1. Giurisdizione – Alienazione immobile di proprietà  comunale – Reoca aggiudicazione – Dilazione nelle trattative per stipula del contratto – Giurisdizione del G.O.
2. Giurisdizione – Alienazione immobile comunale – Contratto attivo – G.O. – Procedura ad evidenza pubblica scelta del contraente – Irrilevanza 
3. Giurisdizione – Alienazione immobile comunale – Responsabilità  precontrattuale della p.A. – Giurisdizione esclusiva del G.a. – Non sussiste

1. In materia di alienazione di immobile di proprietà  pubblica, qualora la revoca dell’aggiudicazione della gara finalizzata all’individuazione dell’acquirente sia stata causata da comportamenti dilatori della parte privata inerenti l’affidabilità  delle trattative precontrattuali e successive all’aggiudicazione, si verte nell’ambito di una responsabilità  precontrattuale del tutto svincolata dall’esercizio di pubblici poteri, con conseguente statuizione della giurisdizione del Giudice ordinario.
2.  L’alienazione di immobile di proprietà  pubblica rientra nella categoria dei contratti attivi della p.a., in quanto dalla sua esecuzione deriva un’entrata per l’ente mentre i contratti c.d. passivi, sono quelli che comportano una spesa, in quanto destinati all’acquisizione di beni, servizi e forniture.  Ai c.d. contratti attivi devono applicarsi soltanto i principi generali del codice dei contratti pubblici avendo l’amministrazione interesse ad individuare un contenente affidabile. L’intero procedimento si può, pertanto, ritenere articolato in due fasi: una pubblicistica, fino all’aggiudicazione e l’altra, privatistica, che concerne il trasferimento patrimoniale del bene secondo le  norme di diritto comune, in cui le parti si ritrovano su un piano di sostanziale ed equiordinata parità . La giurisdizione, pertanto, delle questioni afferenti dette procedure, che riguardi la fase successiva all’aggiudicazione,  è del giudice ordinario. 
3. La responsabilità  precontrattuale dell’amministrazione in materia di procedimenti di alienazione immobiliare, in mancanza di una norma specifica attributiva della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo rientra nella giurisdizione del giudice ordinario o in quella del giudice amministrativo a seconda che il comportamento dal quale essa deriva sia espressione di un mero calcolo di convenienza privatistico o di un pubblico potere illegittimamente esercitato.

N. 00589/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01836/2008 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1836 del 2008, proposto da:
Manna DP S.r.l. incorporante la ditta individuale “Manna Cosimo Damiano”, rappresentata e difesa dall’avv. Emanuele Tomasicchio, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Di Modugno, in Bari, Via Maggiore Turitto, 3;

contro
Comune di Trani, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso Franco Gagliardi La Gala, in Bari, Via Abate Gimma, 94;

nei confronti di
De Girolamo S.r.l.;

per l’annullamento
della Determinazione Dirigenziale n. 113 del 30 settembre 2008, a firma del Dirigente della III ripartizione Dott. Cosimo Damiano Lasala, avente ad oggetto: “Alienazione parte suolo ex macello comunale (Lotto n. 4) – Ditta “Manna di Manna Cosimo Damiano” di Barletta – Revoca aggiudicazione definitiva – Det. Dir. 3^ Rip.ne n. 60 del 18.04.2008″;
di tutti gli atti connessi, presupposti, antecedenti e consequenziali, così come indicati in ricorso;
nonchè per il risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla ricorrente in ragione degli atti e dei comportamenti posti in essere dal Comune di Trani in relazione alla vicenda per cui è ricorso, anche a titolo di responsabilità  precontrattuale, con conseguente condanna del detto Comune al pagamento della somma risultante in favore della ricorrente stessa.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2015 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta;
Uditi per le parti i difensori avv.ti Emanuele Tomasicchio e Giovanna Corrente, per delega dell’avv. Franco Gagliardi La Gala;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 12 dicembre 2008, la ditta individuale “Manna Cosimo Damiano” impugnava dinanzi al Tribunale Amministrativo per la Puglia, Sede di Bari, gli atti e i provvedimenti meglio indicati in oggetto, instando, altresì, per il conseguente risarcimento del danno.
Esponeva in fatto che, con bando del 22 febbraio 2008, veniva indetta asta pubblica per l’alienazione di n. 4 suoli edificabili di proprietà  del Comune di Trani, in esecuzione della delibera del Consiglio Comunale n. 19/2007 e delle determine dirigenziali nn. 148/2007 e 8/2008.
La ditta ricorrente partecipava all’asta in esame, aggiudicandosi fra l’altro, ai fini che qui rilevano, il lotto relativo all’area dell’ex “Macello Comunale”.
La formale aggiudicazione del lotto in questione veniva disposta con determina dirigenziale n. 60 del 18 aprile 2008.
Successivamente a tale atto, il ricorrente lamentava l’avvenuto verificarsi da parte del Comune di Trani di una serie di comportamenti contrari a correttezza e buona fede.
In particolare, in tesi del ricorrente, il Comune di Trani, in data 25 giugno 2008, convocava informalmente, a mezzo del Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale, una riunione fra un rappresentante del Comune stesso, uno del Comando Compagnia Carabinieri di Trani e taluni proprietari dei suoli privati ubicati nella maglia dell’ex “Macello Comunale”, invitando le parti a sottoscrivere un verbale manoscritto (cfr. allegato 6 al ricorso introduttivo), in forza del quale, al fine di consentire la costruzione di alloggi di servizio per i militari dell’Arma, avrebbero dovuto arretrare il proprio confine di metri 3, tenendo conto del fatto che il suolo individuato per la costruzione dei detti alloggi di servizio non possedeva gli spazi minimi previsti dalla legge per le distanze obbligatorie fra fabbricati.
Tale verbale veniva sottoscritto dai partecipanti all’incontro.
Nello stesso torno di tempo, con nota prot. n. 25470/312/08 del 25 giugno 2008, spedita a mezzo lettera raccomandata r.r., l’Ufficio Contratti del Comune di Trani invitava la società  ricorrente alla sottoscrizione dell’atto di compravendita del suolo ex “Macello Comunale”, inviando bozza dello schema di contratto.
Con successiva nota del 4 luglio 2008, la ditta ricorrente chiedeva un rinvio della data della stipula dell’atto di compravendita, tenuto conto “dell’avvenuta sottoscrizione di un’ipotesi di accordo” relativa alla costruzione di alloggi di servizio per i militari dell’Arma dei Carabinieri di Trani ed in considerazione della “necessità , anche ai fini di un’adeguata tutela dell’interesse pubblico, di effettuare una ricognizione sulle effettive conseguenze derivanti dal contenuto della predetta ipotesi di accordo”.
In tesi della ricorrente, si riteneva di aver diritto ad una più congrua ponderazione dell’operazione economica in questione in considerazione: della modifica dello stato dei luoghi che si sarebbe prodotta sul proprio suolo a seguito della concessione della c.d. “distanza compensativa”; delle necessarie varianti da apportarsi allo strumento urbanistico, anche, se del caso, sul piano plano volumetrico; delle necessarie variazioni alle proprie originarie previsioni progettuali; della correlata esigenza di rivalutare le condizioni economiche dell’operazione, tenuto conto che l’acquisto del fondo in questione era avvenuto per un prezzo superiore ad euro 1.300.000,00.
Con nota prot. n. 26775/333/08 del 4 luglio 2008, l’Ufficio Contratti respingeva la richiesta di rinvio della stipula del contratto di compravendita, dando assicurazioni all’impresa ricorrente sul fatto che nell’atto di compravendita sarebbe stata inserita la condizione di cui al verbale della riunione tenutasi in data 25 giugno 2008.
Seguiva fra le parti un articolato carteggio, dove si metteva in evidenza l’introduzione illegittima di variazioni al contenuto dello schema di contratto approvato dal Consiglio Comunale in relazione all’alienazione in esame e dove si ribadiva, da parte del Comune, l’onere di addivenire alla stipula, fissandosi, in proposito, la data ultimativa del 12 agosto 2008.
Con missiva in data 11 agosto 2008, l’impresa Manna replicava al Comune facendo, in ogni caso, presente che il 12 agosto il legale rappresentante della ditta sarebbe stato impossibilitato alla stipula perchè fuori Trani.
Con successiva istanza in data 8 settembre 2008, la ditta ricorrente chiedeva all’Ufficio Contratti e all’Ufficio Patrimonio la copia dello schema di contratto da sottoscrivere, allo scopo di verificarne l’effettivo contenuto finale.
Con nota del 16 settembre 2008, il Dirigente della Ripartizione Patrimonio non forniva lo schema di contratto richiesto, evidenziando di averlo già  inviato alla ricorrente con nota prot. n. 25470/312/08 del 25 giugno 2008.
Con nota del 18 settembre 2008, il medesimo Dirigente della Ripartizione Patrimonio notificava alla ditta ricorrente l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione, concedendo termine di sette giorni per la presentazione di osservazioni.
Con memoria depositata il 25 settembre 2008, l’impresa Manna presentava articolate osservazioni.
Con nota del 2 ottobre 2008, prot. n. 39173/430/08, pervenuta in data 9 ottobre 2008, il Comune di Trani notificava alla ditta ricorrente la Determinazione Dirigenziale n. 113 del 30 settembre 2008 di revoca dell’aggiudicazione.
Insorgeva l’impresa avverso il provvedimento in questione, evidenziando preliminarmente, in linea di fatto, che a seguito di ulteriori indagini ed approfondimenti presso l’Ufficio Tecnico Comunale si apprendeva che l’area ex “Macello Comunale” era stata posta, sin dall’ottobre 2005, sotto sequestro penale per inquinamento da amianto.
In punto di diritto, con unico, articolato, motivo di ricorso, si censurava il comportamento dell’Amministrazione resistente determinatosi nel caso di specie, ravvisandovi la violazione di legge per violazione del principio del giusto procedimento, dei principi generali in materia di immodificabilità  delle condizioni di gara e dell’autovincolo; il difetto di motivazione; la violazione del principio di proporzionalità ; la violazione dei canoni costituzionali di imparzialità  e correttezza dell’azione amministrativa, del principio di buona fede, anche precontrattuale, nonchè l’eccesso di potere per contraddittorietà , sviamento e falsità  dei presupposti, censurandosi l’impugnata revoca per illegittimità  propria e derivata.
Con atto pervenuto in Segreteria in data 6 marzo 2012, si costituiva in giudizio il Comune di Trani, chiedendo la declaratoria di irricevibilità , inammissibilità  e comunque di infondatezza nel merito dell’introdotto ricorso.
All’esito dell’udienza pubblica del 19 novembre 2014, con ordinanza collegiale n. 4/2015, il Collegio rilevava, ai sensi dell’art. 73, comma 3 cod. proc. amm., la sussistenza di dubbi in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di specie, assegnando alle parti termine di 30 giorni per presentare memorie vertenti su quest’unica questione.
Le parti non depositavano memorie sul punto.
All’esito della successiva udienza pubblica del 25 febbraio 2015, la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso in fatto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice adìto.
Come è noto, in base a quanto statuito nelle fondamentali sentenze della Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, il fulcro dell’attribuzione del potere giurisdizionale al G.A. deve ravvisarsi nell’esercizio da parte dell’Amministrazione di un potere autoritativo di tipo pubblicistico, che si manifesti, tipicamente, in un atto nel quale si esprima l’esercizio di un potere discrezionale di valutazione e ponderazione del pubblico interesse.
Ove, invece, la Pubblica Amministrazione abbia agito in un’ottica puramente privatistica, emanando un atto sulla base di valutazioni di mera convenienza, deve ritenersi – in esso – l’assenza dell’esercizio di alcun potere autoritativo e la conseguente giurisdizione del Giudice Ordinario.
Come può evincersi dalla esposizione in fatto svolta supra, viene in rilievo, nel caso di specie, una ipotesi di alienazione da parte di un Ente pubblico di un bene immobile, unitamente a talune problematiche emerse, nella fase successiva all’individuazione del contraente/acquirente, ma antecedentemente al momento della stipula del contratto.
Si duole la ditta ricorrente, in particolare, della asserita illegittimità  della revoca dell’aggiudicazione del lotto immobiliare ex “Macello Comunale”, in relazione alla quale è insorta l’odierna controversia.
Tale revoca è stata essenzialmente disposta in considerazione dei plurimi inviti rivolti all’impresa Manna al fine di addivenire alla stipula del contratto di compravendita in questione (avvenuti con note del 25 giugno 2008, 28 luglio 2008 e 12 agosto 2008) e in conseguenza del rifiuto opposto dall’impresa stessa di rendersi disponibile alla stipula suddetta.
Dal punto di vista dell’Amministrazione resistente, a fronte delle dilazioni richieste dall’impresa aggiudicataria, ha costituito opzione di mera convenienza privatistica quella di dichiarare la decadenza dall’aggiudicazione e revocare la stessa, così come già  disposta in favore della Ditta Manna.
Dal punto di vista della ricorrente, l’apprezzamento intrinseco delle molteplici ragioni che l’hanno motivata a tale comportamento negoziale costituisce valutazione inerente ad una fattispecie di responsabilità  precontrattuale in tutto svincolata, in sè e per sè, dall’esercizio nel caso concreto di pubblici poteri da parte dell’Amministrazione resistente.
In altri termini, tutti i comportamenti oggetto di censura sono stati posti in essere dall’Amministrazione resistente in qualità  di contraente privato, forte di una posizione economica di vantaggio – che, in tesi di parte ricorrente, di tale posizione di vantaggio ha altresì abusato – ma non in forza dell’attribuzione di speciali prerogative pubblicistiche, segno dell’esercizio di un pubblico potere autoritativo.
Non sussistendo l’esercizio di un pubblico potere autoritativo, non sussiste di conseguenza la giurisdizione del Giudice Amministrativo.
Da altro autonomo punto di vista, a costituire ulteriore motivazione a supporto della declaratoria di difetto di giurisdizione, deve osservarsi quanto segue.
La fattispecie sottoposta a scrutinio, come detto, prende le mosse da una ipotesi di alienazione da parte di un Ente pubblico di un bene immobile.
Siamo in presenza della – tentata e non riuscita – stipula di un contratto c.d. attivo da parte di una Pubblica Amministrazione locale in veste di soggetto alienante.
Come è noto, la risalente distinzione fra contratti attivi e contratti passivi della Pubblica Amministrazione poggia sul criterio discretivo in forza del quale i primi importano l’acquisizione di una entrata, i secondi determinano l’effettuazione di una spesa.
Detta distinzione, come parimenti noto, è rilevante ai fini della disciplina applicabile, che – nel caso dei contratti attivi – è quella del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, Legge di Contabilità  di Stato, e R.D. 23 maggio 1924, n. 827, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità  generale dello Stato, in quanto non abrogati, e – nel caso dei contratti passivi – quella del Codice dei contratti pubblici (cfr. art. 1, D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
Solo i principi generali di detto Codice potranno ritenersi applicabili alle dette pattuizioni attive, essendo evidente che, nel caso in cui la Pubblica Amministrazione si presenti sul mercato come soggetto che vuole realizzare una entrata patrimoniale, risultano profondamente alterate le usuali logiche di esercizio del potere di scelta del contraente, il quale sarà  chiamato solo a garantire il massimo utile privatistico ritraibile dallo scambio e non l’insieme assai più vasto di requisiti e caratteristiche di cui deve essere munito un soggetto che debba prestare, a seguito dell’aggiudicazione e della successiva stipula del contratto, lavori, servizi o forniture in favore della mano pubblica, per la compiuta realizzazione del pubblico interesse specifico in forza del quale la Pubblica Amministrazione si è determinata a bandire.
In particolare, in base all’art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 – secondo cui ogni contratto della P.A. da cui derivi un’entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata – si esprime un principio fondamentale dell’attività  contrattuale della Pubblica Amministrazione, pacificamente ritenuto applicabile anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza 4.3.2008 n. 889).
L’articolo in questione, pur essendo stato dettato con specifico riferimento alle amministrazioni statali, è espressione di un principio generale che ha ispirato anche le discipline delle altre amministrazioni pubbliche, ivi compresa, in particolare, quella degli enti territoriali (cfr. l’art. 192 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Dunque, anche quando agisce iure privatorum, accingendosi a stipulare un contratto attivo di alienazione di bene immobile, la P.A. non è completamente libera di formare la propria volontà , ma deve porre in essere una procedura che dia evidenza dell’interesse pubblico sotteso alla scelta negoziale operata, nel rispetto dei tradizionali principi di legalità , imparzialità , buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa.
Pertanto, anche nell’attività  negoziale di diritto privato quale quella oggetto del caso di specie, possono distinguersi due fasi: la prima pubblicistica, tesa alla formazione della volontà  della P.A. e alla individuazione del contraente, caratterizzata da una serie di atti che si sostanziano in un vero e proprio procedimento amministrativo ad evidenza pubblica; la seconda privatistica, che segue alla definitiva individuazione del contraente, che avviene e si consolida con la formale, definitiva aggiudicazione, e concerne tutta l’attività  successiva fino alla compiuta e definitiva effettuazione del trasferimento patrimoniale secondo le norme di diritto comune, nell’ambito della quale attività  entrambi i contraenti, pubblico e privato, si ritrovano giuridicamente su un piano di sostanziale ed equiordinata parità .
Tale parità  può essere, invero, alterata dalle posizioni di maggiore o minore forza contrattuale di uno dei due contraenti, ma tali situazioni di fatto, unitamente agli eventuali abusi che in forza di esse si realizzino, sfuggono in modo evidente alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, afferendo più perspicuamente ad un contesto di comportamenti privatistici, di correttezza e buona fede nelle trattative e nella eventuale esecuzione del contratto, di squilibrio delle pattuizioni negoziali o di eccessiva onerosità  sopravvenuta, che costituiscono, all’evidenza, temi tradizionali della giurisdizione del Giudice Ordinario civile.
Da ultimo, ponendosi ancora da altro autonomo punto di vista, a costituire ulteriore motivazione a supporto della declaratoria di difetto di giurisdizione, deve osservarsi altresì quanto segue.
Ad una considerazione di estrema sintesi della iniziativa giurisdizionale posta in essere dal ricorrente, siamo evidentemente in presenza di una azione di responsabilità  precontrattuale svolta nei confronti del Comune di Trani, in tesi resosi colpevole di una serie di comportamenti contrari a correttezza e buona fede, intervenuti successivamente all’aggiudicazione definitiva.
Il tema della responsabilità  precontrattuale della Pubblica Amministrazione merita una breve ricognizione sintetica, tenuto conto della relativa novità  del problema e dei suoi peculiari caratteri.
Sul fronte giurisprudenziale, il problema in questione ha trovato, dopo lunga elaborazione, una sistemazione definitiva in forza dell’Adunanza Plenaria n. 6 del 5 settembre 2005, ampiamente ripresa dalle Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza n. 11656 del 12 maggio 2008, oltre che in ulteriori pronunce (cfr. Cons. Stato, sentenza n. 4440 del 3.8.2012; Cass., sentenza n. 477 del 10.1.2013; T.A.R. Puglia, Bari, sentenza n. 1756 del 11.10.2012).
In particolare, con la sentenza n. 11656 del 12 maggio 2008 le Sezioni Unite affrontano la questione concernente la responsabilità  precontrattuale in capo alla Pubblica Amministrazione, partendo dal presupposto che anche a suo carico gravi l’obbligo giuridico sancito dall’art. 1337 c.c. di comportarsi secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative.
Nel caso di specie, infatti, la questione controversa atteneva non tanto alla legittimità  di atti amministrativi, bensì al danno subito dalla società  attrice in base ad un contegno posto dalla Amministrazione in violazione delle regole che tutelavano – e tutelano – il legittimo affidamento delle parti in una trattativa precontrattuale e nei relativi comportamenti attuativi.
Deve sul punto preliminarmente evidenziarsi, come anticipato supra, che l’innesto della responsabilità  precontrattuale nel diritto amministrativo ha origini recenti ed è stato alquanto travagliato.
Per lungo tempo la giurisprudenza non ha ammesso la configurabilità  di una responsabilità  civile della Pubblica Amministrazione per la lesione di interessi legittimi, men che meno nella fase precontrattuale.
Solo con la sentenza n. 1675/1961, le Sezioni Unite riconobbero la ammissibilità  della responsabilità  precontrattuale in capo alla Pubblica Amministrazione, affermando che compito del giudice di merito non è quello di valutare se il soggetto amministrativo sia stato un corretto amministratore, bensì se sia stato un corretto contraente.
Tuttavia, se da un lato la giurisprudenza ammise, in via di principio, la responsabilità  precontrattuale della Pubblica Amministrazione, dall’altro restrinse l’area di attività  amministrativa, all’interno della quale potevano sorgere posizioni tutelate di affidamento, alle sole trattative private, c.d. pure, ossia ai soli casi in cui la Pubblica Amministrazione si spogliava dei propri poteri pubblicistici ed operava come un qualunque altro soggetto. Con la conseguenza che nelle ipotesi, successivamente sempre più ricorrenti, di trattativa privata preceduta da gara informale, non potevano applicarsi i principi civilistici della responsabilità  precontrattuale.
Tuttavia, per le procedure di gara, la giurisprudenza cominciò a ritenere che poteva essere affermata la responsabilità  precontrattuale della Pubblica Amministrazione dal momento della aggiudicazione della gara, poichè il provvedimento di aggiudicazione crea una situazione di affidamento tutelata dall’ordinamento giuridico.
Oggi si ammette pacificamente la configurabilità  di una responsabilità  precontrattuale della Pubblica Amministrazione anche a seguito delle riforme del 1998-2000 e della nota sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite che si sono pronunciate sulla risarcibilità  del danno da lesioni di interessi legittimi.
Dunque, anche a carico della Pubblica Amministrazione grava l’obbligo giuridico sancito dall’art. 1337 c.c. di comportarsi secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative, perchè con l’instaurarsi delle medesime sorge tra le parti un rapporto di affidamento che l’ordinamento ritiene meritevole di tutela.
Dopo questo breve excursus sulla configurabilità  della responsabilità  precontrattuale in capo alla Pubblica Amministrazione, le Sezioni Unite affrontano il problema del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.
In entrambi i precedenti gradi di giudizio di cui al caso di specie da cui scaturì la pronuncia in esame era stata ribadita la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In particolare tale giurisdizione veniva fondata dal giudice dell’appello sul fatto che la pretesa risarcitoria della Società  ricorrente si riconnetteva all’emanazione di atti amministrativi di ritiro della precedente deliberazione di approvazione dello schema contrattuale di vendita di cosa futura; inoltre, che il contratto relativamente al quale viene ipotizzata la responsabilità  precontrattuale, costituiva un contratto di appalto e non di vendita futura; infine, che nella fattispecie fosse applicabile l’art. 6, comma 1, della l. n. 205/2000, trattandosi di affidamento di lavori.
Tale norma statuiva che: “sono devolute alla giurisdizione esclusive del giudice amministrativo, tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizio forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio all’applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”.
Ne conseguiva che, per effetto di tale norma, era stata configurata una giurisdizione esclusiva in favore del Giudice Amministrativo anche per l’azione di risarcimento per responsabilità  precontrattuale nelle procedure di affidamento di contratti di appalto di lavori, servizi o forniture, da parte di soggetti tenuti alla scelta del contraente all’applicazione della normativa comunitaria o al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica.
Tale giurisdizione esclusiva per l’azione di responsabilità  contrattuale non veniva, invece, espressamente ravvisata in tema di contratto di compravendita di immobile, evidenziando tanto l’Adunanza Plenaria citata che le Sezioni Unite in parola che, in mancanza di una norma specifica attributiva della giurisdizione nel caso di specie, non potesse che sussistere la giurisdizione del Giudice Ordinario.
Il Collegio condivide tale impostazione, dovendosi ribadire sul punto che l’attuale assetto ordinamentale in materia prevede che la giurisdizione sulla responsabilità  contrattuale della Pubblica Amministrazione resti condivisa fra Giudice Ordinario e Giudice Amministrativo, a seconda che il comportamento che la generi sia espressione di un mero calcolo di convenienza privatistico o di un pubblico potere illegittimamente esercitato.
Nel caso di specie, dolendosi parte ricorrente di comportamenti tutti successivi all’aggiudicazione, svoltisi, in parte, anche al di là  di una formalizzazione pubblicistica (si veda, in particolare, l’incontro informale svoltosi in data 25 giugno 2008) non possa che sussistere una valutazione integralmente privatistica della fattispecie in esame, con il corollario della sussistenza della giurisdizione del Giudice Ordinario nel caso di specie.
Da ultimo, la evidente peculiarità  e novità  della questione, la sua conclusione in rito, unitamente ai profili di marcata complessità  in fatto che l’hanno caratterizzata, giustificano ampiamente l’integrale compensazione delle spese di lite promanate dal presente contenzioso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il proprio difetto di giurisdizione, in favore del Giudice Ordinario.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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