1. Processo amministrativo – Competenza – TAR Lazio – Opere strategiche – Mancato esercizio di poteri speciali – Non sussiste
 
2. Procedimento amministrativo – Obbligo per la P.A. di provvedere – Occupazione sine titulo – Inerzia – Tutela
 
3. Espropriazione per pubblica utilità   – Acquisizione sanante – Restituzione del bene – Scelta – Obbligo della P.A.
 
4. Risarcimento del danno – Occupazione dei suoli sine titulo – Liquidazione in via automatica – Restituzione del bene – Prova del danno
 
 

1. Non sussiste la competenza del TAR Lazio nelle controversie di cui all’art. 135 lett. h) del c.p.a. (controversie relative all’esercizio dei poteri speciali inerenti le attività  strategiche nei settori della difesa, della sicurezza nazionale e nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni), nei casi in cui il ricorrente si dolga del mancato esercizio del potere ablatorio per la realizzazione dell’infrastruttura di trasporto.
 
2. L’Amministrazione deve concludere con un atto dovuto il procedimento avviato dal proprietario dei suoli occupati che chiede di pronunciarsi circa la convenienza a trattenere o restituire il bene occupato. In caso di inerzia della P.A. si aprono le vie della tutela avverso il silenzio, per le quali non è necessaria una diffida all’Amministrazione.
 
3. L’Autorità  espropriante ha l’obbligo di scegliere fra l’acquisizione sanante dei beni occupati e la restituzione del bene al proprietario, non solo quando utilizza per scopi di interesse pubblico il bene modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio, ma anche quando l’utilizzo del bene si protrae in assenza di un valido ed efficace provvedimento di immissione in possesso.
 
4. Il risarcimento del danno per l’occupazione dei suoli sine titulo è liquidato in via automatica solo nel caso in cui l’Amministrazione opti per l’acquisizione sanante dei suoli. Nel caso in cui decida di restituire il bene al proprietario, questi è tenuto a provare gli elementi costitutivi del danno subito.

N. 00382/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01197/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1197 del 2014, proposto da: 
Maurizio Carella, rappresentato e difeso dall’avv. Nicolò De Marco, con domicilio eletto presso Nicolò De Marco in Bari, Via Abate Gimma, n.189; 

contro
R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato, rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo Pezzuto, con domicilio eletto presso Riccardo Pezzuto in Bari, Via Imbriani n. 69; Italferr S.p.A.; 

per l’accertamento,
della illegittimità  dell’occupazione irreversibile e sine titulo di ben immobili, e del silenzio serbato sull’istanza del 16.6.2014,
nonchè per la pronuncia dell’ordine alle resistenti di provvedere entro trenta giorni all’accordo bonario o ad adottare il provvedimento di acquisizione dei suoli occupati, comprensivo del risarcimento del danno subito dai ricorrenti, salva la restituzione del suolo nello status quo ante, con ogni danno consequenziale per l’occupazione illegittima,
nonchè per la nomina di un commissario ad acta in caso di perdurante inerzia nel prefissando termine a provvedere;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Nicolò De Marco e Riccardo Pezzuto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Maurizio Carella, comproprietario, con i germani Patrizia, Vitosante, Giacoma, Giovanni e Rosa, per 5/6 di un suolo di 396 mq (in catasto, foglio 35, particelle 645, 646, 650, 651, 661 e 662), occupato e trasformato con opere di potenziamento della linea ferroviaria Bari – Bitetto, secondo il progetto approvato con delibera del CIPE n. 95/06, chiede, in proprio e quale procuratore speciale dei germani, l’accertamento dell’illegittimità  dell’occupazione e la condanna delle amministrazioni resistenti a provvedere per adeguare la situazione di fatto a quella di diritto mediante accordo di cessione bonaria o acquisizione sanante e risarcimento del danno, salva la restituzione dei suoli occupati.
Riferisce che l’occupazione d’urgenza del suolo è scaduta il 26.7.2013, data entro la quale doveva essere adottato il decreto di esproprio, e il vincolo a ciò preordinato è stato reiterato dal CIPE con delibera n. 90 del 17.12.2013 con decorrenza dal 24.3.2014 al 1.8.2015.
All’istanza del 16.6.2014 dei proprietari rivolta a RFI affinchè si pronunciasse sulla disponibilità , contestualmente manifestata a cedere i terreni e a risarcire il danno da occupazione illegittima – dalla scadenza, 26.7.2013, alla reiterazione del vincolo 24.3.2013 – non ha fatto seguito alcun riscontro.
Deduce quindi la violazione del giusto procedimento espropriativo e la violazione e falsa applicazione dell’art. 42bis del d.P.R. 327/01, essendo RFI venuta meno all’obbligo di rimuovere la situazione di illiceità  consumatasi con l’occupazione illegittima restituendo o acquisendo al suo patrimonio l’immobile occupato autoritativamente o con cessione volontaria.
RFI resiste con memoria depositata il 12.1.2015.
All’udienza del 15 gennaio 2015 sull’eccezione del ricorrente di tardività  della costituzione di RFI, le parti hanno illustrato le rispettive tesi.
Vengono esaminate di seguito, in ordine di priorità  logica, le eccezioni di incompetenza, le questioni pregiudiziali e le eccezioni di inammissibilità  del ricorso sollevate dalla resistente.
1.1. Sull’incompetenza del Tar Puglia.
RFI sostiene che la causa resti attratta alla competenza funzionale del TAR Lazio, ai sensi dell’art. 135 lettera h) c.p.a., poichè si verte in materia di poteri speciali esercitati da RFI per l’espropriazione dei suoli coinvolti nel progetto di potenziamento del servizio di trasporto ferroviario.
L’eccezione è infondata.
I ricorrenti, lungi dal contestare il potere autoritativo di RFI quale concessionario dell’amministrazione titolare del potere ablatorio per la realizzazione dell’infrastruttura di trasporto, in realtà  si dolgono del mancato esercizio di detto potere perchè impedisce la soddisfazione del loro interesse, ribadito con la nota del 16.4.2014, a cedere i terreni per conseguirne il valore venale, oltre alle relative indennità ; nè può ritenersi che la locuzione “controversie relative all’esercizio dei poteri speciali” sia da intendersi comprensiva del mancato esercizio di detti poteri, considerato che il legislatore., quando ha inteso riferirsi alle omissioni della p.a. nell’esercizio del potere, lo ha fatto esplicitamente (comma 1 e 4, art. 7 c.p.a., comma 2 art. 30 c.p.a.);
1.2. Sull’infondatezza dell’azione per insussistenza dell’obbligo di provvedere sull’istanza dei ricorrenti che chiede provvedersi all’acquisizione dei beni occupati mediante cessione volontaria.
Per quanto introdotta in via subordinata, si tratta di una questione da risolvere in via preliminare rispetto alle altre eccezioni, che ammettono la possibilità  che si formi un silenzio inadempimento sull’istanza dei ricorrenti – rivolta all’ente occupante – di stabilire se acquisire al suo patrimonio i suoli occupati.
RFI nega invece l’esistenza di un obbligo di provvedere e la possibilità  che sulla relativa istanza possa formarsi il silenzio impugnabile deducendo, in dichiarato dissenso da Consiglio di Stato Sez. IV del 15.9.2014 n. 4996 che li ammette entrambi, che l’iniziativa dell’acquisizione sanante è nella esclusiva disponibilità  dell’amministrazione, non essendo neppure contemplata la possibilità  che il procedimento abbia inizio ad istanza di parte, mentre l’unico obbligo coercibile, gravante sull’ente occupante, sarebbe quello di far cessare l’occupazione e adeguare la situazione di fatto a quella di diritto attraverso la restituzione dei beni occupati.
