1. Processo amministrativo – Ottemperanza – Cumulo di azioni – Domanda di accertamento della nullità  – Domanda di annullamento – Ammissibilità  – Conseguenze 


2. Processo amministrativo – Ottemperanza – Provvedimento – Nullità  – Violazione e/o elusione del giudicato – Presupposti

1. In ossequio ai principi enunciati dall’Adunanza Plenaria n. 2/2013, a fronte della riedizione del potere amministrativo conseguente ad un giudicato, le doglianze avverso i nuovi provvedimenti della p.A. – prospettanti vizi nullità  e di annullabilità  – possono essere proposte dall’interessato dinanzi al giudice dell’ottemperanza. Quando il giudice dell’ottemperanza ritiene che il nuovo provvedimento emanato dalla P.A. costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, ne dichiara la nullità , con conseguente improcedibilità  per sopravvenuta carenza di interesse della ulteriore domanda proposta. Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità , il giudice dispone la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione. 


2. Ai fini della configurazione del vizio di violazione o elusione del giudicato, non è sufficiente che la nuova attività  posta in essere dall’Amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo necessario che l’Amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà  pubblica, già  illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà  pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano.

N. 00487/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01067/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1067 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Cetola S.r.l. Unipersonale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Lilli e Fabio Massimo Pellicano, con domicilio presso la Segreteria T.A.R. Puglia – Bari, in Bari, Piazza Massari;

contro
I.T.E. Istituto Tecnico Economico “Pietro Giannone” – Foggia, Ministero dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97;

nei confronti di
Ve.Mi.Ni. S.r.l.;

per l’ottemperanza
alla Sentenza T.A.R. Puglia – Bari, Sez. I, n. 466 in data 8 aprile 2014, notificata il successivo 16 maggio 2014, passata in giudicato il 21 giugno 2014;
e, per motivi aggiunti, per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
della determinazione dirigenziale prot. n. 6309 C43 del 6 novembre 2014, trasmessa via p.e.c. il successivo 8 novembre, con la quale l’Istituto “P. Giannone – E. Masi” ha annullato in autotutela il provvedimento di aggiudicazione a favore dell’impresa Cetola S.r.l. Unipersonale;
di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso o comunque correlato.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’I.T.E. Istituto Tecnico Economico “Pietro Giannone” – Foggia e del Ministero dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2015 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 8 settembre 2014, la società  Cetola S.r.l. Unipersonale adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere l’ottemperanza alla Sentenza n. 466 emessa in data 8 aprile 2014 dalla I Sezione del medesimo Tribunale, notificata in data 16 maggio 2014 e passata in giudicato il 21 giugno 2014.
Con la citata sentenza, la Sezione in epigrafe annullava il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria comunicato con nota prot. n. 563 C43 del 28 gennaio 2014, nonchè il provvedimento di aggiudicazione definitiva, comunicato con nota prot. n. 588 C43 del 29 gennaio 2014 e condannava l’I.T.E. – Istituto Tecnico Economico “Pietro Giannone” – Foggia, Ministero
dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca, alla rifusione delle spese di lite in favore dell’impresa ricorrente.
Esponeva quest’ultima che, nonostante la predetta decisione del Tribunale in intestazione, l’Amministrazione non provvedeva alla puntuale esecuzione degli adempimenti previsti.
Pertanto, a fronte della persistente inerzia della Stazione Appaltante, l’impresa Cetola S.r.l. ravvisava la sussistenza di tutti i presupposti per l’esperibilità  del giudizio di ottemperanza, allo specifico fine, altresì, di ottenere l’auspicata aggiudicazione in proprio favore.
Successivamente, con ricorso per motivi aggiunti depositato in Segreteria in data 10 dicembre 2014, l’odierna ricorrente instava per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dei provvedimenti meglio indicati in oggetto.
Rappresentava l’istante che, nelle more del presente giudizio di ottemperanza, l’I.T.E. aveva provveduto, dapprima, al pagamento in favore dell’impresa Cetola S.r.l. degli importi liquidati in sentenza e, successivamente, con determinazione dirigenziale prot. n. 6309 C43 del 6 novembre 2014 aveva proceduto, nuovamente, all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione disposto in favore della odierna ricorrente.
Inoltre, l’istante evidenziava che, con successiva nota prot. n. 6337 C43 del 7 novembre 2014, l’I.T.E. aveva comunicato l’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore dell’Impresa VE.MI.NI. S.r.l., odierna controinteressata.
A sostegno dell’impugnativa sollevata col ricorso per motivi aggiunti l’impresa Cetola S.r.l. formulava un unico articolato motivo, così riassumibile: nullità  per violazione/elusione del giudicato ex. art. 21 septies, L. n. 241/90 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies, L. 241/90; violazione e falsa applicazione degli artt. 46, comma 1 bis, 48 e 49, D.Lgs. 163/2006 e ss.mm.ii.; eccesso di potere per illogicità  manifesta, carenza dei presupposti e sviamento; violazione dei principi di buona fede e leale collaborazione; violazione del principio di tutela dell’affidamento privato; violazione dei principi di buon andamento e imparzialità  della P.A..
In sintesi, instava parte ricorrente per la declaratoria di nullità  dei provvedimenti gravati per violazione/elusione del giudicato.
Segnatamente, la Stazione appaltante aveva, in tesi, emesso una nuova determinazione negativa nei confronti dell’odierna istante per asserita genericità  del contratto di avvalimento, ovvero per il medesimo motivo sotteso alla precedente revoca dell’aggiudicazione, in tal modo, sempre in tesi, contravvenendo a quanto statuito nella Sentenza n. 466 del 8 aprile 2014.
Con atto pervenuto in Segreteria il 13 gennaio 2015, si costituivano in giudizio l’I.T.E. Istituto Tecnico Economico “Pietro Giannone” – Foggia ed il Ministero dell’Istruzione dell’Università  e della Ricerca invocando il rigetto della domanda proposta.
Nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2015, il Collegio, con ordinanza n. 17/2015, rigettava l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati.
All’udienza in camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2015, la causa era definitivamente trattenuta per la decisione.
Tutto ciò premesso, la domanda di ottemperanza è infondata e, pertanto, dovrà  essere respinta.
Nella fattispecie in esame, infatti, la ricorrente ha agito per l’ottemperanza alla sentenza di annullamento del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, impugnando poi con ricorso per motivi aggiunti i successivi provvedimenti della Stazione appaltante in quanto ritenuti violativi del giudicato.
In linea di stretto diritto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la pronuncia n. 2/2013 ha affrontato e risolto il tema relativo alla possibilità  del cumulo delle due azioni (di ottemperanza ed impugnatoria) evidenziando, in via generale, che “può ammettersi che, al fine di consentire l’unitarietà  di trattazione di tutte le censure svolte dall’interessato a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato, le doglianze relative vengano dedotte davanti al giudice dell’ottemperanza, sia in quanto questi è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, sia in quanto egli è il giudice competente per l’esame della forma di più grave patologia dell’atto, quale è la nullità . Naturalmente questi in presenza di una tale opzione processuale è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori. Nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato
dall’amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità , a tale dichiarazione non potrà  che seguire la improcedibilità  per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda. Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità  il giudice disporrà  la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione”, secondo il disposto dell’art. 32, comma 2, primo periodo, c.p.a..
Dunque, traslando le superiori conclusioni al caso di specie, deve essere vagliata la questione della contrarietà  o meno rispetto al precedente giudicato dei successivi provvedimenti emessi dall’Amministrazione resistente in epigrafe.
Infatti, alla stregua di quanto precisato dalla giurisprudenza amministrativa, “per ravvisare il vizio di violazione o elusione del giudicato non è sufficiente che la nuova attività  posta in essere dall’amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo necessario che l’amministrazione eserciti nuovamente la
medesima potestà  pubblica, già  illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà  pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano.” (cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 5 luglio 2011, n. 4037, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 5095 del 5 giugno 2012).
Nulla di tutto ciò è avvenuto nel caso di specie.
La sentenza della quale viene chiesta l’esecuzione ha annullato il provvedimento di revoca in autotutela dell’aggiudicazione provvisoria comunicato con nota del 28 gennaio 2014 in quanto per inficiato da vizi afferenti alla sfera del difetto di motivazione e del non corretto utilizzo delle risultanze istruttorie.
Dalla lettura della pronuncia emerge chiaramente come il provvedimento impugnato sia stato annullato, dunque, per meri vizi procedimentali.
Ne consegue che, a seguito della suddetta decisione l’Amministrazione aveva il potere/dovere di pronunciarsi nuovamente sul punto, senza con ciò solo automaticamente violare e/o eludere il giudicato.
In effetti, come precisato in sentenza (cfr. pag. 5, righi 2 – 4) e ribadito nella ordinanza cautelare n. 17/2015, questa Sezione giungeva all’annullamento “a prescindere da qualunque valutazione sul coefficiente di genericità /specificità  del contratto di avvalimento prodotto dalla ricorrente nel caso di specie”.
Pertanto, su tale ormai inoppugnabile dato testuale, il nuovo provvedimento di annullamento in autotutela impugnato con il successivo ricorso per motivi aggiunti appare costituire esercizio di discrezionalità  amministrativa non manifestamente illegittimo, nel quale non sono ravvisabili gli elementi costitutivi della violazione del giudicato.
In ossequio a quanto su esposto, deve concludersi per l’infondatezza della domanda per l’ottemperanza al giudicato, avendo l’Amministrazione provveduto al pagamento degli importi liquidati in sentenza ed emesso un nuovo provvedimento congruamente motivato in linea con il dettato della sentenza azionata in ottemperanza.
Da ultimo, richiamando i principi posti dal Consiglio di Stato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2/2013, deve disporsi il mutamento del rito per l’esame nel merito – secondo il rito ordinario – delle censure proposte avverso il successivo provvedimento.
La decisione sulle spese può, conseguentemente, essere demandata alla sentenza di merito.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone la prosecuzione della causa con il rito ordinario per l’esame del merito del ricorso per motivi aggiunti.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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