1. Enti e organi della p.A. – Uffici – Competenza – Legittimazione ad agire 


2. Enti e organi della p.A. – Uffici – Competenza – Supplenza – Presupposti 


3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Titolo edilizio — Pergolato – Definizione

1. La mancanza in capo alla persona fisica firmataria di un atto della p.A. del potere di formare ed emanare l’atto medesimo (eventualmente in via suppletiva) non configura un vizio di incompetenza, bensì un’ipotesi di difetto di legittimazione ad agire. 


2. La struttura di molti organi amministrativi contempla, accanto al titolare, un funzionario in posizione vicaria, che ha il potere di sostituire il titolare stesso in caso d’impedimento o assenza, per evitare la paralisi delle attività . Tale è l’istituto della cd. supplenza, che consiste in un fenomeno di duplice legittimazione ad esercitare la competenza, ossia una legittimazione primaria del titolare ed una legittimazione secondaria del vicario, che diventa operativa al verificarsi di un solo presupposto di fatto, cioè l’impedimento o l’assenza del titolare. 


3. L’installazione di un pergolato costituisce un intervento che non necessita di titolo abilitativo. In particolare, per pergolato deve intendersi un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente rimovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, a mezzo delle quali realizzare riparo e/o ombreggiature di superfici di modeste dimensioni; tali connotati non possono, tuttavia, essere riconosciuti ad una struttura costituita da pilastri e travi in legno ancorate alle parti murarie, tali da renderla solida e robusta e da farne presumere una permanenza prolungata nel tempo.

N. 00370/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01456/2013 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1456 del 2013, proposto da: 
Antonio Savino e Domenica Lofano rappresentati e difesi dagli Avv. Pierangelo Vladimiro Ladogana e Nicolò De Marco, presso il cui studio elett.te domiciliano in Bari alla via Abate Gimma n.189; 

contro
Comune di Conversano, rappresentato e difeso dall’avv. Elena Zupa, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari alla p.za Massari; 

