincolo indiretto ex art. 45 D.Lgs n. 42/2004 – Discrezionalità  tecnica dell’Amministrazione – Sindacato giurisdizionale 


3. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Imposizione del vincolo indiretto ex art. 45 D.Lgs n. 42/2004 – Obbligo motivazionale 


4. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Imposizione del vincolo indiretto ex art. 45 D.Lgs n. 42/2004 – Giudizio impugnatorio – Vizi – Eccesso di potere per carente istruttoria e motivazione

1. Il Ministero per i beni e le attività  culturali ha facoltà  di dettare delle regole di tutela indiretta, prescrivendo le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità  dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. A differenza del vincolo diretto, che riguarda il bene culturale, il vincolo indiretto si caratterizza sia perchè non ha un contenuto prescritto tipico (sicchè le sue prescrizioni possono risultare più o meno rigorose, in relazione alle peculiarità  del bene da proteggere), sia per coinvolgere l’ambito costituente la “fascia di rispetto”, che non coincide con l’ambito materiale dei confini perimetrali dei singoli immobili, ma va stabilita in rapporto alla consistenza della c.d. “cornice ambientale”.  


2. L’imposizione del  “vincolo indiretto” costituisce espressione della discrezionalità  tecnica dell’Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale quando l’istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità  anche per l’insussistenza di un’obiettiva proporzionalità  tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull’esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale. 


3. La motivazione del provvedimento di imposizione del vincolo indiretto, allorquando è resa attraverso un generico riferimento alla esigenza di salvaguardare la prospettiva, la visibilità , la luce, il decoro e la “cornice ambientale”, si traduce in una sorta di clausola di stile, utilizzabile per qualsiasi situazione: essa non dà  sufficientemente conto delle peculiarità  del contesto di riferimento e non consente di comprendere le ragioni per le quali l’esigenza di tutela sottesa al vincolo indiretto non possa essere soddisfatta attraverso misure meno invasive delle ragioni proprietarie. Occorre, viceversa, che dal contenuto del provvedimento emerga che l’Amministrazione abbia compiuto la verifica di adeguatezza e di proporzionalità  preventiva all’imposizione del vincolo, specie quando si traduca in misure fortemente restrittive della proprietà  privata, in modo da realizzare un più bilanciato contemperamento tra i diversi interessi coinvolti. 


4. L’imposizione del vincolo indiretto importa obbligo per l’Amministrazione di procedere ad un’analitica confutazione delle contrarie deduzioni di parte ricorrente; gli apprezzamenti tecnico-discrezionali vanno raccordati al contesto fattuale di riferimento ed alle deduzioni difensive delle parti interessate, avendo l’Amministrazione l’obbligo di evidenziare il percorso motivazionale sulla base del quale ha proceduto all’attenta ponderazione dei contrastanti interessi pubblici e privati e all’indicazione di prescrizioni che risultino proporzionate alle esigenze di tutela del bene da perseguire attraverso l’apposizione del vincolo indiretto.

