1. Sanità  e farmacie – Strutture sanitarie accreditate – Tariffe – Applicazione – Tetti di spesa – Retroattività  – Inapplicabilità 


2. Sanità  e farmacie – Strutture sanitarie accreditate – Tariffe – Applicazione – Tetti di spesa – Retroattività  – Inapplicabilità  – Ratio


3. Procedimento amministrativo – Provvedimento limitativo sfera del privato – Efficacia – Comunicazione al destinatario – Necessità 

1. In materia di prestazioni sanitarie rese da struttura sanitaria privata accreditata, è illegittimo il provvedimento amministrativo – intervenuto a prestazioni già  rese e definite prima dell’emanazione dello stesso, – che, pur applicando il tariffario più risalente, imponga il rispetto del limite assoluto del tetto di spesa. I principi generali sull’affidamento, sanciti dal combinato disposto degli artt. 1175 e 1337 cc., impongono che le decurtazioni retroattive vengano sempre contenute nei limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture accreditate all’inizio e nel corso dell’anno, in modo da consentire la tempestiva riprogrammazione delle erogazioni.


2. In materia di remunerazione delle prestazione erogate dalle strutture sanitarie accreditate, l’art. 8 quiquies, comma 2, lett. b) e d), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, pone una relazione necessaria fra budget assegnato alla struttura accreditata e volume delle prestazioni concordato con l’Azienda sanitaria, sicchè il numero delle prestazioni che l’Amministrazione si impegna ad acquistare non potrà  che dipendere dalla tariffa in vigore, rapportata al tetto di spesa; tali accordi devono prevedere, ai sensi della lett. e bis) del medesimo articolo, le modalità  con cui garantire che il volume massimo di prestazioni remunerate venga rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti di spesa di cui alla lett. d), in caso di incremento dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni, ferma restandola possibilità  di stipulare accordi integrativi. (In applicazione di tali principi, è stato precisato che il tetto di spesa può essere ritenuto limite invalicabile solo in presenza di un volume di prestazioni ben definito di cui rappresenta il corrispettivo, ovvero in presenza di un volume ridefinibile di erogazioni ancora in corso. Nel caso di specie, il tetto di spesa non è stato ritenuto limite invalicabile in quanto le modifiche dei tariffari sono intervenute ad anno ormai trascorso, senza alcuna possibilità  di riprogrammazione delle erogazioni da parte della struttura convenzionata, che aveva già  eseguito l’intero volume delle prestazioni originariamente concordate). 


3. Ai sensi dell’art. 21 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, gli atti amministrativi limitativi della sfera giuridica dei destinatari possono acquistare efficacia soltanto con la comunicazione al soggetto inciso.
*
Le sentenze 273 e 274 del 19 febbraio 2015 sono identiche nella massima.

N. 00272/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00495/2014 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 495 del 2014, proposto da: 
Casa di Cura Prof. Brodetti s.p.a. – Villa Igea, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Abbatista, con domicilio eletto presso l’avv. Gaetano Scattarelli in Bari, alla piazza L. di Savoia n. 37; 

contro
Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Sabina Ornella Di Lecce e Maria Grimaldi, con domicilio eletto in Bari presso la sede dell’Ufficio legale dell’Ente, al lungomare Nazario Sauro, nn. 31-33; Azienda Sanitaria Locale Foggia; 

per l’annullamento
previa sospensiva, ovvero concessione delle idonee misure cautelari
– della deliberazione di G.R. n. 2519 del 23.12.2013, pubblicata sul BURP n. 12 del 29.1.2014;
– della deliberazione di G.R. n. 132 del 13.2.2014, pubblicata sul BURP n. 30 del 4.3.2014;
ove occorra:
– della nota prot. n. A000-081/762 del 30.2.2014;
– di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Giovanni Abbattista e avv. Sabina Ornella Di Lecce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Oggetto del presente gravame la delibera di G.R. n. 2519 del 23.12.2013, come successivamente rettificata dalla n. 132 del 13.2.2014; nonchè la nota con la quale il Servizio regionale preposto invitava i Direttori generali a dare esecuzione alla delibera stessa.
La deliberazione gravata è stata adottata in esecuzione della decisione del Consiglio di Stato n. 4423/13 che, in riforma della sentenza di questo Tar n. 623/12, aveva disposto l’annullamento della precedente delibera di G.R. n. 2858/2010, adottata soltanto il 20 dicembre 2010 ma riferita anche all’anno trascorso, con la quale era stato definito il nuovo tariffario in relazione alla versione 24 del sistema di classificazione delle DRG, con salvezza dell’ulteriore attività  di riesame da parte della Regione; la delibera n. 2519 risulta impugnata non soltanto -in via ordinaria- in questa sede, ma anche -in sede di ottemperanza- innanzi al Consiglio di Stato.
Tale ultimo giudizio è stato nelle more definito con sentenza n. 3884/2014, nella quale il giudice dell’ottemperanza ha ritenuto di distinguere le domande proposte, sul presupposto che il riesame avviato dall’ente regionale impingesse solo parzialmente nel giudicato; più precisamente, ha ritenuto che le scelte operate con la delibera n. 2519 fossero solo in parte soggette ad un obbligo conformativo. La sentenza a monte (la n. 4423/13) non aveva, infatti, espresso un giudizio di merito sulle tariffe ma soltanto evidenziato “un difetto di istruttoria” della scelta -operata nel dicembre 2010- di richiamare le tariffe di altre e più virtuose Regioni, abdicando alla potestà  di determinazione autonoma delle tariffe stesse ex art. 20 della l.r. n. 34/99. Tale disposizione aveva introdotto al comma 3 -per quel che qui rileva- il principio dell’omnicomprensività  delle tariffe di cui si tratta, stabilendo che “La remunerazione delle endoprotesi e dei dispositivi medici e del relativo impianto deve essere ricompresa nelle tariffe DRG regionali”.
Orbene, dando seguito al remand del giudice di appello, la Regione ha -in particolare- stabilito di “applicare, a far tempo dall’1/1/2010 e fino all’intervenuta adozione (1/6/2013) del nuovo tariffario aggiornato per tutte le prestazioni riconducibili alla versione CMS 24, il tariffario regionale di cui alla richiamata DGR 523/2010, nel rispetto ed in ottemperanza delle prescrizioni di cui all’art.20, co. e) della L.R. 34/2009 che prevedeva sin dalla data di entrata in vigore¦”la remunerazione delle endoprotesi e dei dispositivi medici e del relativo impianto deve essere ricompresa nelle tariffe DRG regionali”, con la valorizzazione prevista dall’art. 16 co. 5 della L.R. 9/8/2006 n. 26 e nel rispetto dei tetti di spesa assegnati, comprensivi del costo delle endoprotesi e dei dispositivi medici”.
In buona sostanza, con la deliberazione n. 2519/2013, contestualmente impugnata -si ribadisce- innanzi al giudice dell’ottemperanza, la Regione Puglia ha solo “in via virtuale” disposto l’applicazione delle tariffe pregresse di cui alla richiamata deliberazione di G.R. n. 523/2010; avendo posto il tetto di spesa come limite invalicabile nella definizione dei conguagli, infatti, a prescindere dalle “modalità ” di remunerazione delle prestazioni, ha di fatto sancito che la remunerazione stessa dovesse avvenire sempre nella stessa misura.
In ultima analisi, ha consentito decurtazioni con efficacia retroattiva, inevitabilmente conseguenti all’applicazione di un budget fisso a fronte di un volume di prestazioni non più riprogrammabili, poichè già  rese e definite prima della delibera 2519 in questione; ed anzi, addirittura prima ancora dell’annullata delibera n. 2858/10.
E’ evidente, infatti, che la struttura ricorrente abbia operato nel 2010 facendo completo riferimento al rapporto tra volume di prestazioni acquistate dall’Amministrazione sanitaria e tariffe previgenti rispetto alla delibera di G.R. n. 2858/2010; intervenuta quest’ultima -si ribadisce- soltanto alla fine dell’anno e poi annullata in sede giurisdizionale anche in considerazione della prevista retroattività  delle tariffe, introdotte solo a dicembre ma estese all’intero anno 2010, ritenuta illegittima dal giudice di appello.
Orbene, con la menzionata sentenza di ottemperanza n. 3884/2014, la deliberazione n. 2519 in esame è stata dichiarata nulla solo in parte qua, avendo il giudice stesso -come detto- distinto le domande proposte e avendo rimesso, in particolare, al giudice della cognizione (ossia a questo giudice) di valutare nel merito le nuove scelte regionali.
Sia pure muovendosi nell’ambito così circoscritto, ha fissato alcuni punti fermi. In particolare, per quel che qui rileva, ha ritenuto che l’efficacia della delibera oggetto di gravame (si ribadisce ancora una volta, la 2519/13) non potesse retroagire al 1° gennaio 2010 poichè intervenuta a prestazioni già  rese e definite prima ancora dell’entrata in vigore dell’annullata delibera n. 2858/2010; delibera che, per la prima volta -si rammenta- aveva fissato tariffe omnicomprensive del prezzo delle protesi, fino a quel momento escluse dalla tariffa stessa. Ha inoltre rimarcato che, sebbene il giudicato collegato alla sentenza n. 4423/2010 possa coprire in senso rigoroso soltanto l’anno 2010, la decisione contiene dei principi cui la Regione dovrebbe opportunamente uniformarsi per non cadere nel vizio di violazione dell’affidamento (cfr. sentenza stessa pag. 10, ult. cpv.); in particolare, verrebbe in rilievo la parte in cui ha statuito che le decutarzioni retroattive debbano essere contenute nei limiti imposti dai tagli stabiliti da disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all’inizio e nel corso dell’anno.
Chiarito, dunque, il contenuto delle statuizioni del giudice dell’ottemperanza che si è pronunziato sulla stessa deliberazione n. 2519/13 qui gravata, si può passare all’esame delle censure articolate in questa sede; non senza precisare che si è costituita nel presente giudizio la Regione Puglia, con atto prodotto in data 14.5.2014 e che, all’udienza del 6 novembre successivo, la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- Alla luce della riportata ricostruzione della vicenda, si ritiene opportuno invertire l’ordine di esame dei due motivi di ricorso, prendendo le mosse dal motivo sub 2.
2.1.- Con tale motivo, invero, la società  ricorrente censura la delibera n. 2519/2013 nella parte in cui ha -appunto- previsto l’applicazione, con decorrenza 1.1.2010 e sino al 31.5.2013 (sino cioè all’intervenuta adozione del nuovo tariffario aggiornato per tutte le prestazioni riconducibili alla versione CSM 24), della tariffa di cui alla delibera di G.R. n. 523/2010 (cioè quella pregressa) ma con la prescrizione di contenere i conguagli entro i limiti del tetto di spesa; determinando, dunque, come già  anticipato sub 1, un effetto abnorme assimilabile -nella sostanza- a quello che era stato prodotto dalla delibera di G.R. n. 2858/2010 con l’introduzione delle nuove tariffe omnicomprensive delle protesi, all’origine di tutta la vicenda giurisdizionale.
Come chiarito nella decisione di ottemperanza n. 3884/2014 alla precedente sentenza n. 4423/13 (si rammenta ancora una volta di annullamento dell’originaria deliberazione di G.R. n.2858/10), la delibera 2519 è intervenuta a prestazioni già  rese e definite prima ancora dell’entrata in vigore dell’annullata delibera n. 2858/2010; prestazioni che, pertanto, la società  ricorrente aveva programmato avuto riguardo alle tariffe pregresse e al volume delle prestazioni stesse contemplato nell’accordo contrattuale.
La modifica intempestiva dei parametri di riferimento, attraverso l’imposizione del limite assoluto dei tetti di spesa pur nel formale riconoscimento della perdurante efficacia delle tariffe più risalenti e non omnicomprensive (secondo le già  richiamate determinazioni contenute nella delibera 2519), produce l’inevitabile effetto dello sforamento del tetto, ma del tutto involontario. La società  ricorrente vedrebbe applicarsi le tariffe di cui alla deliberazione di G.R. n. 523/2010 soltanto in via virtuale poichè per il periodo indicato (1.1.2010-31.5.2013) otterrebbe la remunerazione delle prestazioni erogate sempre nella stessa misura; ovvero entro il limite del tetto di spesa, con conseguente compressione di fatto delle tariffe, solo dichiaratamente applicate.