per l’annullamento
dell’ordinanza n.16 dell’11.09.2013, notificata il 30.11.2013, con la quale il Direttore Vicario dell’Area Urbanistica del Comune di Conversano ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione di opere realizzate presso l’immobile di proprietà , in Conversano alla via Bari n.6, nonchè di ogni altro atto connesso presupposto o conseguenziale a quello impugnato, ancorchè non noto, con particolare riferimento al verbale di ispezione prot. n.1781P.M. del 5.9.2009; e alla nota prot. n.20514 del 22.09.2009 in replica alle osservazioni dei ricorrenti;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Conversano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Nicolò De Marco e Elena Zupa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato il 15/11/2013, i ricorrenti hanno impugnato in via principale l’ordinanza di demolizione dell’11/9/2013 emessa dal direttore vicario dell’area urbanistica del Comune di Conversano con riferimento “alle opere edili abusive realizzate presso il piano soffitta del fabbricato sito in Conversano alla via Bari n. 6”, recante altresì ordine di riduzione in pristino “dello stato dei luoghi a quanto assentito antecedentemente alla presentazione della D.I.A. n. 4952/2008”.
I ricorrenti hanno evidenziato, a sostegno del gravame, l’illegittimità  dell’ingiunzione di demolizione per incompetenza del funzionario vicario firmatario della stessa e per essere l’ingiunzione intervenuta senza il previo intervento in autotutela da parte del Comune in relazione ad opere da ritenersi legittimamente assentite. Nel merito, poi, i ricorrenti hanno sostenuto che le opere erano da ritenersi conformi a quanto rappresentato nelle tavole allegate alle due D.I.A. del 2008 e del 2009 (quest’ultima in sanatoria), smentendo gli assunti del Comune in relazione al mancato rispetto delle altezze, alla apertura di tre finestre, alla trasformazione di un pergolato in tettoia, all’installazione di una scala per l’accesso alla copertura della tettoia ed alla realizzazione di un vano bagno.
Il Comune si è ritualmente costituito, chiedendo il rigetto del ricorso ed affermando – in difformità  da quanto dichiarato nell’atto gravato – che le opere realizzate erano da ritenersi abusive in quanto non assentibili mediante DIA in sanatoria, ma necessitanti di permesso di costruire. Solo nella successiva memoria depositata in data 27/12/2014, in vista dell’udienza di discussione, il Comune precisa di aver, a seguito di più approfondita istruttoria, riscontrato anche la difformità  tra il dichiarato e il realizzato, costituendo gli interventi effettuati non manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile, bensì una vera e propria ristrutturazione edilizia, peraltro in zona B, assoggettata a vincoli di tipo panoramico.
All’udienza del 29/1/2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Va disatteso il motivo di ricorso relativo all’incompetenza del tecnico firmatario dell’ingiunzione gravata. Il Comune ha, infatti, versato in atti il decreto sindacale del 3/7/2013 con il quale, tra l’altro, si stabiliva di conferire al geom. Pesole le funzioni suppletive per il caso di assenza o impedimento dell’Ing. Lorusso (direttore dell’area Urbanistica). La produzione di tale documento è senza dubbio tardiva, essendo il decreto allegato alla memoria versata in atti il 27/12/14: non è rispettato, pertanto, il termine di quaranta giorni liberi antecedenti l’udienza (del 29/1/2015) stabilito dall’art. 73 c.p.a. per il deposito di documenti. Ragioni di economia processuale impongono, tuttavia, di tenere comunque conto del documento e del suo contenuto “legittimante”, rilevando che si sarebbe in ogni caso proceduto all’acquisizione di tale atto ai sensi del combinato disposto degli artt. 46 co. 2 e 65 co. 3 c.p.a.
Va per completezza osservato che a tutto concedere, non di vizio di incompetenza si tratta nel caso di specie, provenendo comunque l’atto dall’ufficio/organo burocratico competente (ufficio Area Urbanistica del Comune), ma eventualmente di difetto in capo della persona fisica, che ha sottoscritto l’atto, della legittimazione ad agire, in via suppletiva, per il presunto mancato esercizio del potere di sostituzione da parte del soggetto titolare.
“In altre parole, la supplenza non modifica l’ordinamento delle competenze, bensì la legittimazione ad agire. La struttura di molti organi amministrativi contempla, accanto al titolare, un funzionario in posizione vicaria, che ha il potere di sostituire il titolare stesso in caso d’impedimento o assenza, per evitare la paralisi delle attività . Questa è la figura della cd. supplenza, che consiste in un fenomeno di duplice legittimazione ad esercitare la competenza, ossia una legittimazione primaria del titolare ed una legittimazione secondaria del vicario, che diventa operativa al verificarsi di un solo presupposto di fatto, cioè l’impedimento o l’assenza del titolare. Invero, secondo i principi generali, non è di certo esigibile che le funzioni attribuite a un ufficio debbano sempre e comunque essere esercitate dalla persona fisica titolare dello stesso, poichè, se così fosse, l’attività  amministrativa resterebbe irrimediabilmente paralizzata in ogni caso di sua assenza o impedimento, con conseguente compromissione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, che esige che venga garantito l’ordinato e tempestivo svolgimento delle funzioni. Osserva il Collegio che, in caso di mancata indicazione del supplente da parte del responsabile dell’area, troverebbero comunque applicazione i già  citati principi generali volti ad assicurare la continuità  dell’esercizio delle funzioni pubbliche attraverso la sostituzione del titolare assente con altro funzionario disponibile in servizio presso la stessa unità  organizzativa (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 30 marzo 2011, n. 1832)”, – T.A.R. Sicilia, Palermo sez. 3, sent. 21/11/11 n. 2142.
