1. Leggi decreti e regolamenti –  Incidente di costituzionalità  – Soppressione sezioni distaccate Tribunale – Legge 11 settembre 2011, n. 148 –  Violazione dell’art. 72, commi 1 e 4, Cost. – Manifesta infondatezza 
2. Leggi, decreti regolamenti  – Incidente di costituzionalità   – Soppressione Sezioni distaccate Tribunale – d.lgs. 7 settembre 2012, n. 155 –  Violazione dell’art. 76 Cost. – Manifesta infondatezza 
3. Leggi decreti regolamenti – Soppressione Sezioni distaccate Tribunale – Decreto ministeriale individuazione immobili in sedi distaccate ospitanti uffici giudiziari – Controllo preventivo di legittimità  della Corte dei conti – Non necessario 
4. Leggi decreti regolamenti – Soppressione Sezioni distaccate Tribunale – Decreto ministeriale individuazione immobili in sedi distaccate ospitanti uffici giudiziari – Parere del Presidente del Tribunale – Non vincolante 
5. Enti e organi della P.A. – Soppressione Sezioni distaccate Tribunale – Fonte del provvedimento
6. Leggi decreti, regolamenti – Soppressione Sezioni distaccate Tribunale – Stretta Interpretazione della norma – Deroga – Presupposti e limiti – Esercizio potere deroga per un periodo di cinque anni e in presenza di certe condizioni – Stretta interpretazione 
7. Enti e organi della P.A. – Soppressione Sezioni distaccate Tribunale – Destinazione immobili residui – Valutazione ministeriale – Discrezionalità   –  Sindacato giurisdizionale – Limiti – Obbligo di motivazione  – Non sussiste

1. àˆ manifestamente infondata la questione di legittimità  costituzionale della legge n. 11 settembre 2011, n. 148, recante conversione in legge – con modificazioni- del D.L. n. 13 agosto 2011, n. 138 e delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari per violazione dell’art. 72, commi 1 e 4 Cost., essendo stata rispettata la votazione “articolo per articolo e con votazione finale” – sia pure accentrata in virtù dell’apposizione della fiducia – da parte dell’Assemblea chiamata a deliberare sull’unico articolo costituente il testo legislativo in questione. 
2. àˆ manifestamente infondata la questione di legittimità  costituzionale dell’art. 1 del D.Lgs. 7 settembre 2012, n. 155, con cui, in attuazione della delega conferita al Governo dal D.L. n. 13 agosto 2011, n. 138  per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, è stata disposta la soppressione di tutte le Sezioni distaccata del Tribunale di Bari per assunta violazione dell’art. 76 Cost. (eccesso di delega), atteso che -come già  riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24 luglio 2013, n. 237 “Nel caso in esame si è in presenza di una misura organizzativa, in cui la soppressione dei singoli tribunali ordinari ha costituito la scelta rimessa al Governo, nel quadro di una più ampia valutazione del complessivo assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, finalizzata a realizzare un risparmio di spesa e un incremento di efficienza” e l’applicazione dei criteri di delega non manifesta elementi di irragionevolezza, rispondendo la scelta operata ad un corretto bilanciamento di interessi. 3. Non è soggetto a controllo preventivo di legittimità  della Corte dei conti il decreto dell’8.8.2013 con cui il Ministero della giustizia ha individuato, ai sensi dell’art. 8, comma 1 del D.Lgs. 7 settembre 2012, n. n. 155, le sedi ospitanti le soppresse Sezioni distaccate di Modugno, Altamura e Rutigliano, quali locali a servizio del Tribunale di Bari (sopprimendo di fatto definitivamente soltanto la Sezione distaccata di Tribunale di Bitonto), non rientrando tra gli atti che, ai sensi dell’art. 3 della legge 14.1.1994 n. 20 richiedono siffatto controllo, come riconosciuto dallo stesso organo di controllo che ha restituito privo di registrazione  il decreto impugnato in quanto non necessitante del controllo suddetto. 
4. Non è vincolante il parere espresso dal Presidente del Tribunale nell’ambito del procedimento di cui all’art. 8 del D.Lgs. 7 settembre 2012, n. 155 finalizzato all’esercizio del potere da parte del Ministero di derogare alla soppressione delle Sezioni distaccate per un periodo di cinque anni e in presenza di certe condizioni (nel caso di specie, tra l’altro, lo stesso Tribunale di Bari ha rivisto, in corso di procedimento, l’originario parere invocato da parte ricorrente aderendo alla soluzione prospettata -e poi effettivamente adottata- dal Ministero). 
5. La soppressione delle Sezioni distaccate dei Tribunali non è stata disposta dal Decreto ministeriale dell’8.8.2013, bensì unicamente dal D.Lgs. n. 155/2012 a decorrere dal 13.9.2013. 
6. L’esercizio della funzione di derogare – da parte del Ministero –  alla soppressione delle Sezioni distaccate, per un periodo di cinque anni e in presenza di certe condizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. 7 settembre 2012, n.  155, è da ritenersi di stretta interpretazione in quanto l’obiettivo della riforma, in cui lo stesso si inserisce, è quello di procedere nel più breve tempo possibile alla totale dismissione delle strutture ove sono attualmente allocati tutti gli uffici soppressi e alla conseguente loro concentrazione presso gli uffici accorpanti, nell’ottica di conseguire un risparmio di spesa (v. Linee Guida per l’attuazione della procedura di utilizzo dell’immobile prevista dall’art.8 del d.lgs. n. 155/2012, emanate dal Ministero della Giustizia in data 15.3.2013), sicchè ammettere un uso generalizzato dello strumento della deroga applicandolo ogni qualvolta l’immobile risponda in linea di principio ai requisiti richiesti dal legislatore, significherebbe frustrare la stessa ratio legis. 
7. In virtù del quadro ordinamentale emergente dal d.Lgs. 7 settembre 2012, n. 155, ogni eventuale valutazione finale sulla sorte degli edifici giudiziari nelle sedi soppresse spetta unicamente al Ministro della Giustizia e la scelta rimessa al Ministro, poichè ampiamente discrezionale, è suscettibile di sindacato giurisdizionale solo ove manifestamente irragionevole ovvero adottata in violazione del procedimento dettato dal legislatore stesso (ipotesi entrambe non verificatesi nella specie, posto che, all’esito dell’accurata istruttoria condotta, le Sedi individuate nell’ambito della circoscrizione di Bari sono risultate essere quelle che maggiormente rispondono alle esigenze sottese alla riorganizzazione giudiziaria), nè può configurarsi alcun obbligo di ulteriormente motivare in ordine ai possibili ed eventuali effetti negativi che possano derivare dalla mancata utilizzazione degli immobili già  sede degli altri uffici giudiziari soppressi (quale quella di Bitonto), essendo queste valutazioni rimesse -e, per di più, già  svolte- in sede di adozione del d.lgs.155.

N. 00746/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01118/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1118 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Comune di Bitonto, Michele Calamita, Nicola Bonasia, Antonio Lisi, Michele Coletti, Giuseppe Piacente, Nicola Papapicco, Graziano Lepore, Alberto Muschitiello, Emanuele Dimundo, Antonio Andriani, Angela D’Eredità , Anna Maria Saracino, Vincenzo Marinelli, Rossella Robles, Michele Martucci, Teresa Moschetta, rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Deramo, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via F.S. Abbrescia, n. 83/B;
contro
Ministero della Giustizia, Tribunale di Bari, Corte D’Appello di Bari -Consiglio Giudiziario, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Bari, alla via Melo, n. 97; Comune di Modugno; 
nei confronti di
Ordine degli Avvocati di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Fulvio Mastroviti, Pierluigi Balducci e Nino Sebastiano Matassa, con domicilio eletto presso l’avv. Fulvio Mastroviti in Bari, alla via Quintino Sella, 40; 
per l’annullamento
a) del decreto del giorno 8.8.2013, con il quale il Ministro della Giustizia ha individuato, ai sensi dell’art.8, comma I del D.L.vo n. 155/2012, le sedi ospitanti le soppresse Sezioni distaccate di Modugno, Altamura e Rutigliano, quali locali a servizio del Tribunale di Bari (sopprimendo di fatto definitivamente la Sezione distaccata di Tribunale di Bitonto);
b) della nota prot. 85748 del 9.8.2013;
c) della nota del Presidente del Tribunale di Bari, prot. 3098 del 19.8.2013;
d) di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, comprese, ove occorra, le note prot. 4999, 5000, 5005 del 16.7.2013 rilasciate dalla Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi presso il Ministero della Giustizia, nonchè il parere dell’Ordine degli Avvocati di Bari, del 16.1.2013 ed il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte di Appello di Bari, espresso nella seduta del 24.4.2013, tutti atti sconosciuti nel loro contenuto ai ricorrenti;
e con Motivi Aggiunti del 19 settembre 2013:
degli atti e/o provvedimenti già  impugnati con il ricorso principale deducendo nuove censure;
e con Motivi Aggiunti del 3 ottobre 2013:
– del decreto del Presidente del Tribunale di Bari n. 75 del 23.9.2013;
– della nota prot. n.3053 dell’8.8.2013 a firma del Presidente del Tribunale di Bari;
– di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti;
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Tribunale di Bari, dell’Ordine degli Avvocati di Bari e della Corte D’Appello di Bari – Consiglio Giudiziario;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Antonio Deramo, per la parte ricorrente, e avv. dello Stato Lydia Fiandaca, per le amministrazioni resistenti e avv. Pierluigi Balducci, anche in dichiarata sostituzione degli avv.ti Fulvio Mastroviti e Nino Matassa, per il controinteressato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Oggetto del presente gravame i provvedimenti in epigrafe meglio indicati -del Ministero della Giustizia e del Presidente del Tribunale- con i quali si è disposto in merito alla soppressione della sede distaccata del Tribunale di Bari ubicata nel comune di Bitonto, nell’ambito della riorganizzazione generale degli uffici giudiziari prevista dall’art.1 della legge delega n. 148 del 14.9.2011, attuata con il d.lgs. n. 155 del 7.10.2012.
Più precisamente, il decreto ministeriale 8.8.2013 è stato impugnato con il ricorso introduttivo, notificato il 29 agosto 2013; il conseguente decreto presidenziale con il secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 2 ottobre successivo.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia, il Tribunale di Bari e il Consiglio giudiziario della Corte di appello di Bari a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari ha proposto intervento ad adiuvandum con atto prodotto in data 21 settembre 2013.
Con ordinanze nn. 526 e 544 del 2013 è stata concessa tutela cautelare interinale e con ordinanza n. 893/2014 sono stati disposti incombenti istruttori, onde verificare il corretto svolgimento dell’iter parlamentare per l’approvazione della legge-delega n. 148/2011.
All’udienza del 4 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione e ridiscussa nella Camera di Consiglio del 18.2.2015, all’esito della quale è stata definitivamente decisa.
2.- Il ricorso non può trovare accoglimento poichè infondato. Si prescinde, quindi, dall’esame delle eccezioni preliminari formulate dalla difesa erariale.
Le censure articolate avverso i due provvedimenti sono coincidenti, considerata la natura meramente esecutiva del provvedimento adottato dal Presidente del Tribunale; risultano prevalentemente incentrate sull’asserito difetto di motivazione e di istruttoria. In entrambi gli atti vengono inoltre sollevati profili di incostituzionalità  del decreto legislativo n. 155/2012, già  richiamato sub 1, per violazione dell’art. 76 della Costituzione (eccesso di delega); ed ulteriori profili di incostituzionalità  sono stati prospettati d’ufficio in relazione alla presupposta legge-delega e posti a base dell’esperita istruttoria.
2.1.- Invertendo quindi l’ordine delle censure e prendendo le mosse dall’esame dei profili di incostituzionalità , potenzialmente suscettibili di inficiare in via derivata la legittimità  degli atti impugnati, deve concludersi che non superano la soglia della non manifesta infondatezza.
2.1.1.- In particolare, quanto al procedimento seguito per l’approvazione della legge-delega, deve osservarsi quanto segue.
La legge n. 148/2011, recante conversione in legge -con modificazioni- del D.L. n. 138/2011 e delega al governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, presenta un duplice contenuto, con diversa natura e autonomia. Si sostanzia di un unico articolo ma composto da 6 commi; il primo, di conversione del decreto legge e i successivi recanti la delega legislativa per cui è causa.
Come emerso dagli atti parlamentari, tale delega legislativa è stata inserita nel testo del disegno di legge n.2887 di conversione del decreto legge n. 138/2011, presentato in prima lettura al Senato, in sede di trattazione degli articoli in Assemblea, quando il testo stesso era già  stato esaminato dalla 5^ Commissione permanente (Bilancio) in sede referente nonchè quando era già  stato espresso parere da parte delle Commissioni consultive, tra cui la 2^ (Giustizia).
Solo al momento della trattazione in Assemblea dell’articolo unico costituente il disegno di legge, è stato infatti presentato un emendamento governativo (n.1900), interamente sostitutivo del testo, recante appunto la delega di cui si controverte e sul quale è stata posta la fiducia; il testo così rivisto è stato però trasmesso alla Commissione Bilancio per il competente parere circa la copertura finanziaria.
Dopo la discussione in aula e la votazione finale, è stato definitivamente approvato e inviato alla Camera dei Deputati dove, dopo l’esame presso le competenti Commissioni, tra cui quella Giustizia, è stato anche in quella sede discusso ed approvato in Assemblea.
Ebbene, l’iter parlamentare seguito – seppur caratterizzato dall’ormai consueto ricorso alla questione di fiducia che ha comportato l’inevitabile concentrazione della discussione e della votazione sull’unico articolo- ha in realtà  rispettato la procedura normale di esame e approvazione diretta da parte delle Camere, come richiesto dall’art.72, comma 4, Cost. per i disegni di delegazione legislativa, essendo stata osservata la c.d. “riserva di legge di Assemblea”.
Con l’art. 72, comma 4, il legislatore costituzionale ha inteso garantire infatti che alcune leggi – tra cui quelle contenenti deleghe legislative – in considerazione della relativa rilevanza per la vita del Paese, vengano approvate dal plenum, ovvero in una sede che implichi garanzie di pubblicità  delle sedute e di presenza integrale di tutti gli schieramenti politici; caratteristiche che non si riscontrano nelle sedi cd. “deliberante” e “redigente”.
Nella procedura normale, la Commissione interviene in sede “referente”, ove l’esame del testo avviene senza particolari formalità . Compito della Commissione è, infatti, quello di preparare il lavoro che successivamente si svolgerà  in Assemblea, con ben altro rigore procedurale e con piena libertà  di modifica di quanto licenziato dalla Commissione.
Orbene, tornando alla procedura seguita per l’approvazione della delega legislativa in questione, non risulta violato l’art.72, commi 1 e 4, Cost., essendo stata rispettata la votazione “articolo per articolo e con votazione finale” – sia pure accentrata in virtù dell’apposizione della fiducia – da parte dell’Assemblea, chiamata a deliberare sull’unico articolo costituente il testo legislativo in questione.
D’altronde, la stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 237/2013 si è pronunziata sul punto (v. 9.5. della sentenza), ritenendo la questione non fondata.
2.1.2.- Veniamo quindi alla censura di violazione dell’art. 76 Cost. (eccesso di delega) invece sollevata da parte ricorrente, in cui sarebbe incorso il Governo disponendo, all’art.1 del d.lgs. n. 155/2012 attutivo della delega legislativa in discussione, la soppressione indiscriminata di tutte le Sezioni distaccate, senza operare alcuna istruttoria e contravvenendo altresì ai principi e criteri direttivi contenuti nella delega legislativa.
Siffatta censura è, in realtà , riproduttiva di questioni di costituzionalità  già  scrutinate -con esito negativo- dalla Corte costituzionale nella richiamata sentenza n. 237/2013 (cfr. in particolare il punto 10.4).
Rinviando pertanto alla pronuncia della Corte in parola e alle considerazioni ivi svolte, si ritiene comunque opportuno riportarne alcuni passaggi.
La Consulta, premettendo che “il contenuto della delega non può essere individuato senza tenere conto del sistema normativo complessivo, poichè soltanto l’identificazione della sua ratio consente di verificare se la norma delegata sia con essa coerente”, ha ritenuto che “¦Nel caso in esame si è in presenza di una misura organizzativa, in cui la soppressione dei singoli tribunali ordinari ha costituito la scelta rimessa al Governo, nel quadro di una più ampia valutazione del complessivo assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, finalizzata a realizzare un risparmio di spesa e un incremento di efficienza; valutazione che ha richiesto lo svolgimento di un’articolata attività  istruttoria, come si desume dalla relazione che accompagna il decreto legislativo n. 155 del 2012 e dalle schede tecniche allegate − le quali, con specifico riferimento alle singole realtà  territoriali, illustrano le modalità  di applicazione dei criteri −, nonchè dai diversi pareri e relazioni sottoposti all’attenzione del Governo e delle Camere” (cfr. punto 10.4.2).
Inoltre, illustrati al successivo punto 10.4.3 i criteri di delega, ha escluso che la loro applicazione manifestasse elementi di irragionevolezza, ritenendo anzi che la scelta operata rispondesse ad un corretto bilanciamento degli interessi.
Più precisamente, ha chiarito che “La scelta del legislatore delegato, come richiesto dal carattere generale dell’intervento, non poteva essere effettuata valutando soltanto i dati dei singoli uffici e i relativi territori in una comparazione meramente statistica, come si assume, in sostanza, nelle ordinanze di rimessione, dovendo, invece, inserirsi in una prospettiva di riorganizzazione del territorio nazionale in un’ottica di riequilibrio complessivo degli uffici di primo grado”.
2.1.3.- Alla luce di tutto quanto detto, quindi, le questioni di costituzionalità  rilevate d’ufficio in relazione alla procedura seguita per l’approvazione della legge n. 148/11 e da parte ricorrente in relazione all’art. 1 del d.lgs. n. 155/2012 non superano la soglia della non manifesta infondatezza; e di conseguenza, non si delinea l’asserita illegittimità  derivata dei provvedimenti impugnati sotto questo profilo.
2.2.- Passiamo quindi a scrutinare le censure specificamente articolate avverso gli atti impugnati.
2.2.1.- Con il motivo sub B1 (riprodotto in via derivata nei motivi aggiunti dell’ottobre 2013 proposti avverso il decreto n. 75/2013 emesso dal Presidente del tribunale di Bari), parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 della legge 14.1.1994, n. 20 non essendo stato sottoposto a controllo preventivo di legittimità  della Corte dei Conti il Decreto ministeriale dell’8.8.2013 gravato, con il quale il Ministro della Giustizia ha individuato, ai sensi dell’art.8, comma 1 del d.lgs. n. 155/2012, le sedi ospitanti le soppresse Sezioni distaccate di Modugno, Altamura e Rutigliano, quali locali a servizio del Tribunale di Bari (sopprimendo di fatto definitivamente la Sezione distaccata di Tribunale di Bitonto)
Tale censura non appare, tuttavia, condivisibile in quanto il DM in oggetto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte ricorrente, non rientra tra gli atti che richiedono, ai sensi dell’art.3 citato, il controllo preventivo di legittimità  della Corte dei Conti; ciò che è stato riconosciuto dallo stesso organo di controllo il quale, con nota del 20.8.2013 prodotta dalla difesa erariale, ha restituito non registrato il decreto impugnato in quanto non necessitante del controllo suddetto (cfr. deposito del 7.9.2013).
2.2.2.- Il motivo sub 2 del ricorso introduttivo (anche questo riprodotto in via derivata nei motivi aggiunti dell’ottobre 2013 proposti avverso il decreto n. 75/2013 emesso dal Presidente del Tribunale di Bari) nonchè i motivi aggiunti del settembre 2013 contengono, poi, censure incentrate sul corretto esercizio del potere di derogare alla soppressione delle Sezioni distaccate, per un periodo di cinque anni e in presenza di certe condizioni, previsto e disciplinato dall’art. 8 del citato d.lgs. n. 155/2012. Tale disposizione così recita al primo comma: “Quando sussistono specifiche ragioni organizzative o funzionali, in deroga all’ articolo 2, primo comma, della legge 24 aprile 1941, n. 392 , il Ministro della giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del tribunale, per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di efficacia di cui all’ articolo 11 , comma 2, gli immobili di proprietà  dello Stato, ovvero di proprietà  comunale interessati da interventi edilizi finanziati ai sensi dell’ articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119 nonchè ai sensi della legge 15 febbraio 1957, n. 26 , adibiti a servizio degli uffici giudiziari e delle sezioni distaccate soppressi”.
La pretesa azionata in giudizio afferisce, quindi, al “mantenimento” della sezione distaccata di Bitonto per il periodo transitorio suddetto; liddove gli atti impugnati hanno disposto la deroga in via esclusiva per gli immobili sedi delle ex Sezioni staccate di Altamura, Rutigliano e Modugno.
Sostiene, in particolare, parte ricorrente che siffatta decisione sarebbe stata assunta in dispregio dei pareri sottostanti, obbligatori sebbene non vincolanti (del Consiglio dell’Ordine, del Consiglio giudiziario e del Presidente del Tribunale); nello specifico, il Presidente del Tribunale avrebbe richiesto il mantenimento -medio tempore- di tutte e sette le sedi staccate (cfr. nota prot. n. 3098 del 19.8.2013 di comunicazione dell’intervenuto decreto ministeriale di soppressione). Rimarca inoltre l’inconsistenza della motivazione addotta a sostegno della scelta in favore di Altamura, Rutigliano e Modugno posto che gli stessi requisiti previsti dal più volte richiamato art. 8 sussisterebbero anche con riferimento alla sede distaccata di Bitonto.
Le censure non possono essere condivise.
In primo luogo, deve osservarsi -in punto di fatto- che lo stesso Tribunale di Bari ha rivisto, in corso di procedimento, l’originario parere invocato da parte ricorrente aderendo alla soluzione prospettata -e poi effettivamente adottata- dal Ministero (cfr. nota dell’8.8.2013, prot. 3053 a firma del Presidente F.F.); in ogni caso, come si evince con chiarezza dal tenore dell’art. 8 e non smentito da parte ricorrente stessa, si tratta di pareri non vincolanti.
La norma citata si limita, infatti, a prevedere che il provvedimento derogatorio in parola “..è adottato sentiti il presidente del tribunale, il consiglio giudiziario, il consiglio dell’ordine degli avvocati e le amministrazioni locali interessate” (cfr. secondo comma).
In secondo luogo, quanto alla sussistenza dei requisiti per il mantenimento in via temporanea anche della sede distaccata di Bitonto, deve rimarcarsi l’assoluta discrezionalità  del potere di deroga di cui si tratta (cfr. ordinanza n. 544/2013 di concessione della misura cautelare, pronunziata in questo giudizio, nella cui motivazione si legge che “..l’esercizio della deroga, prevista dall’art. 8, è connotata da ampia discrezionalità ).
Sulla natura discrezionale di tale potere sembra concordare anche il Consiglio di Stato (cfr. ordinanza n. 4300/2013 pronunziata in merito a fattispecie analoga).
E’ necessario in proposito ribadire che i provvedimenti impugnati traggono origine dalla riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, che ha comportato anche la soppressione -ex lege- di alcuni tribunali e sedi distaccate (tra cui quella di Bitonto che ci occupa), disposta con d.lgs. n.155/2012 in esecuzione della delega legislativa conferita con l. n.148/2011.
Non è corretto affermare che il Decreto ministeriale dell’8.8.2013, oggetto di gravame, abbia disposto la soppressione della Sezione di Bitonto, in quanto -è bene rammentarlo- la soppressione è stata disposta unicamente dal citato d.lgs. n. 155 a decorrere dal 13.9.2013.
Lo stesso decreto ministeriale consente – in via del tutto eccezionale e temporanea – l’uso di immobili, già  sede degli uffici giudiziari soppressi, a servizio del Tribunale accorpante, ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 di cui si è sopra riportato anche il testo.
Tale strumento è da ritenersi di stretta interpretazione in quanto l’obiettivo della riforma, in cui lo stesso si inserisce, è quello di procedere nel più breve tempo possibile alla totale dismissione delle strutture ove sono attualmente allocati tutti gli uffici soppressi e alla conseguente loro concentrazione presso gli uffici accorpanti, nell’ottica di conseguire un risparmio di spesa (v. Linee Guida per l’attuazione della procedura di utilizzo dell’immobile prevista dall’art.8 del d.lgs. n. 155/2012, emanate dal Ministero della Giustizia in data 15.3.2013).
Ne deriva che, ammettere un uso generalizzato dello strumento della deroga applicandolo ogni qualvolta l’immobile, come quello della Sezione di Bitonto, risponda in linea di principio ai requisiti richiesti dal legislatore, significherebbe frustrare la stessa ratio legis.
In tale ottica, le doglianze in esame non sono -come detto- fondate.
Parte ricorrente lamenta -si ribadisce- che i provvedimenti impugnati sarebbero inficiati da difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, in quanto la sede di Bitonto avrebbe i requisiti richiesti dal legislatore per disporne la sopravvivenza (ossia la proprietà  comunale e l’aver beneficiato dei finanziamenti di cui alla l. n. 119/81) e la sua chiusura comporterebbe inevitabilmente la totale paralisi dell’attività  giudiziaria anzichè la semplificazione e razionalizzazione della spesa.
In disparte il rilievo che lo stesso Tribunale di Bari ha infine aderito alla soluzione proposta dal Ministero (che coincide poi con quella adottata), non può dubitarsi -in virtù del quadro ordinamentale ricostruito- che ogni eventuale valutazione finale sulla sorte degli edifici giudiziari nelle sedi soppresse spettasse unicamente al Ministro della Giustizia e che la scelta rimessa al Ministro, poichè ampiamente discrezionale, sia suscettibile di sindacato giurisdizionale solo ove manifestamente irragionevole ovvero adottata in violazione del procedimento dettato dal legislatore stesso; ipotesi entrambe non verificatesi nella specie.
Il D.M. impugnato non appare irragionevole posto che, all’esito dell’accurata istruttoria condotta, le Sedi individuate nell’ambito della circoscrizione di Bari sono risultate essere quelle che maggiormente rispondono alle esigenze sottese alla riorganizzazione giudiziaria; nè può configurarsi alcun obbligo di ulteriormente motivare in ordine ai possibili ed eventuali effetti negativi che possano derivare dalla mancata utilizzazione degli immobili già  sede degli altri uffici giudiziari soppressi (quale quella di Bitonto), essendo queste valutazioni rimesse -e, per di più, già  svolte- in sede di adozione del d.lgs.155.
A ciò si aggiunga che l’assunto della totale paralisi dell’attività  giudiziaria presso il Tribunale di Bari appare piuttosto privo di un reale ed effettivo riscontro, essendo meramente ipotetico e, peraltro, contraddetto dai primi risultati positivi dell’intera riforma giudiziaria, come riportati nel settembre 2013 dall’intervento al Senato del Guardasigilli Cancellieri e dal successivo comunicato stampa ministeriale.
3.- In conclusione, il gravame va respinto unitamente all’intervento adesivo proposto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari. Considerata, tuttavia, la novità  e la natura delle questioni trattate, il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nelle camere di consiglio dei giorni 4 dicembre 2014, 18 febbraio 2015, con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Paola Patatini, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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