1. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia pubblica – Permesso di costruire – Proroga – Presupposti – Contestualità  – Necessità 
2. Giurisdizione – Risarcimento del danno – domanda accessoria giudizio impugnatorio – Fonte contrattuale – Valutazione – Rimessa al giudice amministrativo – Fattispecie
3. Procedimento amministrativo – Esibizione dei documenti da parte del privato – Acquisizione d’ufficio – Limiti
4. Processo amministrativo – Giudizio impugnatori – Ricorso – Motivi – Infondatezza di uno si essi  – Conseguenze  

1. Ai fini della concessione della proroga del permesso di costruire è necessario che sussistano, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. 15 giugno 2001, n. 380 entrambi i seguenti requisiti: 1) la dimostrazione dei fatti sopravvenuti estranei alla volontà  del titolare , nonchè la dettagliata descrizione della mole dell’opera da realizzare e del programma costruttivo dell’opera stessa ( nella specie, il primo requisito non era stato dimostrato all’atto dell’istanza di proroga, mentre in ordine al secondo la relazione descrittiva, caratterizzata da particolare laconicità  – 43 righi appena – non ha consentito di considerare attendibili, perchè fondate su concrete argomentazioni giustificative, lo stato descrittivo dei lavori e il relativo cronoprogramma.
2. Non sussiste il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo chiamato a valutare la legittimità  di un provvedimento, per la domanda di risarcimento accessoria a quel giudizio, anche quando la relativa fonte sia configurabile in una clausola arbitrale contenuta in una convenzione, atteso che, ai sensi dell’art. 8 del d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104 il giudice amministrativo ha il potere di valutare incidentalmente le questioni relative a diritti la cui soluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale. (Nella specie, peraltro, all’esito del giudizio è emersa l’assenza di consistenza dell’eccezione del difetto di giurisdizione per l’estraneità  della convenzione al giudizio stesso).
3. La previsione dell’acquisizione d’ufficio di atti e documenti tra amministrazioni a fini istruttori prevista dall’art. 18 della l. 7 agosto 190, n. 241 deve intendersi circoscritta a documenti attestanti fatti, atti qualità  e stati soggettivi, non potendo, pertanto, esser estesa anche a documenti relativi allo stato di avanzamento lavori di opere e manufatti, come la prova necessaria nel procedimento di proroga in questione. 
4. Qualora il rigetto del primo motivo di ricorso determina la salvaguardia anche di una soltanto delle motivazioni che sorreggono il provvedimento impugnato, deve essere dichiarata l’improcedibilità  degli altri motivi di ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

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Cons. St. Sez. IV, ric. n. 7306 – 2015; sentenza 18 ottobre 2016, n. 4321 – 2016

N. 00807/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00640/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 640 del 2013, proposto da: 
Bolici Invest Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Annalisa Di Giovanni, Angelo Lucio Lacerenza, e Eugenio Picozza, con domicilio eletto presso Rosa Cerabino in Bari, Via Melo, n.141; 

contro
Comune di Monte Sant’Angelo, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Volpe, con domicilio eletto presso Luigi Volpe in Bari, corso Vittorio Emanuele, n.52; 
Contratto D’Area di Manfredonia, Regione Puglia; Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Capitaneria di Porto di Manfredonia, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello Sviluppo Economico Dipartimento Sviluppo e Coesione Economica, Ministero dello Sviluppo Economico Direzione Gen.le Incentivazione Attività  Imprenditoriali-Uff. Salerno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso i cui uffici, siti in Bari, Via Melo n. 97, sono domiciliati ex lege; 

per l’annullamento
della nota prot. 2156 del 21.2.2013 del Comune di Monte Sant’Angelo, Settore Urbanistica, avente ad oggetto “Ns. Rif.: prot. 13065 del 5.12.2012 avente oggetto: comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis della L. 24111990 – preavviso di diniego di rilascio di proroga del permesso di costruire n. 92 del 26.6.2008, in istanza acquisita al n. 2132 in data 2.3.2012. Oggetto: comunicazione definitiva di diniego dell’istanza in riferimento emarginata ricevuta dalla Bolici Invest S.r.l. in data 13.3.2013;
di ogni altro atto successivo, antecedente, presupposto, connesso, collegato ancorchè non cognito, con particolare ma non esclusivo riferimento alla nota prot. 13065 del 5.12.2012 del Comune di Monte Sant’Angelo avente ad oggetto: “comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/1990 – preavviso di diniego di rilascio di proroga del permesso di costruire n. 92 del 26.6.2008”, nonchè della pronuncia di decadenza del permesso di costruire n. 92 del 26.6.2008, ove emessa.
per la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni patiti e patendi da parte della società  ricorrente come quantificati in atto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Monte Sant’Angelo e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Capitaneria di Porto di Manfredonia e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dello Sviluppo Economico Dipartimento Sviluppo e Coesione Economica e di Ministero dello Sviluppo Economico Direzione Gen.Le Incentivazione Attività  Imprenditoriali-Uff. Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Annalisa Di Giovanni, Luigi Volpe e Lidia Fiandaca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
PREMESSA METODOLOGICA.