Tanto premesso e venendo al merito del ricorso, lo stesso è fondato nei limiti di seguito precisati.
àˆ documentalmente provato (come emerge dall’esame delle D.I.A. prodotte dai ricorrenti) che il realizzato è solo in parte conforme a quanto emergente dalle tavole e dalle relazioni tecniche presentate al Comune e da ritenersi, pertanto, assentito dall’ente.
Più specificamente:
– la rilevata difformità  relativa all’altezza delle nuove coperture risulta spiegata nella relazione a firma dell’arch. Logrillo allegata alla DIA in variante presentata nel 2009, in cui si dà  atto dell’errore consistito nell’indicare (nell’elaborato grafico di progetto allegato alla DIA del 2008) come quota interna della linea di gronda la misura di mt. 1,35 anzichè quella effettiva di mt. 1,53; di talchè l’altezza delle coperture va calcolata partendo da tale diversa quota (come graficamente rappresentato nella tav. 2 allegata alla DIA in variante);
– dalla tav. 3 allegata alla DIA in variante si evince la puntuale indicazione delle tre finestre da aprire sul prospetto su vico I° Bari;
– la scala a chiocciola ed il vano bagno non possono ritenersi, invece, specificamente assentiti, non essendovene menzione alcuna nelle relazioni e nelle tavole progettuali prodotte;
– quanto al pergolato, nella relazione a firma dell’arch. Logrillo allegata alla DIA del 2008, si segnala l’installazione di un “pergolato ligneo ombreggiante, dove poter sostenere un ceppo secolare di vite”; nella relazione allegata alla DIA in variante, poi, si segnala “la copertura di una piccola parte del pergolato ornamentale con un tavolato di circa 45 mq. a protezione dei lucernari sottostanti”, oltre alla “sostituzione dei pilastrini verticali del pergolato ornamentale ombreggiante, originariamente previsti in legno e sostituiti con colonne decorative circolari in pietra leccese”; all’atto dell’ispezione, invece, la P.M. ha riscontrato la trasformazione del pergolato ligneo in “tettoia con copertura aggiunta e fissa in profilati metallici e pannelli in plexiglass e vetro” e la presenza di una grata metallica a sostegno di piante rampicanti. Orbene, si osserva in diritto che un pergolato sul terrazzo a livello costituisce una struttura diversa e di sicuro minore impatto dal punto di vista edilizio-paesaggistico rispetto ad una tettoia con copertura in legno e plexiglas e ricoperta di guaina impermeabile (circostanze dichiarate nella relazione a firma del geom. Fanizzi prodotta dai ricorrenti). Ed invero, “per pergolato deve intendersi un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente rimovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, a mezzo delle quali realizzare riparo e/o ombreggiature di superfici di modeste dimensioni; tali connotati non possono essere riconosciuti ad una struttura costituita da pilastri e travi in legno ancorate alle parti murarie, tali da renderla solida e robusta e da farne presumere una permanenza prolungata nel tempo (T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 22/10/2014, n. 1563); “il manufatto realizzato (tettoia) per struttura e dimensioni e in ragione della copertura realizzata e perchè sorretto da pali orizzontali imbullonati alle parti in muratura e alla terrazza, non è riconducibile alla nozione di pergolato, si presta ad uso stabile e ripetuto nel tempo di copertura della terrazza, con la conseguenza che necessita di titolo abilitativo” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 29/10/2013, n. 9228)”, così, da ultimo, TAR Campania, Napoli, sez. 3 sent. 10/2/15 n. 970. Consegue, in definitiva, l’impossibilità  di ricondurre la struttura realizzata dai ricorrenti alla nozione di pergolato, stanti le riscontrate specificità  in termini di materiali utilizzati, dimensioni ed effettiva funzione.
Ne deriva la fondatezza del ricorso (nei limiti innanzi precisati), dal momento che talune delle opere realizzate sono da ritenersi certamente assentite e la loro rimozione postula il previo annullamento in autotutela del “titolo” già  formatosi. Il provvedimento gravato, da considerarsi in termini unitari per la sua formulazione, va, pertanto, interamente annullato, con salvezza delle eventuali ulteriori determinazioni del Comune di Conversano in relazione a quanto innanzi ritenuto non assentito (scala a chiocciola, vano bagno e pergolato).
àˆ infine, inammissibile, il gravame avverso gli atti propedeutici all’emanazione dell’ingiunzione, siccome privi di autonoma portata lesiva.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, stante la solo parziale fondatezza degli assunti di parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie (nei sensi di cui in motivazione) e per l’effetto annulla l’ordinanza di demolizione n. 16 del 11/9/2013.
Dichiara inammissibile per il resto la domanda.
Compensa le spese di lite.
Contributo unificato rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria