1. Procedimento amministrativo –  Provvedimento – Atto endoprocedimentale


2. Procedimento amministrativo –  Provvedimento – Errore di denominazione – Conseguenze – Esatta qualificazione – Criteri – Effettivo contenuto e causa reale a prescindere dal nomen juris


3. Procedimento amministrativo –  Provvedimento – Ad oggetto sospensione del procedimento già  concluso – Nullità  per mancanza di oggetto – (Eventuale) valore integrativo del provvedimento


4. Procedimento amministrativo –  Partecipazione – Avviso di avvio del procedimento – Omissione – Conseguenze – Prova di resistenza da parte della p.A. con riferimento all’art. 21 octies l.n.241/90 – Condizioni di ammissibilità 

 
1. Devono considerarsi atti di natura endoprocedimentale tanto il preavviso di diniego dell’istanza di rilascio al permesso di costruire quanto il provvedimento regionale ad oggetto la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area centrale di un comune, cui non sia seguita la dichiarazione medesima, con la conseguente inimpugnabilità  di tali atti in via autonoma.


2. Posto che l’impropria terminologia utilizzata nella formulazione testuale dell’atto amministrativo non determina di per sè un vizio di legittimità  dell’atto, sempre che sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato, ne discende che a prescindere dal nomen juris utilizzato dall’Autorità  emanante l’atto, deve configurarsi come motivato diniego e non invece come semplice “comunicazione”, con conseguente esclusione della formazione del silenzio significativo, la nota adottata dal Comune, in risposta ad un’istanza per il rilascio del permesso di costruire, con la quale l’Ente, dopo aver affermato la regolarità  urbanistica dell’intervento richiesto -con ciò implicando la completa e definitiva istruttoria del procedimento- concluda, in modo evidentemente definitivo, con l’impossibilità  di assentirlo trattandosi di area comunale soggetta a proposta regionale di dichiarazione di notevole interesse pubblico.


3. Deve rilevarsi la nullità  -per mancanza di oggetto- di un provvedimento nella parte in cui disponga la sospensione del procedimento in realtà  già  concluso, fermo restando il valore integrativo, se sussistente, aggiunto con tale provvedimento (nella fattispecie l’Ente, che abbia già  rigettato l’istanza di integrale demolizione e ricostruzione di un edificio di pregio ricadente in una determinata zona comunale -e che ciò abbia disposto, prescindendo dalla previa apposizione di vincolo ex art.138 d.lgs. n.42/2004, avvalendosi degli specifici poteri inibitori, autonomi ed originari, previsti dal regolamento edilizio comunale nonchè da altra precedente delibera di giunta, che gli consentano di conformare gli interventi di ristrutturazione in modo conservativo per ragioni di salvaguardia di valori storici e architettonici non ripetibili-, propone ai ricorrenti di mantenere la facciata dell’immobile).


4. In caso di omissione dell’avviso di avvio del procedimento (nella fattispecie non avente natura di pianificazione generale bensì finalizzato alla ricognizione di edifici in quartieri storici individuati sulla base dell’epoca di costruzione e della qualità  dei fronti), deve ammettersi da parte della p.A. la prova di resistenza ai sensi dell’art.21 octies l.n.241/90 qualora in base ad allegazioni circostanziate emerga che gli interessati (ricorrenti nel giudizio instaurato per censurare, tra l’altro, il mancato avviso dell’avvio) non abbiano offerto alcuna concreta obiezione per sostenere tesi opposte, essendo in caso contrario l’onere imposto all’Amministrazione di impossibile assolvimento.
 

N. 00368/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00362/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 362 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Rosa Maria Quaranta, Vincenzo Quaranta, Alessandra Quaranta, Anna Quaranta, Adriana Maria Quaranta, Giuseppe Quaranta, Maddalena Carbonara, rappresentati e difesi dall’avv. Costantino Ventura, con domicilio eletto presso Costantino Ventura, in Bari, Via Dante, n. 11; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avvocati Anna Valla, Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso Augusto Farnelli, in Bari, Via Calefati, n. 133; Regione Puglia; 

per l’annullamento
-della nota della Ripartizione urbanistica del Comune di Bari prot. n. 292317 del 18 dicembre 2012 di preavviso di rigetto dell’istanza di permesso di demolizione e ricostruzione di un fabbricato per civile abitazione e negozi situato in via Principe Amedeo n. c. 289/291/293, Via Alessandro Manzoni in Bari;
– del parere espresso dal tecnico istruttore del Comune in data 20.11.2012;
– del parere espresso dal Coordinamento tecnico interno del Comune in data 21.11.2012;
– della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area centrale della città  di Bari assunta dalla Commissione regionale istituita ai sensi dell’art. 37 d.lg. n. 42/04 di cui ai verbali 21.6.2011, 25.10.2011, 12.12.2011, 18.1.2012 1,2,2012, 1.3.2012 3.4.2012;
– della determinazione della Regione Puglia n. 425/2012;
– nonchè ogni altro atto presupposto, collegato o connesso
e dei seguenti atti impugnati con ricorso per motivi aggiunti:
– delibera della Giunta del Comune di Bari n. 862 del 17.12.2013;
– delibera della Giunta del Comune di Bari n. 754 del 21.12.2012;
– nota della Ripartizione urbanistica del Comune di Bari prot. n. 247050 del 5.11.2013 di preavviso di rigetto dell’istanza di permesso di demolizione e ricostruzione di un fabbricato per civile abitazione e negozi in via Principe Amedeo n. 289/291/293, Via Alessandro Manzoni in Bari;
– parere del Tecnico istruttore e del Coordinatore tecnico interno del 9.10.2013;
– nonchè ogni altro atto presupposto collegato o connesso;
– per l’accertamento del silenzio rifiuto formatosi in data 25.3.2014 sull’istanza dei ricorrenti relativa all’intervento di demolizione e ricostruzione di un fabbricato per civile abitazione e negozi in via Principe Amedeo n. 289/291/293, Via Alessandro Manzoni in Bari;
– per il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo ritardo e rifiuto del rilascio del permesso di costruire;
e dei seguenti atti impugnati con il secondo ricorso per motivi aggiunti:
– nota della Ripartizione urbanistica del Comune di Bari prot. n. 101945 del 23.4.2014 avente ad oggetto la determinazione della sospensione di ogni determinazione inerente al procedimento edilizio, ai sensi dell’art. 12 comma 3 d.P.R. n. 380/01;
– delibera Consiglio comunale n. 4 del 18.3.2014 avente ad oggetto la presa d’atto della variante del PUTT/P di adeguamento al PRG e soggetta ad approvazione definitiva della Regione che prevede, per i beni urbani segnalati per la inopportunità  della sostituzione, nonchè per edifici non sostituibili per l’alta qualità  del fronte, la possibilità  di effettuare interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 d) d.P.R. n.380/01 con la sola esclusione della demolizione e della ricostruzione dell’involucro esterno (art. 82.2 delle n.t.a. della variante di PRG);
e dei seguenti atti impugnati con il terzo ricorso per motivi aggiunti:
– delibera del Consiglio comunale n. 4 del 18.3.2014 già  impugnata con il secondo ricorso per motivi aggiunti.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Costantino Ventura e Augusto Farnelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 26.2.2013 i ricorrenti, proprietari di un edificio situato nel centro storico della città  di Bari, identificato in catasto al fol. 94 particella 558 sub 1-6, impugnavano il preavviso di rigetto del 18.12.2012 dell’istanza di rilascio di permesso per costruire, finalizzata alla demolizione e ricostruzione del fabbricato, perchè, secondo il Comune, l’intervento sarebbe in contrasto con la proposta regionale, formalizzata con determinazione dirigenziale n. 425/2012, di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area ove il fabbricato è situato.
Si dolevano della violazione degli articoli 138, 139 e 140 del d.lg. n. 42/04 – violazione dell’art. 136 lett. c) e dell’art. 139 d.lg. 42/04, perchè il procedimento sarebbe stato intrapreso già  con la proposta di apposizione del vincolo, che dovrebbe esserne al contrario l’epilogo, senza previa comunicazione di avvio ai titolari degli immobili, tant’è che se essi ricorrenti ne avessero avuto notizia avrebbero potuto dimostrare che l’immobile oggetto della richiesta di permesso per costruire, non rientra in alcuna delle categorie per le quali è possibile apporre il vincolo di interesse pubblico, soprattutto perchè fu realizzato in epoca successiva al 1942.
1.1. Con il primo ricorso per motivi aggiunti sono insorti contro
– il silenzio diniego sopravvenuto, dopo due preavvisi di rigetto, il primo del 15.5.2013 con cui si rilevavano errori progettuali e si sollecitava la richiesta di autorizzazione paesaggistica, il secondo del 5.11.2013, che, dichiarato l’intervento urbanisticamente ammissibile, ne ha però rilevato il contrasto con la determinazione dirigenziale regionale n. 425/2012 di proposta di apposizione del vincolo di notevole interesse pubblico dell’area che comprende il fabbricato, benchè alla data del 29.1.2013 fossero ormai scaduti i termini per la conclusione del relativo procedimento;
– le delibere di G.C. 862/13 e 753/12 che – sul presupposto dell’esistenza della determina regionale n. 425/2012, benchè decaduta per decorso del termine a provvedere – hanno inserito l’edificio dei ricorrenti, sebbene ricadente in zona B9, fra quelli risalenti a data anteriore al 30 ottobre 1954, per i quali è riconosciuto al Comune il potere di negare la sostituzione edilizia ai sensi dell’art. 47 NTA del PRG che però limita tale possibilità  alle sole zone B1 e B2; inoltre lamentano la mancata comunicazione di avvio del procedimento e il fatto che la delibera 862/13, dichiaratamente prodromica all’adozione di piani attuativi, avrebbe dovuto essere oggetto di variante al PRG secondo le relative procedure, in quanto in contrasto con l’art. 47 NTA, e infine sottoposta al parere delle circoscrizioni competenti previsto dall’art. 10 del regolamento comunale sul decentramento.
I ricorrenti chiedono inoltre il risarcimento dei danni nella misura, per ogni anno di ritardo, del 5% del valore del contratto di permuta degli immobili da ricostruire, pari a € 1.300.000,00 salvo il maggior danno in caso di recesso dell’impresa incaricata di procedere all’intervento edilizio.
Il Comune resiste con controricorso del 24.4.2014 e produce il provvedimento del 23.4.2014 di sospensione del procedimento di rilascio del permesso per costruire richiamando la delibera di C.C. n. 4 del 18.4.2014, che ha approvato la variante di adeguamento del PRG al PUTT e introdotto l’art. 82 delle NTA:
Nello stesso provvedimento del 23.4.2014 il Comune sollecita i ricorrenti a modificare il progetto prevedendo la conservazione della facciata dell’edificio.
1.2. Con il secondo ricorso per motivi aggiunti i deducenti censurano il provvedimento di sospensione del procedimento del 23.4.2014 perchè adottato, quando ormai sull’istanza si era formato il silenzio significativo ex art. 20 d.P.R. 380/01, in esecuzione della delibera n. 4 del 18.3.2014, che ancora non era nè pubblicata, nè esecutiva; impugnano poi la delibera n. 4 del 18.3.2014 per illegittimità  derivata perchè presuppone le delibere di G.C. 862/13 e 754/12 – già  gravate con i primi motivi aggiunti – ed estende all’edificio dei ricorrenti, ricadente in zona B9, il divieto di sostituzione edilizia che l’art. 47 delle NTA del PRG prevede solo per gli edifici ricadenti in zone B1 e B2.
1.3. Con il terzo ricorso i ricorrenti articolano nove motivi aggiunti avverso la delibera n. 4 del 18.4.2014 (violazione degli articoli 16 e 55 l.r. 56/80 – violazione degli articoli 5.06 e 2.10.2 delle NTA/PUTT e dell’art. 55 l.r. 56/80, violazione dell’art. 16 comma 3-5 l.r. 56/80 e delibera di G.R. n. 1812/2011 lett. a) – violazione l.r. 44/2012 e regolamento regionale di attuazione 9.10.2013 n. 18 – contrasto con le delibere di G.C. 862/13 e 754/2012 – violazione dell’art. 47 NTA del PRG – violazione art. 10 del Nuovo Regolamento comunale sul decentramento – violazione e l’art. 74 del regolamento edilizio della cita di Bari – Sviamento) che non sarebbe un mero recepimento delle prescrizioni della Regione sull’adeguamento del PRG al PUTT, poichè, al contrario, di fatto introduce un vincolo urbanistico laddove individua, in guisa di variante al PRG, ulteriori immobili ed aree di notevole interesse pubblico dei quartieri S. Nicola, Murat, Libertà  e Madonnella segnalati per l’inopportunità  o il divieto di sostituzione, che l’art. 47 NTA limita alle sole zone B1 e B2, omettendo per giunta la prescritta procedura, le garanzie partecipative dei cittadini, la trasmissione alla Regione per la verifica di sottoposizione a VAS e il parere delle circoscrizioni competenti.
Il 28.10.2014 con delibera di Giunta n. 2252 la Regione Puglia approvava l’adeguamento del PRG al PUTT con esclusione della perimetrazione dell’area costituita dai quartieri S. Nicola, Murat, Libertà  e Madonnella di notevole interesse pubblico, sul presupposto che si tratti d materia afferente al diverso procedimento di cui all’art 138 d.lg. 42/04.
All’udienza del 12.1.2015 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti, integrate dai ricorrenti con memoria del 9.1.2015 contenente la domanda di accertamento della formazione del silenzio assenso, o, in via alternativa di silenzio rigetto, ai sensi dell’art. 20 d.P.R. 380/01, secondo che il Collegio ritenga che l’immobile fosse gravato da un vincolo.
Occorre preliminarmente dichiarare l’inammissibilità  del ricorso principale perchè ha ad oggetto atti endoprocedimentali non autonomamente impugnabili, quali pareri non vincolanti, la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area centrale della città  di Bari formalizzata con la determinazione della Regione Puglia n. 425/2012 (Tar Bari 183/2013), ma non seguita da dichiarazione di notevole interesse pubblico e il preavviso del 18.12.2012 di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso per costruire.
Deve poi accertarsi se si è formato il silenzio dell’istanza di permesso per costruire per decorso del termine per provvedere decorrente dalla nota del 5.11.2013 impugnata con il primo ricorso per motivi aggiunti.
La nota in questione viene qualificata dal Comune come comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
In realtà , non essendo il giudice vincolato al nomeniuris attribuito all’atto sottoposto al suo esame, potendo autonomamente rinvenire la fonte del potere sostanzialmente esercitato (Consiglio di Stato, sez. III 27/9/2012 n. 5117), il Collegio ritiene che la nota del 5.11.2013 sia in realtà  un motivato diniego che, ai sensi dell’art. 20 comma 8 del d.P.R. 380/01, impedisce la formazione del silenzio significativo, in quanto già  preceduto da ben due preavvisi di rigetto, il primo del 18.12.2012 e il secondo del 15.5.2013.
La nota del 5.11.2013 esordisce infatti affermando la regolarità  urbanistica dell’intervento – ciò che implica la completa e definitiva istruttoria del procedimento – e, poichè l’immobile ricade nell’area oggetto della proposta regionale 425/2012 di dichiarazione di notevole interesse pubblico, conclude, in modo evidentemente definitivo, con l’impossibilità  di assentirlo.
Dovendosi pertanto ritenere che il procedimento sia culminato con un diniego motivato non può accogliersi il gravame avverso il silenzio rigetto e deve ritenersi assorbita, per conseguenza, la domanda di accertamento della formazione del silenzio assenso introdotta con la memoria del 9.1.2015, alternativamente alla domanda di annullamento del silenzio rigetto.
Nel merito il ricorso è infondato perchè il diniego del 5.11.2012 – ritualmente impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti – sebbene sia ricondotto nel provvedimento del Comune ad un vincolo esterno ( la determinazione della Regione Puglia n. 425/2012) si fonda sul potere del Comune di porre limiti alla sostituzione edilizia degli immobili ricadenti in zona B9.
Lo si desume chiaramente dalla nota del 23.4.2014 di sospensione del procedimento, nella quale il Comune ribadisce l’inammissibilità  dell’intervento così come proposto e propone a sua volta di rivalutare l’istanza purchè sia conservata la facciata dell’edificio.
Innanzitutto è evidente, per quanto detto, che la nota in questione non può avere l’effetto di sospendere un procedimento che si è concluso con il diniego motivato del 5.11.2013.
Deve pertanto rilevarsi la nullità  del provvedimento del 23.4.2014 per mancanza dell’oggetto nella parte in cui dispone la sospensione di un procedimento concluso.
Piuttosto esso interviene nuovamente sulla questione con valore integrativo del precedente diniego – se ciò sia legittimo non è questione sottoposta al Collegio – e propone ai ricorrenti di mantenere la facciata dell’immobile, facendo riferimento ai poteri inibitori previsti dall’art. 74 del regolamento edilizio e dalla delibera di G.C. 862/13, con la quale sono stati individuati altri edifici per i quali è ritenuta inopportuna la sostituzione oltre quelli già  censiti con la delibera d G.C. 754/12.
Di certo il potere del Comune di vietare la sostituzione edilizia per immobili di pregio è autonomo e originario e non necessita del concerto con altre amministrazioni.
Come detto è compito del giudice, ove si contesti, come in specie, l’esercizio del potere manifestato con il provvedimento impugnato, individuare la regulaiuris nella quale esso si iscrive, in ossequio ai principi di legalità  e di conservazione dei valori giuridici, tanto più se il provvedimento non reca alcun riferimento alla fonte del potere o ne indichi uno errato. Si è infatti ritenuto che: L’esatta qualificazione di un provvedimento va effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia, eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante nè può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sè un vizio di legittimità  dell’atto, purchè ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato. (Consiglio di Stato, sez. IV, 18/9/2012, n. 4942)
Sebbene la nota del 23.4.2014 richiami l’art. 74 del Regolamento edilizio, è nell’art. 17 n. 2 del R.E. che in concreto si iscrive il potere del Comune di condizionare l’approvazione dell’intervento edilizio al mantenimento della facciata: La ristrutturazione edilizia che comporti la demolizione totale e la ricostruzione dell’edificio non è consentita per gli edifici che costituiscano testimonianza storico-architettonica per la peculiarità  delle facciate o per la continuità  delle cortine edilizie in un contesto architettonico o urbanistico unitario, pur se non vincolati che siano stati dichiarati dall’Amministrazione edifici non sostituibili.
Non solo, dunque, il Comune può vietare la sostituzione edilizia, ed in concreto lo ha fatto con le delibere di G.C. n. 754/12 e 862/13, ma ciò prescinde dalla previa apposizione del vincolo ex art. 138 d.lg. 42/04.
Tanto comporta l’irrilevanza ai fini del decidere della delibera n. 2252 del 28.10.2014 della Giunta regionale che, ritenendo dovesse aprirsi il procedimento ex art. 138 d.lg. 42/04 per la dichiarazione di notevole interesse culturale, ha deciso di non recepire la perimetrazione delle aree per le quali il Comune ha ritenuto inopportuna la sostituzione edilizia, in seno al procedimento di adeguamento del PRG al PUTT .
Nè rileva il fatto che l’inopportunità  della sostituzione sia prevista dalle NTA del PRG solo per le zone B1 e B2 con esclusione della zona B9 ove si trova l’edificio dei ricorrenti.
Al contrario, l’art. 50 delle NTA del PRG, che si riferisce agli interventi edilizi nelle zone B9, richiama i criteri dettati dall’art. 49 secondo il quale: “In conformità  con la struttura delle zone si presceglieranno interventi rivolti a restituire efficienza e «confort» all’abitato attraverso la semplice moltiplicazione dei servizi conservando sistemi stradali e sistemi di unità  edilizia e quindi risolvendo l’intervento generale riportandolo in forme di riordino e completamento, anche con parziali sostituzioni”.
La lettura combinata delle due disposizioni consente di inquadrare l’intervento del Comune nell’ambito del potere funzionale di conformare gli interventi di ristrutturazione in modo conservativo per ragioni di salvaguardia di valori storici e architettonici non ripetibili.
L’espressione “parziali sostituzioni” contenuta nell’art. 49 NTA va intesa infatti come specificazione dell’attività  di demolizione e sostituzione di cui è menzione nell’art. 3 del d.P.R. 380/01.
Non avrebbe infatti alcun senso compiuto parlare di parziale sostituzione, se non come limite alla facoltà  del privato di optare per la sostituzione integrale, quando il Comune abbia inteso valorizzare la conservazione di sistemi di unità  edilizia.
Si tratta della stessa finalità  perseguita dal citato art. 17 del regolamento edilizio che intende preservare contesti architettonici o urbanistici unitari, attribuendo al Comune il potere di classificare come non sostituibili determinati edifici o parti di essi.
Ebbene, la delibera di G.C. 862/13 senza distinguere l’ambito di zona, molto più concretamente, ha individuato i quartieri del centro della città  di Bari che esprimono valori architettonici ritenuti meritevoli di conservazione e su tale presupposto il Comune ha proposto, con la nota del 23.4.2014, l’autorizzazione dell’intervento edilizio di demolizione e ricostruzione dell’edificio dei ricorrenti a condizione che ne sia conservata la facciata.
Deve a questo punto verificarsi quale sia la natura del procedimento culminato con la delibera di G.C. 862/13.
I ricorrenti infatti ritengono che sia un atto di pianificazione e il Comune sia venuto meno alle procedure di adozione e approvazione previste per gli strumenti di piano dalle ll.rr. 21/2011 e 20/2001 e dal regolamento sul decentramento che esige il parere delle circoscrizioni ed inoltre, poichè ha l’effetto di includere il fabbricato loro appartenente fra quelli per i quali è stata riconosciuta l’inopportunità  della sostituzione, avrebbero dovuto ricevere la comunicazione di avvio del relativo procedimento.
E’ evidente che le due doglianze sono alternative: se si tratta di atto di pianificazione ai sensi dell’art. 13 l. 241/90, non si fa luogo a comunicazione di avvio del procedimento e viceversa.
Ebbene il procedimento in questione ha ad oggetto l’individuazione di ulteriori edifici, analogamente a quanto già  fatto per le zone B1 e B2 con la delibera 754/12 e in esecuzione del mandato in essa contenuto, per i quali riconoscere l’inopportunità  della sostituzione.
Si tratta con ogni evidenza di un documento che sfugge alla categoria degli atti di pianificazione generale, laddove opera una ricognizione puntuale di altri edifici – oltre quelli già  censiti con la delibera n. 754/12 – situati nei quartieri ottocenteschi del centro città  sulla base dell’epoca di costruzione e della qualità  dei fronti.
La nota del 23.4.2014 indica proprio nell’alta qualità  del fronte il motivo per il quale la delibera 862/13 ha ritenuto inopportuna la sostituzione dell’immobile dei ricorrenti.
A rigore, dunque, il Comune avrebbe dovuto avvisare i proprietari, ai sensi dell’art. 7 l. 241/90.
Si tratta però di un’omissione procedimentale che ammette da parte della p.a. la prova di resistenza, ai sensi dell’art. 21 octies l. 241/90, in base ad allegazioni circostanziate su quanto i ricorrenti avrebbero potuto fare e dire nel corso del procedimento per sostenere le opposte tesi, essendo in caso contrario l’onere imposto al Comune di impossibile assolvimento.
Ebbene, dagli scritti dei ricorrenti non emerge alcuna concreta obiezione sull’asserito pregio della facciata del fabbricato, tale da deferire al Comune l’onere di provare che il procedimento non avrebbe potuto avere altro esito.
Pertanto, escluso che la delibera 862/13 dovesse seguire il procedimento di adozione e approvazione riservato dalla normativa regionale agli atti di pianificazione, la violazione delle diverse garanzie partecipative insite nell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, non ne viziano il contenuto, non avendo i ricorrenti allegato elementi che smentiscano le ragioni per le quali la facciata dell’immobile, risalente, per loro ammissione, a data anteriore al 30.10.1954 e dunque già  per questo ritenuta in via presuntiva di interesse storico, non meriti di essere conservata.
Non ricorrono quindi i vizi di illegittimità  dalla delibera 862/13 e – per via derivata – degli atti che la richiamano, segnatamente il diniego del 5.11.2013 e la nota del 23.4.2014 che subordina l’ammissibilità  dell’intervento alla conservazione della facciata.
Va inoltre osservato che inefficacia delle determinazione regionale n. 425/12 per l’inutile decorso del termine per la dichiarazione di notevole interesse pubblico, non si estende alle delibere di G.C. n. 754/12 e 862/13 che ad essa fanno riferimento, perchè detta determinazione non ne è l’unico, nè fondamentale, presupposto come si evince dall’espressione contenuta nella delibera 754/12, che dà  mandato – eseguito con la delibera 662/13 – di individuare ulteriori edifici di cui riconoscere l’inopportunità  delle sostituzione “anche” – cioè non solo – per le finalità  di cui alla determinazione 425/12.
Deve infine dichiararsi improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse il terzo ricorso per motivi aggiunti avverso la delibera n. 4 del 18.3.2014 i cui effetti – limitatamente al capo relativo alla perimetrazione dell’area ove ricade l’immobile dei ricorrenti – sono venuti meno perchè la Regione l’ha stralciato dall’approvazione della delibera di adeguamento del PRG al PUTT.
Ne consegue che anche la domanda accessoria di risarcimento dei danni è da ritenersi infondata, mancando il presupposto della illegittimità  dell’azione amministrativa.
La condotta obiettivamente ondivaga del Comune, tale da suscitare incertezze sull’effettiva portata dei provvedimenti assunti, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio e la restituzione del contributo unificato limitatamente a quello versato per il secondo ricorso per motivi aggiunti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
– dichiara inammissibile il ricorso principale;
– dichiara la nullità  del provvedimento del 23.4.2014 nella parte in cui il Comune di Bari ha sospeso il procedimento di rilascio del permesso per costruire;
– respinge il primo e il secondo ricorso per motivi aggiunti;
– dichiara improcedibile il terzo ricorso per motivi aggiunti.
Spese compensate.
Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, limitatamente al secondo ricorso per motivi aggiunti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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