Certamente la posizione della pubblica amministrazione che occupa sine titulo la proprietà  altrui non è diversa da quella di qualsiasi altro soggetto responsabile di spoglio, tanto da essere tenuta a restituirla, solo però ove non intenda acquisirla d’imperio ai sensi dell’art. 42 bis d.P.R. 327/01, che pone un’eccezione alla tutela reale della proprietà  dettata dal diritto comune.
Non è vero dunque che l’obbligo di restituire il bene occupato sia coercibile essendo al contrario soggetto alla decisione discrezionale della p.a. di valutare la rispondenza dell’acquisizione all’interesse pubblico.
Nondimeno è innegabile che la p.a., libera di scegliere il “come”, sia in ogni caso tenuta ad adempiere all’obbligo ripristinatorio dell’altrui patrimonio leso, mediante la restituzione del bene o l’adozione di un provvedimento (o accordo sostitutivo), essendo entrambi satisfattivi, l’uno in forma specifica, l’altro per equivalente, dell’interesse del proprietario alla reintegrazione della perdita subita.
Ne consegue che il proprietario dei suoli occupati quando chiede l’adempimento di un’attività  amministrativa dovuta, qual è il procedimento di valutazione discrezionale della convenienza a trattenere o restituire il bene occupato, non fa altro che avviare i termini di un procedimento da concludersi con un atto dovuto, non diversamente da quanto farebbe il creditore che costituisce in mora il debitore di un’obbligazione alternativa, cui spetta di scegliere fra l’una o l’altra.
La nota del 16.6.2014 con la quale i proprietari dei suoli occupati hanno dichiarato, anche ai fini dell’interruzione della prescrizione la disponibilità  a cedere volontariamente i suoli occupati, ha il crisma della costituzione in mora – perchè invoca l’interruzione della prescrizione e annuncia iniziative giudiziarie in caso di inerzia – e in particolare dell’istanza a provvedere laddove, ribadita la propria disponibilità  a cedere i beni occupati, essi invitano RFI a procedere in tal senso entro trenta giorni.
E’ chiaro che i proprietari, così facendo non hanno intimato la conclusione del contratto di cessione, ma hanno sollecitato la decisione, pienamente discrezionale, sul se acquisire o non acquisire i suoli occupati: nel primo caso avrebbero soddisfazione dell’interesse legittimo all’avvio del procedimento di acquisizione, nel secondo la certezza di poter esigere, una volta esclusa l’alternativa dell’acquisizione, la restituzione degli immobili, solo così, e solo allora, divenuta obbligo coercibile.
D’altronde, essendo rimessa all’ente occupante la scelta sul “come” adempiere, finchè tale scelta non sarà  esercitata, l’unica tutela per il proprietario, che ha subito l’occupazione illegittima della cosa propria, è poter assegnare alla p.a. un termine per eseguire l’una o l’altra prestazione, previa verifica, in seno al procedimento decritto dall’art. 42 bis, della rispondenza all’interesse pubblico.
E’ allora evidente che seppure la legge non prevede l’avvio ad istanza di parte del predetto procedimento di verifica, ricorrono ragioni di giustizia che impongono all’ente occupante di pronunciarsi sull’istanza dell’interessato (Consiglio di Stato Sez. IV n. 4996 del 15.9.2014) ed in caso di inerzia aprono alla tutela avverso il silenzio.
1.3. Sull’inammissibilità  del ricorso avverso il silenzio poichè tardivo, non potendosi, secondo RFI, considerare la nota del 16.6.2014 idonea diffida a promuovere l’azione amministrativa nel termine a provvedere, decorso il quale si forma il silenzio inadempimento.
L’eccezione è infondata poichè il termine decorre dalla nota del 16.6.2014 (all. 12 di parte ricorrente) con la quale i comproprietari dei suoli chiedono a RFI di provvedere, dichiarandosi disposti a cedere i suoli occupati.
A tale conclusione si perviene agevolmente, oltre che per quanto detto in precedenza, se si considera che la cessione volontaria dei beni occupati sostituisce il provvedimento – acquisizione sanante – che costituisce uno dei possibili modi di estinzione dell’obbligo, gravante sulla p.a. responsabile di aver illegittimamente occupato la proprietà  altrui, di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, determinandosi a scegliere se acquisire, o restituire il bene occupato (Consiglio di Stato, sez. IV, 29/8/2013, n. 4318 Consiglio di Stato, sez. VI, 10/5/2013, n. 2559) e che non è necessaria una diffida, intesa come volontà  che si produca un determinato effetto giuridico in caso di protrazione dell’inerzia, poichè tale adempimento non è più richiesto dall’attuale disciplina sul silenzio, che si forma ex lege per l’inutile decorso del termine a provvedere.
Ne consegue che il ricorso avverso il silenzio risulta tempestivamente notificato perchè il termine decorre dal ricevimento di detta istanza.
1.4. Sull’inammissibilità  della trattazione dell’azione risarcitoria congiuntamente a quella avverso il silenzio ai sensi dell’art 117 c.p.a.
L’eccezione è fondata.
Come detto fra gli adempimenti su quali la p.a. è tenuta a fare una scelta, figurano l’acquisizione dei suoli mediante cessione volontaria – in alternativa al provvedimento di acquisizione – o la restituzione del bene previa riduzione in pristino, ma solo nel caso opti per l’acquisizione del suoli il risarcimento per l’ occupazione sine tituloè liquidato in via automatica nella misura dell’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del terzo comma dell’art. 42 bis, mentre ove opti per la restituzione – ipotesi non contemplata nell’art. 42 bis – il risarcimento segue la disciplina ordinaria, con onere a carico del richiedente di provarne gli elementi costitutivi.
Ne consegue che la pronuncia sull’azione di danni da un lato è prematura perchè postula che sia stato esercitato il potere di scelta fra l’acquisizione e la restituzione – mentre, al contrario, l’azione sul silenzio reagisce all’omesso esercizio di tale potere – dall’altro implica il possibile cumulo con l’azione ordinaria di risarcimento dei danni il cui accertamento non è compatibile con la natura semplificata e le esigenze di speditezza del rito sul silenzio.
1.5. Sul difetto di legittimazione passiva di Italferr S.p.a. che avrebbe agito non in nome proprio, ma solo quale mandataria di RFI.
L’eccezione è fondata, considerato quanto detto in merito all’azione avverso il silenzio che implica l’accertamento dell’inerzia del soggetto titolare del potere, che avrebbe dovuto essere esercitato nei termini di legge.
Infatti, benchè Italferr sia mandataria di RFI, non risulta che partecipi dei poteri speciali che per concessione traslativa fanno capo solo a RFI, la quale non potrebbe disporne a sua volta se non con il consenso della p.a. che ne è titolare.
1.5. Sull’inammissibilità  del ricorso per carenza di interesse poichè RFI ha termine per procedere all’esproprio dei suoli del ricorrente fino al 1.8.2015 come disposto dalla delibera CIPE n. 90 del 17.12. 2013 che ha reiterato il vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità .
L’eccezione è infondata.
Il CIPE, in coerenza con il principio secondo il quale la reiterazione della dichiarazione di pubblica utilità  e del vincolo preordinato all’esproprio non possono mai avere efficacia extunc, ne ha stabilito la decorrenza dal 24.3.2014.
E’ dunque evidente che il suolo dei ricorrenti è nella disponibilità  delle resistenti sine titulo dal 26.7.2013, data della scadenza della originaria dichiarazione di pubblica utilità .
Il fatto che il termine per procedere all’esproprio abbia ripreso a decorrere, in seguito alla reiterazione della dichiarazione di pubblica utilità  e del vincolo, non fa venir meno l’interesse attuale dei ricorrenti all’adozione di un provvedimento da parte di RFI che sani l’occupazione illegittima, poichè i provvedimenti preordinati all’esproprio hanno l’effetto di preparare solo de futuro la materiale apprensione del bene altrui.
E’ infatti dirimente la circostanza che non è stato reiterato il decreto di occupazione d’urgenza dei suoli attualmente utilizzati da RFI in via di fatto.
A meno di ritenere che la reiterazione del vincolo e della dichiarazione di pubblica utilità  costituiscano titolo legittimante in via retroattiva l’occupazione sine titulo dei terreni in questione, in aperto contrasto con tutti i principi dalla Corte cost. posti a base della declaratoria di incostituzionalità  dell’art. 43 del d.P.R. 327/01 e con la giurisprudenza della CEDU, deve affermarsi che la pendenza del parallelo, rinnovato procedimento ablatorio non rilevi ai fini del decidere sulla domanda di accertamento della illegittimità  dell’occupazione, che ancora perdura, e del conseguente obbligo dell’ente espropriante di provvedere ad adeguare la situazione di fatto a quella di diritto.
Alla luce di ciò, un’interpretazione dell’art. 42 bis del d.P.R. 327/01 compatibile con i principi costituzionali e con la giurisprudenza CEDU, conduce ad affermare che l’obbligo dell’autorità  espropriante di scegliere fra l’acquisizione sanante e la restituzione del bene ricorre non solo quando utilizza per scopi di interesse pubblico un bene immobile, modificato in assenza o di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità  (comma 1) o quando detti titoli siano stati successivamente annullati (comma 2), ma anche quando detto utilizzo si protragga in assenza di un valido ed efficace provvedimento di immissione in possesso.
Sarebbe infatti contrario anche solo al principio di uguaglianza negare al proprietario, sia pur in costanza del vincolo e di dichiarazione di pubblica utilità , la tutela dall’altrui ingerenza, posto che fino all’adozione del decreto di esproprio che determina il trasferimento della proprietà  ed alla conseguente immissione in possesso, ex art. 24 d.P.R. 327/01, la p.a. non può agire in via di fatto e occupare anzitempo i suoli espropriandi, se non ha adottato il decreto di occupazione d’urgenza.
E questa tutela non può che essere la stessa attribuita al proprietario del suolo occupato senza una valida dichiarazione di pubblica utilità  o apposizione del vincolo preordinato all’esproprio che promuove l’istanza di provvedere a restituire o acquisire il suolo e la persegue con l’azione avverso il silenzio ad essa sopravvenuto.
2. Nel merito il ricorso deve ritenersi fondato poichè l’istanza del 16.6.2014, come detto, ha determinato la consumazione del silenzio inadempimento di RFI.
Non può infatti condividersi la tesi secondo la quale i ricorrenti agirebbero per la condanna delle resistenti a provvedere in via transattiva o con l’acquisizione unilaterale di fatto, chiedendo che il giudice imponga l’adozione di atti che la p.a. potrebbe discrezionalmente decidere di non adottare, in ciò, per giunta, esprimendosi su poteri non ancora esercitati.
Occorre infatti considerare che la domanda contiene l’espressa riserva “salva la restituzione del suolo nello status quo ante, con ogni danno consequenziale per occupazione illegittima”.
RFI però non ha manifestato l’intenzione di restituire il bene che avrebbe consentito di paralizzare la domanda laddove ha ad oggetto l’ordine a RFI di provvedere alla cessione volontaria o all’acquisizione dei suoli occupati.
Ne consegue che dovendosi, per il principio di effettività  della tutela, attribuire alla domanda il significato sostanziale che risulta non solo dal thema introdotto dal ricorrente, ma anche dalle eccezioni e dalla posizione assunta dalla parte resistente, il Collegio deve pronunciarsi sulla richiesta di ordinarsi a RFI di rimuovere la situazione di illegittimità  e illiceità  derivante dall’occupazione sine titulo adottando, a sua discrezione, l’acquisizione (concordata o unilaterale) o la restituzione degli immobili occupati , in linea di continuità  con l’indirizzo seguito dal Consiglio di Stato 15.9.2014 n. 4996, che richiama un significativo precedente secondo il quale: “il privato può dunque legittimamente domandare o l’emissione del provvedimento di acquisizione o, in difetto, la restituzione del fondo con la sua riduzione in pristino (cfr. sentenza Corte EDU, 30 maggio 2000, ric. 31524/96; Cons. Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 290; Cons. Stato, 7 aprile 2010, n. 1983; Consiglio di Stato sez. IV 02 settembre 2011 n. 4970; Consiglio di Stato sez. IV 29 agosto 2012 n. 4650, Consiglio di Stato, sez. IV, 10/03/2014, n. 1105). Nell’attuale quadro normativo, le Amministrazioni hanno infatti l’obbligo giuridico di far venir meno — in ogni caso — l’occupazione “sine titulo” e, quindi, di adeguare comunque la situazione di fatto a quella di diritto. La P.A. ha due sole alternative: o restituisce i terreni ai titolari, demolendo quanto realizzato e disponendo la completa riduzione in pristino allo “status quo ante”, oppure deve attivarsi perchè vi sia un legittimo titolo di acquisto dell’area. Quello che le amministrazioni non possono pensare di continuare a fare è restare inerti in situazioni di illecito permanente connesso con le occupazioni usurpative”. (Consiglio di Stato, sez. IV, 26/3/2013, n. 1713).
Il ricorso pertanto deve essere accolto con conseguente condanna di RFI al pagamento delle spese processuali.
Nei confronti di Italferr S.p.a., che va estromessa dal giudizio per difetto di legittimazione, non vi è luogo per la pronuncia sulle spese, poichè non ha svolto attività  difensiva.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio di Italferr, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, ordina a R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato di concludere il procedimento avviato con l’istanza del 16.6.2014, decidendo se procedere o non procedere all’acquisizione dei suoli appartenenti a Maurizio Carella e agli altri comproprietari da esso rappresentati, entro 30 giorni dal deposito della sentenza, decorsi inutilmente i quali provvederà  nell’ulteriore termine di trenta giorni, in luogo dell’Amministrazione il Commissario ad acta che si nomina nella persona del Dirigente della Direzione Generale per lo Sviluppo del territorio, la programmazione ed progetti internazionali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con facoltà  di delega.
Condanna R.F.I. al pagamento delle spese processuali che liquida nella misura di € 2.000, oltre IVA e CAP.
Nulla per le spese nei confronti di Italferr.
Contributo unificato rifuso ai sensi dell’art 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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