1. Tutela dei beni culturali e del paesaggio- Presunzione di interesse culturale – Regime vincolistico – Competenza Soprintendenza
2. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Attrazione regime demanio pubblico ex art. 822 co. 2 c.c. – Usucapione – Non sussiste

1. Con riferimento a un complesso edilizio risalente al XVI secolo, in mancanza di verifica negativa ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 sussistono la presunzione di interesse culturale e il relativo regime vincolistico di cui all’art. 10 del medesimo d.lgs., con la conseguenza che non può essere realizzato alcun intervento senza la preventiva approvazione della Sovrintendenza per i Beni culturali. 
2. I beni di cui all’art. 10, comma 1, d.lgs. 22gennaio 2004, n. 42, sono attratti al regime del demanio pubblico ai sensi dell’art. 822 comma 2 c.c. e, pertanto, resta escluso l’acquisto per usucapione.

N. 00884/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00161/2014 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 161 del 2014, proposto da: 
Francesco Tagarelli, rappresentato e difeso dagli avv. Libera Valla, Carmelo Stefanelli, con domicilio eletto presso Libera Valla, in Bari, Via Quintino Sella, n. 36; 

contro
Comune di Noicattaro, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Ricciardi, domicilio ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Bari in Bari, Piazza Massari; Azienda Sanitaria Locale Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Edvige Trotta, con domicilio eletto presso Edvige Trotta, in Bari, Lungomare Starita n. 6; 

per l’annullamento
dell’ordinanza n. 78/2013 Registro Generale (n. 7/2013 IV settore Urbanistica) del Comune di Noicattaro IV Settore Urbanistica- Edilizia Privata dell’11/11/2013, con la quale è stata ordinata la demolizione delle opere edili abusive con ripristino del preesistente stato dei luoghi, nonchè per l’eliminazione delle superfetazioni riscontrate dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bari;
nonchè di ogni atto presupposto connesso o consequenziale compreso il verbale di contestazione redatto dalla Polizia municipale del Comune di Noicattaro di cui alla nota 3638/P.M.-12/2012-Ed.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Noicattaro e dell’Azienda Sanitaria Locale Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Libera Valla e Vincenzo Ricciardi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Il ricorrente riferisce di occupare, per necessità  proprie e della propria famiglia, ininterrottamente dal 1982 ad oggi, una porzione – già  adibita ad alloggio del custode – di un antico convento risalente al XVI secolo, sito in Noicattaro alla via dei Cappuccini, indicato in catasto al foglio 39, particelle 124, 126 e 129, passato in proprietà  al Comune dal 29.10.1871, in stato di abbandono da 1966.
Il ricorrente, dopo averne occupato una parte, provvedeva alla manutenzione ripristinando gli impianti e i servizi necessari per l’uso abitativo.
In data 20.4.2011 con nota del 20.4.2011 la Asl di Bari in qualità  di proprietaria del complesso edilizio diffidava il ricorrente a rilasciare l’immobile.
Con il provvedimento impugnato il Comune di Noicattaro, a seguito di verifiche tecniche condotte in loco,intimava al ricorrente la demolizione delle opere (vano ripostiglio e bagno, tre locali in legno, pavimentazione del porticato, vano con copertura a falda di area scoperta, chiusura di una porta di accesso dall’esterno, due tettoie) realizzate nel corso degli anni sull’immobile occupato senza autorizzazioni edilizie ed in contrasto con il vincolo di interesse culturale gravante sull’immobile ex art. 10 d.lg. 42/2004 .
Il ricorrente impugna l’ordinanza di demolizione sostenendo che il vano ripostiglio, il bagno e la pavimentazione del porticato sarebbero preesistenti al suo insediamento in quanto, per i materiali e a fattura impiegati, risalirebbero agli anni ˜50/60 del secolo scorso, i tre locali in legno e le tettoie, che ammette di aver realizzato, sarebbero opere precarie e rimovibili e il vano con copertura a falda di area scoperta, risalente come locale legnaia agli anni 40, così come la chiusura della relativa porta di accesso dall’esterno, sarebbero opera della ASL di Bari.
Deduce pertanto i seguenti vizi:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 8 l. 241/90 – violazione del principio di trasparenza e del giusto procedimento perchè non avrebbe ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento che gli avrebbe permesso di far valere le sue ragioni in sede procedimentale, rappresentando la circostanza, in sè rilevante ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo, di aver usucapito l’area occupata e di presentare istanza di accertamento di conformità  ex art. 36 d.lg. d.P.R. 380/01 trattandosi di opere solo formalmente abusive;
2) violazione degli articoli 22, 36 e 37 del d.P.R. 380/01 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed erronea presupposizione, violazione del principio di buon andamento dell’attività  amministrativa exart. 97 Cost. – illegittimità  derivata; l’istruttoria procedimentale sarebbe carente perchè il Comune non ha tenuto conto del fatto che le opere sono conformi al PRG vigente e in parte non necessitavano neppure di titolo edilizio perchè precarie e rimovibili – inidonee dunque ad esprimere nuova cubatura – come evidenziato in dettaglio nella perizia di parte depositata in giudizio;
3) violazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 e dell’art. 3 l. 241/90 per difetto di motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea presupposizione in fatto e in diritto, illogicità , violazione del principio generale di trasparenza e di buon andamento dell’attività  amministrativa ex art. 97 Cost., in subordine, eccesso di potere per motivazione generica e insufficiente; seppure si trattasse di opere tali da determinare un aumento di volumetria, dovrebbe tenersi conto, al contrario di quanto avvenuto in sede procedimentale, dell’affidamento riposto dal ricorrente nella situazione ormai consolidata da oltre trent’anni;
4) violazione di legge: violazione d.P.R. 380/01, violazione di legge 75/1965 e d.m. 28/1998 – eccesso di potere per manifesta ingiustizia – travisamento ed erroneità  dei presupposti perchè la datazione delle opere agli anni 50/60 del secolo scorso esclude che possa, anche solo in astratto, ipotizzarsi che siano abusive poichè allora non erano ancora in vigore norme di regolazione dall’attività  edilizia privata.
Il Comune di Noicattaro ha prodotto la documentazione attestante la spedizione al ricorrente della comunicazione di avvio del procedimento.
Nel merito contesta la natura precaria dei manufatti che il ricorrente afferma di aver realizzato, i quali invece aumentarebbero la consistenza volumetrica dell’immobile, e nega di essere tenuto a verificare, nella sede del procedimento avviato per la demolizione, la conformità  delle opere abusive agli strumenti urbanistici ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/01, considerato che la legge pone a carico del responsabile o del proprietario dell’abuso l’onere di promuovere il procedimento di accertamento di conformità , ove vi abbia interesse, ed a tale onere il ricorrente si sarebbe finora sottratto.
Con memoria del 27.4.2015 il ricorrente contesta che il vincolo ex art. 10 d.lg. 42/2004 fosse vigente quando il Comune ha dismesso l’immobile poichè la Asl, attuale proprietaria del convento, è un ente di recente costituzione e non risulta ex actis la data del trasferimento del bene al suo patrimonio, nè si ha notizia se il precedente proprietario avesse natura pubblica con conseguente incertezza circa l’appartenenza del bene ad un ente pubblico per oltre 70 anni, come prescritto dall’art. 10 comma 1 del d.lg. 42/04 ai fini della sussistenza del vincolo di interesse culturale.
DIRITTO
Si controverte sulla legittimità  dell’ordine di demolizione di opere prive di autorizzazione che, è incontestato inter partes, interessano un complesso edilizio risalente al XVI secolo, già  di proprietà  del Comune, successivamente pervenuto alla ASL di Bari.
Preliminarmente deve osservarsi che il primo motivo è infondato, avendo il Comune versato in atti, e il ricorrente non contestato, l’avviso di ricevimento della comunicazione di avvio del procedimento, sottoscritto da persona qualificatasi come coniuge del ricorrente al momento della consegna.
Le altre censure sono infondate laddove asseriscono la conformità  delle opere alla normativa urbanistica o la collocazione temporale a data precedente al sistema di regolazione dell’attività  edilizia, poichè ad esse resiste la parte motiva del provvedimento che dispone la riduzione in pristino trattandosi di opere realizzate in violazione delle norme di tutela dei beni di interesse culturale poste dal d.lg. 42/2004.
E’ infatti pacifico che per tutte le opere descritte nel provvedimento non fu rilasciata alcuna autorizzazione, nè da parte del Comune, nè da parte della Sovrintendenza, mentre si discute sul fatto che si tratti di opere di edilizia libera per la natura precaria dei manufatti o perchè risalenti a data anteriore all’entrata in vigore della legge ponte, come sostenuto dal ricorrente.
Tali circostanze non sono tuttavia decisive poichè dette opere, seppure fossero riconducibili al regime di edilizia libera, secondo la normativa urbanistica vigente all’epoca della realizzazione, avrebbero comunque dovuto essere previamente autorizzate dall’Autorità  tutoria del beni culturali.
Non c’è dubbio infatti che, trattandosi di un complesso edilizio risalente al XVI secolo, appartenuto al Comune fin dal 1871, come riferito dallo stesso ricorrente, l’ex convento dei Cappuccini è un bene per il quale valgono la presunzione di interesse culturale e il relativo regime vincolistico ai sensi dell’art. 10 comma 1 del d.lg. 42/02 (che riproduce quanto già  previsto dall’art. 1 l. 1098/1939 e dall’art. 2 l. 490/1999) fino a verifica negativa, come previsto dall’art. 12 d.lg. 42/04.