Viceversa, come già  chiarito dal giudice di appello nell’ambito di questa stessa vicenda, le decurtazioni retroattive devono essere contenute nei limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all’inizio e nel corso dell’anno. Diversamente, la struttura che eroga le prestazioni non viene posta nella condizione di riprogrammare per tempo le erogazioni stesse, scontando effetti in alcun modo prevedibili, in totale dispregio dei principi generali sull’affidamento, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1175 e 1337 c.c..
Del resto, l’art. 21 bis della legge n. 241/90 sancisce il generale principio di irretroattività  degli atti amministrativi limitativi della sfera giuridica dei destinatari, disponendo che possano acquistare efficacia soltanto con la comunicazione al soggetto inciso.
Il motivo sub 2 merita, quindi, accoglimento.
2.2.- Nè, nel contesto descritto, può operare il principio di immodificabilità  del tetto di spesa di cui all’art.3, l.r. n. n.12/2010, con conseguente divieto del pagamento dell’extratetto a seguito dell’entrata in vigore di tali disposizioni, come lamentato dalla società  ricorrente nel primo motivo di ricorso.
Deve, invero, convenirsi che, in ossequio al principio generale dell’affidamento, la richiamata disposizione possa operare in danno della struttura erogatrice solo ove questa abbia un quadro certo del regime tariffario e del tetto di spesa assegnato poichè, solo in tale evenienza, è posta in grado di programmare la propria attività ; e che un’interpretazione di tal segno sia avvallata proprio dal tenore dell’art. 8 quinquies comma 2 del d.lgs. n. 502/92, nel testo modificato dal D.L. n. 112/2008 (in un momento, cioè, precedente all’entrata in vigore della norma regionale in esame).
L’art. 8 pone, invero, una relazione necessaria tra budget assegnato alla struttura accreditata e volume delle prestazioni concordato con l’Azienda sanitaria, sicchè il “numero” delle prestazioni che l’Amministrazione si impegna ad acquistare non potrà  che dipendere dalla tariffa in vigore rapportata al tetto di spesa (cfr. combinato disposto delle disposizioni di cui al citato comma 2, lett. b) e d)). A garanzia di siffatta corrispondenza la stessa norma precisa (alla successiva lett. e-bis)) che gli accordi debbono prevedere la modalità  con cui garantire che il volume massimo di prestazioni remunerate venga rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti indicati alla lett. d) predetta, in caso di incremento a seguito di modificazioni -comunque intervenute nel corso dell’anno- dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni; ferma restando la possibilità  di stipula di accordi integrativi.
In buona sostanza, il tetto di spesa può essere assunto quale limite invalicabile solo in presenza di un volume di prestazioni ben definito di cui rappresenta il corrispettivo;ovvero di un volume tempestivamente ridefinibile ad erogazioni ancora in corso (la disposizione si riferisce infatti a modificazioni delle tariffe intervenute in corso d’anno).
E’ evidente che, di contro, a fronte di modifiche intervenute ad anno ormai trascorso, come nella fattispecie che ci occupa, simili meccanismi non possano trovare spazi di operatività ; in questi casi, non vi è alcuna possibilità  di riprogrammazione da parte della struttura convenzionata, essendo stato già  eseguito l’intero volume di prestazioni originariamente concordato.
Anche il primo motivo merita, pertanto, accoglimento.
3.- In conclusione, il ricorso è fondato e va accolto. In estrema sintesi, la remunerazione delle prestazioni già  interamente eseguite può soggiacere ai soli tagli contenuti in disposizioni finanziarie conoscibili al momento dell’erogazione dal soggetto erogante. Considerata, tuttavia, la complessità  delle questioni trattate, il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la deliberazione regionale impugnata. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Paola Patatini, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria