1. Leggi decreti e regolamenti – Gioco e scommesse – Limiti imposti dalla legge regionale – Questione di costituzionalità  – Infondatezza 
2. Pubblica sicurezza – Licenze – Gioco e scommesse – Limiti  – Violazione principio di iniziativa economica – Non sussiste
3. Leggi, decreti regolamenti –  Licenze – Gioco e scommesse – Limiti alla diffusione con legge regionale – Violazione della disciplina europea – Non sussiste 

1. Non è fondata la questione di legittimità  costituzionale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. h) ed e) Cost., con riferimento  alle norme con cui gli Enti Locali disciplinano il gioco lecito, introducendo limiti alla sua diffusione, per sconfinamento nella materia “ordine pubblico e sicurezza” di competenza legislativa esclusiva statale, in quanto le norme in questione sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età  o perchè bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonchè ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità  e la quiete pubblica, mentre la materia dell'”ordine pubblico e sicurezza”, attiene, invece alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso questo quale complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità  nazionale.
2. Le norme con cui gli Enti Locali disciplinano il gioco lecito, introducendo limiti alla sua diffusione, non violano i principi della ragionevolezza, della libertà  d’iniziativa economica e della libera concorrenza, poichè le disposizioni censurate si basano su un ragionevole bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti, non incidendo direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, bensì su fattori (quali la prossimità  a determinati luoghi e la pubblicità ) che implicano la tutela di interessi generali quali la salute dei cittadini e la viabilità  e l’inquinamento acustico delle aree interessate dall’ubicazione dell’attività  e dalla pubblicità  predisposta nella prossimità  della sua sede. 

3. Le norme con cui gli Enti Locali disciplinano il gioco lecito, introducendo eventuali restrizioni alla disciplina europea, non contrastano con l’ordinamento europeo in quanto sono giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco medesimo. 

N. 00700/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00981/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 981 del 2014, proposto da Galizia Vitantonia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Saverio Sticchi Damiani e Cino Benelli, con domicilio eletto presso l’avv. Ugo Patroni Griffi in Bari, piazza Luigi di Savoia, 41/A;

contro
Comune di Monopoli, rappresentato e difeso dall’avv. Pierluigi Nocera, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Semeraro in Bari, via Dante, 51;
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Marina Altamura, con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31/33;
Questura di Bari e Istituto Comprensivo IV° Circolo Didattico “C. Bregante S.M. Volta” di Monopoli, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’annullamento,
previa concessione di misura cautelare;
– del provvedimento prot. n. 26566/2014 del 22 maggio 2014 a firma del Dirigente VII A.O. Sviluppo Locale del Comune di Monopoli avente ad oggetto “Nulla osta al rilascio Tabella giochi proibiti – Determinazione prescrizione ai sensi dell’art. 9 del T.U.L.P.S. al pubblico esercizio denominato “White House” sito a Monopoli in Via V. Veneto n. 247/249 gestore Galizia Vitantonia”, notificato il 23 maggio 2014 nella parte in cui si dispone il divieto di installare e far funzionare nell’indicato esercizio apparecchi da gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 T.U.L.P.S.;
– del provvedimento del 22 maggio 2014 (Div. P.A.S. Cat. 11.A/2013), recante la “Tabella dei giochi proibiti”, adottato dalla Questura di Bari e vidimato dal Dirigente VII A.O. – Sviluppo locale del Comune di Monopoli, nella parte in cui si dispone che “nel pubblico esercizio indicato non possono essere installati apparecchi da gioco di cui al comma 6, art. 110 T.U.L.P.S.”;
di ogni altro atto e provvedimento ad essi presupposti e conseguenti, ancorchè non conosciuti, ivi compreso, per quanto occorrer possa, la nota prot. n. 24979 emessa in data 14 maggio 2014 dal Comando di Polizia Locale del Comune di Monopoli;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli, della Regione Puglia, della Questura di Bari e dell’Istituto Comprensivo IV° Circolo Didattico “C. Bregante S.M. Volta” di Monopoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 per le parti i difensori avv.ti Giuseppe Campanile, su delega dell’avv. Saverio Sticchi Damiani, Pierluigi Nocera, Ines Sisto e Marina Altamura;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente Galizia Vitantonia è titolare dell’omonima impresa individuale in Monopoli – via Vittorio Veneto all’insegna “White House”.
In data 15.1.2014 la stessa chiedeva al Comune di Monopoli il rilascio della tabella dei giochi proibiti al fine di installare apparecchi da gioco lecito di cui all’art. 110, comma 6 TULPS.
In data 20.1.2014 il Comune comunicava alla richiedente che l’istanza dalla stessa presentata sarebbe risultata carente e incompleta, non essendo corredata da apposita attestazione tecnica che comprovi come il locale interessato da detta attività  sia ubicato in un raggio non inferiore a 500 mt dai cosiddetti luoghi sensibili individuati dalla legge regionale n. 43/2013.
La istante presentava memoria nella quale sosteneva la non necessità  della menzionata attestazione tecnica e l’inapplicabilità  nella fattispecie per cui è causa dell’art. 7 legge regionale n. 43/2013.
Con nota del 4.3.2014 il Comune di Monopoli ribadiva la necessità  della suddetta attestazione.
Replicava la sig.ra Galizia con ulteriore memoria del 16.4.2014.
Infine, con il gravato provvedimento prot. n. 26566/2014 del 22.5.2014 il Comune di Monopoli, sul presupposto della applicabilità  alla fattispecie per cui è causa dell’art. 7, comma 2 legge regionale n. 43/2013, disponeva il divieto di installare e far funzionare nell’indicato esercizio apparecchi da gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 TULPS, per mancata osservanza, da parte di Galizia Vitantonia, dei requisiti di cui alla menzionata legge regionale n. 43/2013, essendo il suo esercizio commerciale ubicato a meno di 500 mt da luoghi sensibili (250 mt dalla scuola materna “Gobetti” e 400 mt dall’edificio scolastico 4° Circolo C. Bregante).
Infine, con il censurato provvedimento del 22.5.2014 (Div. P.A.S. Cat. 11.A/2013) il Comune di Monopoli rilasciava all’interessata la richiesta tabella dei giochi proibiti, prescrivendo espressamente che nel pubblico esercizio indicato non possono essere installati gli apparecchi di gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 TULPS.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio Galizia Vitantonia contestava il provvedimento prot. n. 26566/2014 del 22 maggio 2014 del Comune di Monopoli nella parte in cui dispone il divieto di installare e far funzionare nell’esercizio della stessa Galizia apparecchi da gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 TULPS ed il citato provvedimento del 22 maggio 2014 (Div. P.A.S. Cat. 11.A/2013) recante la “Tabella dei giochi proibiti” nella parte in cui dispone il divieto di installare e far funzionare nell’esercizio della stessa Galizia apparecchi da gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 TULPS.
Deduceva censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione di legge; violazione del decreto direttoriale AAMS emesso in data 27 luglio 2011; eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti: l’art. 7 legge Regione Puglia n. 43/2013 (disposizione posta a fondamento del gravato provvedimento) deve essere interpretato restrittivamente, trattandosi di norma comportante restrizioni e vincoli allo svolgimento di attività  commerciali ed in considerazione della previsione di cui all’art. 1, comma 2 decreto legge n. 1/2012 in tema di liberalizzazioni; inoltre, l’art. 7 legge regionale n. 43/2013 non si applica al caso di specie poichè il secondo comma della disposizione in commento non è riferito all’installazione di apparecchi da gioco, ma unicamente all’autorizzazione all’esercizio delle sale da gioco;
2) violazione di legge; eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti; eccesso di potere per sviamento; incompetenza assoluta: la prescrizione di cui al provvedimento censurato sarebbe stata inserita dal Comune di Monopoli all’interno di uno strumento (i.e. la tabella dei giochi proibiti) di competenza del Questore della Provincia di Bari;
3) – 4) violazione di legge; eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti; eccesso di potere per indeterminatezza; eccesso di potere per carenza di istruttoria: la previsione normativa regionale posta a fondamento del gravato provvedimento (art. 7, comma 2 legge regionale n. 43/2013) sarebbe – secondo la prospettazione di parte ricorrente – una disposizione non immediatamente precettiva, bensì avente mera valenza programmatica in quanto non sarebbero stati specificati con disposizioni attuative i cosiddetti luoghi sensibili individuati a seguito di adeguata istruttoria; l’intervento dell’Autorità  amministrativa nel dettagliare e specificare i luoghi sensibili dovrebbe avvenire nell’ottica di un accurato bilanciamento tra valori ugualmente rilevanti; pertanto, in assenza di atti attuativi del citato divieto legislativo non si comprenderebbe come il Comune di Monopoli abbia potuto vietare l’istallazione di apparecchi per gioco lecito;
5) violazione di legge; eccesso di potere per carenza di valutazione dei presupposti; eccesso di potere per indeterminatezza; eccesso di potere per carenza di istruttoria: dagli atti di causa non sarebbe dato comprendere sulla scorta di quali risultati istruttori si sia pervenuti alla decisione di ritenere non sussistenti le distanze previste (500 mt) tra il pubblico esercizio condotto dalla ricorrente ed i luoghi sensibili individuati dall’Amministrazione;
6) questione di legittimità  costituzionale dell’art. 7 legge Regione Puglia n. 43/2013: la disposizione in esame si porrebbe in contrasto con le norme costituzionali ed in primo luogo con l’art. 117, comma 2, lett. h) Cost. che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza ed anche con l’art. 117, comma 2, lett. e) Cost. in tema di competenza legislativa esclusiva dello Stato relativamente alla materia della tutela della concorrenza; in ogni caso la previsione regionale costituirebbe una grave lesione della libertà  di impresa garantita dall’art. 41 Cost.; peraltro, la Regione Puglia nell’introdurre la disposizione in commento non avrebbe tenuto conto della natura ontologicamente ultraterritoriale della rete telematica per il gioco lecito.
Si costituivano la Questura di Bari, l’Istituto Comprensivo – IV° Circolo Didattico “C. Bregante S.M. Volta” di Monopoli, la Regione Puglia ed il Comune di Monopoli, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.
Invero, la questione centrale oggetto del presente ricorso è stata già  affrontata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 300/2011 che ha affermato la legittimità  costituzionale, alla stregua dell’art. 117, comma 2, lett. h) Cost., di analoga previsione limitativa contenuta in una legge della Provincia autonoma di Bolzano:
“Non è fondata la q.l.c. degli art. 1 e 2, comma 2, l. prov. Bolzano 22 novembre 2010 n. 13, censurati, in riferimento all’art. 117, comma 2, lett. h), cost., in quanto modificando, rispettivamente, la l. prov. 13 maggio 1992 n. 13 – aggiungendovi l’art. 5 bis e novellandone l’art. 12 – e la l. prov. 14 dicembre 1988 n. 58, inserendo nell’art. 11 il nuovo comma 1 bis, disciplinerebbero il gioco lecito, introducendo limiti alla sua diffusione, esorbitando dalle competenze legislative provinciali, dovendo essere ricondotte alla materia “ordine pubblico e sicurezza”, nella quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva. Le norme impugnate, le quali dettano limiti alla collocazione nel territorio delle sale da gioco e di attrazione e delle apparecchiature per giochi leciti, sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età  o perchè bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonchè ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità  e la quiete pubblica, sicchè non sono riferibili alla competenza legislativa statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza”, che attiene alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso questo quale complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità  nazionale (sentt. n.237 del 2006, 165, 430 del 2007, 72 del 2010, 35 del 2011).”.
Sempre la Corte costituzionale con sentenza n. 220/2014 ha riconosciuto la competenza dei Comuni relativamente alla disciplina dell’utilizzo degli apparecchi da gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 TULPS:
“¦ Sotto un diverso profilo, il TAR rimettente omette di considerare che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l’imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà  degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni. ¦”.
Va, altresì, sottolineato che la giurisprudenza amministrativa (cfr. T.R.G.A. Bolzano, Sez. I, 30 dicembre 2014, n. 305; T.R.G.A. Bolzano, Sez. I, 12 agosto 2014, n. 208; T.A.R. Lombardia, Brescia, 15 maggio 2014, n. 276), cui questo Tribunale ritiene di aderire, è costante nell’affermare la legittimità  costituzionale di previsioni regionali del tipo di quella contestata in questa sede.
Come evidenziato da Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4498:
«¦ La Corte Costituzionale, con sentenza del 10 novembre 2011, n. 300, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità  costituzionale dei citati artt. 1 e 2, comma 2, l. prov. 22 novembre 2010, n. 13, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h, della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la materia dell’ “ordine pubblico e della sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”, rilevando che:
– le nuove disposizioni incidono in senso esclusivamente limitativo sul risalente e non discusso potere del Presidente della Giunta provinciale, di autorizzare l’esercizio di sale da giochi e di attrazione, già  previsto dall’art. 1, comma 2, legge prov. Bolzano n. 13 del 1992, vietando, in particolare, l’offerta in zone cosiddette “sensibili” di giochi leciti;
– in particolare, le disposizioni oggetto del giudizio – le quali si inseriscono in corpi normativi volti alla regolamentazione degli spettacoli e degli esercizi commerciali, dettando precipuamente limiti alla collocazione nel territorio delle sale da gioco e di attrazione e delle apparecchiature per giochi leciti – sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età  o perchè bisognosi di cure di tipo sanitario o socioassistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonchè ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità  e la quiete pubblica;
– le evidenziate caratteristiche valgono a differenziare le disposizioni impugnate dal contesto normativo, in materia di gioco, di cui già  si era occupata la Corte Costituzionale (sentenze n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006), rendendo la normativa provinciale in esame non riconducibile alla competenza legislativa statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza”, che, per consolidata giurisprudenza costituzionale, attiene alla “prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico”, inteso questo quale “complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità  nazionale” (v., ex plurimis, sentenza Corte Cost. n. 35 del 2011);
– gli interessi pubblici primari, che vengono in rilievo ai fini considerati, sono, unicamente, gli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile, poichè, diversamente opinando, si produrrebbe una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi la stessa ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con l’affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente riferibile a ogni tipo di attività , sicchè – anche se la disciplina normativa attiene a un bene giuridico fondamentale – può ugualmente sussistere la potestà  legislativa regionale o provinciale;
– in particolare, le disposizioni provinciali censurate hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonchè dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti;
– le disposizioni impugnate, infatti, non incidono direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità  a determinati luoghi e la pubblicità ) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità  suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni e, dall’altro, influire sulla viabilità  e sull’inquinamento acustico delle aree interessate. ¦».
Peraltro, la giurisprudenza in esame ha affermato la compatibilità  di detta normativa anche rispetto ai principi sanciti dal decreto legge Balduzzi n. 158/2012 in materia di sanità  e rispetto ai principi di concorrenza (e di libertà  di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.), senza rilevare alcuna compromissione della natura ontologicamente ultraregionale della rete telematica, posto che la rimozione degli apparecchi in aree sensibili non pregiudica la possibilità  di istallazione in altre aree (cfr. in particolare T.R.G.A. Bolzano, Sez. I, 12 agosto 2014, n. 208).
Quanto alla compatibilità  di divieti legislativi quale quello in esame con il principio di libertà  di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e con i principi europei in tema di concorrenza, Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2013 n. 4498 ha condivisibilmente affermato:
«¦ – non sono ravvisabili le dedotte violazioni dei principi della ragionevolezza, della libertà  d’iniziativa economica e della libera concorrenza, poichè le disposizioni censurate si basano su un ragionevole bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti, non incidendo direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, bensì su fattori (quali la prossimità  a determinati luoghi e la pubblicità ) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità  suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni, e, dall’altro, influire sulla viabilità  e sull’inquinamento acustico delle aree interessate;
– la Corte di Giustizia europea ha specificato che, in subiecta materia, eventuali restrizioni alla disciplina europea sono giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco medesimo (v. in tal senso, ex plurimis, sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C186/11 e C209/11; sentenza 19 luglio 2012, nelle cause riunite C213/11, C214/11 e C217/11), con conseguente legittima introduzione, da parte degli Stati membri (e delle loro articolazioni ordinamentali), di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CE), al contempo escludenti la loro qualificazione come “regole tecniche” necessitanti di una previa comunicazione alla Commissione Europea, ai sensi della direttiva CE 98/34. ¦».
Dal che si desume che il divieto legislativo regionale in contestazione è pienamente compatibile con i principi di liberalizzazione di cui all’art. 1 decreto legge n. 1/2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 27/2012 in quanto chiaramente ispirato ad esigenze imperative connesse all’interesse generale.
Ciò premesso, il Comune di Monopoli, con il gravato provvedimento ha operato una corretta e doverosa applicazione del divieto contenuto nell’art. 7, comma 2 legge Regione Puglia n. 43/2013 (“Fuori dai casi previsti dall’art. 110, comma 7 del r.d. 773/1931, l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie protette. L’autorizzazione è concessa per cinque anni e può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza.”), disposizione – come visto – esente da qualsivoglia censura di illegittimità  costituzionale.
Peraltro, alla luce del chiaro tenore letterale la disposizione in commento, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, appare dotata di carattere immediatamente precettivo in quanto è evidente che la definizione di “istituti scolastici di qualsiasi grado” non necessita di ulteriore specificazione a livello legislativo e/o amministrativo.
Inoltre, la distanza dell’esercizio della Galizia rispetto ad edifici scolastici risulta dalla nota di Polizia Municipale del 14.5.2014, non oggetto di alcuna contestazione nelle sedi competenti.
In conclusione, a fronte di una situazione di fatto evidente (i.e. ubicazione dell’esercizio della Galizia a meno di 500 metri dai luoghi sensibili ed in particolare 250 metri dalla scuola materna Gobetti e 400 metri dall’esercizio scolastico 4° Circolo “C. Bregante”) è risultata doverosa l’applicazione del divieto di cui all’art. 7, comma 2 legge regionale n. 43/2013.
Va, infine, evidenziato che il divieto di cui al citato comma 2 dell’art. 7 legge regionale n. 43/2013, da un punto di vista letterale, si riferisce esclusivamente all’autorizzazione all’esercizio delle sale da gioco.
Tuttavia, poichè il primo comma della disposizione assoggetta a regime autorizzatorio sia l’esercizio delle sale da gioco, sia l’istallazione di apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6 TULPS, si deve ritenere che da un punto di vista sistematico il divieto di autorizzazione di cui al comma 2 si riferisca anche alla istallazione di apparecchi (fattispecie ricorrente nella vicenda in esame).
Del resto una differente interpretazione renderebbe assolutamente irragionevole la disparità  di trattamento che si verrebbe a creare tra l’esercizio di sale da gioco e l’istallazione di apparecchi da gioco comunque ubicati nelle vicinanze di aree sensibili.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente Galizia Vitantonia al pagamento delle spese di giudizio in favore della Questura di Bari e dell’Istituto Comprensivo – IV° Circolo Didattico “C. Bregante S.M. Volta di Monopoli”, liquidate in complessivi € 1.000,00, oltre accessori come per legge.
Condanna la ricorrente Galizia Vitantonia al pagamento delle spese di giudizio in favore della Regione Puglia, liquidate in complessivi € 1.000,00, oltre accessori come per legge.
Condanna la ricorrente Galizia Vitantonia al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Monopoli, liquidate in complessivi € 1.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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