N. 01444/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00519/2013 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 519 del 2013, proposto da: 
Saicaf S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Marcello Vernola, Massimo Vernola, con domicilio eletto presso Marcello Vernola in Bari, Via Dante, n. 97; 
contro
Ministero Per i Beni e Le Attività  Culturali, Ministero Per i Beni e Le Attività  Culturali, Direzione Regionale Per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato Di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97; 
nei confronti di
Elvira De Tullio; 
per l’annullamento
– del decreto della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia del 14 gennaio 2013 (prot 520), notificato alla società  SAICAF il 24 gennaio 2013, con cui è stato imposto un vincolo indiretto ai sensi dell’art. 45 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n.42, limitatamente all’area di proprietà  della ricorrente, nonchè della comunicazione di avvio del procedimento di tutela indiretta notificata 1’11 aprile 2012 (prot. 4847 del 05 aprile 2012 CI. 34.07.07/1.34) e la comunicazione di avvio del procedimento di tutela indiretta notificata il 03 ottobre 2012 (prot. 0013797 del 01/10/2012 Cl. 34.07/07/1.34), delle controdeduzioni fornite dalla Soprintendenza ancorchè di data e contenuto non conosciuti, e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e per il risarcimento dei danni subiti.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Massimo Vernola e Lucrezia Principio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, la Saicaf s.p.a impugna il decreto del 14.01.2013, prot. 520, nonchè ogni atto presupposto connesso e consequenziale.
Il provvedimento gravato, a firma del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, reca l’imposizione di un vincolo di tutela indiretta su parte della proprietà , ai sensi dell’art. 45 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42.
In particolare, il predetto vincolo è stato posto per la salvaguardia e l’integrità  del complesso architettonico e delle relative condizioni di prospettiva, luce, visibilità , cornice ambientale e decoro del limitrofo immobile, denominato “Masseria De Tullio”, già  dichiarato d’importante interesse culturale e sottoposto a vincolo diretto con D.D.R. del 31.05.2012.
Specifica la ricorrente che la superficie di sua proprietà  sottoposta a vincolo indiretto è indicata al catasto al fg. 41, p.lla 193.
Il Decreto prot. 520 del 14.01.2013 preclude, su tale immobile, la realizzazione di nuovi manufatti fuori terra, al fine di non alterare la visuale della “Masseria De Tullio”; consente la realizzazione di attrezzature per il tempo libero quali campi sportivi, giochi per bambini e manufatti connessi all’utilizzo dell’area, purchè a) siano collocate nelle pareti libere da vegetazione; b) abbiano un’altezza massima complessiva di mt. 3,00 e c) non superino la superficie complessiva, rapportata all’intera area vincolata, di mq 100,00.
Con il predetto ricorso, l’istante denuncia vizi di illegittimità  determinati da violazione di legge, in particolare la L. n. 241/1990, ed eccesso sotto vari profili, quali carente istruttoria, motivazione insufficiente, illogicità  e irragionevolezza manifesta, difetto dei presupposti, contraddittorietà , disparità  di trattamento rispetto al vincolo imposto su altre particelle.
La società  ricorrente ha, altresì, chiesto il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’apposizione del suddetto vincolo indiretto. 
Con atto depositato in data 24.04.2013 si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività  culturali, Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia, chiedendo la reiezione dell’avverso ricorso.
Con successiva produzione documentale del 26 maggio 2015, l’amministrazione resistente ha depositato una relazione in cui sono trascritte le controdeduzioni della Soprintendenza alle osservazioni prodotte dalla società  ricorrente. Di tali controdeduzioni quest’ultima lamenta di non avere mai avuto conoscenza nel corso del procedimento volto all’apposizione del vincolo e neanche a conclusione del medesimo.
Con l’ordinanza collegiale n. 1080 del 21.07.2015 è stato disposto un rinvio della causa per esigenze processuali e istruttorie.
La ricorrente ha provveduto all’adempimento istruttorio depositando la documentazione richiesta, in data 10.09.2015.
All’udienza pubblica del 22.10.2015, la causa è introitata per la decisione. 
Il ricorso è fondato per avere l’amministrazione resistente omesso di valutare i fatti rilevanti ai fini dell’esercizio del potere ad essa attribuito, alla luce delle contrarie osservazioni svolte dalle parti partecipanti al procedimento. Dalla decisione finale, oggetto del provvedimento impugnato, non si evincono, infatti, le risultanze dell’istruttoria, il percorso motivazionale seguito nella ponderazione degli interessi pubblici, alla cui cura il potere dell’amministrazione è preordinato.
Costituisce punto nodale della presente controversia l’individuazione dei limiti e delle condizioni di operatività  della disciplina che consente l’imposizione dei vincoli di “tutela indiretta”, a cui sono assoggettati i beni contermini o, comunque posti a servizio di <<beni culturali>> propriamente intesi.
àˆ noto che, giusta il disposto dell’art. 45 D.lgs. 42/2004, – Codice dei beni culturali e del paesaggio -, il Ministero per i beni e le attività  culturali ha facoltà  di dettare delle regole di tutela indiretta, prescrivendo le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità  dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
Come già  chiarito da questa Sezione (Cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. 1267 del 27.08.2013) “a differenza del vincolo diretto, che riguarda il bene culturale, il vincolo indiretto si caratterizza per coinvolgere l’ambito costituente la “fascia di rispetto”, che non coincide con l’ambito materiale dei confini perimetrali dei singoli immobili, ma va stabilita in rapporto alla consistenza della c.d. “cornice ambientale” (tra le tante, TAR Veneto, Sez. II, 4 novembre 2004, n. 3846).
Ciò chiarito, va ulteriormente premesso che, per costante giurisprudenza (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3078 e 5 ottobre 2004 n. 6488; TAR Lazio, Sez. II, 16 febbraio 2006 n. 1171; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 10 maggio 2004 n. 1664), l’imposizione del suddetto “vincolo indiretto” costituisce espressione della discrezionalità  tecnica dell’Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale quando l’istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità  anche per l’insussistenza di un’obiettiva proporzionalità  tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull’esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale. Il “vincolo indiretto”, inoltre, non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa all’autonomo apprezzamento dell’Amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all’ottimale protezione del bene – fino alla inedificabilità  assoluta -, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall’obiettivo di scongiurare un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (integrità  dei beni protetti, difesa della prospettiva e della luce degli stessi, cura delle relative condizioni di ambiente e decoro), in un ambito territoriale che si estende fino a ricomprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si valuta idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio circostante”.
Nel caso in esame, non rilevano le doglianze relative allo stato attuale dell’immobile denominato “Masseria De Tullio” e alla valenza storica e culturale del bene in questione, quanto piuttosto quelle rivolte all’operato dell’amministrazione.
La motivazione resa attraverso un generico riferimento alla esigenza di salvaguardare la prospettiva, la visibilità , la luce, il decoro e la “cornice ambientale” si traduce in una sorta di clausola di stile, utilizzabile per qualsiasi situazione: essa non dà  sufficientemente conto delle peculiarità  del contesto di riferimento e non consente di comprendere le ragioni per le quali l’esigenza di tutela sottesa al vincolo indiretto non possa essere soddisfatta attraverso misure meno invasive delle ragioni proprietarie. 
Dal contenuto del provvedimento non emerge, in altri termini, che l’Amministrazione abbia compiuto quella verifica di adeguatezza e di proporzionalità  che dovrebbe, invece, sempre precedere l’imposizione del vincolo, specie quando si traduca in misure così fortemente restrittive della proprietà  privata. 
Le osservazioni della ricorrente, inoltre, avrebbero potuto essere affrontate verificando l’effettiva necessità  e proporzionalità  delle misure di tutela imposte, in modo da realizzare un più bilanciato contemperamento tra i diversi interessi coinvolti (Cfr. Con Stato, Sez. VI, sent 3925 del 14.08.2015).
Nel Decreto del 14.01.2013, invece, si riferisce genericamente di una confutazione “analitica” da parte della Soprintendenza competente alle osservazioni presentate dalla ricorrente, ma di tali controdeduzioni non si fornisce alcun elemento, nè esse sono state comunicate alla ricorrente o allegate al provvedimento finale. 
In corso di causa, la Soprintendenza si è limitata a riportare le controdeduzioni all’interno della relazione sulla vicenda (del 24.05.2013), senza, tuttavia, fornire gli estremi del relativo provvedimento e senza argomentare rispetto alla censura della ricorrente circa il difetto di comunicazione delle medesime. Ne consegue che è insufficiente quanto riferito in corso di causa, nè può essere ritenuto legittimo il tentativo di motivazione postuma contenuta nella Relazione depositata in data 26.05.2015, che anzi conferma la sussistenza dei censurati vizi di eccesso di potere per carente istruttoria e motivazione.
L’interesse pubblico al rispetto delle condizioni di prospettiva, di ambiente e di decoro, va non solo enunciato, ma dimostrato attraverso una motivazione rigorosa che dia conto di come le predette condizioni siano assicurate, con idonea documentazione di supporto.
A tale dimostrazione l’amministrazione competente avrebbe dovuto provvedere con maggior rigore nel caso in esame, atteso lo stato dei luoghi e le osservazioni presentate dalla ricorrente.
Nella Relazione tecnico scientifica della Soprintendenza si dà  atto, infatti, della presenza di manufatti abusivi nell’area a ridosso della masseria. 
A ciò si aggiungono i rilevi della ricorrente, con cui ha segnalato, nelle proprie osservazioni, che l’area adiacente la masseria è stata fortemente compromessa da una serie di opere, alcune delle quali in corso di costruzione. Si riferisce, in particolare, della presenza dell’Executive Center, degli impianti delle Ferrovie Sud- Est e dei lavori in corso per la costruzione di un immobile da destinare ad attività  di culto. A tali ultimi interventi il Decreto non fornisce alcun riferimento, nè replica alle eccezioni di disparità  di trattamento sulle modalità  operative del vincolo rispetto alle varie particelle interessate.
Il provvedimento consente – per le particelle 628 e 630 -, diversamente che per le altre particelle interessate dall’apposizione del vincolo, la edificabilità  con prescrizioni.
Nella medesima relazione depositata dall’Avvocatura dello Stato in data 26.05.2015, il Soprintendente si limita, con riferimento alle particelle in questione, ad affermare di non aver potuto far altro che prendere atto del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Bari, in favore dell’Associazione Testimoni di Geova. Tali affermazioni, oltre ad essere state esplicitate dall’amministrazione solo nel corso del presente giudizio, non fanno altro che contribuire al riscontro dei denunziati vizi nel gravato provvedimento.
Ne consegue che sussistono i vizi di carente istruttoria e motivazione, a cui conseguono i vizi di illogicità  e disparità  di trattamento, oltre, a contraddittorietà  nella ricostruzione dello stato dei luoghi. 
Il provvedimento impugnato non contiene, infatti, un’analitica confutazione delle contrarie deduzioni della parte ricorrente e risulta adottato in violazione dei parametri di congruenza, proporzione e ragionevolezza da applicare al caso particolare del vincolo culturale indiretto, anche rispetto allo stato attuale dei luoghi.
Gli apprezzamenti tecnico-discrezionali sono avulsi dal contesto fattuale di riferimento e dalle deduzioni difensive delle parti interessate, avendo l’Amministrazione omesso di evidenziare il percorso motivazionale sulla base del quale ha proceduto all’attenta ponderazione dei contrastanti interessi pubblici e privati e all’indicazione di prescrizioni che risultassero proporzionate alle esigenze di tutela del bene da perseguire attraverso l’apposizione del vincolo indiretto.
Da ultimo deve essere, invece, respinta ogni domanda risarcitoria attesa la caducazione del vincolo, alla cui apposizione la ricorrente riconduce i presunti danni lamentati. Non si ravvisa, inoltre, un danno immediatamente riconducibile all’illegittimità  dell’impugnato provvedimento.
Per tutto quanto esposto, il Decreto della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia del 14.01.2013, prot. 520, in accoglimento del ricorso, deve essere annullato, attesi i vizi rilevati. Si respinge, invece, la domanda risarcitoria.
Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a favore dei procuratori antistatari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il Decreto prot. 520 del 14.01.2013, nei termini in cui in motivazione.
Respinge la domanda risarcitoria.
Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere alla società  ricorrente le spese del giudizio, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari, che liquida in complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre ad accessori di legge.
Contributo unificato rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria