1. Processo amministrativo – Giudizio elettorale  – Legittimazione passiva – Amministrazione portatrice interesse a mantenimento propri atti
2. Processo amministrativo – Giudizio elettorale  – Onere della prova –  Dichiarazioni sostitutive rappresentanti di lista – Ammissibilità  – Ragioni
3. Processo amministrativo – Giudizio elettorale –  Ricorso incidentale – Termini
4. Processo amministrativo – Giudizio elettorale – Motivi aggiunti – Ammissibilità  – Limiti
5. Elezioni – Elezioni comunali – Votazione – Principio di salvezza – Art. 57, comma VII^, t.u. n. 570 del 1960 – Applicabilità  in via analogica

1. La legittimazione passiva nel giudizio elettorale spetta all’Ente cui i risultati della consultazione elettorale oggetto della lite sono giuridicamente imputati e non all’Amministrazione statale o ad altri organi, quale l’Ufficio elettorale, che pur svolgendo compiti, anche di primaria importanza, nel procedimento elettorale, sono destinati a sciogliersi subito dopo effettuata la proclamazione degli eletti e che, in ogni caso, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti. 
2. Sono ammissibili, a supporto del ricorso elettorale, le dichiarazioni impegnative, rese nelle forme della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, da parte di soggetti presenti alle operazioni di voto, compresi i rappresentanti di lista, in ossequio a quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 20 novembre 2014, n. 32.
3. Ove nel rito elettorale di cui all’art. 130 decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  sia proposto ricorso incidentale, ai fini della valutazione sulla sua ricevibilità , occorre far riferimento non ai termini processuali fissati, con riferimento alle sole controdeduzioni, dall’art. 130, comma 5, per cui «L’amministrazione resistente e i controinteressati depositano nella segreteria le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti», bensì a quelli previsti dall’art. 42, comma 2, c.p.a. per il ricorso incidentale nel rito ordinario (che sul punto rinvia agli artt. 41, quanto alla notifica, e 45, quanto al deposito), tuttavia ridotti alla metà  in forza della previsione di cui all’art. 130, comma 10, c.p.a., a norma del quale: «Tutti i termini processuali diversi da quelli indicati nel presente articolo e nell’ articolo 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario»;
4. Sebbene siano di per sè proponibili motivi aggiunti nel giudizio elettorale, si devono ritenere ammissibili solo quelli che costituiscano svolgimento (sub specie di esplicitazione, integrazione, puntualizzazione) di censure già  tempestivamente proposte, mentre non possono ammettersi nuovi motivi di ricorso derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure.
5. Allorchè la scheda elettorale, recante crocesegno sul simbolo di una lista, rechi, tra le preferenze, il nominativo del candidato di un’altra lista, la scheda stessa è valida, dovendo essere annullata, a mente dell’art. 57, cominci 7, t.u. 16 maggio 1960 n. 570, soltanto la preferenza. Pertanto, nel caso in cui l’elettore, anzichè indicare il nominativo di un candidato alle elezioni comunali, abbia indicato pur sempre il nominativo di un candidato, ma presentatosi alle contestuali elezioni provinciali, deve ritenersi che l’erronea indicazione nominativa sia solo il frutto di un’involontaria confusione e non, invece, segno volontario di riconoscimento della scheda, potendo trovare logica applicazione, in via analogica, il principio di salvezza riconducibile al citato art. 57,comma 7, del t.u. n. 570 del 1960; sicchè l’espressione erronea della preferenza in questione non può ritenersi motivo di annullamento della scheda.
 

N. 00522/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00963/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 963 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Domenico Altieri, Antonella Berardi, Domenico Gigante, Michele Martire, Domenico Vito Schiavone, Giuseppe Valenzano, Oronzo Valentini, rappresentati e difesi dall’avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto in Bari, Via Amendola, 166/5; 

contro
Comune di Rutigliano, rappresentato e difeso dall’avv. Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio eletto in Bari, Via N. Piccinni, 150; Ministero dell’Interno – Ufficio Centrale Elettorale del Comune di Rutigliano, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97; 

nei confronti di
Roberto Romagno, Francesco Delliturri, Antonio Troiani, Nicola Saffi, Domenica Lepore, Donata Lamparelli, Michele Maggiorano, Rosa Romito, Vincenzo Damato, Giovanni Pavone, rappresentati e difesi dall’avv. Luigi D’Ambrosio, con domicilio eletto in Bari, piazza Garibaldi, 23; Simone Stephi; 

per l’annullamento
– del verbale delle operazioni dell’Ufficio Centrale, modello 300 AR, concluso il 30 giugno 2014, relativo all’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio Comunale del Comune di Rutigliano, con il quale è stata proclamata l’elezione, al primo turno, del Sindaco nella persona del sig. Roberto Romagno e sono stati proclamati i consiglieri comunali;
– dei verbali degli Uffici delle sezioni nn. 2, 7, 10, 13, 14, 16 e 17, in riferimento alla parte in cui sono stati attribuiti illegittimamente n. 7 voti al candidato Sindaco Roberto Romagno e “sottratti” n. 4 voti al candidato Domenico Altieri;
– dei verbali degli Uffici delle sezioni nn. 3, 4, 5, 8 e 9, con riferimento alla parte in cui sono stati illegittimamente attribuiti al candidato Sindaco Roberto Romagno (almeno) 13 voti;
– di ogni altro atto specificamente indicato nel ricorso principale e nei ricorsi per motivi aggiunti.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rutigliano, del Ministero dell’Interno – Ufficio Centrale Elettorale del Comune di Rutigliano e di Roberto Romagno, Francesco Delliturri, Antonio Troiani, Nicola Saffi, Domenica Lepore, Donata Lamparelli, Michele Maggiorano, Rosa Romito, Vincenzo Damato e Giovanni Pavone;
Visto il ricorso incidentale depositato dai controinteressati in data 9 ottobre 2014;
Visti i motivi aggiunti al ricorso incidentale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio e uditi nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2015 per le parti i difensori avv.ti Felice Eugenio Lorusso; Gennaro Rocco Notarnicola; Luigi D’Ambrosio.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
1. I sigg.ri Domenico Altieri, Antonella Berardi, Domenico Gigante, Michele Martire, Domenico Vito Schiavone, Giuseppe Valenzano e Oronzo Valentini sono stati candidati alla carica rispettivamente di Sindaco il primo, di consigliere comunale gli altri, nella competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale di Rutigliano, svoltasi il 25 maggio 2014.
1.1 Al termine delle operazioni di spoglio i voti validi complessivamente conseguiti dai candidati alla carica di Sindaco sono risultati 11.699, così ripartiti: Roberto Romagno 5856 preferenze; Domenico Altieri 4687 preferenze; Nicola Giampaolo 1156 preferenze;
1.2 L’Ufficio Centrale elettorale, determinata la maggioranza assoluta dei voti in 5.850,5 (11.699/2 = 5849,5 + 1 = 5850,5), ha quindi proclamato eletto Sindaco il candidato Roberto Romagno, escludendo doversi procedere al turno di ballottaggio per avere il medesimo conseguito un numero di voti superiore rispetto alla soglia della maggioranza assoluta, così come innanzi calcolata.
2. Con il gravame in epigrafe i ricorrenti, nelle qualità  sopra specificate, oltre che di cittadini elettori, hanno chiesto disporsi la correzione dei risultati relativi alla consultazione elettorale in parola, al fine di ottenere l’indizione del turno di ballottaggio. A fondamento delle censure hanno dedotto, in estrema e doverosa sintesi, la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 72 e 73 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonchè dell’art. 57 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, con illegittima attribuzione di diversi voti al candidato Sindaco Roberto Romagno (con riferimento alle sezioni nn. 7, 10, 14, 16 e 17), l’illegittima sottrazione di voti al candidato Domenico Altieri (con riferimento alle sezioni nn. 2, 16 e 17), nonchè l’illegittimità  dei verbali delle sezioni nn. 3, 4, 5, 8 e 9. Secondo i ricorrenti, l’esatta attribuzione dei voti individuati in ricorso avrebbe certamente impedito al candidato Sindaco Roberto Romagno di conseguire un risultato elettorale superiore (di soli 5,5 voti) al quorum fissato ex art. 72, comma 4, D.lgs. 267/2000 e, quindi, di essere proclamato eletto al primo turno. I ricorrenti hanno chiesto, in via istruttoria, l’espletamento degli incombenti necessari ad accertare quanto dichiarato, anche alla luce delle stesse precisazioni contenute nel verbale delle operazioni di scrutinio e nelle dichiarazioni postume resa dai rappresentanti di lista, concludendo, comunque, nel merito, per l’accoglimento del ricorso, con conseguente riforma dei risultati elettorali e indizione del secondo turno elettorale, ex art. 72, comma 5, del D.lgs. citato, con vittoria di spese.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Rutigliano per resistere al gravame, in quanto inammissibile e, comunque, infondato in fatto e in diritto.
4. Si sono inoltre costituiti in giudizio i controinteressati Roberto Romagno, Francesco Delliturri, Antonio Troiani, Nicola Saffi, Domenica Lepore, Donata Lamparelli, Michele Maggiorano, Rosa Romito, Vincenzo Damato, Giovanni Pavone, che hanno chiesto la reiezione del ricorso principale, ritenendo corrette le valutazioni compiute dall’ufficio elettorale, non provate le argomentazioni dei ricorrenti riferite a profili di illegittimità  non risultanti dal verbale delle operazioni di scrutinio e comunque insussistenti i presupposti per l’attivazione dei poteri istruttori del giudice amministrativo, costituendo per contro le censure proposte, per come formulate, un tentativo di ottenere un inammissibile riesame, in sede giurisdizionale, dell’operato del seggio elettorale.
I contro interessati hanno anche depositato ricorso incidentale, chiedendo di verificare diverse schede elettorali nelle sezioni: 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 13, 14, 15 e 18.
5. All’udienza del 5 novembre 2014, con ordinanza n. 1315/2014 il Collegio ha disposto gli incombenti istruttori ritenuti necessari per la decisione, al fine di appurare la sussistenza dei vizi lamentati nei ricorsi, principale ed incidentale, attraverso la verifica diretta del materiale elettorale specificamente contestato.
6. All’esito dell’attività  istruttoria, svolta presso la Prefettura di Bari alla presenza dei legali delle controparti, il verificatore ha ritenuto di rimettere alla valutazione del Collegio le sole schede ritenute coincidenti con quelle indicate dalle parti nei ricorsi, senza esprimere alcuna valutazione di merito e limitandosi ad una attività  di mero riscontro della sussistenza degli elementi di fatto descritti nel ricorso. L’ufficio ha anche trasmesso, su istanza delle parti, ulteriori schede elettorali, ritenute non ricomprendibili tra quelle individuate dal Collegio con l’ordinanza istruttoria; ciò per economia processuale e al mero fine di consentire al Collegio ogni valutazione sulla loro eventuale rilevanza ai fini del giudizio.
7. Nelle more, entrambe le opposte parti hanno presentato motivi aggiunti (n. 4 per la parte ricorrente in via principale e n. 5 per i ricorrenti incidentali), sollevando plurime questioni, ulteriormente emerse a seguito dello svolgimento dell’attività  istruttoria da parte dell’ufficio verificatore.
8. Le parti costituite hanno svolto articolate difese in vista e nel corso della pubblica udienza del 25 marzo 2015, all’esito della quale il Collegio si è riservata la decisione. In pari data è stato anche pubblicato il dispositivo, ai sensi dell’art. 130, comma 7, c.p.a..
DIRITTO
1. Il ricorso, così come integrato da motivi aggiunti, è in parte infondato e in parte inammissibile.
2. Prima di affrontare nel merito le doglianze prospettate dalle parti avverse, occorre risolvere alcune preliminari questioni in rito, aventi carattere di logica priorità , in quanto funzionali sia alla individuazione delle “giuste” parti del giudizio, sia alla delimitazione del thema decidendum su cui è chiamato a pronunciarsi il Collegio; ciò sulla base delle regole del processo amministrativo, opportunamente calibrate in ragione della peculiarità  del rito elettorale.
2.1 Principiando dall’eccezione, formulata in udienza dall’Avvocatura dello Stato, di difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio centrale elettorale e del Ministero dell’Interno, va qui richiamata la ferma giurisprudenza che ha chiarito quale sia la parte pubblica necessaria nel rito elettorale. In particolare, si è precisato che deve essere disposta l’estromissione dal giudizio delle suddette amministrazioni, considerato che la legittimazione passiva nel giudizio elettorale spetta all’Ente cui i risultati della consultazione elettorale oggetto della lite sono giuridicamente imputati e non all’Amministrazione statale o ad altri organi, quale l’Ufficio elettorale, che pur avendo svolto compiti, anche di primaria importanza, nel procedimento elettorale, sono destinati a sciogliersi subito dopo effettuata la proclamazione degli eletti e che, in ogni caso, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 marzo 2015, 1376; 21 dicembre 2012, n. 6607).
2.2 La questione è strettamente collegata ai rilievi sottesi all’eccezione d’inammissibilità  della costituzione in giudizio del Comune resistente, formulata dalla parte ricorrente, che pur non ignorando la posizione della giurisprudenza succitata, ne ha auspicato, tuttavia, una revisione in chiave critica. Secondo la riferita prospettazione, infatti, vi sarebbe un evidente conflitto d’interessi, atteso che l’Ente locale finirebbe per tutelare solo gli interessi della maggioranza politica eletta, pur quando, come nella specie, venga contestata proprio la legittimità  della sua proclamazione.
2.1.1 Il Collegio non condivide le argomentazioni espresse sul punto dai ricorrenti. Va, infatti, evidenziato come la partecipazione dell’Ente locale al processo elettorale consenta che esso si svolga con un contraddittorio quanto più rispettoso degli interessi dell’intera comunità  di riferimento, che non possono che essere rappresentati dalla persona giuridica interessata, cui i risultati della competizione sono imputati e i cui organi, nella loro attuale composizione, sono sottoposti a giudizio di validità . Senza tralasciare di evidenziare che il bene della vita che parte ricorrente intende conseguire, ovvero che la rappresentanza politica rispecchi il volere del corpo elettorale, secondo le regole fissate dall’ordinamento, è proprio di ogni cittadino elettore e richiede una rappresentazione unitaria espressa proprio dall’Ente, la cui composizione, risultante all’esito dello svolgimento democratico delle operazioni elettorali, è posta in discussione.
2.1.2 Le riferite considerazioni trovano conferma, oltre che nella pacifica giurisprudenza (ex multis Cons. Stato , sez. V. 19 giugno 2012, n. 3557), anche nel dettato normativo che individua espressamente nell’Ente locale interessato dalle elezioni la parte pubblica necessaria nel giudizio elettorale. 
3. Va ora esaminata l’eccezione di inammissibilità  del ricorso principale, per mancato superamento della prova di resistenza, così come sollevata dal Comune resistente e dalla parte controinteressata, che ritengono non possa darsi ingresso alle censure ivi formulate assumendo, come principio di prova della loro fondatezza, dichiarazioni postume rese dai rappresentanti di lista. Secondo tale prospettazione difensiva, infatti, nel rito elettorale non sarebbe ammissibile il ricorso alle dichiarazioni impegnative, rese nelle forme della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, da parte di soggetti presenti alle operazioni di voto, compresi i rappresentanti di lista, dalle quali risultino illegittimità  imputabili al seggio elettorale.
3.1 L’eccezione è infondata.
3.2 Sulla questione si è recentemente espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 20 novembre 2014, n. 32, alle cui puntuali statuizioni è bene far richiamo. Secondo tale arresto giurisprudenziale: “6.1. (¦..) va osservato che la recente codificazione ha bensì conferito maggior nettezza alle regole del processo amministrativo, in gran parte, peraltro, già  vigenti, in virtù di massime giurisprudenziali consolidate, ma non ha introdotto novità  sostanziali in tema di onere della prova, che risulta tuttora improntato al principio dispositivo con metodo acquisitivo (Sez. III, 10 settembre 2014, n. 4602; 16 luglio 2013 n. 3875; Sez. VI, 20 dicembre 2013 n. 6159), che, come già  ricordato, impone ai ricorrenti di fornire, non la prova della fondatezza delle pretese dedotte, bensì semplici elementi indiziari in merito all’esistenza dei vizi denunciati, in base ai quali il giudice, ritenutane la attendibilità , eserciterà  i poteri istruttori previsti dal c.p.a.. In questo quadro una esclusione aprioristica delle dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio dal novero delle produzioni idonee a costituire principio di prova nel giudizio elettorale non appare sostenibile, ponendosi in contrasto con gli artt. 24 e 111 della Costituzione. (¦.) 6.3. Con più specifico riferimento al ruolo dei rappresentanti di lista nel procedimento elettorale, la Sezione remittente sostiene che la mancata verbalizzazione di loro osservazioni o contestazioni, in dissenso dalle decisioni del seggio, assumerebbe il valore di una sostanziale acquiescenza non più ritrattabile a mezzo della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio.
A tale riguardo tuttavia, va ribadito che la rilevanza probatoria, nei limiti fin qui tratteggiati, della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, rilasciata dai rappresentanti di lista ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, non può essere esclusa ipotizzando un onere con effetto decadenziale che non trova conforto in alcuna norma e risulta anzi incompatibile con la facoltatività  sia della presenza del rappresentante di lista (art. 32, comma 9, n, 4, d.P.R. n. 570 del 1960), sia della contestazione immediata di eventuali rilievi o dissensi (artt. 54 e 68 del medesimo d.P.R.).
Inoltre, l’ingresso nel processo della prova testimoniale ex art. 63, comma 3, c.p.a., non è privo di ricadute anche sulla tematica ora in esame. Nella sentenza Consiglio di Giustizia Amministrativa più volte richiamata ( n. 581 del 2013) si afferma infatti: “Se, invero, chi abbia interesse a contestare in giudizio lo svolgimento e l’esito di uno scrutinio elettorale dispone attualmente della possibilità  di corredare la propria impugnativa di un supporto probatorio costituito da una testimonianza scritta (nei limiti, ovviamente, in cui un mezzo di prova costituenda di questo tipo sia ammissibile – v., tra gli altri, gli artt. 2721 e ss. c.c. – e non confligga con la fede privilegiata che assiste i verbali delle sezioni elettorali: artt. 2700 c.c. e 63, comma 5, c.p.a.), allora effettivamente può escludersi che sia sopravvissuto (per i ricorsi relativi ad operazioni elettorali di tornate svoltesi dopo il 16 settembre 2010), in capo ai rappresentanti di lista presenti allo scrutinio, un onere di puntuale verbalizzazione delle singole decisioni del seggio, non essendo le risultanze dei verbali compilati dalle sezioni elettorali l’unico mezzo di prova per accertare quanto avvenuto nel corso dello scrutinio;”.
Tali proposizioni offrono argomento per confermare che la mancata verbalizzazione delle contestazioni da parte del rappresentate di lista, se – come afferma il C.G.A. – risulta irrilevante grazie all’avvento della prova testimoniale, il cui valore, peraltro – nelle ipotesi qui in esame – non va al di là  del principio di prova, egualmente irrilevante deve ritenersi in caso di produzione di dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio. Se, infatti, al rappresentante di lista si riconosce una sorta di jus poenitendi rispetto al preteso assenso tacitamente manifestato, in vista di una postuma prova testimoniale, sarebbe illogico non ammettere la stessa facoltà  quando il ricorrente si avvalga del diverso principio di prova costituito dalla dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà .
Nè va trascurato, incidentalmente, che il rappresentante di lista, che avverta la erroneità  di una determinata decisione del seggio in merito alla attribuzione di suffragi, può non percepire nell’immediatezza la rilevanza determinante dell’errore, che può invece manifestarsi solo alla conclusione delle operazioni. Deve pertanto essergli consentito, assumendo le responsabilità  penali previste dall’art. 76, comma 1 e 3, d. P.R. n. 445 del 2000, fornire il proprio apporto probatorio anche in un momento successivo alla proclamazione degli eletti”.
4. Quanto all’eccezione di inammissibilità /irricevibilità  per tardività  del ricorso incidentale e dei relativi motivi aggiunti, proposto dalla parte controinteressata, va ribadito l’orientamento già  espresso dalla Sezione con precedente 
4.1 Detta soluzione, va rimarcato, appare la più conforme, oltre che al dettato normativo, ai chiari principi espressi dal codice del processo amministrativo di parità  delle armi ed effettività  della tutela giurisdizionale.
4.2 Nel caso di specie, il controinteressato ha provveduto alla notifica del ricorso incidentale in data 30 settembre 2014, dunque entro 30 giorni dalla notifica del ricorso principale, così come previsto dalla disciplina normativa richiamata. Il ricorso risulta depositato in pari data, con attestazione dell’Ufficiale giudiziario di avvenuta consegna per la notifica nei termini, ovvero avvalendosi della facoltà  di cui all’art. 45, comma 2 c.p.a., per cui “E’ fatta salva la facoltà  della parte di effettuare il deposito dell’atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante”, ovvero al momento della consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario (cfr. Sent. Corte Cost. sentenza 26.11.2002 n. 477 e 23 gennaio 2004 n. 28). A nulla rileva, pertanto, la circostanza evidenziata da parte ricorrente per cui solo in data 9 ottobre 2014 è stata depositata la prova delle avvenute notifiche, risultando in ogni caso la proposizione del ricorso tempestiva per quanto detto.
5. E’ dunque possibile procedere all’esame nel merito dei ricorsi.
Giova anteporre una breve precisazione. All’esito dell’udienza pubblica del 5 novembre 2014, con ordinanza n. 1315 resa in pari data, il Collegio ha disposto verificazione, ad opera del Prefetto della provincia di Bari, con facoltà  di delega, al fine di appurare i risultati elettorali delle sezioni nn. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16, 17 e 18; “con riferimento specifico alle sole schede numericamente individuate per ciascuna sezione nei ricorsi principale ed incidentale, ed in relazione ai soli motivi ivi denunciati”.
Le prefate operazioni di verifica, svoltesi in contraddittorio tra le parti, hanno avuto inizio in data 19 novembre 2014 e sono terminate l’11 febbraio 2015.
L’ufficio verificatore ha depositato la relazione conclusiva il 13 febbraio 2015, corredata di un prospetto riepilogativo in formato “excel” con cui ha rimesso al Collegio le schede ritenute rispondenti alle indicazioni puntuali del Collegio, di cui all’ordinanza n. 1315/2014, rimettendo anche ulteriori schede su richiesta delle parti, benchè ritenute dall’ufficio esulanti dalle richieste del Collegio, in quanto non contestate puntualmente nei ricorsi, principale ed incidentale.
In relazione agli esiti dell’attività  di verificazione, i ricorrenti principali hanno proposto 4 atti di motivi aggiunti (depositati in data 16 gennaio 2015; 11, 18 e 25 febbraio 2015); i ricorrenti incidentali hanno proposto ulteriori 5 atti di motivi aggiunti (depositati in data 18, 20 e 26 febbraio 2015 e 2 e 3 marzo 2015).
6. Per ragioni di economia espositiva, il Collegio ritiene di dover procedere alla preliminare individuazione delle censure esaminabili, atteso che, da una parte, come desumibile dalle premesse svolte innanzi, risulta oggetto di contestazione delle parti la stessa esatta individuazione delle schede riferibili alle censure individuate nei ricorsi, principale ed incidentale (cfr. relazione trasmessa dall’Ufficio verificatore del 12 febbraio 2015, prot. n. 42342/4.2.14/UPE). Dall’altra, le parti hanno sollevato reciproche eccezioni di inammissibilità  dei motivi posti a fondamento dei ricorsi e rispettivi motivi aggiunti, con cui, tra l’altro, sono state impugnate schede ulteriori, occasionalmente individuate solo a seguito dell’attività  istruttoria disposta dal Collegio.
6.1 Si ritiene di dover principiare dalla risoluzione delle questioni prospettate innanzi con riferimento dapprima al ricorso principale e per motivi aggiunti. Solo all’esito dell’ulteriore esame nel merito delle cesure prospettate da parte ricorrente e ritenute ammissibili dal Collegio, si statuirà , eventualmente, sull’ammissibilità  e fondatezza delle censure di cui al ricorso incidentale, così come integrato da motivi aggiunti, atteso che l’interesse dei controinteressati al suo esame risulta chiaramente subordinato all’accoglimento del ricorso principale.
6.2 Passando all’esame del ricorso introduttivo del giudizio, va prioritariamente scrutinata l’eccezione di inammissibilità  dei motivi, ritenuti dalla parte controinteressata e dal Comune resistente affatto generici.
6.2.1 L’eccezione è solo in parte fondata.
6.2.2 Va qui richiamata condivisa giurisprudenza che, quanto alla specificità  dei motivi di ricorso elettorale, ha chiarito come, anche al fine di contemperare i molteplici interessi in contrapposizione, il legislatore ha attribuito nello specifico e delicato settore della materia elettorale valore predominante al principio della certezza dei rapporti di diritto pubblico. Pertanto, pur prevalendo un orientamento interpretativo che ritiene in materia elettorale attenuato l’onere probatorio, asserendo essere sufficiente l’indicazione della natura dei vizi lamentati (ma pur sempre con riferimento a fattispecie concrete), della sezione e numero delle schede ritenute erronee, non è possibile dare ingresso a motivi del tutto generici, con cui viene sostanzialmente richiesto al giudice uno scrutinio di “secondo livello”, estraneo alla materia elettorale.
6.2.3 Sulla base di tale pacifica premessa il Collegio ritiene di limitare la pronuncia di inammissibilità  del ricorso principale al solo motivo sub 4), con riferimento alla contestazione delle n. 44 schede ritenute nulle dal seggio elettorale n. 9 , che, secondo parte ricorrente “necessitavano di un approfondimento”, atteso che è mancata la necessaria indicazione dei vizi oggetto di doglianza.
6.3 Fatta tale precisazione, ai fini dell’individuazione complessiva delle censure esaminabili e del materiale elettorale offerto a loro fondamento, occorre procedere all’ulteriore preliminare scrutinio delle eccezioni di inammissibilità  dei motivi aggiunti proposti dalla parte ricorrente in via principale, così come sollevate dal Comune di Rutignano e dalla parte controinteressata.
6.3.1 L’eccezione coglie nel segno.
6.3.2 Sul punto, giova richiamare la ferma giurisprudenza amministrativa che ha chiarito i limiti entro cui nel rito elettorale è possibile proporre motivi aggiunti. Infatti, “sebbene siano di per sè proponibili motivi aggiunti nel giudizio elettorale, si devono ritenere ammissibili solo quelli che costituiscano svolgimento (sub specie di esplicitazione, integrazione, puntualizzazione) di censure già  tempestivamente proposte, mentre non possono ammettersi nuovi motivi di ricorso derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure (Cons. St., sez. V, 21 dicembre 2012, n. 6607; 22 marzo 2012, n. 1630; 22 settembre 2011, n. 5345; 11 maggio 2004, n. 2947).
Va così conciliato il principio dell’effettività  della tutela giurisdizionale con quello della celerità  e speditezza che deve caratterizzare il giudizio elettorale, per consentire il corretto funzionamento delle istituzioni e il rispetto del principio di democraticità  delle stesse (Cons. St., sez. V, 22 settembre 2011, n. 5345), ribadendosi sotto altro concorrente profilo l’inammissibilità  di motivi generici e meramente esplorativi” (così Cons. Stato, sez. V., 10 settembre 2014, n. 4589).
6.3.3 Alla luce di tali principi non risultano esaminabili le schede ulteriormente rimesse al Collegio, e fatte oggetto di censura solo con motivi aggiunti, atteso che le stesse non risultano riconducibili, in relazione al numero e alla tipologia di vizi lamentati, a quelle già  individuate in ricorso con specifica indicazione della sezione ove, secondo la prospettazione iniziale dei ricorrenti principali, tali irregolarità  si sarebbero verificate. Con i motivi aggiunti così prospettati, infatti, i ricorrenti finiscono per ampliare inammissibilmente il thema decidendumdella controversia, chiedendo vagliarsi fattispecie ulteriori rispetto a quelle censurate in ricorso, la cui deduzione è semplicemente occasionata dalle risultanze dell’istruttoria, contrariamente ai consolidati principi giurisprudenziali espressi sul punto (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 30 giugno 2003, n. 3865). In particolare, con gli ulteriori motivi parte ricorrente chiede lo scrutinio su schede che, pur astrattamente riferibili ai vizi denunciati, risultano rinvenute in sezioni diverse da quelle indicate, ovvero, concernono un numero di schede eccedente rispetto a quello precisato in ricorso, ovvero sono solo suscettibili di un giudizio di mera assimilabilità  alle censure inizialmente individuate; sicchè i vizi di cui si chiede la verifica non possono che essere considerati nuovi e diversi da quelli dedotti in prima battuta e non, come pure ex adverso si è sostenuto, una loro mera specificazione.
6.3.4 In particolare, con motivi aggiunti depositati il 16 gennaio 2015 i ricorrenti principali prospettano, per loro espressa ammissione, “ulteriori vizi rispetto a quelli già  indicati in ricorso relativamente alla medesima sezione” rispetto a n. 9 ulteriori schede, ritenendosi a tanto autorizzati in ragione del fatto che il rappresentante di lista per la sezione n. 3 per il Nuovo Centro Sinistra fosse stato allontanato dalla Sezione in maniera non consentita. Tuttavia la dedotta circostanza è frutto dell’indimostrata deduzione di parte ricorrente dell’illegittimità  del provvedimento assunto dal Presidente del seggio elettorale, che invece, in base alle risultanze dei verbali di sezione, risulta a ragione allontanato perchè disturbava il regolare svolgimento delle operazioni di spoglio. Della predetta circostanza si dà  atto nel verbale delle operazioni elettorali, che fa fede fino a querela di falso, sicchè, pertanto, essa non può ritenersi sconfessata. In conclusione le censure sono inammissibili, risultando del tutto nuove e sganciate dai motivi di ricorso principale.
6.3.5 Con ricorso per motivi aggiunti depositati in data 11 febbraio 2015, vengono svolte ulteriori contestazioni, con riferimento alle sezioni nn. 4, 5 e 8.
Le nuove censure appuntate avverso ulteriori schede rinvenute nella sez. n. 4 e ritenute, secondo la prospettazione dei ricorrenti, in grado di integrare “anche in termini numerici” i vizi già  contestati, sono inammissibili, ritenendosi di condividere la valutazione del verificatore che ha ritenuto di rimettere all’esame del Collegio la sola scheda n. 31, in relazione alla sezione in esame. Va precisato che le contestazioni in ricorso riferite alla predetta sezione, sono state individuate con l’indicazione dei vizi e del numero di schede cui le stesse erano riferibili. In particolare i vizi dedotti in relazione al primo e terzo motivo di censura erano limitati a n. 1 scheda ciascuno, per cui i motivi aggiunti in parte qua sono inammissibili.
Identiche considerazioni devono essere svolte in relazione alla sez. n. 5, ove vengono contestate per la prima volta ulteriori schede rispetto a quelle numericamente indicate in ricorso, contrassegnate con i numeri da 35 a 38, per il solo fatto di presentare vizi corrispondenti a quelli già  dedotti.
6.3.6 Passando all’esame degli ulteriori motivi, depositati in data 18 febbraio 2015, con cui si è dedotta l’illegittima valutazione di diverse schede da parte del Seggio elettorale nelle sezioni nn. 9 e 14, va qui sinteticamente rilevato quanto segue.
A) Con riferimento alla sez. n. 9:
1) la scheda n. 72 risulta solo assimilabile a quella indicata in ricorso, sicchè non può essere in questa sede esaminata per le ragioni già  chiarite innanzi;
2) quanto alla censura di cui al secondo motivo (indicato a pag. 3 dei motivi aggiunti in esame) basta evidenziare che trattasi dello svolgimento di una censura già  dichiarata dal Collegio inammissibile (cfr. paragrafo precedente n. 6.2.3);
3) la censura riferita alla scheda n. 73 è inammissibile, perchè la scheda in questione è stata rinvenuta in una sezione diversa da quella in relazione alla quale il vizio è stato originariamente contestato.
B) Con riferimento alla sez. n. 14:
1) quanto alla scheda n. 81, in disparte il fondato rilievo di inammissibilità , va evidenziato che, comunque, la stessa non può dirsi nulla. L’apposizione di un tratto continuo sotto il nominativo del candidato Consigliere comunale indicato non può essere considerato segnale di riconoscimento ma meramente rafforzativo dell’espressione di voto già  svolta.
2) quanto alle schede nn. 82 e 83, basta ribadire, riportandosi alle premesse svolte innanzi, che trattasi di motivi inammissibili, a nulla valendo il fatto che identiche censure risultano svolte con riferimento ad altre sezioni.
6.3.7 Infine, in data 25 febbraio 2015, è stato depositato un quarto atto di motivi aggiunti con cui risultano sollevate contestazioni in relazione alle sezioni nn. 15, 16 e 18. Le censure sono tutte inammissibili in quanto non rappresentano svolgimento di quelle indicate in ricorso, come è dato dedurre in tutta evidenza, in particolare, per le sezioni nn. 15 e 18, in relazione alle quali non vi era alcuna contestazione nel ricorso introduttivo.
6.4 Nel complesso, dunque, gli ulteriori motivi proposti sono inammissibili, e, pertanto, non possono concorrere a delineare l’ambito del thema decidendum.
7. Fatta tale preliminare e doverosa selezione delle censure ammissibili, occorre procedere all’esame nel merito dei motivi prospettati ab initio dai ricorrenti principali, nei limiti in cui gli stessi sono risultati ammissibili e con riferimento al solo materiale elettorale correttamente vagliato e trasmesso dall’Ufficio verificatore.
7.1 Nell’esaminare analiticamente le singole censure si procederà , per ragioni di semplificazione espositiva, a scrutinare ciascuna scheda contestata, in relazione alle doglianze formulate con i diversi motivi di ricorso, secondo l’ordine delle sezioni ove le stesse risultano rinvenute.
7.2 Va dunque evidenziato quanto segue:
I) Sez. n. 2: il Verificatore ha rimesso al Collegio n. 4 schede. Di queste, quelle utilizzabili ai fini dello scrutinio delle censure di cui al ricorso introduttivo (cfr. pag. 13 e 14) sono contrassegnate con i numeri 2 e 4.
I.a) La scheda n. 2 può essere così descritta:
– un crocesegno sul nominativo del candidato sindaco Altieri; una preferenza per il candidato consigliere Michele Signorile apposta nello spazio relativo alla lista “Moderati per Rutigliano” (collegata a Romagno); un ampio crocesegno incidente su 4 simboli relativi a liste collegate al candidato Altieri.
A dire dei ricorrenti sarebbe innegabile la volontà  dell’elettore di attribuire la preferenza al candidato sindaco Altieri, esercitando il cd. voto disgiunto, sicchè la scheda non avrebbe dovuto essere annullata.
L’assunto è fondato.
La manifestazione del voto per il candidato sindaco è avvenuta in maniera chiara e non contraddittoria, contrariamente alle considerazione avverse espresse sul punto dal Comune resistente e dai contointeressati, per la presenza di un chiaro crocesegno sul nominativo del candidato prescelto. Non può invece ritenersi che la presenza di un grande crocesegno su quattro simboli della coalizione di Altieri sia indice della volontà  di chi lo ha tracciato di farsi riconoscere, in quanto esso risulta meramente rafforzativo della preferenza espressa per il candidato a capo di quella coalizione. Infine va precisato che, in disparte la considerazione che la rilevata contraddittorietà  della scheda, ove riferita all’espressione di voto per il candidato consigliere, non rientra nell’oggetto del giudizio, comunque essa, per quanto detto, sarebbe meramente parziale e, dunque, non estendibile al voto espresso chiaramente per il candidato sindaco Altieri.
I. b) La scheda n. 4 reca:
– crocesegno sul simbolo della lista del Partito Democratico collegata al candidato sindaco Altieri; ben due segni grafici, del tutto anomali, che non esprimono alcuna preferenza.
Il Collegio ritiene che la decisione di annullare tale scheda sia immune da vizi.
Infatti, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, tale scheda risulta correttamente invalidata, contenendo segni grafici peculiari, estranei alle esigenze di espressione del voto e prive di ragionevoli spiegazioni, sicchè essi non consentono di escludere che con essi l’elettore abbia voluto farsi riconoscere.
II) Sezione n. 3. Sono state rimesse al Collegio due schede contrassegnate con i nn. 5 e 6.
II.a) La scheda n. 5 presenta un crocesegno sul logo “Forza Italia” con la scritta Fitti.
L’espressione di voto è chiaramente per Fitto, come dedotto nel motivo di ricorso, cognome di un noto candidato nella lista F. I. per la concomitante elezione del Parlamento Europeo.
Secondo i ricorrenti la scheda avrebbe dovuto essere annullata non contenendo una valida preferenza anche per il candidato Romagno.
L’assunto è infondato.
Il Collegio ritiene che, in disparte ogni ovvia considerazione sulla validità  del voto espresso con riferimento ai candidati per il consiglio comunale, non può dubitarsi della validità  della preferenza espressa per la lista “Forza Italia” e quindi al candidato Sindaco cui la stessa era collegata (Romagno), così come peraltro chiarito da condivisa giurisprudenza che, con riferimento ad analoga fattispecie ha precisato che ”
…allorchè la scheda elettorale, recante crocesegno sul simbolo di una lista, rechi, tra le preferenze, il nominativo del candidato di un’altra lista, la scheda stessa è valida, dovendo essere annullata, a mente dell’art. 57, cominci 7, t.u. 16 maggio 1960 n. 570, soltanto la preferenza. Pertanto, nel caso in cui l’elettore, anzichè indicare il nominativo di un candidato alle elezioni comunali, abbia indicato pur sempre il nominativo di un candidato, ma presentatosi alle contestuali elezioni provinciali, deve ritenersi che l’erronea indicazione nominativa sia solo il frutto di un’involontaria confusione e non, invece, segno volontario di riconoscimento della scheda, potendo trovare logica applicazione, in via analogica, il principio di salvezza riconducibile al citato art. 57,comma 7, del t.u. n. 570 del 1960; sicchè l’espressione erronea della preferenza in questione non può ritenersi motivo di annullamento della scheda…” (Consiglio di Stato, sez. V, 3.2.2006, n. 459).


II.b) La scheda n. 6 non reca l’apposizione di alcun crocesegno, ma solamente la scritta Fitto nello spazio delle preferenze per Forza Italia.
Per i ricorrenti la scheda doveva essere annullata, non contenendo valide espressioni di voto.
La censura è fondata.
La scheda in esame, infatti, non reca l’espressione di alcuna valida preferenza, in ragione della mancata corretta votazione per i candidati alla carica di consiglieri comunali (non essendo tale il voto espresso per Fitto) ed in concomitanza con la mancata apposizione di segni grafici su alcuna lista, nè tantomeno su alcun nominativo dei candidati alla carica di sindaco. Giova qui richiamare il disposto dell’art. 5 D.P.R. 28 aprile1993, n. 132, secondo cui “Nelle elezioni relative ai comuni, qualora l’elettore ometta di votare un contrassegno di lista, ma esprima correttamente il voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale, s’intende validamente votata anche la lista cui appartiene il candidato votato. In tal caso, s’intende validamente votato anche il candidato alla carica di sindaco, collegato con la stessa lista, salvo che l’elettore si sia avvalso della facoltà  di votare per un diverso candidato alla carica di sindaco, come disposto dall’art. 6, comma 3, della legge per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti”.
III) Sezione n. 4. Risulta rimessa all’esame del Collegio una sola scheda, contrassegnata con il n. 31.
III.a) Queste le caratteristiche della scheda: indicazione del nominativo Lamorgese, che non risulta candidato in alcuna lista elettorale, mancanza di ulteriori segni grafici (nè sui candidati alla carica di sindaco, nè sulle liste).
Risulta fondato l’assunto dei ricorrenti, secondo cui tale scheda doveva essere annullata, non recando la scheda alcuna valida manifestazione di voto, analogamente ai precedenti casi esaminati innanzi, sicchè la stessa avrebbe dovuto essere annullata.
IV- IV.a) Sezione n. 5. Risulta rimessa all’esame del Collegio un’unica scheda (n. 35), sulla quale è apposto un nominativo indecifrabile, senza alcun ulteriore segno.
La censura formulata dai ricorrenti di nullità  del voto, ritenuto, pertanto, illegittimamente attribuito a Romagno, è fondata.
Nel caso in esame, infatti, è mancata sia l’indicazione di un valido nominativo per il consiglio comunale (art. 73, comma 3, D.lgs. 267/2000) sia l’apposizione di alcun segno sulla lista collegata a Romagno, sicchè la scheda in questione non poteva certo comportare l’attribuzione del voto in favore del candidato alla carica di sindaco.
V) Sezione n. 7. Deve essere esaminata la censura di cui al primo motivo di ricorso (pag. 6), con riferimento alla scheda contrassegnata dal verificatore con il n. 44.
V.a) La scheda in questione è descritta nel ricorso come “riportante una riga orizzontale continua sul nome del candidato sindaco Romagno”. L’esito dell’istruttoria ha confermato che l’elettore ha barrato il nominativo del candidato Sindaco Romagno, apponendo un segno continuo, e ha poi espresso una preferenza di lista per il raggruppamento di altra coalizione (“Insieme si può” collegata al candidato Sindaco Giampaolo) e per un candidato consigliere incluso nella stessa (Difino).
Il tratto continuo è sicuramente riconducibile alla chiara volontà  dell’elettore di esprimere la sua preferenza per Romagno, anche considerando che, ai sensi dell’art. 72, co. 3, D. lgs. n. 267/2000 il voto si esprime “…tracciando un segno sul relativo rettangolo prescelto…”, non richiedendosi, pertanto, specifici e predeterminati segni di espressione del voto. Risulta dunque chiara la volontà  dell’elettore di esprimere la propria preferenza per il candidato Sindaco Romagno e, contestualmente, nell’esercizio della facoltà  di voto disgiunto, per una lista di altra coalizione. Dunque non risulta cogliere nel segno la censura formulata in ricorso con riferimento alla decisione del Seggio elettorale di ritenere valido il voto espresso per il candidato Romagno.
VI) Sez. n. 10). Sono state rimesse al Collegio due schede contrassegnate con i nn. 74 e 75.
VI.a) Queste le caratteristiche della scheda n. 74: crocesegno sul simbolo di una lista collegata al candidato Romagno; indicazione dei candidati Valenzano Giuseppe e Lepore Domenica, presenti in detta lista, nello spazio per le preferenze. Risulta, altresì, apposto un crocesegno sul simbolo di una lista collegata al candidato Altieri, nonchè l’iscrizione nello spazio delle preferenze, accanto a tale ultima lista, della dicitura “no”.
Secondo parte ricorrente l’elettore avrebbe inammissibilmente espresso il voto per due liste collegate a due diversi candidati sindaci, e la dicitura “no” costituirebbe un chiaro segno di riconoscimento.
Il Collegio non condivide l’assunto dei ricorrenti, ritenendo validamente espresso il voto.
La scritta “no” , infatti, non può essere considerata segno di riconoscimento alla stregua del disposto di cui all’art. 64 T.U. n. 570/1960 secondo cui il voto può considerarsi nullo qualora sia stato espresso con modalità  tali da far intendere inequivocabilmente che l’elettore abbia inteso farsi riconoscere e con l’apposizione di segni grafici privi di giustificazione ai fini dell’espressione del voto. Esso, piuttosto, risulta espressione della volontà  dell’elettore di correggere un’erronea apposizione della preferenza di voto. L’assunto risulta confermato dall’indicazione di due nominativi inclusi nella lista validamente votata.
Va qui anche richiamato un condiviso precedente giurisprudenziale, riferito ad analoga fattispecie, che, in applicazione del principio del favor voti, ha ritenuto valido il voto espresso in sostituzione di altro cancellato dall’elettore sulla medesima scheda, per errore o per resipiscenza “…essendo nella specie univoca la volontà  dell’elettore stesso di recedere dalla precedente preferenza…” (cfr. Cons. Stato, V, 3 dicembre 2001, n. 6052).
VI. b) La scheda n. 75, reca nello spazio deputato all’indicazione delle eventuali preferenze per la lista “Insieme”, collegata al candidato Romagno, la dicitura “Romagno”, in assenza di crocesegni sul simbolo di lista e su alcuno dei nominativi prestampati dei candidati sindaci.
Secondo la prospettazione dei ricorrenti principali l’attribuzione del voto in parola sarebbe illegittima poichè la lista “Insieme” non contiene candidati con cognome Romagno, ciò che invece si riscontra per altra lista collegata al candidato sindaco Giampaolo nella quale figura tale Giovanni Romagno. Non sarebbe chiara dunque nella specie l’effettiva volontà  dell’elettore.
L’assunto di ricorrenti è fondato.
Sebbene, infatti, secondo un orientamento giurisprudenziale, anche richiamato dal Comune resistente, sulla base di una lettura non meramente formalistica delle disposizioni concernenti le modalità  di espressione del voto, deve ritenersi irrilevante la circostanza della mancanza di segni sul simbolo quando venga trascritto il nome del candidato sindaco nello spazio espressamente riservato al voto per i consiglieri, costituendo la stessa “…un chiaro segno di rafforzamento dell’intenzione dell’elettore di attribuire il proprio voto al candidato sindaco…”, tuttavia, nel peculiare caso di specie, la presenza di un consigliere comunale avente lo stesso cognome del candidato sindaco di altra coalizione rende incerta l’espressione del voto. Dunque, non può dirsi corretto l’operato del Presidente della sezione n. 10 nel ritenere che l’espressione di voto “…posta nello spazio riservato alla coalizione che sostiene Romagno sindaco rappresenta una chiara intenzione dell’elettore di attribuire la preferenza esclusivamente al candidato sindaco Roberto Romagno…”.
VII) Sez. n. 17) Sono state rimesse tre schede, due delle quali, quelle contrassegnate con i nn. 129 e 130, afferiscono alle censure formulate con il primo motivo di ricorso (illegittima sottrazione di voti al candidato Altieri); la terza, contrassegnata con il numero 131, riguarda invece il secondo motivo (illegittima sottrazione di voti al candidato Altieri).
VII.a) La scheda n. 129 presenta:
– un crocesegno sul nome del candidato sindaco Romagno; un crocesegno sul simbolo della lista “Forza Italia”, collegata al prefato candidato alla carica di sindaco; una preferenza per un candidato consigliere di Forza Italia (Pane); un crocesegno sul simbolo della lista “Nuovo Centro Sinistra”, collegata al candidato sindaco Altieri; una preferenza per il candidato consigliere del Nuovo Centro Sinistra (Antonelli).
Secondo i ricorrenti la scheda avrebbe dovuto essere annullata in quanto contenente preferenze per liste appartenenti ad opposti schieramenti. Inoltre, secondo tale prospettazione, giammai potrebbe ritenersi valido il voto espresso in favore del candidato sindaco Romagno, posto che in materia di elezioni acquista preminente importanza il voto di lista.
La censura non può essere condivisa.
Il Collegio ritiene che il voto espresso in favore del candidato sindaco Romagno sia senz’altro valido, atteso che il crocesegno sul suo nominativo rende incontrovertibile la volontà  dell’elettore, sicchè l’espressione di detta preferenza non può dirsi inficiata dalla nullità  del voto di lista, solo rispetto al quale l’elettore non si è espresso in modo univoco. In tal senso depone anche il combinato disposto degli artt. 6, co. 3, D.P.R. n. 132/1993 e 69, co. l, D.P.R. n. 570/1960.
Deve pertanto convenirsi che del tutto correttamente il voto è stato assegnato al solo candidato sindaco Romagno.
VII.b) La scheda n. 130 presenta le seguenti caratteristiche:
– un crocesegno sul nome del candidato Romagno; un crocesegno sulla lista “Movimento Agricoltori rutiglianesi”, collegata al predetto candidato Sindaco, e l’indicazione della preferenza per un candidato consigliere nella stessa (Difino Marino); un ulteriore crocesegno sulla lista “P.D.”, collegata al candidato Sindaco Altieri, e l’indicazione della preferenza per Serpillo, candidato alle concomitanti elezioni Europee.
La scheda in questione, che presenta caratteristiche assimilabili alla fattispecie esaminata innanzi (cfr. paragrafo VII.a)), risulta correttamente valutata dal seggio elettorale, essendo chiara ed incontrovertibile la volontà  dell’elettore di votare il candidato sindaco Romagno, sicchè il voto in favore di questo è stato correttamente attribuito.
VII.c) Scheda n. 131 reca:
– nessun crocesegno per liste e candidati sindaci; la scritta “Alti” presente nello spazio delle preferenze per la lista “PD”; la scritta “Antona Dani” nello spazio delle preferenze relativo alla lista “Nuovo Centro Sinistra”.
Secondo i ricorrenti la scheda in questione non avrebbe dovuto essere annullata, atteso che il voto avrebbe dovuto essere assegnato alla candidata consigliere Daniela Anton, alla lista “Nuovo Centro Sinistra” e al candidato sindaco Altieri.
La censura non può essere condivisa.
Le modalità  di espressione del voto appaiono contraddittorie e non chiare, atteso che le scritte “Alti” e “Antona Dani” generano indubbiamente confusione dal momento che non è dato rinvenire a quale condidato consigliere l’elettore intendesse riferirsi. Infatti, da un lato, non vi sono esatte corrispondenze in nessuna delle liste partecipanti alla competizione elettorale con tali indicazioni; dall’altro non può dirsi che con l’apposizione della scritta “Alti” l’elettore intendesse votare il candidato Sindaco Altieri, posto che nella lista del “PD” in corrispondenza della quale essa compare, figura la candidata Altieri Domenica Palma.
8. In conclusione, per quanto esposto, al candidato Romagno avrebbero dovuto essere sottratti n. 4 voti, mentre al candidato Altieri avrebbe dovuto essere attribuito un solo ulteriore voto, sicchè al totale dei voti validi andavano complessivamente sottratti n. 3 voti. Tuttavia, pur rideterminando, alla stregua delle considerazioni che precedono, la soglia di sbarramento il risultato finale non sarebbe cambiato. Infatti partendo da un totale di voti validi ricalcolato in 11.696, di cui 5.853 per Romagno e 4.686 per Altieri, il quorum per l’elezione al primo turno, pari a 5.849 voti (11.696 / 2 = 5.848 + l= 5.849) risulta in ogni caso superato, contrariamente a quanto ex adverso sostenuto dai ricorrenti. Pertanto, è chiaro che, all’esito dell’esame di merito delle censure, il ricorso principale non può ritenersi fondato. Infatti, il vizio riscontrato risulta avere carattere puramente formale, in quanto non in grado di mutare il risultato elettorale raggiunto da Romagno in termini di conseguimento della maggioranza assoluta dei voti validi. Il superamento di detto quorum, infatti, ha rappresentato una premessa necessaria e al contempo sufficiente perchè il candidato della coalizione di centro destra ottenesse di essere proclamato Sindaco all’esito del primo turno elettorale, senza necessità  di procedere al ballottaggio, ex art. 72, comma 4, D.lgs. 267/2000. Dunque l’operato dell’Amministrazione risulta sostanzialmente corretto atteso chein parte qua il verbale di proclamazione degli eletti, ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/90, non avrebbe potuto avere contenuto diverso.
9. In conclusione il ricorso principale va respinto, con conseguente declaratoria di improcedibilità  del ricorso incidentale e dei relativi motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse.
10. In ragione della complessità  e peculiarità  della vicenda, va disposta l’integrale compensazione delle spese di causa.
11. La liquidazione del compenso spettante ai verificatori è rimessa a separato provvedimento.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così decide:
– dichiara inammissibili i motivi aggiunti al ricorso principale;
– respinge il ricorso principale;
– dichiara improcedibili il ricorso incidentale e i motivi aggiunti al ricorso incidentale;
– dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno – Ufficio Centrale Elettorale del Comune di Rutigliano.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti e le comunicazioni di rito ai sensi dell’art. 130, comma 8, cod. proc. amm..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Maria Grazia D’Alterio, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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