La vicenda sottoposta all’attenzione del Collegio, dal punto di vista fattuale, non presenta elementi di straordinaria complessità .
Ciò che tuttavia, devia rispetto al canone di linearità  e semplicità , imponendo alla Sezione di affrontare questioni ed aspetti non sempre essenziali ai fini della valutazione di legittimità  dell’atto impugnato e del rapporto ad esso sottostante, è la voluminosa e minuziosa esposizione in fatto ed in diritto proposta negli scritti difensivi di entrambe le parti in causa che distrae rispetto agli elementi rilevanti ai fini del decidere, imponendo, pertanto, di operare, in sede motivazionale, con inderogabile e inesorabile applicazione da un lato dei principi di sintesi e sinteticità ; dall’altro procedendo per approssimazioni successive nel tentativo di sgomberare il campo da tutte le questioni non strettamente necessarie ai fini del decidere.
Risponde ai criteri appena esposti in premessa la precisazione che il divieto di motivazione postuma (di cui parte ricorrente, in più occasioni, rimprovera alla difesa del Comune intimato la violazione, attraverso le memorie difensive) viene ritenuta ammissibile solo nei limiti di cui all’art. 21 octies, l. n. 241/90, non potendo il Collegio consentire l’ingresso, nella fase contenziosa, di elementi non considerati nella fase istruttoria del provvedimento impugnato e che esulano da aspetti non discrezionali (il punto verrà  meglio chiarito in prosieguo nella parte dedicata agli aspetti non rilevanti della vicenda introdotti dalle reciproche difese).
I FATTI.
Facendo applicazione del principio di ponderata sintesi che il Collegio deve applicare, questi i fatti nell’ambito dei quali si inserisce la vicenda contenziosa sottoposta all’attenzione del Giudicante.
Il progetto di costruzione (mai completata), da parte della società  odierna ricorrente, di un porto turistico in località  Macchia-Chiusa dei Santi, nel Comune di Monte Sant’Angelo veniva valutato dalle varie autorità  pubbliche indicate in epigrafe, in seno ad una conferenza di servizi tenutasi il 25.5 e 23.6 dell’anno 2006.
Con DGR n. 578 del 15.5.2007 la Giunta regionale autorizzava il Presidente alla sottoscrizione del relativo accordo di programma, ai sensi dell’art. 34 d.lgs n. 267/2000, tra il Comune di Monte Sant’Angelo e la Regione Puglia.
L’accordo di programma veniva sottoscritto dalle parti il 21.5.2007, ratificato dal Consiglio Comunale il 25.5.2007, nonchè approvato dal Presidente della Regione il 9.10.2007.
Il 3.6.2008 il Comune e la società  Bolici Invest Srl (d’ora in poi Bolici) stipulavano una convenzione che, in 22 articoli, disciplinava i “contenuti, modalità  attuative e programma di realizzazione delle opere relative all’approdo turistico”.
Le parti convenivano, tra l’altro, (art.3) che l’opera sarebbe stata terminata entro 5 anni dalla stipula della convenzione e 2 anni dall’inizio dei lavori.
Il Comune (art. 7), a mezzo dell’UTC del Settore Urbanistica, veniva onerato dell’ “alta sorveglianza” sui lavori la cui direzione sarebbe stata affidata a tecnici scelti dal soggetto attuatore (cioè la Bolici).
Il 26.6.2008 il Comune rilasciava il relativo Permesso di costruire (d’ora in poi PdC) n. 92/2008 che contemplava, come legislativamente previsto, la scadenza entro 3 anni dall’inizio dei lavori.
Già  in data 16.10.2007 il Comune – ente delegato a tal fine – aveva adottato l’autorizzazione paesaggistica, riscontrata positivamente dalla Soprintendenza (che non rilevava vizi di legittimità ) con nota prot. 5040 del 20.8.2008.
Il 3.12.2008 la Regione Puglia concedeva l’area demaniale e lo specchio d’acqua per la realizzazione dei lavori (autorizzando poi, con provvedimento assessorile del 22.2.2010, il sub-ingresso nella concessione demaniale alla società  “Baia dei venti srl”).
Il 2.3.2009 la Bolici comunicava l’inizio dei lavori per il successivo giorno 4.3.2009.
Con richieste del 23 e 27.7.2009 (cioè dopo soli 4 mesi e 20 giorni circa dall’inizio dei lavori) , la società , allegando di aver acquistato e realizzato direttamente beni , sostenendo le relative spese, per importo, al netto di IVA, di euro 2.344.904,00 pari al 33,4% dei beni da acquistare o realizzare, chiedeva l’erogazione della prima rata del finanziamento pubblico (pari a complessivi euro 3.510.500,00 rispetto ad una spesa complessiva ritenuta ammissibile per l’intervento, pari a euro 7.021.000,00) ottenuto con la sottoscrizione del III protocollo aggiuntivo del contratto d’area in data 27.7.2006, ai sensi della l. n. 662/96
Con valuta al 27.11.2009, venivano accreditati alla società , previa comunicazione del 25.11.2009 della Cassa depositi e prestiti, euro 1.170.166,66.
Con richiesta precedente al 19.7.2011 (della stessa non risulta la data), la società  domandava al RUP del Contratto d’area Manfredonia – Monte S. Angelo la proroga di 12 mesi del termine per l’ultimazione del programma di investimenti (finanziato con danaro pubblico), previsto per il 3.12.2011.
Il 4.8.2011, in risposta alla richiesta di integrazione del RUP, la società  completava l˜istanza già  formulata, con una relazione esplicativa, documentazione fotografica e copia dei bollettini della protezione civile.
Nei 43 righi della relazione esplicativa (agevolmente contenuta in una pagina e mezza), l’amministratore unico adduceva, quale causa del ritardo nella conclusione dei lavori, giustificativa della proroga, le persistenti avverse condizioni meteomarine dell’ottobre 2009 (culminate nei giorni 23 e 24) che, con violente mareggiate, causavano ingenti danni alle opere già  realizzate; nonchè l’analoga situazione venutasi a verificare nel febbraio 2011.
Con provvedimento del 27.10.2011 la proroga veniva concessa.
Con due contestuali richieste, recanti lo stesso numero di protocollo (2132), e pervenute il 2.3.2012 (ovverosia 2 giorni prima della scadenza del PdC), la Bolici chiedeva la proroga rispettivamente per 12 e 24 mesi del titolo edilizio n. 92/2008.
Seguiva un vario carteggio tra Bolici ed il Capo del Settore Urbanistica (il 24.7.2012 si chiedevano informazioni in ordine alla vigenza della polizza fideiussoria; il 22.8 la Bolici replicava richiamando la già  dimostrata perdurante validità , sollecitando l’adozione del provvedimento richiesto; il 17.9.2012 il Capo del Settore Urbanistica chiedeva di presentare, entro 10 giorni, il cronoprogramma dei lavori e una relazione asseverata dal D.L. sullo stato dell’arte dei lavori; con mail del 20.9.2012 Paolo Bolici confermava che “la parte iniziale dei lavori è stata eseguita dalla società  Monteroc”, aggiungendo che avrebbe completato la richiesta con il documento e l’intestazione della nuova società  che avrebbe proseguito le attività ; il giorno successivo Paolo Bolici inviava altra mail, trasmettendo il DURC della società  impegnata per le opere del porto turistico, come richiesto).
Il successivo 8.11.2012 veniva protocollata una nota sollecitatoria della società , datata 25.10.2012, con cui si lamentava il ritardo nell’adozione del provvedimento richiesto.
Ad essa si allegava lo stato di avanzamento dei lavori sottoscritto dal rappresentante della società  (ma non dal D.L.), così descritto testualmente:
“Progettazione 100%;
Scavo subacqueo 88%;
Tout venant 67%;
Scogli 71%;
Conglomerato cementizio 8%;
Impianti 6%;
Strade e Piazzali 38%”.
Il cronoprogramma, altrettanto laconicamente, si componeva di 6 voci (molo di sopraflutto; barriera paraonda-moli; sistemazione molo interno sp. acqueo; impianti; impianti; completamenti e attr.) per cui si indicava la data di completamento per ciascuna voce (l’ultima delle quali al 26.7.2013), senza alcuna ulteriore giustificazione.
I due documenti non erano accompagnati da alcuna relazione giustificativa o illustrativa nè da dichiarazioni di un tecnico che li asseverasse.
IL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO.
Il Comune rispondeva con atto di preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis l. n. 241/90, prot. 13065 del 5.12.2012, con cui indicava due ragioni ostative all’accoglimento della proroga:
1.l’istanza non risultava supportata da alcuna documentazione tecnica scritto/grafica, sottoscritta dal progettista e dal direttore dei lavori che attesti l’attuale stato dell’opera e giustifichi il nuovo cronoprogramma delle opere residue. Tanto non consentiva al RUP di valutare la congruità  della proroga da motivare in rapporto alla mole dell’opera o delle sue particolari caratteristiche tecnico – costruttive;
2.l’autorizzazione paesaggistica già  rilasciata è efficace per un periodo di 5 anni , scaduto il quale è necessaria nuova autorizzazione. Essa scade il 18.10.2012, sicchè la proroga eventualmente accordata fino al 4.3.2014 non coinciderebbe con la data di efficacia dell’autorizzazione, valevole fino al 18.10.2012 ed i lavori non potrebbero comunque, essere eseguiti.
La nota si sofferma, poi, nell’escludere qualsivoglia intento dilatorio rispetto al rilascio della proroga, evidenziando le responsabilità  dell’impresa nel ritardo dei lavori.
Non essendo pervenuta alcuna tempestiva interlocuzione sulle circostanze evidenziate, il Comune, con provv. prot. 2156 del 21.2.2013, rigettava la domanda di proroga, confermando le motivazioni già  espresse nel preavviso.
Con nota datata 12.3.2013 (successiva, dunque, all’adozione del provvedimento impugnato, che la società  allega, però, aver ricevuto il 13.3.2013), la Bolici, replicava alla comunicazione dei motivi ostativi, evidenziando varie argomentazione sulle quali non ci si sofferma (rinviando al contenuto della comunicazione: allegato 22 del ricorso introduttivo e 29 della memoria di costituzione del Comune), in quanto esse sono state approfondite e sviluppate con il ricorso introduttivo e di esse si darà  conto in prosieguo.
IL RICORSO E LE DOGLIANZE
Insorge contro il provvedimento di diniego di proroga la società  ricorrente che lamenta, con il primo motivo di ricorso, la violazione dell’art. 15, co 2, del dpr 380/2001 e l’eccesso di potere (sotto il profilo della carenza di istruttoria, perplessità , sviamento, travisamento dei fatti ed erroneità ).
Deduce, in estrema e doverosa sintesi, dopo aver premesso una pregevole ricostruzione teorica in ordine ai requisiti normativamente previsti per il riconoscimento della proroga del PdC:
che eventi di forza maggiore (le mareggiate dell’ottobre 2009 e febbraio 2011) avevano determinato il ritardo nella conclusione dei lavori;
che di tali circostanze l’Amministrazione comunale era pienamente a conoscenza, in quanto, già  comunicate, in data 4.8.2011, al RUP del contratto d’area, in occasione della richiesta di proroga del termine di conclusione dei lavori al fine di mantenere il finanziamento ottenuto;
che, comunque, la relativa documentazione era stata consegnata informalmente all’arch. Bisceglia, Capo del settore Urbanistica del Comune, sicchè egli ne era stato personalmente edotto;
che tali circostanze sarebbero state idonee ad ottenere addirittura una proroga automatica;
che, comunque, la società  aveva, con lettera in data 29.10.2012 (la lettera, in verità  è quella del 25.10.2012, prot. l’8.11.2012, all.25 memoria di costituzione del Comune e all.21 ricorso introduttivo), fatto presente il S.A.L. e che il difetto dell’asseverazione era irrilevante, provenendo direttamente dal rappresentante societario, sicchè l’Ente, in persona del Capo Settore, era stato posto in condizione di ottenere le informazioni richieste;
che, conclusivamente, le informazioni richieste erano superflue, perchè già  in possesso dell’Ente e, comunque, inviategli con la lettera del 25.10.2012, sicchè la proroga è stata negata facendo cattivo uso del potere esercitato ed in evidente violazione di legge, così impedendo la realizzazione di una rilevantissima struttura frutto di un lungimirante investimento privato.
Con la seconda censura la ricorrente aggredisce l’ulteriore argomento motivazionale, inerente i rapporti della proroga con l’autorizzazione paesaggistica, lamentando la violazione dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004; la violazione del principio di proporzionalità ; lo sviamento.
Erroneamente l’Amministrazione avrebbe giustificato il diniego di proroga con l’ulteriore ragione rappresentata dal difetto di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica alla data di scadenza della proroga che avrebbe, comunque, precluso il compimento dei lavori.
In primo luogo, infatti, la proroga avrebbe potuto essere temporalmente contenuta entro i limiti di efficacia dell’autorizzazione (la cui scadenza andava correttamente individuata a decorrere dall’atto della Soprintendenza, che non rilevava vizi di legittimità , e non dalla precedente data di rilascio da parte del Comune), ma soprattutto la seconda (cioè l’autorizzazione) non potrebbe considerarsi presupposto per il rilascio della prima (la proroga), trattandosi di provvedimenti funzionalmente indipendenti, benchè connessi (l’una sarebbe condizione di efficacia ma non di legittimità  dell’altra).
In ragione dell’illegittimo diniego la società  sarebbe stata impossibilitata a realizzare l’opera e, pertanto, formula domanda risarcitoria contemplante il danno emergente ed il lucro cessante.
Il Comune ha respinto con vigore le censure mosse, con argomenti che verranno più articolatamente indicati nel corpo della motivazione.
Il nucleo fondamentale della difesa può essere così riassunto: la società  maschera con la proposizione del ricorso i propri plurimi inadempimenti nella realizzazione dell’opera che, ricorda, avrebbe dovuto concludere entro 2 anni (termine convenzionale) e non entro il termine legale di scadenza del PdC.
In realtà , la società  non avrebbe mai (neppure prima della richiesta di proroga) fornito alcuna comunicazione in ordine allo stato di avanzamento dei lavori.
Gli eventi di forza maggiore sarebbero stati comunicati solo al RUP del contratto d’area e non al Comune, al quale tali indicazioni sarebbero state fornite a distanza di mesi, in modo da rendere incontrollabile il reale effetto degli eventi che, comunque, non hanno avuto la portata devastante pretesa dalla società , tanto che altro porto in località  prossima sarebbe stato compiutamente realizzato.
Vi sarebbe stata una situazione di disordine soggettivo in ordine alle imprese che realmente eseguivano i lavori (la Bolici; la Baia dei venti – subentrata nella concessione demaniale ma non nella convenzione stipulata con il Comune o nel contratto d’area- ; la Monteroc) significativa della responsabilità  imputabile solo alla società  per il ritardo nei lavori.
Quanto alla comunicazione del S.A.L. e del crono programma, non può non balzare agli occhi che le scarne indicazioni in esse contenute sarebbero insufficienti a giustificare la proroga richiesta, nè varrebbe la trasmissione effettuata al RUP del contratto d’area, in quanto la diversità  soggettiva delle Amministrazioni non avrebbe consentito l’osmosi delle informazioni, posto che la società  non aveva dato alcuna notizia dell’esistenza di tali documenti presso il RUP del contratto d’area.
Infine, la trasmissione brevi manu all’arch. Bisceglia, sarebbe indimostrata e, comunque, irrilevante.
Il secondo motivo di ricorso sarebbe a questo punto improcedibile per difetto di interesse.
La domanda risarcitoria risulterebbe infondata e, comunque, inammissibile per difetto di giurisdizione, in quanto la convenzione contiene una clausola compromissoria che la devolve agli arbitri.
All’udienza del 23.4.2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE.
La prima doglianza non è fondata.
Tenendo fede alla premessa già  indicata, ritiene il Collegio che opportuno sia, in primo luogo, sgomberare il campo da argomenti non conferenti e non attinenti il punto nodale della decisione; con il che si dà  concreta applicazione, nei limiti che qui rilevano, al divieto di motivazione postuma, laddove non giustificata ex art. 21octies cit.
Non rileva ai fini del decidere la “confusione” soggettiva relativa al soggetto attuatore (ovverosia i trasferimenti interni delle cariche sociali e la cessione ad altre società  dei lavori di esecuzione, questi ultimi, per la verità  espressamente vietati ex art. 13 convenzione del 3.6.2008), denunciata dalla difesa del Comune, in quanto ad essa il provvedimento impugnato non fa in alcun modo riferimento e la sua pregnanza avrebbe meritato, laddove ritenuta dirimente ai fini del diniego, un’adeguata interlocuzione partecipativa da parte della società  destinataria del diniego.
Analoga sorte meritano gli argomenti evidenziati dal Comune in ordine alla validità  della polizza per garantire l’esecuzione dei lavori, nonchè alla regolarità  contributiva. Essi risultano tutti già  superati nella fase istruttoria, sicchè non hanno concorso a determinare il provvedimento impugnato.
