1. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Competenza del giudice di primo grado 


2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Sentenza di secondo grado non conformativa – Competenza – Fattispecie 


3. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Statuizione di invio atti a Procura della Repubblica – Non può essere oggetto di esecuzione – Ragioni

1. Nel giudizio di ottemperanza il giudice di primo grado è competente a decidere i ricorsi che hanno ad oggetto le proprie sentenze, nonchè quelle confermate in appello con lo stesso contenuto dispositivo e conformativo del provvedimento di primo grado. 


2. Nel caso in cui il contenuto decisionale della sentenza di secondo grado, seppure di rigetto dell’appello, rappresenti un distacco, più o meno profondo, rispetto all’iter argomentativo adottato in prime cure, la competenza per la sua ottemperanza spetta al Consiglio di Stato (nella specie il TAR ha dichiarato inammissibile per incompetenza il ricorso per ottemperanza proposto avverso una propria decisione confermata sì in appello, ma con motivazione integrata e poi oggetto di chiarimenti resi, sempre in secondo grado, con ulteriore provvedimento). 


3. La statuizione con cui è stata disposta la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica non può essere oggetto nè di sindacato, nè di azione di esecuzione in quanto rappresenta attività  svolta in occasione dell’esercizio della funzione giurisdizionale, mentre nel giudizio di ottemperanza l’oggetto è relativo all’attuazione – della parte soccombente – delle statuizioni contenute nel giudicato.

N. 01345/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00690/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 690 del 2014, proposto da: 
Carlo Emanuele Valperga Di Masino, rappresentato e difeso dall’avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso in Bari, Via Amendola, n.166/5; 

contro
Comune di Barletta, rappresentato e difeso dagli avv. Isabella Palmiotti, Giuseppe Caruso, Domenico Cuocci Martorano, Rossana Monica Danzi, con domicilio eletto presso Raffaele De Robertis in Bari, Via Davanzati, n. 33;
Regione Puglia; 

nei confronti di
Lorenzo De Raymondi, rappresentato e difeso dagli avv. Lucio Ghia, Davide D’Ippolito, con domicilio eletto presso Davide D’Ippolito in Bari, Via Principe Amedeo, n. 50;
Vincenzo Settanni, Il Borgo S.r.l.; 

per l’ottemperanza
della sentenza n. 1416/2011 T.A.R. Puglia – Bari sez. II, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza n. 830 del 12 febbraio 2013. Piano di lottizzazione di un insediamento turistico-rurale.
.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e di Lorenzo De Raymondi;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Felice Eugenio Lorusso, Isabella Palmiotti e Franco Giuseppe Trentadue;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente agisce per l’ottemperanza della sentenza 29 ottobre 2011 n. 1416, con la quale questo TAR Puglia, sez. II, ha accolto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dal sig. Carlo Valperga di Masino e, per l’effetto, ha, tra l’altro, annullato:
– il Piano di lottizzazione relativo ad un insediamento turistico – rurale in località  Montaltino di Barletta, nonchè le relative delibere del Consiglio comunale di adozione e di approvazione definitiva di detto Piano;
– i permessi di costruire rilasciati dal Comune di Barletta nn. 313/2010 (nonchè il permesso di voltura del medesimo) e 723/2010, in favore della società  Il Borgo s.r.l.;
– ha accertato e dichiarato l’inefficacia della convenzione stipulata il 24 ottobre 2010.
Tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con la pronuncia n. 830 del 12.02.2013, che ha giudicato l’appello (proposto da De Raymondi ed altri) e l’appello incidentale (proposto dal Comune di Barletta), infondati e li ha, pertanto, rigettati, con conseguente conferma della sentenza impugnata, “per le ragioni e con le precisazioni in ordine alla motivazione della stessa”.
La controversia oggetto delle due pronunce riguardava, in sostanza, un Piano di lottizzazione di un insediamento turistico – rurale (e dei conseguenti permessi di costruire), che contemplava la realizzazione di 46 palazzine di 4 unità  immobiliari ciascuna, per complessivi 44.850 mc. e 448 abitanti potenziali, oltre ad ulteriori 5200 mc. relativi ad un punto di ristoro, nell’ambito di un territorio deputato alla coltura dell’ulivo.
Il ricorrente, nel chiedere l’ottemperanza della sentenza n. 1416/2011, pronunciata da questo T.A.R., evidenzia che la costruzione degli edifici oggetto del Piano di lottizzazione annullato è stata avviata, ancorchè non ultimata.
Nel ritenere sussistenti i presupposti per l’azione ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. a) c.p.a. invoca l’applicazione dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001.
Sostiene che tale norma configurerebbe un’attività  vincolata nell’an e nel quomodo, prevedendo per le ipotesi di lottizzazione abusiva l’acquisizione di diritto al patrimonio del Comune e la successiva demolizione.
Nel ricorso introduttivo del giudizio, il sig. Valperga di Masino sostiene che non vi sarebbe stata alcuna forma di ottemperanza alla sentenza, nè da parte del Comune, che non avrebbe provveduto nè all’acquisizione degli edifici, nè alla loro demolizione, nè dalla Regione a cui contesta di non aver attivato i necessari poteri sostitutivi. Lamenta, altresì, la mancata osservanza della prescrizione contenuta nella sentenza n. 1416/2011, relativa alla trasmissione degli atti contenuti nel fascicolo alla Procura della Repubblica di Trani.
Chiede, altresì, il pagamento delle spese dei due gradi di giudizio, oltre rivalutazione ed interessi e, per il caso di persistente inerzia, la nomina di un commissario ad acta, che si sostituisca alle amministrazioni inadempienti ai fini dell’integrale esecuzione del giudicato.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso, sia il Comune di Barletta, che il controinteressato De Raymondi.
All’udienza camerale del 29.10.2014, le parti hanno chiesto di comune accordo un rinvio, in attesa della pronuncia del Consiglio di Sato relativa al giudizio proposto ai sensi dell’art. 112 comma 5 del c.p.a., dal Comune di Barletta e avente ad oggetto la richiesta dei chiarimenti riferiti alla sentenza n. 830/2013 pronunciata in appello dal Supremo Consesso.
In data 04.03.2015, il ricorrente ha depositato nota del Servizio urbanistica della Regione Puglia, con cui si invita il Comune “a porre in essere la doverosa attività  amministrativa di cui all’art. 30 D.P.R. 380/2001”.
Alla successiva udienza camerale del 26.03.2015, sentiti gli avvocati, Felice Eugenio Lorusso, per la parte ricorrente, Giuseppe Caruso, per il Comune di Barletta e Davide D’Ippolito e per il controinteressato De Raymondi, la causa è stata cancellata dal ruolo in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato.
A seguito della sentenza n. 2441 del 14 maggio 2015 del Consiglio di Stato, è stata presentata istanza di iscrizione al ruolo della causa. Le parti hanno successivamente depositato memorie tese a ribadire le diverse pretese.
Il Comune ha, in particolare, evidenziato che a seguito dei chiarimenti forniti con sentenza n. 2441/2015 e in esecuzione dei medesimi, ha ingiunto la demolizione dell’opera, con ordinanza prot. 41460 del 06.08.2015.
Il ricorrente contesta all’ente locale di aver agito ai sensi dell’art. 38 D.P.R. 380/2001, in luogo dell’art. 30 del medesimo D.P.R., norma che prevede la preventiva acquisizione delle aree al patrimonio comunale e, solo successivamente, la demolizione. L’applicazione errata della norma del D.P.R. 380/2001 si porrebbe in contrasto con i chiarimenti forniti dal Consiglio di Stato.
Si oppone all’applicabilità  del suindicato art. 30 del Testo Unico per l’Edilizia il controinteressato.
All’udienza camerale dell’8.10.2015, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto a giudice incompetente.
Le parti costituite nel presente giudizio dimostrano, in modo inequivocabile, che la controversia circa l’esecuzione del giudicato e, in particolare, quella relativa alla norma del Testo Unico dell’Edilizia applicabile alla fattispecie concreta, sono riferite a quanto statuito e, successivamente chiarito, dal Consiglio di Stato.
Il ricorrente nell’istanza di iscrizione al ruolo ha espressamente fatto riferimento a quanto affermato dal Consiglio di Stato, citando parti della sentenza n. 2441/2015.
Le successive memorie relative individuazione della norma del Testo Unico dell’Edilizia applicabile al caso oggetto del giudizio richiamano le pronunce del Consiglio di Stato.
A suffragare tali elementi concorrono il dato normativo e la successiva interpretazione giurisprudenziale.
Ai sensi dell’art. 113 c.p.a., infatti, “il ricorso si propone, nel caso di cui all’articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado”.
Il giudice di prime cure è chiamato, dunque, a provvedere sia per le decisioni adottate direttamente, sia per i provvedimenti confermati in appello con lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.
Diverso è il caso in cui il contenuto decisionale della sentenza di secondo grado, seppure di rigetto dell’appello, rappresenti un distacco, più o meno profondo, rispetto all’iter argomentativo adottato in prime cure, con le conseguenti implicazioni in sede di competenza per l’ottemperanza.
Nel caso in esame, alla sentenza n. 830/2013 con cui il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello e l’appello incidentale avverso la sentenza 1416/2011, “per le ragioni e con le precisazioni in ordine alla motivazione della stessa”, è seguita un’ulteriore pronuncia del Supremo Consesso, la sentenza n. 2441/2015, ai sensi dell’art. 112 comma 5 c.p.a., con cui sono stati forniti chiarimenti in ordine all’ottemperanza della sopra indicata sentenza n. 00830/2013 d’appello.
Nella sentenza n. 2241/2015 il Consiglio di Stato ha chiarito che “Il ricorso previsto dall’art. 112, comma 5, C.p.a., appare dunque come un rimedio concesso all’amministrazione, onde rendere possibile la conformazione della sua azione al giudicato, in via antecedente ed indipendente dall’azione di ottemperanza (cui è legittimata, sussistendone le condizioni, la parte vittoriosa), ed impregiudicato il ricorso a quest’ultima, ove ne ricorrano le condizioni.
A ciò deve essere aggiunto che, nel caso di specie, il rigetto dell’appello (proposto da De Raymondi ed altri) e dell’appello incidentale (proposto dal Comune di Barletta), ha comportato la conferma della sentenza di I grado, ma “per le ragioni e con le precisazioni in ordine alla motivazione della stessa” (v. pag. 20 sent. n. 830/2013). Il che rende ancor più plausibile (e dunque ammissibile) la richiesta di chiarimenti da parte dell’amministrazione che intende ottemperare,”.
Ne deriva che, nell’autonomo giudizio ai sensi dell’art. 112 comma 5 c.p.a., il Consiglio di Stato ha espressamente chiarito che la sentenza n. 830/2013, ha confermato, “con integrazioni di motivazione”, la sentenza 29 ottobre 2011 n. 1416 del TAR per la Puglia, sez. II di Bari e ha fornito chiarimenti circa l’ottemperanza della sentenza d’appello.
Le controversie insorte in sede di ottemperanza attengono inequivocabilmente alla portata di quanto stabilito dal Supremo Consesso.
In conclusione, trattandosi di questione attribuita alla competenza del Consiglio di Stato, questa Sezione non può fare uso degli strumenti processuali indicati nella più volte citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2 del 2013 (che presuppongono la corretta individuazione del giudice dell’attuazione della sentenza) e deve limitarsi a dichiarare inammissibile il ricorso, in quanto proposto a giudice incompetente.
Per completezza, il Collegio rileva che è parimenti inammissibile il ricorso con riferimento alla presunta mancata ottemperanza della sentenza n. 1416/2011, pronunciata da questo T.A.R., per la parte in cui il giudice di prime cure ha disposto la trasmissione di copia della sentenza e degli atti del giudizio, a cura della cancelleria, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani. L’invio degli atti (anche ai sensi del comma 4, dell’art. 331 c.p.c.) oltre ad essere irretrattabile, non può essere oggetto nè di sindacato, nè di azione di esecuzione in quanto rappresenta attività  svolta in occasione dell’esercizio della funzione giurisdizionale (Cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 10/2011; Sez. IV, n. 1789/2006. Sez. V, sent. 5465/2014), mentre nel giudizio di ottemperanza l’oggetto è relativo all’attuazione – della parte soccombente – delle statuizioni contenute nel giudicato.
Per tutto quanto esposto il ricorso è inammissibile.
Sussistono motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, in considerazione della rilevanza dei profili sottesi alla questione decisa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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