1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Interesse a ricorrere – Ordinanza di sospensione lavori – Non sussiste – Ragioni
 
 2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Condono edilizio – Ultimazione degli interventi – Non sussiste – Aree vincolate – Silenzio assenso – Non sussiste
 
 3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Vincolo di inedificabilità  – Valutazione – Retroattività  – Limiti
 
4. Edilizia e Urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordine di demolizione – Atto vincolato – Motivazione – Obbligo – Non sussiste

1. Difetta l’interesse a ricorrere avverso le ordinanze di sospensione dei lavori qualora il ricorso venga proposto decorsi quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori e comunque nel caso in cui sia intervenuta l’ordinanza di demolizione definitiva.
 
2. La mera presentazione dell’istanza di condono non autorizza la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento delle opere oggetto della richiesta di sanatoria che, fino al momento dell’eventuale accoglimento della domanda di condono, devono ritenersi comunque abusive. In presenza, poi, di opere eseguite in area vincolata deve anche essere acquisito il parere delle autorità  competenti con conseguente inapplicabilità  del silenzio assenso.
 
3. L’esistenza di un vincolo di inedificabilità  deve essere valutata nel momento in cui deve essere esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca dell’introduzione del vincolo e quindi anche con riferimento alle opere eseguite anteriormente alla apposizione dello stesso.
Tuttavia, i vincoli sopravvenuti all’edificazione non operano quali fattori di preclusione assoluta del condono, ma impongono un apprezzamento concreto di compatibilità .
 
4. L’ordine di demolizione è un atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, nè una comparazione degli interessi privati coinvolti o una motivazione sulla sussistenza di un interesse concreto alla demolizione. Non è, infatti, ammissibile l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione abusiva. 

N. 00366/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01239/2012 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1239 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Pierino Serini, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Muscatello, con domicilio eletto presso Francesco Muscatello in Bari, Via Abate Eustasio, n. 5; 

contro
Comune di Giovinazzo, rappresentato e difeso dall’avv. Daniele De Gennaro, con domicilio eletto presso Lorenzo Melchiorre in Bari, Via Celentano, n. 27; 
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Anna Bucci in Bari, Via Nazario Sauro, n. 33; 
Ministero Per i Beni e Le Attività  Culturali, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97; 
Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paesaggistici Province di Bari e Foggia; 

per l’annullamento
– dell’ordinanza n. 39 del 29.6.2012, notificata in data 9.7.2012, a firma del Responsabile del Settore gestione del territorio del Comune di Giovinazzo recante ingiunzione di demolizione di opere abusive realizzate nel compendio immobiliare sito in agro di Giovinazzo, alla strada vicinale vecchierella, identificato catastalmente in NCEU, al foglio 2 – particella 468, sub 1 e 2 e di ripristinazione dello stato dei luoghi;
– di ogni atto presupposto, consequenziale, o comunque, connesso, ancorchè ignoto, in quanto lesivo, ivi compresi, le ordinanze di sospensione lavori nn. 51 e 13, rispettivamente del 15.11.2011 24.2.2012; i verbali di sopralluogo – non comunicati, nè altrimenti conosciuti dal ricorrente – prot. n. 24941 del 31.10.2011, effettuato il 9.9.2011, e n. 1489 del 20.1.2012, effettuato il 13.12.2011 presso l’immobile in proprietà ; le relative (ignote) relazioni e la nota di precisazioni prot. n. 14201 del 25.6.2012, anch’essa sconosciuta, nonchè il parere del Responsabile del Servizio assetto del territorio ed ambiente del 26.6.2012, la nota dirigenziale prot. n. 18449/19535 del 25.8.2011 in riscontro alla nota del legale del ricorrente del 3.8.2011 e – ove occorra – la destinazione urbanistica impressa con il PRGC approvato dopo la trasformazione urbanistico-edilizia del suolo in ditta Pierino Serini e la delibera c.c. n. 28 del 23.7.2004, recante “approvazione definitiva del PP AS. 5” e quella di adozione dello stesso;
nonchè
– per l’accertamento dell’intervenuto silenzio -assenso formatosi ex lege sulle domande di condono edilizio inoltrate dal ricorrente o, in subordine, l’accertamento del diritto del medesimo ad ottenere l’esame delle domande ed il rilascio delle concessioni di condono edilizio, con eventuale assegnazione di un termine in favore del Comune di Giovinazzo ai fini dell’evasione delle stesse;
– per la dichiarazione di illegittimità  o di irregolarità , inefficacia, invalidità  ovvero nullità  del piano particolareggiato della zona AS. 5 del Comune di Giovinazzo e per l’accertamento dell’intervenuta decadenza del vincolo preordinato all’esproprio per pubblico interesse e per l’invalidità  e /o illegittimità  della sua eventuale reiterazione, anche implicita, mediante la predisposizione del piano in assenza dell’intervento appropriativo da parte della Regione Puglia;
per la conseguente illegittimità  della destinazione urbanistica contenuta nel piano regolatore comunale per l’area e gli immobili di che trattasi, in quanto incompatibile con le domande di condono edilizio precedentemente inoltrate.
Con motivi aggiunti , notificati in data 11.10.2014,
per l’annullamento
della determinazione n. 214 del 04.06.2014 del Servizio assetto del territorio – Ufficio attuazione pianificazione paesaggistica della Regione Puglia, avente ad oggetto parere ai sensi dell’art. 32 L. 47/1985 per beni tutelati ai sensi degli artt. 136 e 142 D.Lgs. 42/2004 e recante diniego di autorizzazione paesaggistica ex post;
del parere contrario alla compatibilità  paesaggistica espresso dal Ministero dei Beni Culturali e delle Attività  Culturali e del Turismo, tramite la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Bari, Barletta- Andria- Trani e Foggia, contenuto nella nota prot. n. 6741 del 16.05.2014;
del Piano paesaggistico territoriale della Regione Puglia, adottato con delibera G.R. n. 1435 del 02.08.2013 e n. 2022 del 29.10.2013 e delle N.T.A. del predetto strumento, in particolare gli artt. 43, 44, 45 e 105 e delle relative Linee Guida, nonchè – qualora ostativo- del PUTT/paesaggio, approvato con delibera G.R. n. 1748 del 15.12.2000 e delle relative norme di attuazione, in particolare, gli artt. 1.03 e 3.07, nelle rispettive parti lesive per la domanda di condono presentata dall’odierno ricorrente;
di ogni altro presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorchè ignoto, in quanto lesivo, e in particolare: i) la nota regionale di comunicazione prot. n. 8759 del 20.06.2014; ii) la (non conosciuta) nota della Soprintendenza prot. 3910 del 18.03.2014 recante preavviso di diniego ex art. 10 bis e il relativo parere; iii) la nota comunale prot. 27708/11288 del 24.05.2013 di trasmissione pratica urbanistico-edilizia alla Regione Puglia e la relativa Relazione di verifica dei presupposti giuridici in ordine all’ammissibilità  dell’istanza di condono edilizio unitamente alle (non conosciute) Relazioni tecnico paesaggistiche.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Giovinazzo, della Regione Puglia e del Ministero Per i Beni e le Attività  Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Franceso Muscatello, Daniele De Gennaro e Anna Bucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Con il ricorso avverso gli atti in epigrafe indicati, il Sig. Pierino Serini impugna, in particolare, l’ordinanza n. 39 del 29.06.2012, di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, oltre agli atti presupposti, con cui il Comune di Giovinazzo ha contestato gli abusi edilizi, sull’area indicata al catasto al foglio 2 p.lla 468, situata lungo la Strada vicinale Vecchiarella.
Le opere realizzate senza titolo sono state rilevate nel corso di due sopralluoghi, effettuati rispettivamente in data 09.09.2011 e 13.12.2011, a cui sono seguite due ordinanze di sospensione dei lavori, la n. 51 del 15.11.2011 e la n. 13 del 24.02.2012, quest’ultima integrativa della prima. Tali atti sono stati anch’essi gravati.
Gli interventi contestati consistono in opere di completamento di manufatti, in pendenza di istanze di condono per interventi distinti da quelli contestati.
Nell’ordinanza di demolizione si specifica che l’area su cui insistono i manufatti cade in zona tipizzata “Aree per attrezzature di servizio pubblico”, disciplinata dall’art. 33 delle NTE del vigente PRGC. Parte di tale area è, inoltre, sottoposta a vincolo ai sensi dell’art. 142 del D. Lgs. 42/2004, nonchè a tutela dal PUTT/p Regione Puglia ricadendo in A.T.E. di tipo “C”.
Il ricorrente riferisce, in proposito, di aver presentato in data 28.03.1986 un prima istanza di condono ai sensi della L. n. 47/1985, avente ad oggetto quattro manufatti di estensione complessiva di mq. 874,92, realizzati sul suolo di proprietà . Una seconda istanza è stata presentata in data 28.02.1995 ai sensi della L. n. 723/1994, per gli ulteriori interventi, relativi alla realizzazione di servizi igienici.
Ritenendo intervenuto il provvedimento tacito di accoglimento delle suindicate istanze di condono, sostiene di aver realizzato alcune opere funzionali all’impiego dei manufatti, in conformità  alla destinazione urbanistica e d’uso indicata nella prima istanza di condono, senza concludere i corpi di fabbrica.
Dell’ordinanza di demolizione egli contesta il richiamo agli atti presupposti e la precisazione in essa contenuta che, in assenza dell’esecuzione dell’ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, le istanze di condono sarebbero diventate improcedibili e che l’intero complesso edilizio sarebbe stato eseguito in assenza di titolo.
Costituiscono motivi di ricorso:
1. violazione di legge: L. 47/1985, L. 723/1993, L. 1150/1942, D.P.R. 380/2001 anche in riferimento alla L. 1187/1968 e alle LL.R.R. Puglia nn. 56/1980 e 20/2001;
2. violazione del principio di buon andamento e dei principi vigenti in materia di accertamento e di sanzioni, con specifico riguardo al principio di legalità , di tipicità  degli atti amministrativi e di inapplicabilità  dei principi di interpretazione analogica o anche soltanto estensiva, di proporzionalità  e di affidamento, anche in relazione all’art. 1 e ss. L. 241/1990 ed al principio del tempus regit actum;
3. eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, carente istruttoria contraddittorietà , illogicità , ingiustizia manifesta;
4. illegittimità  derivata da quella degli atti presupposti.
L’odierno ricorrente specifica in particolare:
A. la situazione effettiva dello stato dei luoghi e della pratica edilizia nel suo complesso, che
comprende le due istanze di condono, contestando l’illegittimità  intrinseca dell’ordinanza di demolizione anche con riferimento agli avvertimenti in essa contenuti.
A.1. Dopo aver specificato l’oggetto delle domande di condono, egli rivendica la formazione del silenzio assenso per il decorso dei termini di legge ritenendo di aver adempiuto a tutti gli oneri previsti dalla legge. Sostiene a riguardo che non sarebbe ostativo il richiamo, contenuto nell’ordinanza, al vincolo di tutela della costa, in quanto l’art. 142 del D.Lgs 42/2004 sarebbe stato introdotto successivamente alla esecuzione delle opere oggetto di richiesta di condono. Inoltre, su questo specifico punto contesta l’assenza di adeguata istruttoria da parte dell’amministrazione, non essendo stata delineata con precisione l’area vincolata. Il silenzio assenso per l’inutile decorso dei 24 mesi previsto dall’art. 35 L. 47/1985 dovrebbe, in ogni caso, ritenersi formato con riferimento alla parte degli immobili non interessati dal vincolo di rispetto della fascia costiera.
A2. Sulla fascia costiera tutelata ricadrebbe solo una porzione di uno degli immobili, contraddistinto con la lettera A), mentre ne resterebbero esclusi gli altri, individuati con le lettere B), C), D), E) e l’area di pertinenza. Sull’immobile A) non sarebbe stato compiuto alcun intervento edilizio, rimanendo lo stato dei luoghi come quello esistente al momento della presentazione dell’istanza di condono.
La formazione del silenzio assenso renderebbe legittime le opere oggetto dell’istanza di condono e suscettibili di esecuzione gli interventi successivi.
B. In ogni caso e in via subordinata, l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi sarebbe frutto di una inversione procedimentale.
B.1 L’amministrazione avrebbe dovuto prima concludere il procedimento relativo alle istanze di condono, incidendo la loro prolungata pendenza anche sull’affidamento del ricorrente all’esito favorevole della richiesta.
Le opere contestate, in quanto ritenute abusive, non costituirebbero completamento degli immobili oggetto dell’istanza di condono ma opere interne e pertinenziali, non sanzionabili con la demolizione come imposto dall’amministrazione.
B.2 L’avvertimento, contenuto nel gravato provvedimento sanzionatorio, circa l’improcedibilità  delle istanze di condono sarebbe illegittimo in quanto le opere contestate sarebbero del tutto autonome. La negazione del condono inciderebbe anche su altre opere e sulla loro destinazione urbanistica.
B.3 L’amministrazione avrebbe omesso di indicare le opere che potevano essere suscettibili di accertamento di conformità  ovvero di sanatoria prima di sanzionarle.
B.4 L’ordinanza contestata non sarebbe, inoltre, diretta al soggetto attuatore del preteso mutamento di destinazione d’uso e, pertanto, viziata.
B.5 Il provvedimento sarebbe contraddittorio in quanto l’ordine sarebbe rivolto al proprietario, mentre l'”avvertenza” dell’acquisizione è, rivolta, invece, al responsabile dell’abuso.
C. Dal punto di vista urbanistico, degli interventi contestati sarebbero irrilevanti, trattandosi di opere di natura pertinenziale, per la maggior parte interne, che non comporterebbero una significativa trasformazione edilizia del territorio. L’ordine impartito dall’amministrazione sarebbe, inoltre, poco chiaro circa il riferimento alla conformità  della destinazione d’uso a quella contenuta nell’istanza di condono per gli immobili B) e D), anche in considerazione del fatto che alcuna modificazione d’uso sarebbe stata effettuata sul fabbricato D).
D. In via ulteriormente subordinata, i richiami al parere comunale, al vincolo ex art. 142 del D.Lgs 42/2004 e al Piano tematico del paesaggio sarebbero erronei e fuorvianti.
a) il Parere Comunale non sarebbe necessario in quanto al momento della realizzazione delle opere oggetto dell’istanza di condono, il suolo aveva una tipizzazione diversa, essendo a vocazione agricola. La destinazione di area per servizi, con vocazione pubblicistica, sarebbe stata introdotta con il PRG adottato nel 1985 ed approvato definitivamente nel 1991. Lo stesso piano particolareggiato sarebbe anch’esso nullo in quanto, al momento della sua adozione ed approvazione, il vincolo espropriativo doveva ritenersi decaduto per decorso del termine quinquennale. In ogni caso la dotazione minima di aree con vocazione di interesse generale sarebbe comunque soddisfatta anche detraendo quella di proprietà  del sig. Serini.
Il Consiglio comunale a seguito di osservazione al Piano particolareggiato del ricorrente avrebbe specificato che “possano applicarsi, in questa fase, le disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 71 e 73 NTE del PRG”, in sostanza il mantenimento dell’insediamento già  realizzato, a prescindere dalla conformità  edilizia delle opere stesse.
Tale disposizione assumerebbe valore equipollente al parere.
b) il vincolo di cui all’art. 142 del D.L.gs. 42/2004 non sussisterebbe e, comunque, non riguarderebbe tutti gli immobili, ma solo una esigua parte di quello contraddistinto con la lettera A), che non sarebbe stato interessato da alcun intervento.
c) Per quanto riguarda i rapporti tra gli interventi e il PUTT/p, oggetto di autonomo motivo di ricorso per aver escluso la temporaneità  del vincolo di inedificabilità  assoluta, essi sarebbero compatibili con l’attuale assetto paesaggistico, in quanto vi inciderebbero in modo non significativo.
Si è costituito in giudizio il comune di Giovinazzo per resistere al ricorso, controdeducendo alle doglianze del ricorrente.
A) con riferimento al motivo di ricorso, circa l’avvenuta formazione del provvedimento tacito di accoglimento delle istanze di condono, evidenzia che la consapevolezza del ricorrente della pendenza dei relativi procedimenti sarebbe confermata dall’istanza del 03.08.2011 con cui il medesimo avrebbe sollecitato la definizione delle pratiche.
Inoltre, come rilevato dal Dirigente del Terzo settore del Comune di Giovinazzo, del 25.08.2011, la definizione delle istanze di condono sarebbe condizionata dalla previa acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio Comunale e del nulla osta di cui all’art. 32 L. 47/85, in quanto di immobili situati su zona omogenea tipizzata come “Aree per attrezzature di servizio pubblico”, disciplinata dall’art. 33 delle NTA del vigente PRGC e parzialmente in area sottoposta a tutela ex art. 142 del D.Lgs. 42/2004, nonchè dal PUTT/P Regione Puglia.
Il vincolo di in edificabilità  nei 300 mt. dalla battigia sarebbe stato già  vigente al momento della presentazione delle istanze di condono, in quanto previsto dalla L. 56/1980.
B) Con riferimento ai motivi di ricorso rubricati sub lettere B e C, si puntualizza che, per il manufatto denominato B, dopo che il ricorrente non aveva consentito l’accesso nel corso del primo sopralluogo, nel secondo si sarebbe riscontrata la difformità  dello stato dei luoghi rispetto a quanto indicato nell’istanza di condono, non trattandosi di rustico adibito ad uso deposito, ma di immobile adibito ad uso residenziale.
Dopo le ordinanze di sospensione dei lavori e prima dell’adozione di quella di demolizione, nessun contributo a livello di partecipazione procedimentale sarebbe stato fornito dal ricorrente.
Nell’ordinanza di demolizione si sarebbe espressamente specificato che, all’esito della riduzione in pristino degli interventi sui manufatti “B” e”C”, le pratiche di consono sarebbero state definite.
Il fondamento giuridico di tali ordinanze sarebbe costituito dall’accertamento dell’esecuzione di opere edilizie prive di titolo.
Per il manufatto “B”, l’ordinanza sarebbe legittimamente motivata per il riscontrato cambio di destinazione d’uso con opere, essendo stato trasformato un rustico destinato a deposito in un abitazione con relativa destinazione degli spazi ad uso abitativo.
Per quello “D”, si contesta la realizzazione di opere di completamento edilizio non assentite.
I rilievi fotografici sarebbero da soli idonei ad escludere la pretesa irrilevanza degli interventi effettuati.
C) Ribadisce la necessità  di acquisire il parere dell’amministrazione. Con riferimento al vincolo di distanza di 300 mt. dalla battigia, si richiama la disposizione di cui all’art. 32 della L. 47/85 e la necessità  della dimostrazione del rispetto degli standards urbanistici previste nel vigente PRGC. Inoltre, trattandosi di pratica di condono unitaria, quella n. 627/86, essa non sarebbe scindibile in diversi procedimenti, tanto che il vincolo investirebbe l’istanza di condono nella sua interezza.
Con ordinanza n. 712 del 20.09.2012 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione basata sulla necessità  della previa definizione dei procedimenti relativi alle istanze di condono.
Con successiva memoria deposita in data 04.05.2013, il ricorrente ha comunicato, che il Comune avrebbe richiesto documentazione integrativa sulle pratiche di condono, riscontrate in data 11.12.2012, unitamente alla presentazione della domanda di accertamento di conformità  per le opere di completamento parziale dei fabbricati “B” e “D” e il cambio di destinazione d’uso di quello denominato “B”, con espresso impegno a rimuovere il manufatto denominato “F”, contenente un impianto tecnologico.
Con successive memorie, il Comune di Giovinazzo ha replicato alle censure del ricorrente, sostenendo la corretta identificazione delle opere oggetto delle istanze di condono e degli abusi contestati nell’ordinanza di demolizione, che risulterebbe ulteriormente confermata anche dalla integrazione documentale presentata dal ricorrente.
L’amministrazione ha ribadito la correttezza dell’iter procedimentale avviato dopo la presentazione delle istanze di condono, anche con riferimento alla necessaria acquisizione di una relazione tecnico-analitica circa la verifica del rispetto delle aree destinate a standards urbanistici previste nel vigente PRG ed in attesa del parere favorevole dell’amministrazione comunale. La relazione tecnico-analitica sarebbe stata depositata in data 22.03.2013 e versata in atti.
Il Comune precisa che, con la delibera del 07.08.2008, il Comune di Giovinazzo ha annullato la delibera n. 28/2004 avente ad oggetto l’approvazione del piano particolareggiato della maglia di PRGC AS.5, da ciò conseguirebbe l’infondatezza di ogni pretesa del ricorrente volta alla “declaratoria di irregolarità , inefficacia, invalidità  ovvero nullità ” del Piano particolareggiato.
La presentazione in data 11.12.2012 degli elaborati progettuali per l’acquisizione del nulla osta paesaggistico, da parte del ricorrente, deporrebbe a favore di quanto sostenuto dal Comune circa la necessità  di acquisizione del parere delle Autorità  preposte alla tutela del vincolo, prima della conclusione delle pratiche di condono, che non potrebbero essere scisse, distinguendo i vari immobili oggetto delle istanze.
Il ricorrente ha controreplicato a quanto sostenuto dall’amministrazione evidenziando che l’apporto collaborativo testimoniato dall’avvenuto deposito di documentazione integrativa richiesta dal Comune non costituisce acquiescenza alla tesi dell’amministrazione. Inoltre, insiste nel rilevare che l’esistenza del vincolo inciderebbe, in realtà , su una parte esigua dell’area essendo riferibile ad uno dei corpi di fabbrica, quello contraddistinto con la lettera “A”, mentre tutti gli altri sarebbero esterni alla fascia costiera tutelata.
Con motivi aggiunti notificati in data 10.10.2014 e depositati in data 05.11.2014 il ricorrente ha gravato il parere della Soprintendenza contrario alla compatibilità  paesaggistica delle opere realizzate dal sig. Serini, il diniego di autorizzazione paesaggistica ex post della Regione Puglia, nonchè gli atti ad essi presupposti.
Il ricorrente ha richiamato integralmente i motivi di ricorso contenuti in quello principale e con specifico riferimento a quello per motivi aggiunti ha censurato i pareri contrari della Soprintendenza e della Regione.
Contesta, in particolare:
– di aver mai ricevuto la comunicazione di preavviso di rigetto del 18.03.2014 della Soprintendenza;
– sub I l’insufficienza della motivazione dei suddetti atti e la perplessità , avendo la Regione fatto applicazione dell’art. 105 NTA, mentre la Soprintendenza dell’art. 45;
– sub II e III la mancanza di una motivazione che nel caso in esame avrebbe dovuto essere rafforzata in quanto entrambe le amministrazioni si sarebbero limitate a richiamare la presenza del vincolo, senza verificare in concreto l’incidenza delle nuove opere sugli interessi presidiati dal vincolo e la possibilità  del manufatto di armonizzarsi con la situazione circostante;
– sub IV l’art. 32 L. 47/85 avrebbe natura di disposizione generale e di natura eccezionale e i vizi denunciati ne vanificherebbero la funzione da realizzare attraverso la previsione dell’intervento consultivo per la regolamentazione postuma delle opere abusive realizzate in aree vincolate;
– sub V l’illegittimità  dell’art. 45 del PPTR per aver introdotto un vincolo di natura permanente ed assoluta, in contrasto con la possibilità  di deroga mediante parere dell’autorità  preposta al vincolo. L’illegittimità  dell’art 105 che ha introdotto un regime di misure di salvaguardia non definite nella loro fase applicativa, prive di un termine finale, contrario al principio di temporaneità  delle misure di salvaguardia;
– sub VI la compromissione dell’interesse tutelato.
Il Ministero dei Beni e delle Attività  Culturali e del turismo si è costituito in giudizio con memoria di mero stile.
La Regione Puglia si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, producendo documenti e memoria a difesa.
Riferisce di essere intervenuta nel procedimento di condono edilizio relativo alle istanze presentate dal sig. Serini per rendere il parere di compatibilità  paesaggistica, in quanto il Comune di Giovinazzo sarebbe ancora sprovvisto della Commissione per il paesaggio, per l’esercizio delle funzioni da delegare ai sensi dell’art. 146 D. Lgs. 42/2004.
Nell’esprimere il parere, di diniego, gli uffici regionali hanno specificato che solo il fabbricato individuato sugli elaborati progettuali indicati con la lettera “A” insiste su area soggetta a vincolo paesaggistico, trovandosi entro la fascia di 300 mt dalla costa, area sottoposta a vincolo ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. 42/2004.
Aggiunge che l’immobile “A” si trova su area soggetta a vincolo del PUTT/P, in quanto ambito territoriale distinto (cd. A.T.D.) “area annessa all’area litoranea”, disciplinata dall’art. 3.07 NTA PUTT/P, ed inoltre incluso in ambito territoriale esteso (cd. A.T.E.) di valore “C-distinguibile”, disciplinato dal titolo II delle NTA.
Sulla medesima area anche il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale Regionale in itinere avrebbe previsto vincoli.
A sostegno della legittimità  del diniego espresso all’autorizzazione paesaggistica postuma evidenzia che il vincolo di cui all’art. 142 lett. a) D. Lgs. 42/2004 deve essere obbligatoriamente recepito dal piano paesaggistico regionale, oltre a rientrare nella operatività  della norma di salvaguardia di cui all’art. 143, comma 9 D. Lgs. 42/2004, all’interno del quale l’art. 134 richiamato fa espresso riferimento all’art. 142.
Aggiunge, inoltre, che l’art. 105 NTA riporterebbe la previsione di cui all’art. 143, comma 9 appena citato.
Ne conseguirebbe la conformità  a legge sia della determina n. 214/2014, che della presupposta norma di salvaguardia del PPTR.
Infondata sarebbe anche la censura relativa alla mancanza di indicazione di un limite temporale nell’art. 105 NTA PPTR, in quanto tale limite non sarebbe previsto neanche nel D.Lgs. 42/2004.
Avverso la pretesa illegittimità  dell’art. 45 NTA del PPTR, sostiene l’inammissibilità  di censure che atterrebbero al merito di scelte generali e/o normative, connotate da ampia discrezionalità , oltre che infondate in quanto le scelte previste dal PPTR sarebbero conformi a quelle già  previste dal PUTT/P. Rilevante sarebbe anche il fatto che il PPTR non è ancora stato definitivamente approvato, essendo in corso la fase di esame delle osservazioni presentate, tanto da doversi escludere l’ammissibilità  delle censure opposte. Con successiva memoria il ricorrente, nel ribadire le ragioni a fondamento delle richieste avanzate con il ricorso integrato da motivi aggiunti, chiede che venga disposto un supplemento istruttorio per la verifica dello stato dei luoghi e delle pratiche di condono aventi ad oggetto opere abusive nella fascia costiera regionale con i relativi pareri rilasciati dalle amministrazioni.
All’udienza pubblica del 15.01.2015, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I. La vicenda oggetto di contenzioso, resa particolarmente articolata dai copiosi scritti difensivi del ricorrente, trae origine da interventi effettuati sull’immobile di proprietà  del sig. Pierino Serini, oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 39 del 29.06.2012, gravata con il ricorso principale.
L’ingiunzione di demolizione e la messa in pristino si fondano sulla presunta natura abusiva di tali interventi, in quanto effettuati, secondo l’amministrazione resistente, senza previa acquisizione dei titoli abilitativi prescritti e non compresi tra le opere oggetto delle istanze di condono, presentate dal sig. Serini per altri interventi precedentemente realizzati sul medesimo immobile.
I manufatti presenti sull’area in questione sono identificati con le lettere “A”, “B”, “C”, “D” ed “E” e gli interventi contestati sono descritti nel provvedimento impugnato.
In quest’ultimo, il Comune di Giovinazzo ha condizionato la conclusione dell’attività  istruttoria delle istanze di condono, all’esecuzione di quanto indicato nell’ingiunzione di demolizione e messa in pristino, nonchè all’acquisizione degli ulteriori titoli richiesti per la specifica disciplina a cui è assoggettata l’area, con particolare riferimento alla sua collocazione all’interno della fascia sottoposta a vincolo, ai sensi dell’art. 142 D. Lgs. 42/2004 e nell’ambito dell’A.T.E. di tipo “C” tutelata dal PUTT/p della Regione Puglia.
Il successivo parere della competente Soprintendenza, sulla compatibilità  paesaggistica delle opere realizzate, nonchè il diniego di autorizzazione paesaggistica ex post della Regione Puglia, successivamente rilasciati, sono stati impugnati con motivi aggiunti.
II. Le questioni su cui le parti si sono maggiormente soffermate nel sostenere le contrapposte posizioni sono relative:
A) alle istanze di condono e al relativo procedimento, ritenuto non concluso anche per effetto dell’operato del proprietario dell’area, secondo la tesi dell’amministrazione resistente, e considerato, invece, oggetto di tacito provvedimento di assenso dal ricorrente;
B) alla disciplina e ai vincoli a cui l’area è assoggettata, tanto da risultarne condizionato il relativo utilizzo.
Su di esse il Collegio ritiene di soffermarsi, procedendo con la trattazione dei motivi dei ricorso, come integrato da motivi aggiunti, secondo un ordine che prevede l’esame dei principi ritenuti dirimenti ai fini della definizione del caso.
III. Preliminarmente, il Collegio rileva l’irricevibilità  del ricorso avverso le ordinanze di sospensione dei lavori oltre alla inammissibilità  dell’impugnazione sia di tali ordinanze di sospensione, che dei verbali di sopralluogo e gli atti istruttori connessi, come indicati in epigrafe.
Si richiama per entrambe la giurisprudenza consolidata della Sezione, in questa sede integralmente confermata. Più specificamente, il ricorso avverso le ordinanze di sospensione dei lavori è irricevibile in quanto proposto oltre il termine decadenziale di 60 giorni dalla loro notifica, oltre che inammissibile in quanto, in ogni caso tali ordinanze producono effetti fino all’adozione ed alla notifica dei provvedimenti definitivi sanzionatori, che deve avvenire, per legge, “entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori”. Ciò comporta che, una volta trascorsi quarantacinque giorni dall’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, esso non produce più effetti. La carenza di interesse al ricorso va pronunciata non solo nel caso di perdita di efficacia dell’ordinanza di sospensione dei lavori per mero decorso del termine finale, ma anche per il caso in cui la perdita di efficacia dell’ordinanza di sospensione consegua non già  alla mera inerzia provvedimentale dell’Ente locale, bensì all’emanazione dell’ordinanza di demolizione definitiva, in aderenza alla sequenza procedimentale delineata dagli artt. 27 e 31, D.P.R. n. 380 del 2001. ( Cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. n. 269 del 19.02.2014 e sent. 1262 del 29.10.2014).
Con riferimento ai verbali di sopralluogo e agli altri atti istruttori, il Collegio ne ha già  sancito il “valore endoprocedimentale ed efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dagli organi accertatori, ai quali non è attribuita la competenza all’adozione di atti di amministrazione attiva, a tal uopo occorrendo che la competente autorità  amministrativa ne faccia proprio l’esito attraverso un formale atto di accertamento produttivo di effetti” (Così da ultimo, T.A.R. Puglia Bari, sez. III. Sent. n. 76 del 15.01.2015 nella quale si richiama, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, sent. n.6668 del 16.12.2014).
IV. Per quanto concerne le censure sul provvedimento impugnato con il ricorso principale e alla pretesa formazione del silenzio assenso sulle istanze di condono, il Collegio osserva, innanzitutto, che, dalla lettura della gravata ordinanza, si evince che il Comune non ha ingiunto la demolizione delle opere oggetto delle domande di condono, bensì di opere di completamento sulla medesima area, successivamente realizzate.
Dirimente a riguardo è il richiamo della giurisprudenza consolidata sul punto, condivisa dal Collegio, secondo cui per “la mera presentazione dell’istanza di condono non autorizza la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento delle opere oggetto della richiesta di sanatoria, le quali, fino al momento dell’eventuale accoglimento della domanda di condono, devono ritenersi comunque abusive (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 08 aprile 2011, n. 1999; T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 01 marzo 2011, n. 379; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 03 novembre 2010, n. 22302; in senso analogo, T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 novembre 2009, n. 7961 secondo cui inoltre “laddove poi si tratti di opere eseguite in area vincolata occorre che venga acquisito il parere delle autorità  competenti ai sensi dell’articolo 32 della stessa legge ed è inapplicabile il meccanismo del silenzio assenso, alla luce delle disposizioni di cui alla legge summenzionata”).” (Così, da ultimo T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, sent 68 del 09.01.2015).
A ciò si aggiunga che, in ossequio alle norme regolatrici della materia, tra i fattori ostativi alla formazione del provvedimento di tacito assenso sulle istanze di condono, vi sono la presentazione di una domanda manchevole della prescritta documentazione, l’ultimazione dell’opera oltre i termini di legge e il contrasto dell’opera con i vincoli di in edificabilità  ai sensi degli artt. 32 e 33 L. 47/1985.
Nel caso in esame, come evidenziato dall’amministrazione resistente anche nell’atto impugnato, gli immobili per cui è causa sono situati su zona omogenea tipizzata come “Aree per attrezzature di servizio pubblico”, disciplinata dall’art. 33 delle NTA del vigente PRGC e parzialmente in area sottoposta a tutela ex art. 142 del D.Lgs. 42/2004, nonchè dal PUTT/P Regione Puglia.
Dalla documentazione richiamata nel gravato provvedimento e versata in atti, emerge che il Comune:
-ha descritto le opere abusive, contestandole al proprietario dell’area, distinguendo gli interventi successivi non compresi nelle istanze di condono;
-ha più volte, prima della gravata ordinanza, espressamente fatto riferimento (così come comunicato con nota prot. del 25.08.2011) alla mancata definizione delle istanze di condono, dovuta alla necessità  di acquisire i pareri richiesti per la tipizzazione della zona in Area per attrezzature di servizio pubblico, assoggettata a specifica disciplina e per l’esistenza su porzione dell’area del vincolo di cui all’art. 142 del D.Lgs 42/2004. Con riferimento a tale ultimo vincolo, l’amministrazione ne ha sempre riferito l’esistenza a una sola porzione dell’area;
ha richiamato anche la disciplina del PUTT/p della Regione Puglia (Piano urbanistico territoriale tematico paesistico e dei beni ambientali) che, dopo aver individuato i “contesti” di natura ambientale-paesaggistico-culturale, ha imposto sul territorio una tutela diretta individuando ambiti territoriali estesi (A.T.E.) di tipo A, B, C, D, E. In particolare, ha specificato che l’area in questione ricade in A.T.E. di tipo C, riferito ad aree ove sussistono condizioni di presenza di un bene costitutivo con o senza prescrizioni vincolistiche preesistenti.
Consegue da quanto sopra rilevato che infondati sono i quatto motivi di ricorso avverso l’ordinanza di demolizione. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente non sono soddisfatti gli oneri di legge necessari per la formazione del provvedimento di tacito accoglimento delle istanze di condono, per la molteplicità  di prescrizioni che, a vari livelli e sotto vari profili, risultano non aver trovato compiuto adempimento.
Tra queste prescrizioni rientra anche quella relativa al vincolo esistente su di una porzione dell’area, oggi disciplinato dall’art. 142 D.Lgs. 42/2004.
Infondata, a riguardo, è l’eccezione più volte ripetuta dal ricorrente finalizzata, oltre a contestare l’applicabilità  in toto del vincolo sull’area in questione, a sostenere che l’esistenza di tale vincolo, qualora ritenuto applicabile sia da riferire ad una porzione dell’area e, pertanto, non idoneo a pregiudicare la formazione del silenzio assenso sulle istanze di condono.
Il Collegio ribadisce in proposito che ulteriori sono le prescrizioni riferibili all’area e sopra richiamate (di cui l’amministrazione ha fornito puntuale indicazione sia nell’ordinanza gravata che negli atti endoprocedimentali precedenti) che, non avendo trovato adempimento, risultano ostative alla formazione del silenzio assenso.
Per la parte dell’area soggetta al vincolo di cui all’art. 142 del D.Lgs. 42/2004, è sufficiente osservare che l’obbligo di acquisire il parere delle autorità  competenti discende dall’articolo 32 L. 47/1985, che appresta una tutela particolare in ipotesi di abusi edilizi e il vincolo di tutela ambientale relativo alla fascia compresa nei 300 m dalla riva del mare, era previsto dalla L. 431/1985 (meglio nota come “legge Galasso”).
Sulla base di tali previsioni, antecedenti dunque al D. Lgs 42/2004, il condono delle opere in contrasto con il vincolo (di natura relativa) ivi sancito è ammesso alle condizioni da esse stabilite, cioè previo parere dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo.
Ne consegue che la parte dell’area assoggetta al vincolo in questione trova specifica disciplina sia per il condono (a conferma della mancata formazione del provvedimento di tacito assenso), sia per quanto successivamente realizzato.
V. Prive di fondamento sono, pertanto, le censure volte a sostenere l’inapplicabilità  di talune prescrizioni vigenti sull’area, in quanto sopravvenute rispetto alla esecuzione delle opere oggetto di condono, ivi comprese quelle relative alla tipizzazione dell’area.
Il Collegio, sui vincoli di inedificabilità  sopravvenuti alla realizzazione degli interventi edilizio, osserva comunque che essi non sono privi di rilevanza, in quanto “l’esistenza del vincolo va valutata al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all’apposizione del vincolo stesso (Cfr. sez. IV, 30/06/2010, n. 4178), avendo cura di precisare che i vincoli di inedificabilità  sopravvenuti alla realizzazione dell’intervento edilizio non operano quali fattori di preclusione assoluta al condono, ma costituiscono vincoli relativi ai sensi dell’art 32 della l. n. 47 del 1985, che impongono un apprezzamento concreto di compatibilità  (Cons. Stato, sez. VI, 13/03/2008, n. 107)”. (Cons. St., Sez. IV, 4 dicembre 2012, n. 2576 e T.A.R. Puglia Bari, sez. III, sent. 1262 del 29.10.2014).
Gli stessi principi sono ritenuti applicabili anche alle modifiche relative alla tipizzazione dei suoli interessati dagli interventi oggetto di istanza di sanatoria, dalla cui valutazione non si può comunque prescindere.
VI. Alla luce di tali considerazioni, del pari infondato è il rilievo con cui il ricorrente contesta l’abusività  delle opere elencate nell’ordinanza di demolizione, in quanto di carattere accessorio e pertinenziale e prive di propria autonomia funzionale, compresa quella con cui si contesta che sia mai avvenuto il mutamento di destinazione d’uso del manufatto “B”.
Tali opere, infatti, ripetono le caratteristiche di illegittimità  di quelle principali, in quanto accessorie ad altre che sono da ritenersi abusive fino alla definizione in senso positivo dell’istanza di condono.
La rinvenuta esistenza di interventi diversi ed ulteriori rispetto a quelli per il quale era stata avanzata istanza di condono legittima la conclusione dell’amministrazione. Le opere contestate, compresa la modifica di destinazione d’uso del manufatto “B” da deposito ad uso residenziale, infatti, sono precluse dalla legge, come rilevato dall’amministrazione nei sopralluoghi effettuati, i cui verbali sono “fidefacenti fino a querela di falso”(cfr., Cons. Stato, Sez. V, sentenza 3 novembre 2010, n. 7770; 28 gennaio 1998, n. 103).
Quanto alle censure relative alla violazione dei principi idonei a garantire la partecipazione al procedimento (in disparte la considerazione dello sviluppo procedimentale, caratterizzato da sopralluoghi e adozione di atti antecedenti all’ordinanza gravata, da soli idonei a rendere quanto meno dubbia l’eccezione in questione) giova, altresì, richiamare il consolidato orientamento secondo cui l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato. Esso in quanto tale non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, nè una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, nè una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non è in alcun modo idoneo a legittimare.
Nè la pretesa illegittimità  dell’ordinanza gravata può ritenersi determinata dall’aver il Comune condizionato la conclusione dell’attività  istruttoria delle istanze di condono alla rimozione degli abusi contestati. Oltre alla natura permanente dell’illecito realizzato con gli interventi contestati, giova rilevare che quest’ultimi sono da soli idonei ad impedire la concessione della sanatoria e che il riferimento all’istanza di condono inserita nell’ordinanza appare piuttosto volto ad agevolare il proprietario dell’area, nel senso di voler, nonostante i successivi abusi, mantenere aperta la possibilità  di esito positivo dell’istanza di condono, seppur condizionata al ripristino della situazione preesistente (id est ante condono).
Prive di pregio sono ancora le eccezioni relative alla individuazione degli interventi distinti per ciascun manufatto, in quanto, non solo l’ordinanza di demolizione, ma anche gli atti in essa richiamati, descrivono gli abusi e si soffermano nella descrizione delle peculiarità  rilevate per ciascuno, oltre ad essere rivolti sempre al Sig. Serini, proprietario dell’area, tanto da doversi escludere la rilevanza della distinzione tra proprietario dell’area e autore dell’abuso, prospettata dal ricorrente.
VII. Ad ulteriore riprova della fondatezza della gravata ordinanza depone quanto affermato dal ricorrente nella nota depositata presso il Comune di Giovinazzo in data 11.11.2012, prot. 27708 in cui espressamente “precisa che il fabbricato denominato lotto F sarà  demolito, per i fabbricati B e C si richiede sanatoria per aver eseguito il completamento senza la prescritta comunicazione prevista dall’art. 35 47/85 e per il solo fabbricato B il cambio di destinazione ad ufficio previa eliminazione delle opere relative all’attuale destinazione abitativa”.
Tale dichiarazione comporta il riconoscimento espresso degli abusi relativi ai manufatti menzionati, rendendo superfluo l’esame delle ulteriori censure come quelle surrettiziamente volte a contestare la disciplina prevista dal Piano particolareggiato della zona A.S. 5.
VIII. Il ricorso principale deve essere, pertanto, respinto in quanto infondato. Analogamente da rigettare sono i motivi aggiunti.
I provvedimenti gravati costituiscono espressione degli adempimenti prescritti dalla disciplina prevista dalla normativa sia statale che regionale, la cui violazione (da riferirsi, in particolare,alla mancata acquisizione dei pareri) ha determinato la contestazione degli abusi e impedito la conclusione del procedimento relativo alle istanze di condono presentate.
Unitamente ad essi, il ricorrente impugna anche la delibera di G.R. n. 1435 del 02.08.2013 e n. 2022 del 29.10.2013 relative all’adozione del nuovo Piano paesaggistico territoriale della Regione Puglia, oltre alle relative N.T.A.
IX. Preliminarmente, occorre puntualizzare che il provvedimento n. 214 del 04.06.2014, rilasciato dalla Regione Puglia, delimita dettagliatamente la parte dell’area assoggetta al nulla osta paesaggistico di cui all’art. 32 della L. 47/1985 e, dalla sua entrata in vigore, anche al D.Lgs. 42/2004. Analogamente il parere espresso dalla Soprintendenza con nota prot. n. 6741 del 16.05.2014 è riferito al “corpo di fabbrica individuato con la lettera A”.
Ne consegue che con riferimento ai motivi propri del ricorso principale, richiamati integralmente, valgono le argomentazioni sopra svolte. Ai fini del giudizio sui pareri successivamente gravati, il Collegio ritiene utile ribadire che, per giurisprudenza consolidata, i pareri rilasciati nell’ambito di un procedimento di condono edilizio debbono fondarsi sul quadro normativo vigente al momento in cui i poteri consultivi vengono esercitati.
Le censure avverso sia il parere della Regione che della Soprintendenza non sono idonee a superare l’esistenza del vincolo sull’area (esistente – si torna a ripeterlo- da prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 42/2004) che spiega comunque i suoi effetti anche in assenza del piano paesistico ed indipendentemente da esso.
Il parere della Regione è relativo alla valutazione della compatibilità  dell’intervento, ai fini del condono edilizio in base all’art. 3.07.4 delle N.T.A. del PUTT, con riferimento al corpo di fabbrica indicato con la lettera A, dato che l’abuso edilizio riguarda un ambito territoriale distinto (coste e aree litoranee), coincidente con un bene tutelato per legge incluso legittimamente nel PUTT/P, oggi anche ai sensi dell’art. 143, primo comma lett. c) del d.lgs. n. 42 del 2004 (che riguarda i beni tutelati per legge dall’art. 142, che al primo comma lett. a) riporta la fascia dei 300 metri dalla battigia anche per i terreni elevati sul mare).
Nè rilevano le censure avverso il Piano paesaggistico territoriale della Regione Puglia, adottato con delibera G.R. n. 1435 del 02.08.2013 e successive modifiche, in quanto nelle more della definitiva approvazione del PPTR continua a trovare applicazione il PUTT/P e contestualmente vigono le norme di salvaguardia di cui all’art.105 delle NTA del PPTR. Giova comunque osservare che il piano paesistico realizza l’effetto pratico di uno strumento di attuazione, e dunque di realizzazione della funzione conservativa del vincolo, da cui comunque non è possibile prescindere. In tal senso il riferimento del parere della Sopraintendenza all’art. 45, comma 2 punto 1 delle NTA del PPTR, in luogo delle previsioni del PUTT/P, va interpretato in senso conforme alla funzione conservativa del vincolo relativo ai territori costieri, in quanto preesistente e oggetto di tutela da parte del legislatore statale fin dal 1985, come rilevato dalla difesa della Regione.
E’ per questo che, a fronte dell’esistenza del vincolo, i pareri contestati hanno valutato la compatibilità  dell’intervento del corpo di fabbrica A con le norme di salvaguardia del PPTR, facendo esplicito riferimento ai contenuti prescrittivi delle NTA (prescrizioni e misure di salvaguardia e utilizzazione) a cui si collegano anche le Linee Guida da esse richiamate.
Dirimente è, inoltre, la considerazione del fatto che i pareri riguardano interventi già  realizzati e non solo progettati, elemento di cui gli organi preposti erano ampiamente edotti al momento della valutazione di legittimità  dei medesimi.
Tale dato comporta il superamento anche delle ulteriori eccezioni sul difetto di motivazione dei pareri e sulla contestata mancata comunicazione del preavviso di rigetto del parere della Soprintendenza, atteso che il loro contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato e rende superfluo ogni ulteriore approfondimento istruttorio, richiesto dal ricorrente.
X. Per tutto quanto esposto il ricorso come integrato dai motivi aggiunti deve essere respinto.
Le spese seguono le regole della soccombenza – salvo essere compensate nei confronti del Ministero Per i Beni e le Attività  Culturali, non avendo l’Avvocatura dispiegato difese – e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, integrato da motivi aggiunti, per le motivazioni di cui in parte motiva:
1) dichiara in parte irricevibile e in parte inammissibile il ricorso principale e lo respinge per la restante parte;
2) rigetta il ricorso per motivi aggiunti.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite, liquidate in complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori di legge, da ripartire tra Comune e Regione.
Spese compensate nei confronti del Ministero Per i Beni e le Attività  Culturali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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