Esula dal novero delle questioni rilevanti anche il termine pattizio (di 24 mesi) per la conclusione dei lavori. Esso non ha giustificato il diniego nè avrebbe potuto giustificarlo, laddove il ritardo fosse stato determinato da forza maggiore (alla questione relativa alla rilevanza degli eventi atmosferici il Collegio, peraltro, dedicherà  apposita parte motiva). Peraltro, giova chiarire che l’eccezione sollevata dalla società  di difetto di giurisdizione sull’accertamento del contenuto della convenzione (in ragione della clausola arbitrale) non può trovare accoglimento in quanto, se rilevante e sia pure solo in via incidentale (ex art. 8 cpa), essa spetta al Giudice amministrativo chiamato a scrutinare la legittimità  del provvedimento impugnato.
Non rileva, in questa sede, neppure indagare la effettiva portata delle mareggiate del 2009 e 2011, allegate dalla parte ricorrente, a più riprese, negli scritti difensivi a giustificazione della proroga richiesta.
Ciò non tanto perchè in astratto la loro portata e violenza non vada scrutinata per ricondurle al novero degli eventi di forza maggiore, quanto piuttosto perchè, come emerge chiaramente dalla motivazione del provvedimento impugnato, non è stata nè la tardiva denuncia di tali accadimenti nè il fatto che esse, per la loro esigua portata, non potessero assurgere a causa scriminante del ritardo, a determinare il rifiuto di prorogare il termine di conclusione dei lavori.
In altri termini, benchè le parti, in fase contenziosa, abbiano lungamente e dettagliatamente dibattuto sulla natura di tali eventi meteorici, rispettivamente reclamandone o contestandone la natura di vis major, tale questione non tange punto il diniego, atteso che l’atto, nella sua parte motiva, non esclude la proroga in ragione del difetto “dei fatti sopravvenuti estranei alla volontà  del titolare” (tale essendo il primo requisito necessario per accordare la dilazione del termine di efficacia del PdC) che dà  – sostanzialmente – per verificato; quanto, invece, per difetto dell’ulteriore requisito normativamente previsto, rappresentato “dalla mole dell’opera da realizzare o dalle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive”.
Nè appare necessario, in questa sede, accertare e qualificare – sotto il profilo della vis major- gli eventi allegati, in quanto, come si chiarirà  in seguito, il provvedimento risulta correttamente motivato anche solo in relazione al primo argomento giustificativo indicato in motivazione.
Deve, infine, sgomberarsi il campo anche dalla pertinenza del riferimento alle mareggiate quali eventi che configurerebbero addirittura i presupposti per la proroga automatica (invero usato dalla difesa di parte ricorrente solo per corroborare la portata persuasiva delle proprie argomentazioni), da un lato, perchè la sussistenza della forza maggiore non è stata esclusa dalla motivazione dell’atto impugnato (e, dunque, in questa, essa non viene scrutinata); dall’altro perchè, la proroga automatica non è stata invocata in fase procedimentale, come dimostra la presentazione della relativa istanza.
Si tralasciano, infine, gli ulteriori argomenti addotti dalla difesa comunale, per esigenze di sintesi, attesa la superfluità  a fini motivazionali.
Così circoscritto il perimetro delle questioni effettivamente rilevanti ai fini del decidere, è necessario soffermare l’attenzione sul nucleo fondamentale del primo dei due argomenti invocati dal Comune per non accordare il differimento del termine di conclusione dei lavori.
L’istanza è stata respinta in quanto, in difetto di attendibile documentazione che attestasse lo stato attuale dell’opera ed il programma di realizzazione delle parti mancanti, non risultava possibile valutare la congruità  della proroga rispetto ai tempi di effettiva conclusione dei lavori.
Il nucleo fondamentale della doglianza è racchiuso nell’argomentazione difensiva (qui riportata in modo estremamente sintetico) che mira a confutare tale assunto evidenziando che, in realtà  il Comune ben sapeva quale fosse la situazione concreta relativa sia ai lavori realizzati sia a quelli realizzandi.
Ciò sulla scorta di varie argomentazioni che, come si dimostrerà , risultano tutte infondate.
Sostiene la difesa della società  Bolici che:
1) Il Comune era a conoscenza dello stato dei lavori perchè ad esso spettava l’alta sorveglianza sugli stessi (art. 7 convenzione). Così non è. Il Collegio non disconosce la portata prorompente (se non addirittura scoraggiante , se si pensa che il principio di efficienza dell’Amministrazione assurge a canone costituzionale) di tale affermazione. Tuttavia non può che prendersi atto che, dai riferimenti contenuti negli scritti difensivi con i relativi allegati, non risultano sopralluoghi dell’UTC sul cantiere, nè richieste di relazionare sull’andamento dei lavori. Tale circostanza è avvalorata dalla affermazione difensiva dell’Ente – ovviamente tesa a dimostrare la responsabilità  della società , sottacendo completamente le proprie- che mai la Bolici ebbe a fornire comunicazioni in ordine alla situazione delle opere. Ma se ciò è vero, sorprende che, di fronte a tale plateale deroga ai doveri di informazione ed alle plurime contestazioni di inadempimento mosse con le proprie difese, il Comune non abbia mai reclamato il loro adempimento (come invece, avrebbe imposto l’art. 16 della convenzione, disciplinante anche l’incameramento della cauzione), salva la propria repentina resipiscenza in fase contenziosa. Dunque, benchè ciò sia gravissimo (e rileva ad altri fini), il Comune non ha mai tratto elementi di conoscenza dal monitoraggio dell’attività  costruttiva.
2) Il Comune era a conoscenza dello stato dei lavori perchè la relativa documentazione era stata trasmessa al RUP del contratto d’area in occasione della richiesta di proroga del termine di ultimazione dei lavori per l’erogazione del finanziamento. L’argomento prova troppo. E’ ben vero che l’art. 18 l. n. 241/90, come invocato da parte ricorrente, impone l’acquisizione di ufficio della documentazione necessaria a fini istruttori. Tuttavia, ciò vale solo per i documenti attestanti atti, fatti, qualità  e stati soggettivi e non certo per la documentazione oggetto del contendere. A tutto concedere, insuperabile essendo la differenza soggettiva tra i due organi, si sarebbe potuto ipotizzare un dovere di acquisizione, laddove il privato avesse diligentemente segnalato la presenza di tali documenti presso altra Amministrazione, ma in assenza di tale doverosa segnalazione (espressione del generale principio di leale collaborazione), nessun obbligo officioso poteva imputarsi all’Ente. Comunque, se la parte lamenta che il Comune non abbia visionato tali atti, ciò che non ha fatto l’Amministrazione comunale ha fatto il Collegio, andando a verificare la consistenza della documentazione in questione, versata in atti (ed alla quale si rimanda, perchè più eloquente di ogni descrizione). Forti dubbi sorgono in merito alla sua idoneità  a soddisfare compiutamente la richiesta istruttoria, attesa la laconicità  della relazione inviata al RUP. Sorprende davvero che l’organo abbia concesso la proroga di sua competenza tanto agevolmente. Non può, infatti, sfuggire che la questione fondamentale relativa alle mareggiate in questione è rappresentata dalla loro reale portata distruttiva. E’, infatti, normale che, nel periodo invernale il mare possa essere anche fortemente agitato , ma ciò solo non può assurgere a vis major rispetto alle opere di un approdo turistico, in quanto un porto (anche in fase di costruzione) deve essere idoneo a proteggere da tali eventi, a meno che essi non assumano una portata straordinaria e imprevedibile. Ciò posto, da un lato la documentazione fotografica allegata (prodotta, peraltro, nel fascicolo processuale, in fotocopie pressocchè illeggibili) si limita a rappresentare gli effetti delle mareggiate, ma non può costituire un valido strumento conoscitivo in ordine alla loro effettiva forza distruttirice; dall’altro i bollettini della protezione civile allegati non cristallizzano affatto l’irresistibile aggressività  delle condizioni meteo invocate da parte ricorrente, limitandosi a evidenziare possibili criticità . Conclusivamente, la prova della forza maggiore (da valutarsi rispetto alla particolare natura dell’opera) – il cui onere non poteva che gravare sulla società  Bolici – avrebbe richiesto una maggiore inequivocità  degli elementi probatori.
3) Il Comune era a conoscenza dello stato dei lavori perchè la relativa documentazione (già  inviata al RUP del contratto d’area per la proroga di sua competenza) era stata, comunque, consegnata informalmente al Capo Settore comunale (arch. Bisceglia). La circostanza è indimostrata (e contestata dal Comune) e, comunque, del tutto irrilevante. Essa non merita particolare dispendio di energie argomentative, atteso che la consegna informale, in un procedimento retto dai principi di impersonalità  e certezza, sottostanti alla natura documentale del procedimento (a garanzia del canone di imparzialità ) non ha alcun valore.
4) Il Comune era a conoscenza dello stato dei lavori e del cronoprogramma di quelli da ultimare , perchè la necessaria documentazione era stata, comunque, trasmessa con la comunicazione datata 25.10.12, protocollata il successivo 8.11.12. Anche tale argomentazione non è idonea a fondare la censura mossa. E’ la lettura di tale documentazione che rende convinti della sua totale insufficienza e genericità . Ciò non tanto per la sua provenienza soggettiva (il rappresentante legale e non un tecnico che la asseveri), quanto piuttosto perchè, anche a voler considerare che nulla osti all’affidabilità  di una dichiarazione proveniente dagli organi sociali, ciò può risultare condivisibile solo laddove la documentazione trasmessa sia adeguatamente supportata da uno stato descrittivo dei lavori e del successivo cronoprogramma che li rendano attendibili, perchè fondati su concrete argomentazioni giustificative. Il S.A.L. ed il crono programma trasmessi, invece, si riducono a poche righe, nessuna dedicata alla dettagliata descrizione delle opere realizzate e future, tale da corroborare le dichiarazioni di parte. Si tratta, in sostanza, di mere e indimostrate asserzioni prive di riscontro.
Bene, dunque, ha fatto l’organo comunale a ritenerle insufficienti a dimostrare lo stato di fatto esistente e la serietà  del programma futuro; in contrasto con la disposizione di cui all’art. 15 cit. che impone, per la concessione della proroga, la “motivata” valutazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue caratteristiche costruttive. Tale riferimento normativo rimanda, richiedendo esplicitamente la motivazione sul punto, alla serietà  del programma costruttivo.
Ciò che suscita fortissimi dubbi non è dunque, il diniego opposto, bensì la disinvoltura di tutte le Amministrazioni coinvolte nel concedere proroghe e non sorvegliare lo stato dei lavori prima dell’ultimo atto di doverosa resipiscenza giunto, purtroppo, quando ormai parte del finanziamento pubblico era stato già  erogato (probabilmente con altrettale disinvoltura).
Resistendo la prima argomentazione motivazionale del provvedimento (fondato su plurime ragioni giustificative) alla censura svolta, la seconda doglianza risulta improcedibile per difetto di interesse, non potendo, comunque, condurre all’annullamento dell’atto impugnato (v. sul punto A.P. 5/2015).
La domanda risarcitoria segue la sorte di quella impugnatoria, senza meritare che ci si soffermi oltre.
In ogni caso, rileva il Collegio, che la mancata richiesta della tutela cautelare, andrebbe approfonditamente scrutinata al fine di valutarne gli effetti sull’ammontare dei danni richiesti.
In questa sede giova sinteticamente precisare che la responsabilità  risarcitoria fatta valere deriva dall’esercizio illegittimo della funzione pubblica (id est dall’illegittimità  del provvedimento impugnato, in quanto il diniego di proroga – che in ricorso si assume illegittimo- avrebbe impedito alla ricorrente di realizzare l’opera così, danneggiandola patrimonialmente sia per le spese sostenute inutilmente sia per il mancato guadagno).
Alla luce di tali considerazioni l’eccezione di difetto di giurisdizione – sollevata per la presenza, nella convenzione, della clausola arbitrale – perde di consistenza, in quanto non si controverte in ordine o in relazione alla portata della convenzione stessa.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo, nei rapporti tra ricorrente e Comune intimato; tra le altre parti vengono integralmente compensate, attesa la costituzione formale.
Le macroscopiche inadempienze nell’obbligo di sorvegliare i lavori e incamerare la cauzione, impongono di trasmettere gli atti in primo luogo al sig. Procuratore regionale della Corte dei Conti sede, per le determinazioni di sua competenza, ravvisando il Collegio elementi indizianti di responsabilità  erariale, quantomeno in capo agli organi comunali.
Il complessivo andamento della vicenda impone anche la trasmissione degli atti al sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, per le determinazioni di sua competenza, in ordine alla eventuale sussistenza di reati contro la pubblica amministrazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso.
Condanna la Bolici Invest Srl alla rifusione, in favore del Comune di Monte Sant’Angelo, delle spese processuali che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre IVA, CAP e spese generali al 15%, come per legge.
Compensa integralmente le spese di giudizio tra le altre parti costituite.
Dispone la trasmissione della presente sentenza, per come chiarito in parte motiva, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, per le determinazioni di sua competenza, nonchè al sig. Procuratore regionale della Corte dei Conti sede, per le determinazioni di sua competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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