Come tale non poteva quindi essere oggetto di interventi edilizi o opere di qualunque genere senza la preventiva approvazione della Sovrintendenza per i Beni di culturali, come prescritto dall’art. 21 del d.lg. 42/2004 e prima ancora dall’art. 23 della l. 490/99 e dall’art. 18, comma 1. l. 1089/1939.
Ne consegue che le opere oggetto dell’ordine di demolizione da chiunque realizzate, anche se risalenti agli anni ’50 del secolo scorso come affermato dal ricorrente, sono soggette alle misure di ripristino previste dalla citata normativa di tutela dei beni culturali, che il Comune ha il potere di adottare nell’esercizio delle funzioni di vigilanza previste dall’art. 27 del d.P.R. 380/01.
Nè può avere rilievo il fatto che la ASL sia un ente di recente costituzione, da ciò deducendo il ricorrente incertezza sul fatto che il convento sia appartenuto, prima di allora, ad un ente pubblico e sull’immanenza del vincolo ex art. 10 d.lg. 42/04 che postula l’appartenenza del bene per almeno 70 anni ad un ente pubblico.
In verità  il settantennio è riferito all’esecuzione dell’opera da imputarsi ad autore non più vivente da oltre 70 anni e un convento edificato nel XVI secolo risponde a detto requisito;
Risulta poi dalla visura catastale allegata alla perizia di parte ricorrente che l’immobile è stato trasferito dal Comune alla ASL di Bari con rogito del registrato l’8.10.2001.
Dovendosi allora ammettere che il convento dal 1871 è sempre appartenuto ad un ente pubblico, il vincolo di cui è menzione nell’art. 10 d.lg. 42/04, già  in essere per effetto dell’art. 1 l. 1089/1939, non è mai venuto meno.
Nessun effetto può poi ricondursi all’asserito possesso ultraventennale condotto dal ricorrente sulla parte dell’antico convento occupata dal 1982, in quanto, per i beni riconosciuti di interesse storico ai sensi dell’art. 822 c.c. appartenenti ai Comuni, l’art. 824 c.c. estende il regime previsto dall’art. 823 c.c. per il demanio pubblico.
Infatti fra gli immobili riconosciuti di interesse storico che l’art. 822 comma 2 attrae al regime del demanio pubblico, per i quali è escluso l’acquisto per usucapione, devono intendersi compresi i beni enunciati nell’art. 10 comma 1 d.lg. 42/04 (già  nell’art. 1 l. 1089/1939 e poi nell’art. 2 l. 490/1999) il cui riconoscimento come beni di interesse storico fa capo alla legge.
Pertanto inutilmente il ricorrente contesta l’immanenza del vincolo ex art. 10 comma 1 d.lg. 42/04, assumendosi proprietario per usucapione, considerato che:
– il vincolo dipende (anche) dall’appartenenza dell’immobile ad un ente pubblico,
– il convento è appartenuto al Comune e dunque non poteva essere acquisito per usucapione, fino al rogito registrato l’8.10.2001 quando è passato in proprietà  alla ASL,
– la Asl è un’amministrazione pubblica ex art. 2 d.lg. 165/01 e, comunque, da allora il periodo di possesso ventennale non si è compiuto.
Correttamente allora il Comune ha stabilito che le opere in questione debbano essere rimosse ad opera del ricorrente dell’immobile e della ASL che ne è proprietaria.
Nessun affidamento invece si può riconoscere in capo al ricorrente sulla legittimità  del suo operato, già  in sè incompatibile con la condotta usurpativa di un bene altrui, tenuto conto del fatto che il ricorrente non vanta alcun interesse qualificato al mantenimento delle opere descritte ai punti 1, 2, 3, 3.1 e 3.2 dell’ordinanza, delle quali nega di essere l’autore e neppure può affermarsi proprietario.
Quanto alle altre opere che il ricorrente ammette di aver realizzato, è l’asserita loro natura di manufatti precari, rimovibili in qualsiasi momento, che esclude l’invocato affidamento a mantenerle in essere, sebbene prive di autorizzazione.
Non avendo però il Comune provato, a fronte di esplicita censura, che il ricorrente sia autore di tutte le opere di cui si esige la riduzione in pristino, il provvedimento impugnato deve essere annullato limitatamente all’ordine rivolto a Francesco Tagarelli di demolire le opere indicate ai punti da 1 a 3.2 della parte motiva, delle quali egli ha eccepito la preesistenza al suo insediamento nel convento o la realizzazione su commissione della ASL di Bari, salvo lo stesso precetto nella parte in cui è rivolto alla Asl in qualità  di proprietaria.
Il ricorrente va definitivamente ammesso al gratuito patrocinio, non risultando il ricorso manifestamente infondato.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto annulla l’ordinanza n. 78/2013 del Comune di Noicattaro nella parte in cui ordina a Tagarelli Francesco la demolizione con conseguente riduzione in pristino stato delle opere descritte ai punti 1, 2, 3, 3.1 e 3.2 della parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria