1. Contratti pubblici – Gara – Scelta del contraente – Requisiti di ordine generale – Dichiarazione insussistenza cause esclusione ex art. 38 D.Lgs. 163/2006  – Sentenze di condanna penale – Obbligo – Limiti


2. Contratti pubblici – Gara – Scelta del contraente – Lex specialis – Clausola più restrittiva rispetto al codice contratti – Nullità 


3. Contratti pubblici – Gara – Scelta del contraente – Offerta economica – Priva dei costi di sicurezza aziendali non richiesti dalla lex specialis – Esclusione dalla gara – Non sussiste


4. Contratti pubblici – Gara – Scelta del contraente – Offerta conforme lex specialis – Esclusione dalla gara – Non sussiste

1. In sede di atti di partecipazione alla gara, non costituisce violazione inescusabile ai sensi dell’art. 38 commi 1 e 2 del D.Lgs. 163/2006 la mancata dichiarazione, da parte del concorrente di tutte le sentenze di condanna penale passate in giudicato, quando la lex specialis chieda al concorrente di dichiarare non qualsivoglia condanna penale, bensì, solo la presenza o assenza di condanne penali gravi e che incidono sulla moralità  professionale.


2. La clausola del disciplinare di gara che impone di dichiarare eventuali soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando è nulla e non può trovare applicazione nella parte in cui fa riferimento al triennio e non all’anno antecedente previsto dall’art. 38 comma 1 lett.c) del D.Lgs. 163/2006 in quanto introduttiva di una disciplina illegittimamente più restrittiva rispetto al codice dei contratti ed al pacifico operare in materia del principio del favor partecipationis.

3. In assenza di espresse indicazioni nella legge di gara in merito alla esposizione nell’offerta economica dei costi di sicurezza aziendali un’impresa concorrente la quale, vista tale obiettiva ambiguità , abbia presentato l’offerta senza l’esposizione dei detti costi non va esclusa.


4. In applicazione dei principi del favor partecipationis e di tutela dell’affidamento, l’Amministrazione non deve procedere all’esclusione di un’impresa da una gara pubblica nel caso in cui questa abbia compilato l’offerta in conformità  alle prescrizioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità  costituire oggetto di richiesta d’integrazione.

                                                                            *
Cons. Stato, ric. n. 5408 – 2015; sentenza 15 marzo 2016, n. 1023 – 2016


N. 00387/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00655/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 655 del 2014, proposto da: 
Iudec S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Elisabetta De Marco, con domicilio presso la Segreteria T.A.R. Puglia – Bari, in Bari, Piazza Massari; 

contro
Comune di San Ferdinando di Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Di Benedetto, con domicilio eletto presso Simona Dicandia, in Bari, Via Pisanelli, 44; 

nei confronti di
Montedil S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Agata Gabriella Caudullo e Benedetta Caruso, con domicilio presso la Segreteria T.A.R. Puglia – Bari, in Bari, Piazza Massari;
Geoambiente S.r.l.;

per l’annullamento
della determina n. 144 del giorno 8 aprile 2014, avente ad oggetto l’aggiudicazione definitiva disposta dal Comune di San Ferdinando di Puglia in favore della Montedil S.r.l. per l’appalto dei lavori di realizzazione dell’intervento di recupero dell’ex cava di Cafiero, in località  San Samuele;
nonchè di ogni altro atto presupposto connesso collegato e consequenziale, ancorchè non conosciuto.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Ferdinando di Puglia e di Montedil S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2015 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta;
Uditi per le parti i difensori avv.ti Nicolò De Marco, per delega dell’avv. Elisabetta De Marco, e Giuseppe Florio, per delega dell’avv. Pietro Di Benedetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 8 maggio 2014 e pervenuto in Segreteria il successivo 22 maggio, la Iudec S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere l’annullamento degli atti e provvedimenti meglio indicati in oggetto.
Esponeva l’istante che, con bando di gara del 4 marzo 2014, il Comune di San Ferdinando di Puglia stabiliva di indire procedura aperta per l’affidamento dei lavori di realizzazione dell’intervento di recupero dell’ex cava di Cafiero, in località  San Samuele, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.
All’esito della valutazione complessiva delle offerte ammesse in gara, risultava aggiudicataria provvisoria dell’appalto l’impresa Montedil S.r.l. con un ribasso offerto del 32,556%.
La predetta impresa veniva successivamente dichiarata aggiudicataria in via definitiva con provvedimento prot. n. 144 del 8 aprile 2014.
L’odierna ricorrente partecipava parimenti alla gara in esame, classificandosi seconda con un ribasso offerto del 32,472%.
Ciò premesso, la Iudec S.r.l. impugnava il suddetto provvedimento di aggiudicazione definitiva, unitamente agli atti del procedimento di gara meglio indicati in epigrafe al ricorso, deducendo censure così riassumibili:
-Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 co. 1 e 2 D.Lgs. n. 163/2006.
Con tale primo motivo di ricorso, l’istante contestava la circostanza che il legale rappresentante dell’impresa aggiudicataria avrebbe, in tesi, falsamente dichiarato l’assenza di almeno una sentenza penale di condanna a suo carico, passata in giudicato.
-Violazione e falsa applicazione del punto III 2.1 del bando di gara, nonchè del punto 2.1 e del punto 5 del disciplinare di gara.
Instava, altresì, parte ricorrente per l’esclusione dalla gara della Montedil S.r.l. per aver falsamente dichiarato di non avere avuto, nell’ambito della propria organizzazione, soggetti titolari di poteri di rappresentanza cessati dalla carica nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara.
-Violazione e falsa applicazione del punto III 2.3 del bando di gara in riferimento alla capacità  tecnica. Violazione dell’art. 118 D.Lgs. n. 163/2006 per aver, la Montedil S.r.l., dichiarato di voler subappaltare un importo di lavorazioni superiore a quello effettivamente consentito dalla legge, determinando in tal modo una illegittima cessione di contratto.
-Violazione dell’art. 86 III comma bis D.Lgs. n. 163/2006, nonchè dell’art. 26, sesto comma, D.Lgs. n. 81/2008, nonchè dell’art. 46, comma 1 bis, D.Lgs. n. 163/2006.
Deduceva, inoltre, parte ricorrente l’omessa esclusione della impresa controinteressata per la mancata indicazione specifica, nell’offerta economica, dei costi di sicurezza aziendali.
-Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. b, c, m ter e comma 2 D.Lgs. n. 163/2006; Violazione e falsa applicazione del punto III 2.1 del bando di gara, nonchè dei punti 2.1 e 5 del disciplinare di gara.
Parte ricorrente lamentava, altresì, l’omessa esclusione dalla gara della Geoambiente S.r.l. per aver, i direttori tecnici ed il socio di maggioranza, omesso di dichiarare la non ricorrenza della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m ter) D.Lgs. n. 163/2006.
-Violazione del principio di par condicio fra i concorrenti, nonchè di trasparenza e di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per carenza di istruttoria ed insufficienza della motivazione, irragionevolezza, erroneità  dei presupposti di fatto, travisamento, illogicità , contraddittorietà ; eccesso di potere per disparità  di trattamento, ingiustizia grave e manifesta.
Concludeva, pertanto, la Iudec S.r.l. instando per l’esclusione dalla gara in questione delle predette imprese, in quanto risultavano aver preso parte alla procedura in esame presentando, in tesi, dichiarazioni inesatte e difformi dalle prescrizioni della lex specialis.
Con memoria pervenuta in Segreteria in data 5 giugno 2014, si costituiva in giudizio la Montedil S.r.l., invocando il rigetto del ricorso in quanto inammissibile e, comunque, infondato nel merito.
L’odierna controinteressata proponeva, altresì, ricorso incidentale impugnando i verbali di gara nella parte in cui ammettevano la ricorrente principale alla procedura di cui si tratta, deducendo a sostegno i seguenti motivi:
– Violazione della lex specialis di gara; violazione dell’art. 49 D.Lgs. n. 163/2006; violazione art. 88 del D.P.R. n. 207/2010; violazione della par condicio tra le imprese; violazione dell’art. 40 D.Lgs. n. 163/2006; violazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 207/2010.
In estrema sintesi, la Montedil S.r.l. contestava alla ricorrente principale l’indeterminatezza e la genericità  dell’oggetto del contratto di avvalimento stipulato con l’impresa ausiliaria Agru Lining Italia S.r.l. e, quindi, la nullità  dello stesso.
– Nullità  del contratto di avvalimento; violazione dell’art. 49 D.Lgs. n. 163/2006; violazione dell’art. 88 del d.p.r. 207/2010; violazione dell’art. 1355 c.c..
Altresì, l’impresa controinteressata invocava la declaratoria di nullità  del contratto di avvalimento sotto un ulteriore profilo, ovvero per aver sottoposto a diverse condizioni sospensive la concreta messa a disposizione delle risorse aziendali da parte dell’impresa ausiliaria.
– Violazione dell’art. 49 lett. D) D.Lgs. n. 163/2006 attesa la genericità , altresì, della dichiarazione unilaterale resa dalla impresa ausiliaria, ai sensi della norma innanzi richiamata.
Con memoria pervenuta in Segreteria in data 9.6.2014, si costituiva in giudizio il Comune di San Ferdinando di Puglia, in persona del Sindaco pro tempore, il quale, evidenziando la ritenuta fondatezza delle censure avanzate con il ricorso incidentale, esprimeva l’avviso, avanzato peraltro in chiave dubitativa, dell’inammissibilità  del gravame principale, malgrado alcuni suoi “profili meritevoli di positivo scrutinio”.
All’esito della Camera di Consiglio del giorno 11 giugno 2014, il Collegio, con ordinanza n. 327/2014, rigettava l’istanza cautelare volta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
Con ricorso numero di registro generale 6232 del 2014, la Iudec S.r.l. proponeva appello avverso la suddetta ordinanza, invocandone la riforma.
Nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2014, la V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3890, pronunciandosi sull’impugnazione del provvedimento cautelare suddetto, accoglieva l’appello, riformando l’ordinanza impugnata.
All’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2015, la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
In rito, il Collegio ritiene di poter esaminare prioritariamente il ricorso principale proposto dalla Iudec S.r.l., atteso che, in ossequio ad un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cons. St. Ad. Pl. Sent. 2011, n. 4; Ad. Pl. Sent. 9/2014), ferma restando la priorità  logica della questione pregiudiziale e, dunque, l’esame prioritario del ricorso incidentale escludente o paralizzante, “eccezionali esigenze di semplificazione possono giustificare l’esame prioritario di altri aspetti della lite”.
Pertanto, per ragioni di economia processuale, il Giudice può, in concreto, “ritenere preferibile esaminare prioritariamente il ricorso principale, quanto meno nei casi in cui esso sia palesemente infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile, sulla scorta del paradigma sancito
dagli artt. 49, co. 2, e 74 c.p.a.”; purchè l’esercizio di tale facoltà  “non incida sul diritto di difesa del controinteressato e consenta un’effettiva accelerazione della definizione della controversia”.
Nel merito, il ricorso principale è infondato e va respinto.
Invero, l’impresa ricorrente, in primo luogo, impugna il provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto e lamenta l’omessa esclusione dalla gara dell’impresa aggiudicataria per aver, il legale rappresentante della Montedil S.r.l., falsamente dichiarato l’assenza a suo carico di sentenze di condanna penale passate in giudicato ai sensi dell’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006.
La doglianza non merita accoglimento.
Su tale aspetto della controversia, in sede di ordinanza cautelare in prime cure n. 327/2014 si evidenziava specificamente che “ad un sommario esame proprio della fase cautelare, il rilievo relativo alla mancata dichiarazione, in sede di atti di partecipazione alla gara, da parte del legale rappresentante della Montedil S.r.l. di sentenze di condanna penale passate in giudicato, non appare costituire violazione inescusabile dell’art. 38, commi 1 e 2 del D.Lgs. 163/2006”.
Come anche evidenziato supra, la V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3890/2014, riformava il provvedimento cautelare adottato in primo grado con specifico riguardo a tale profilo della controversia, evidenziando che “la censura relativa all’omessa dichiarazione del precedente penale di favoreggiamento risulta ad una sommaria cognizione propria di questa fase idonea a fondare una prognosi ex art. 55, comma 9, cod. proc. amm. opposta a quella formulata dal TAR”.
Questo Collegio, per le ragioni che di seguito si espongono, ritiene di non condividere l’assunto interpretativo formulato dal Consiglio di Stato in sede di pronuncia sull’impugnazione del provvedimento cautelare.
Emerge dagli atti di causa che, nella fattispecie in questione, le due condanne oggetto di doglianza a carico di Nunzio Di Caro, legale rappresentante pro tempore della Montedil S.r.l. attengono, l’una ad un reato depenalizzato, l’altra ad un reato sostanzialmente estinto.
Nel dettaglio, la prima condanna attiene al reato di trasporto abusivo di cui all’art. 46 della L. n. 298/1974, successivamente depenalizzato con L. n. 507/1999; per tale fattispecie si applica direttamente l’art. 38, primo comma, lett. c), ultimo periodo, del D.Lgs. n. 163/2006, non operando, di conseguenza, la possibilità  di disporre esclusione da una procedura di gara per tale specifica causa.
Per ciò che concerne la seconda condanna, con sentenza del 13 aprile 1982 risulta essere stata irrogata la pena di 5 mesi di reclusione per un fatto di favoreggiamento personale commesso in data 28 agosto 1976.
Preliminarmente, sul punto, non si può fare a meno di rilevare le non poche perplessità  che suscita il doversi occupare delle inopinate conseguenze giuridiche attuali di un fatto posto in essere quasi quaranta anni or sono.
Sul piano strettamente penalistico, peraltro, il reato commesso appare suscettibile di declaratoria di estinzione ex art. 167 c.p., avendo la difesa della Montedil S.r.l. dichiarato che il Di Caro aveva, in relazione al fatto già  addebitatogli, beneficiato di una sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p..
Pur essendo palese che la effettiva estinzione del reato necessita di una formale declaratoria del giudice dell’esecuzione penale ai sensi dell’art. 676 c.p.p. – in concreto non posta in essere – l’astratta possibilità  di introdurre richiesta in tal senso costituisce elemento positivamente apprezzabile, in questa sede, ai fini della valutazione di non gravità  della omissione posta in essere.
Ciò che, a tale specifico riguardo, in questa sede maggiormente rileva è che, malgrado, a diritto vigente, non possa essere revocata in dubbio la sussistenza di un obbligo alla integrale declaratoria di tutte le condanne riportate, ivi comprese quelle per le quali la parte abbia goduto del beneficio della non menzione – cfr. art. 38, secondo comma, D.Lgs. n. 163/2006 – senza possibilità  alcuna di svolgere una autonoma valutazione di gravità  dei reati commessi al fine di decidere della loro ostensione o meno, dal bando di gara e, soprattutto, dal modulo di domanda di partecipazione predisposto dalla Stazione appaltante non emerge una chiara indicazione univoca nel senso sopra indicato.
A tal riguardo si osserva che, in forza di quanto previsto al punto 2.1 del bando di gara e del disciplinare di gara in merito all’assenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006, le imprese offerenti avrebbero dovuto dichiarare, nello specifico, la non “presenza nel concorrente di soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità  che incidono sulla moralità  professionale (…)”.
In altri termini, il bando e il disciplinare di gara, nonchè, il modulo all’uopo predisposto dalla Stazione appaltante non contengono una previsione chiara, precisa e specifica che imponga alle imprese concorrenti di dichiarare ogni condanna penale, senza operare alcun filtro valutativo.
L’impressione che, anzi, se ne trae è che – come si vedrà  amplius infra, anche – sotto tale profilo il bando e la domanda di partecipazione alla gara in questione appaiono essere stati redatti in coerenza con la previgente disciplina, anteriore al d.l. 13 maggio 2011 n. 70.
Pertanto, poichè la lex specialis chiedeva al concorrente di dichiarare non qualsivoglia condanna penale, bensì, solo la presenza o assenza di condanne penali gravi e che incidono sulla moralità  professionale, era preclusa alla Stazione appaltante la possibilità  di valutare negativamente la suddetta omissione, in particolare ossequio al principio di affidamento del concorrente nella legittimità  degli atti di gara predisposti dalla Stazione appaltante.
Inoltre, quanto innanzi osservato si pone in linea con quell’orientamento giurisprudenziale, pienamente condivisibile, secondo il quale “l’omessa dichiarazione di alcune condanne penali può essere sanzionata con l’esclusione dalla gara solo in presenza di un obbligo stringente imposto dal bando, mentre, in caso contrario, il concorrente può ritenersi esonerato dal dichiarare l’esistenza di condanne per infrazioni penalmente rilevanti, ma di lieve entità ” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1799), peraltro, “allorchè la dichiarazione sia resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorre in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del modello, non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 26.1.2011, n.550; Cons. Stato, sez. VI, 1.2.2013, n. 634; Cons. Stato, sez. III, sent. n. 507/2014).
Si consideri, da ultimo, che il Di Caro ha altresì allegato in atti il proprio certificato generale del casellario giudiziale ottenuto in data 28.2.2014, dal quale “nulla” risulta.
L’essersi munito di tali risultanze documentali ai fini della partecipazione alla gara in questione appare soddisfare un adeguato livello di diligenza nella verifica dei propri pregiudizi penali per le finalità  amministrative di partecipazione alle procedure di gara che qui rilevano.
Ove altrimenti si opinasse, ci si dovrebbe chiedere quale livello di diligenza nella conoscenza del diritto penale sostanziale e processuale risulti esigibile da parte dei concorrenti nella partecipazione alle gare di appalto in cui si applichi l’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006, apparendo poco realistico attestarsi, in proposito, su posizioni massimaliste, che finiscano per ritenere suscettibili di esclusione comportamenti di partecipazione alla gara, quale quello tenuto nel caso di specie dalla Montedil S.r.l., in sè e per sè comunque rispettosi delle previsioni della lex specialis di gara.
Conseguentemente, per le ragioni innanzi precisate, questo Collegio ritiene di confermare l’assunto interpretativo formulato con l’ordinanza n. 327/2014, con la quale il rilievo relativo alla mancata dichiarazione, da parte del legale rappresentante della Montedil S.r.l., di sentenze di condanna penale passate in giudicato si è ritenuto non costituire – nel caso di specie – violazione inescusabile dell’art. 38, co. 1 e 2 D.Lgs. n. 163/2006.
In ordine alla ulteriore censura, secondo cui la controinteressata avrebbe falsamente dichiarato di non avere soggetti titolari di poteri di rappresentanza cessati dalla carica nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara, deve evidenziarsi che la relativa dichiarazione resa dalla società  aggiudicataria risulta essere conforme alla disciplina attualmente vigente ex artt. 38, comma 1, lett. c), e 46 D.Lgs. n. 163/2006.
Va rilevato ed evidenziato, infatti, che il bando di gara predisposto dalla Stazione appaltante riportava in parte quala vecchia formulazione dell’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006, circostanza, peraltro, non fatta oggetto di specifica impugnazione da parte del soggetto latore del relativo interesse a ricorrere; in effetti, il d.l. 13 maggio 2011 n. 70 modificava la disposizione citata che a tal proposito così recita: “(…)in ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata (…)”.
Pertanto, nel testo vigente dal 14 maggio 2011, i soggetti tenuti a rendere le prescritte dichiarazioni sono solo i soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando.
L’art. 46 D.Lgs. n. 163/2006, infatti, a seguito della predetta riforma dispone, inoltre, che: “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonchè nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità  del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità  relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle.”.
In sostanza, le clausole della lex specialis che prevedono prescrizioni a pena di esclusione differenti da quelle espressamente previste dal codice dei contratti pubblici sono sanzionate con la nullità .
Il Collegio, dunque, condivide l’assunto della difesa della Montedil S.r.l. in virtù del quale la clausola del disciplinare di gara che impone di dichiarare eventuali soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando non possa trovare applicazione nella parte in cui fa riferimento al triennio e non all’anno antecedente, in quanto introduttiva di una disciplina illegittimamente più restrittiva rispetto al pacifico operare in materia del principio del favor partecipationis.
Pertanto, utilizzando le su esposte coordinate normative nel contesto della fattispecie in esame ne consegue che, anche sotto questo ulteriore profilo, la dichiarazione resa dalla Montedil S.r.l. si appalesa corretta ed esente da vizi.
La ricorrente principale, inoltre, ritiene che la più volte menzionata controinteressata abbia dichiarato di voler subappaltare un importo di lavorazioni superiore a quello effettivamente consentito dalla legge determinando, in tal modo, una illegittima cessione di contratto.
Anche tale censura non può essere accolta.
Come comprovato dagli atti depositati tanto dalla Iudec S.r.l. quanto dalla impresa aggiudicataria, il ricorso al subappalto ai sensi dell’art. 118 D.Lgs. n. 163/2006 da parte della Montedil S.r.l. risulta essere stata espressione di mera facoltà  organizzativa, non rientrando nella ipotesi del c.d. subappalto necessario.
La ricorrente principale nel ricorso introduttivo, in effetti, evidenzia come la dichiarazione di subappalto resa dalla Montedil S.r.l. rappresenti “una mera facoltà , essendo il concorrente in possesso della qualificazione necessaria per l’esecuzione dei lavori in via autonoma”, laddove, nel modulo predisposto dalla Stazione appaltante, la Montedil S.r.l. dichiara che “intende subappaltare, ferme restando le proprie responsabilità  e solo previa autorizzazione della Stazione appaltante, i seguenti lavori (…)”.
In altri termini, la Montedil S.r.l. dimostra di essere in possesso autonomamente delle necessarie competenze per eseguire i lavori indicati, riservandosi, tuttavia, la facoltà  di subappaltare alcune lavorazioni, ferme restando comunque le proprie responsabilità  in relazione alle quote di lavori facoltativamente subappaltate.
Analogamente a quanto sopra affermato, va disattesa, altresì, l’ulteriore censura a mezzo della quale la ricorrente principale ravvisa come illegittima l’omessa indicazione nell’offerta economica dei costi della sicurezza aziendali.
A tal riguardo, anche a voler prescindere dal formalismo spinto di un simile rilievo, al punto 3) del disciplinare di gara si legge: “l’offerta è redatta mediante dichiarazione di ribasso percentuale sull’elenco prezzi posto a base di gara ai sensi dell’art. 82, co. 2, lett. b) D.Lgs. n. 163/2006 con le seguenti precisazioni: a) il foglio dell’offerta, in bollo, è sottoscritto dal legale rappresentante del concorrente o da altro soggetto avente i medesimi poteri, come risultante dalla documentazione presentata; b) il ribasso è indicato obbligatoriamente in cifre e in lettere (¦)”.
Quindi, in linea con quanto deciso in casi analoghi dalla precedente giurisprudenza di questa Sezione, in assenza di espresse indicazioni nella legge di gara in merito alla esposizione nell’offerta economica dei costi in questione, “un’impresa concorrente la quale, vista tale obiettiva ambiguità , abbia presentato l’offerta senza l’esposizione dei detti costi e sia per tale motivo esclusa, lo sarebbe, in sostanza, non per avere volontariamente eluso prescrizioni di gara palesi ed inequivoche ma per aver ritenuto una loro interpretazione plausibile in quanto testualmente giustificabile, avendo maturato, di conseguenza, un fondato affidamento sulla legittimità  della propria partecipazione alla procedura; affidamento che, per le obiettive peculiarità  del caso di specie, è tutelabile anche a fronte della ritenuta inosservanza della normativa richiamata” (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sent. n. 896/2013; T.A.R. Puglia, Bari sent. n. 614/2014).
Da ultimo, parte istante lamenta, altresì, la mancata esclusione dalla gara della Geoambiente S.r.l. per aver, i direttori tecnici ed il socio di maggioranza, omesso di dichiarare la non ricorrenza della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m ter) D.Lgs. n. 163/2006.
Si evidenzia che, nei modelli predisposti dalla Stazione appaltante e compilati dal direttore tecnico e dal socio di maggioranza, recanti le dichiarazioni ex art. 38, comma 1, lettere b) e c), non risulta l’espressa previsione in merito alla dichiarazione di cui alla lettera m) della predetta norma.
Ciò posto, il Collegio ritiene di non discostarsi, in proposito, da quanto affermato dal Consiglio di Stato con la pronuncia n. 5692/2012, secondo cui, per i principi del favor partecipationis e di tutela dell’affidamento, l’Amministrazione non deve procedere all’esclusione di un’impresa da una gara pubblica nel caso in cui questa “abbia compilato l’offerta in conformità  alle prescrizioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità  costituire oggetto di richiesta d’integrazione.”.
In senso conforme si è espresso, altresì, il Supremo Consesso con la recente sentenza n. 16/2014 precisando che, “si tratta di una fattispecie nella quale la conformità  della dichiarazione presentata alle espressioni lessicali contenute nella lex specialis impone di accordare una tutela più pregnante all’affidamento ingenerato nell’impresa concorrente (che eviti, in sostanza, interpretazioni preclusive del suo accesso alla gara) e di perseguire contestualmente l’interesse pubblico alla più ampia partecipazione alle procedure (sulla valenza del principio del favor partecipationis cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 8 aprile 2014, n. 1648)”.
Nel caso di specie, dunque, la Geoambiente S.r.l. ha compilato la dichiarazione oggetto di censura in conformità  alle prescrizioni del modulo approntato dalla Stazione appaltante; conseguentemente, la tutela della buona fede in ordine alla sua correttezza impedisce di escludere la stessa impresa che ne ha fatto uso.
Alla stregua delle osservazioni svolte, appare chiaro che le dichiarazioni presentate tanto dalla Montedil S.r.l., quanto dalla Geoambiente S.r.l. siano da ritenersi complete e conformi alla lex specialis ed al Codice dei contratti pubblici determinando, in tal modo, la correttezza della procedura oggetto di contestazione.
Alla luce dei su esposti motivi, il ricorso principale deve essere respinto, con la conseguenza che l’infondatezza di quest’ultimo comporta l’inammissibilità  del ricorso incidentale per carenza sopravvenuta di interesse.
Tenuto conto della complessità  del caso di specie e delle divergenti posizioni tra codesto Collegio ed il Consiglio di Stato in merito alla vicenda contenziosa in esame, si ravvisano sufficienti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando:
– respinge il ricorso principale;
– dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
– compensa integralmente le spese di lite fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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